2.


«Tieniti forte!», esclamò il ragazzo che guidava il carretto dei gelati.
Rischiai di venire sbalzata fuori dalla vettura, per fortuna riuscii a tenermi stretta alle pareti di quel grosso contenitore.
«Tutto bene?», domandò lui preoccupato, una volta superata la curva.

Squittii, agitando la mia piccola testolina da roditore. Stupita dal verso prodotto esaminai la condizione in cui riversavo. Osservai le piccole zampette e il peloso corpicino nero dentro il quale ero apparentemente bloccata. Dovevo aver preso le sembianze di un porcellino d'india.
Non ricordavo come avessi fatto a finire in quella situazione, ma al momento mi trovavo all'interno di una vaschetta del gelato. Quello che rimaneva della dolce sostanza dall'odore di vaniglia si stava attaccando alle zampe facendomi scivolare nel contenitore.

«Manca poco ormai.», continuò a rassicurarmi il ragazzo.
Aveva corti capelli biondi e un grosso paio di occhiali rossi tenuti insieme da una riga di scotch. Indossava una camicetta bianca mezza sbottonata e dei calzoncini larghi abbastanza da permettergli di pedalare la bicicletta.
Si fermò davanti una piccola magione dall'aspetto abbandonato. Il carretto dei gelati si arrestò colpendo il retro della bici del ragazzo e facendomi sobbalzare dalla mia posizione.

«Ok», si schiarì la voce facendo un profondo respiro. «Adesso è arrivato il nostro momento.»
Appoggiò la bici al cavalletto e scese a terra. Si guardava intorno molto spesso, quasi temesse di veder sbucare fuori dai cespugli del giardino qualche strana creatura.
«Sir Caramella, tu vieni con me!», esclamò prendendomi tra le callose mani e riponendomi nel taschino della camicia. «Lì dentro non ci vado da solo.»

Io squittii manifestando il mio disappunto, ma il ragazzo non ci prestò molta attenzione e cominciò a dirigersi verso il retro della villa. Dalla mia postazione non potevo vedere altro che vegetazione.
L'umano si faceva strada tra i cespugli, spostando rami e foglie per liberare il sentiero. Camminava rasente al muro della casa, lasciando che la schiena sfregasse contro i duri mattoni grigi.
Si fermò solo una volta arrivato davanti a una porticina rossa. Essa era in legno, con inciso sopra lo strano simbolo di un occhio.

Mi arrampicai nella tasca fino a riuscire a tirare fuori la testa per intero. Con le narici fiutavo un debole odore di qualcosa di disgustosamente somigliante al puzzo del cestino dell'organico. Il ragazzo appoggiò con forza la spalla alla pesante porta, facendo sì che si aprisse di quel che bastava da permettergli di entrare. A gattoni si infilò nel buio della villa.

La prima cosa che ricordo di quel che trovammo in quel luogo è la fredda luce che scendeva da ogni parte del soffitto. Solo successivamente notai lo scaffale riempito di scatole dei cereali che stavo esaminando. Voltai la testa per osservare ogni direzione. Mi trovavo in un supermercato dall'aria abbastanza tranquilla. Le poche persone presenti borbottavano parole dalla lista della spesa che stringevano in mano. In aria si udiva la calma musica da ascensore che faceva da sfondo alla scena.

Sollevai le mani e mi sentii felice nel ritrovarmi a osservare dei normali arti umani. Non erano esattamente quelli che ero abituata vedere, e una volta guardato l'intero busto capii che si trattava di quello del ragazzo dei gelati. Cercai in giro il mio vecchio corpo da roditore, ma di quello non c'era più traccia. Probabilmente era scappato non appena vista l'occasione.

Data la situazione non mi rimaneva altro da fare se non comprare qualcosa e uscire dal negozio. Afferrai la prima scatola di cereali che avevo davanti e provai a leggere di cosa si trattasse. Non ne capivo il motivo, ma non riuscivo a dare un senso alle lettere che componevano il nome del prodotto. Sembravano come alterate da qualcosa simile a un glitch. Azzardai a pronunciarne alcune ad alta voce, ma qualcosa mi fermò.
«Shhh», sibilò una voce dietro di me.

Girandomi non vidi nessuno, ma una volta abbassato lo sguardo intravidi un braccio ritrarsi sotto lo scaffale. Per la sorpresa mi allontanai di alcuni passi da quel luogo. Neanche una delle persone attorno a me si era accorta di quella strana apparizione, ero l'unica ad averla vista.
Lentamente mi portai con la testa verso il terreno e sbirciai sotto lo scaffale. Una ragazza, accovacciata fino a schiacciarsi sotto all'ultima mensola del mobile, mi osservava con gli occhi sgranati dal terrore. Ricambiai il suo sguardo, non riuscendo a distoglierlo da quella magra e sporca figura. Fece cenno di avvicinarmi di più a lei e io, come in trance, allungai il collo.
«Nasconditi», mi sussurrò all'orecchio. «Lui sta arrivando.»

La musica del supermercato smise d'un tratto di riecheggiare, lasciandoci in un inquietante silenzio. Cominciai a sentire freddo. Non era la normale sensazione di assenza di calore, assomigliava più al brivido gelido che ti assale quando la mano messa in tasca non si stringe attorno al cellulare che lì avevi riposto.
Scattai in piedi presa dal panico. Le persone all'interno del negozio erano sparite, solo io ero rimasta in mezzo a quel corridoio.

Sentii qualcosa muoversi strisciando alla mia destra. Sembrava parecchio grande, e ne ebbi la conferma quando vidi la sua ombra allungarsi sul corridoio. Trattenni il respiro, incapace di fare altro se non guardare.
Con la coda dell'occhio notai qualcosa di scuro uscire dallo scaffale dei cereali. Un lungo tentacolo nero stava discendendo verso il bianco pavimento. A esso se ne aggiunsero altri due, e tutti e tre si allungarono fino a circondare il nascondiglio della ragazza.

«Chi abbiamo qui?», domandò una profonda voce a pochi centimetri dalla mia testa.

Il mio corpo fece un balzo in avanti dallo spavento e mi voltai rapidamente verso l'uomo che aveva appena parlato.
Non era un essere umano, o almeno non lo era più da tempo.
Si mostrò a me una grande e scura figura, così alta da raggiungere con la schiena il soffitto del supermercato. Indossava un largo cappotto fatto di oscurità dal quale uscivano neri tentacoli, e un cappello che gli copriva i grigi capelli. L'unico tratto riconoscibile nel volto era la larga bocca dai denti affilati e l'appuntita lingua viola che danzava tra essi.

Sentii il cuore balzarmi in petto e i peli rizzarsi lungo tutto il mio corpo. Senza neanche riflettere presi a correre nella grande stanza in cerca di una via di fuga da quel mostro.
«Dove corri?», chiese la creatura inseguendomi a grandi passi. «Non puoi scappare da qui.»

Spalancai una porta grigia, ritrovandomi all'interno del magazzino dov'erano tenute le scorte. Mi guardai attorno ansimando e individuai una cassa lasciata aperta in mezzo alle altre. Senza riflettere mi arrampicai sul bordo di essa e richiusi il coperchio di legno sopra di me. Mi feci piccola all'interno della cassa, raggomitolandomi in un angolino e cercando di rallentare il respiro.
La porta sbattè forte contro il muro e i pesanti passi della creatura si fecero molto più vicini.

«Dov'è andato?», sbottò rivolto a qualcuno.
«N-non ho visto, mi scusi.», rispose una voce spaventata.
«Beh, trovalo allora!», ordinò il mostro. «Non deve uscire da qui.»
«Certo, signor-...», il nome dell'essere fu come censurato da uno strano rumore di interferenza.

Sentii dei passi veloci allontanarsi e uscire dalla stanza, seguiti dal rumore di una porta che si chiude. Ci furono poi alcuni secondi di completo silenzio, prima che il mostro riprendesse a parlare. «Theobroma!», chiamò.
«S-sì, signore?», balbettò una voce femminile, vicino il mio nascondiglio.
«Rimani a controllare questa stanza.», comandò l'essere avvicinandosi anche lui a me.
«Ai suoi ordini.», rispose la donna.

«Se scopro che quel bambino è scappato da qui, giuro che io...», minacciò, colpendo con forza la cassa di legno.
Sobbalzai, e per un attimo temetti di aver fatto troppo rumore. Per mia fortuna il mostro non ci prestò attenzione.

«Ma dimmi, Theobroma», continuò invece con voce fattasi più gentile. «Hai ancora quell'allergia al cacao?»
«Sì, se sento anche solo l'odore mi si gonfiano le guance e lacrimano gli occhi», mormorò lei.
«Capisco.», rifletté lui pensieroso. «Torna al lavoro che ti ho dato adesso.»
«Sì, signor-...», quel fastidioso rumore si sostituì nuovamente al nome.

La creatura si allontanò velocemente dal magazzino, lasciando me e Theobroma da sole. La sentii muoversi rimanendo sempre in prossimità della cassa, probabilmente mi stava cercando. Da quel poco che riuscivo a intravedere dal piccolo buco nel legno della cassa, la donna sembrava un'impiegata del supermercato. Indossava una rossa divisa e piccole scarpette gialle. Non aveva un'aria da cattivo, ma qualcosa nel suo innaturale sorriso mi faceva pensare che non mi avrebbe facilmente permesso la fuga.

Rimasi in quel nascondiglio per quelli che mi parvero dieci minuti, a osservare la donna spostare scatole e lattine sugli scaffali. Non avevo nessuna intenzione di muovermi da quel posto, ma sapevo che prima o poi sarei stata costretta a farlo.
La mia occasione si presentò quando, mentre la donna lavorava, le caddero a terra alcuni barattoli. Uno di essi rotolò verso di me spargendo dal vetro rotto una leggera polverina marrone. Theobroma si piegò per raccoglierlo, ma dovette fermarsi immediatamente quando si accorse del suo contenuto. Con un sonoro starnuto prese ad allontanarsi da quello che evidentemente doveva essere un barattolo di cacao in polvere.

Senza pensarci due volte sollevai il coperchio della cassa e balzai all'esterno, atterrando sul pavimento sporco. La donna vedendomi provò a bloccarmi. Afferrai d'istinto il barattolo rotto e le gettai il contenuto in viso. Non rimasi a osservare se, come aveva accennato, le guance sarebbero diventate gonfie come i suoi capelli cotonati. Corsi fino alla rampa di scale in fondo al magazzino e la salii saltando per la fretta la maggior parte dei gradini.

In cima trovai un silenzioso giardino illuminato dalla luce della luna piena. Lì vidi la magra ragazza di prima correre in direzione di una porticina e infilarsi nell'oscurità della villa. Ero tornata nel luogo dove il ragazzo dei gelati mi aveva condotto quando ancora ero il suo animaletto. Dovevo scappare da lì.

Qualcosa, forse il buon senso, mi diceva che seguire la ragazza e tentare di portarla fuori da quel luogo mi avrebbe portato solo guai. Decisi quindi che avrei fatto la scelta migliore scappando lontano da quel giardino e dal mostro. Mi arrampicai con tutte le forze sopra il muretto che circondava la zona e strisciai dentro un'apertura che dava all'esterno.
Caddi atterrando sul suolo sabbioso e sbucciandomi le ginocchia. Mi rialzai e iniziai a correre lungo una strada di ciottoli bianchi. Ero ancora troppo visibile dalla villa, dovevo allontanarmi molto di più se non volevo che il mostro mi trovasse.

L'aria fredda della sera si attaccava al sudore, raffreddandomi il naso e l'interno della gola. Stavo respirando dalla bocca e, per quanto mi sforzassi di correre in silenzio, ansimavo rumorosamente.
Svoltai l'ennesima curva del labirinto di siepi dentro il quale stavo scappando e nel buio avvistai una piccola città.
Percorsi il passaggio sotto gli alberi incespicando sui miei stessi passi, arrivando fino ad appoggiarmi al muro della prima casa. Una volta lì mi lasciai ricadere a terra e presi a fare profondi respiri per calmare il cuore che pulsava con forza fin dentro le mie orecchie.
Sentivo le ossa delle gambe fremermi e i muscoli incapaci di fare altri movimenti. Le mani tremavano e la sensazione delle dita che si muovevano libere sembrava come aliena per il mio corpo.

«Esattamente... Cosa pensavi di fare una volta scappato?», domandò una profonda voce dietro di me.
Mi voltai solo per vedere il viso del mostro che mi osservava, ripiegato sopra di me. Le ombre scure sul grosso cappotto si muovevano con furia lungo il suo corpo e i tentacoli rimanevano fermi immobili sopra la testa.
«Sorpreso di vedermi?», chiese ridacchiando. «Davvero speravi che fosse così facile scappare da un incubo?»

Un tentacolo nero mi avvolse senza che io potessi fare niente per impedirlo.
«E pensare che ti avevo anche aiutato con il cacao. Avresti dovuto seguire la ragazza», continuò la mostruosa creatura. «almeno adesso non sarei stato costretto a fermare la storia.»

Commentate e ditemi se vi è piaciuto. In caso contrario fatemi pure notare dove ho fatto errori o come potrei migliorare questo capitolo.

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