UNO 一

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Il Massacro [parte 1]

Numerosi corpi erano riversi a terra, disseminati qua e là, simili a piccole collinette coperte da un sottile strato di bianco lucente. Talvolta si intravedeva una mano, un pezzo di stoffa, un volto, una ciocca di capelli neri.
Il sangue sbocciava come papaveri sgargianti sulla neve, giovani vite si spezzavano sotto le lame affilate e i denti marci dei cadaveri feroci, e il fetore della morte avvolgeva il cielo.
Quando l’ennesima fragile linfa vitale si perse in quel vortice mortale, il mondo si fermò a fiato sospeso.
«LuoYe!» gridò sofferente Shi WuQing, cadendo in ginocchio sulla neve fredda, gli occhi dilatati e il respiro affannoso.
Il corpo del ragazzo davanti a lui ebbe un leggero fremito, poi si inclinò.
La spada che gli aveva trafitto l’addome venne tirata via con lentezza, procurandogli acute fitte di dolore.
Il proprietario dell’arma boccheggiò disorientato, chiaramente sorpreso: barcollò all’indietro, inciampando sui suoi stessi piedi e cadde a sedere. Un’espressione contorta si dipinse sul suo volto, gli occhi si sbarrarono per il terrore, la bocca si aprì e si chiuse automaticamente senza emettere alcun suono.
«LuoYe!» chiamò una seconda volta Shi WuQing, allungandosi per accogliere fra le braccia magre il corpo in caduta.
Lo strinse a sé con delicatezza come se fosse un tesoro prezioso e si lasciò avvolgere dall’odore ferroso. Il sangue macchiò e si confuse con la sua veste color carminio, impreziosita sui bordi da fili argento ricamati con maestria, stretta sulla vita tramite un fusciacca del medesimo colore, ma di una sfumatura più scura.
La veste del ragazzo che stringeva era invece di un celadon molto chiaro, ma in quel momento era macchiata, era sporca di morte.
La fusciacca ceruleo, precedentemente legata in modo stretto attorno alla sottile vita, si era allentata e aveva rivelato frammenti di pelle chiara da far invidia alle più belle cortigiane.
I capelli neri erano scivolati a terra bagnandosi e infangandosi di cristalli freddi e gocce di sangue, ma l’espressione, nonostante l’acuto dolore che gli era stato inflitto, restava calma.
Non c’era nessuna emozione, né una minima traccia di paura, né una smorfia di dolore.
«Perché? Perché l’hai fatto?» urlò fuori di sé Shi WuQing.
«M-mi dispiace» mormorò il giovane, respirando lentamente.
«Cosa sta succedendo?»
«Cosa diamine stanno facendo i Cultori davanti?»
«Chi è stato?»
«Come è potuto accadere un fatto simile?»
Le voci si sovrapponevano una sopra l’altra, le parole si mischiavano fra di loro e la curiosità di chi non aveva assistito si faceva sempre più intensa.
«Chi è stato?» domandò qualcuno per l’ennesima volta.
«Shen Cong. Pare sia stato Shen Cong» mormorò in risposta qualcun altro, allungando il collo per vedere meglio la situazione delle prime file.
«Shen Cong?! Quel giovane e capace discepolo che il Gran Maestro Tian considera come suo figlio?»
«Sciocchezze!»
«Impossibile!»
«Shen Cong! Dov’è andato quel marmocchio?»
Molti Cultori si guardarono attorno a sé, alla ricerca del giovane discepolo del Clan Tian.
«È scappato?»
«Il Gran Maestro Tian gli spezzerà sicuramente le gambe. Ci scommetto l'anima.»
«Se l’è data a gambe quel disgraziato? Che razza di codardo!» affermò furioso un anziano Cultore, curvando le sopracciglia e la sua voce si levò potente verso il cielo.
Sembrava proprio che il giovane discepolo fosse sparito dalla circolazione, fuggito con la coda bassa non appena si era reso conto di ciò che aveva commesso.
«Shen Cong!» gridò improvvisamente il Capo Clan Tian, puntando gli occhi scuri come il cielo in attesa di una tempesta, sulle varie file di teste.
Era in prima fila, davanti a tutti e aveva assistito al fatto con i propri occhi.
Al suo grido di malcerata rabbia, molti giovani sobbalzarono colti alla sprovvista e abbassarono ancora di più la testa, specialmente i suoi stessi discepoli.
Erano a conoscenza che il loro Capo Clan detestava chiunque e qualunque cosa che andasse a macchiare la reputazione del suo Clan e non esitava a rimproverare i suoi discepoli davanti ad altri Cultori.
Credeva che tutti, in un modo o nell’altro, dovevano essere a conoscenza dei suoi metodi di insegnamento, brutali o meno.
Solo un momento dopo, un ragazzo uscì lentamente dalle file.
«G-gran Maestro, io non ho fatto nulla, è lui che si è messo in mezzo! Non volevo ferirlo, non-!» protestò facendosi avanti a testa alta, ma le mani nascoste nelle maniche erano diventate bianche.
E

ra alto e indossava l’uniforme del Clan Tian color zafferano che scendeva verso terra coprendogli una buona parte del corpo, tralasciando solamente la parte che andava giù per le caviglie. La veste era ricoperta di goccioline rosse, i capelli legati in un lunga e alta coda erano disordinati e il suo corpo tremava, come l’ultima foglia di una magnolia schiaffeggiata dal vento autunnale che aspettava di finire il suo lavoro per andare a riposo.
«Osi ancora protestare? Sai a conoscenza del crimine che hai commesso?» gridò il suo maestro, fissandolo in modo truce, mentre le nocche della mano destra che stringeva l’impugnatura della sua spada diventavano sempre più bianche dalla rabbia.
Il ragazzo spalancò gli occhi, serrò le labbra tremanti e tacque, incapace di emettere alcun suono.
«Perdonatemi, Maestro. Questo discepolo è colpevole» sussurrò con voce strozzata. Cadde in ginocchio e si prostrò sulla neve dinanzi a tutti, l’umiliazione che si faceva strada nel suo cuore.
“Non l’ho fatto apposta, non era mia intenzione. Sono innocente.”
Le parole si accumularono lentamente sulla punta della sua lingua, ma non ebbe coraggio di ribattere contro l’uomo che l'aveva cresciuto, nonostante non fosse che uno sporco orfano di strada.
«Questo discepolo accetterà qualsiasi punizione» mormorò, ma l’uomo in piedi davanti a lui non lo degnò di uno sguardo né gli disse di rialzarsi.
«E ora cosa facciamo? Se il Clan Bai ne verrà a conoscenza, saranno guai seri» bisbigliò un Cultore alla persona accanto a lui.
«Sarà pure un figlio emarginato, ma se il Gran Maestro Bai verrà a sapere che è morto, non so come-»
«Tacete! Tacete! Chiedete quelle bocche!» urlò tutt’un tratto Shi WuQing, il volto incorniciato da un’espressione piena di dolore.
La sua voce si liberò in aria sofferente e costrinse il gruppo di Cultori, più di tremila, a chiudere la bocca inconsciamente.
«LuoYe?» chiamò piano il ragazzo, tornando a prestare attenzione al corpo del giovane sulle sue ginocchia.
Sussurrò il suo nome come se fosse un tesoro prezioso, gli scostò i capelli neri dal viso e continuò ad avvolgerlo nel suo calore spirituale.
Quest’ultimo, sentendosi chiamare, aprì lentamente gli occhi e sorrise piano. Alzò le sottili e bianche braccia verso il viso di Shi WuQing, gli circondò il collo e lasciò che le sue labbra pallide e fredde gli sfiorassero il lobo dell’orecchio sinistro.
A questo piccolo contatto il giovane vestito di carminio arrossì furiosamente.
«WuQing…promettimi una cosa» mormorò debolmente LuoYe, la voce tremante e il respiro spezzato.
Una scia trasparente gli attraversò le guance, poi si nascose nella sua veste.
Il ragazzo chinato su di lui annuì furiosamente, gli occhi spalancati offuscati da una spessa patina di angoscia, il petto che andava su e giù velocemente, le mani che tremavano e la voce debole e tremolante. Aveva paura, era terrorizzato.
Per quel giovane vestito di carminio, quella era la prima volta che provava un sentimento del genere, un qualcosa che andava a infilarsi fra le pieghe della pelle, scavando a fondo fino a raggiungere il cuore e lasciare che lì si aprisse una voragine buia come le ore dei giorni d’inverno dopo il crepuscolo e fredda come il ghiaccio. Una voragine che se si sarebbe chiusa nel tempo, sarebbe diventata sicuramente una cicatrice memorabile.
«Tutto quello che vuoi! Ti prometto tutto quello che vuoi!» implorò travolto dall’angoscia e cacciò il volto sull’incavo del collo di LuoYe. Ispirò avidamente il profumo fresco e leggermente pungente della menta come se fosse la sua unica speranza di vita.
Quest’ultimo emise una risata appena udibile, la curva del suo gentile sorriso incominciò a sparire lentamente simile un cristallo di neve che si sgretolava nell’aria.
Era stanco.
Sentiva le forze farsi via via sempre più deboli.
Voleva chiudere gli occhi e riposare.
Voleva dormire.
«Promettiti solo che-» mormorò, ma non riuscì a finire la frase.
Le palpebre di abbassarono, si chiusero davanti agli occhi chiari come l’acqua limpida d’autunno di un allegro ruscello appena separato dalla fonte madre. Le braccia smisero di circondare il collo e scivolarono giù, si posarono sulla neve sporca, il respiro gli si mozzò in gola e l’ultimo frammento di calore lasciò il corpo.
Shi WuQing nel frattempo fissava il tramonto.
Il sole si era fatto strada in mezzo alle nuvole e aveva fatto capolino con gli ultimi raggi colorati.
“Che bello” pensò.
Era la prima volta che vedeva il sole tramontare a Baiyin: era una palla enorme che scendeva piano, colorando la neve di una tenue sfumatura fra l’arancione delle clementine e il rosso del sangue.
Per un momento si dimenticò di tutto.
Persino il gruppo di Cultori alzò gli occhi per guardare affascinati il cielo.
«LuoYe, hai viste che tramonto?» domandò Shi WuQing, «Mi piacerebbe vederlo più spesso, è così bello»
Gli rispose solo il silenzio.
Abbassò frettolosamente gli occhi spaventato e tutto ciò vide fu un volto immobile, dal colore pallido posato sulle sue ginocchia.
Un urlo simile al lamento di un animale sofferente, ferito in piena notte, fuoriuscì dalle corde vocali e squarciò il cielo.
«Giovane Maestro Shi…» sussultò qualcuno.
«LuoYe! LuoYe! LUOYE!»
Il nome venne chiamato invano più volte, ma non successe più nulla.
Il silenzio tornò ad avvolgere il mondo simile a un manto soffocate e l’odore di sangue si fece più forte.
Poi la situazione prese una svolta inaspettata.
«Credevo avessi abbandonato tutti i sentimenti umani una volta disertato, non pensavo davvero di rivederti in queste condizioni…così pietoso, così mediocre, imponente a proteggere le persone a cui vuoi bene, ma capace solamente portarle una dopo l’altra alla morte» una voce cupa e derisoria si fece strada fra i diversi mormorii dei Cultori. Le file di spalancarono come il Mar Rosso, lasciando il passaggio a un bel giovane di media statura.
«Ding Cheng?» chiese incredulo Shi WuQing, allargando gli occhi scuri per lo stupore una volta soffermatosi sul volto scuro della persona.
L’altro non gli rispose, si limitò a guardando inespressivo.
Un sentimento lancinante si fece strada nel petto di Shi WuQing, costringendolo a distogliere lo sguardo dal volto.
«Hai mai pensato di morire?»
«Cosa?» fece, alzando nuovamente la testa, ma questa volta non ne ebbe la possibilità.
Sentì all’improvviso un leggero prurito sulla nuca, un fastidio molto leggero, ma il suo corpo ebbe un fremito, poi si afflosciò a terra, privo di forze.
Un ago paralizzante¹” pensò, quasi divertito.
Qualcuno gli si avvicinò alle spalle, gli afferrò le braccia e lo tenuto inchiodato a terra, le ginocchia puntate sulla neve sporca. Il freddo penetrò immediatamente nel suo corpo, congelandogli le membra. Il corpo esanime del Giovane Maestro Bai gli scivolò giù dalle sue ginocchia e cadde sulla neve gelata in un leggero tonfo, ma nessuno gli prestò attenzione.
Erano tutti concentrati sul discepolo che si era fatto avanti fermandosi accanto a Ding Cheng e aveva estratto la sua spada dal fianco.
«Stai venendo per uccidermi?» domandò Shi WuQing, arricciando gli angoli delle labbra come se la domanda fosse una cosa divertente.
Ding Cheng irrigidì la mascella, ma non aprì bocca.
Il giovane vicino a lui deglutì rumorosamente, la mano tremante avvolta attorno all’impugnatura della sua spada e le labbra serrate per il nervosismo.
Shi WuQing posò gli occhi sulla veste smeraldo e sui motivi a forma di fiore di ciliegio verdi cuciti sulla fusciacca, sorrise debolmente e alzò nuovamente lo sguardo.
«Capo Clan Ding…» sollecitò qualcuno da dietro.
«Stai veramente venendo a uccidermi» mormorò Shi WuQing lentamente, poi scoppiò a ridere e molti temettero che fosse impazzito.
«Ha perso la ragione, sapevo che quel ragazzo era pericoloso» mormorò un Cultore, scuotendo sconsolato la testa.
«Mondo crudele! La famiglia Ding non sarà mai in pace per aver allevato un lupo dagli occhi bianchi!»
«Un demone, ormai è diventata un mostro.»
«E pensare che fosse così capace!»
Shi WuQing ignorò le voci, fingendo di non sentirle.
«Ding Cheng, anche tu…anche tu, mio fratello marziale², sei qui per vedermi morto?» domandò invece, placando la sua risata e alzando gli occhi di qualche centimetro da terra per osservare con un sorriso di disprezzo il ragazzo che anni fa considerava un amico fidato, un fratello minore.
«È passato tanto tempo dall’ultima volta che mi hai chiamato fratello» ribatté gelido l’altro.
«Se zia Ding e sorella…»
«Non nominare mia madre e mia sorella! Non ne hai il diritto!» urlò Ding Cheng, estraendo con un impeto di rabbia la sua spada appena al fianco.
La puntò con odio sul il collo dell’ex fratello, l’istinto omicida che trasudava dal suo corpo.
Molti Cultori sussultarono colti di sprovvista e indietreggiarono di alcuni passi, presi dal timore di poter essere colpiti nel caso il giovane Ding avesse perso la testa.
Shi WuQing non riuscì a trattenersi a emettere un’altra risatina secca.
Inclinò il collo di lato per osservare l’ex fratello e migliore amico di traverso, gli occhi leggermente socchiusi.
«Non ne ho il diritto?» domandò piano prendendolo in giro. Le vene sulla fronte di Ding Cheng si gonfiarono dal furore, le nocche si strinsero pericolosamente attorno all’elsa e sembrava che da un momento all’altro la testa di Shi WuQing sarebbe saltata via dal collo.
«Sei un mostro! Un buono a nulla, un figlio nato per sbaglio, un bastardo che sarebbe dovuto morire sbranato dai lupi!» urlò fuori di sé, accecato da un odio profondo che aveva cominciato a divorargli l’anima.
Molti Cultori, soprattutto molti giovani discepoli, si voltarono a guardare il giovane figlio del Clan Ding con stupore e timore. Mai e poi mai si sarebbero aspettati quelle parole, così velenose, malevole e orribili, uscire dalla bocca del ragazzo.
E pensare che un paio di anni lui e Shi WuQing erano come lo Ying e lo Yang, il drago e la perla: inseparabili, che si completavano a vicenda.
«Si…sono un mostro, un piccolo bastardo che non sarebbe dovuto nascere, un mostro, un demone ed è per questo che nessuno se ne andrà vivo.»
La risata di Shi WuQing si spense lentamente nell’aria, lo sguardo si trasformò in un’espressione grottesca, malefica, assetata di sangue.
Fece schioccare la lingua sul palato e nell’istante una miriade di farfalle traslucide si levarono nell’aria apparse dal nulla. Gli occhi si tutti si levarono sorpresi verso il cielo, incantati all’improvvisa e inattesa apparizione, ma non appena gli insetti dall’aspetto meraviglioso si tinsero lentamente di una luce rossa, il panorama cambiò. I numerosi cadaveri riversi a terra si alzarono disordinati, le loro ossa scricchiolarono in modo sinistro e grugniti indistinti si levarono verso il cielo ormai privo di luce.
Urla di sgomento si diffusero all’istante nell’aria fredda.
«Cosa sta succedendo?»
«Perché si sono mossi?»
«Chi è che è li ha animati?»
«Qualcuno! Qualcuno li fermi!»
«Fate attenzione! Non lasciateli avvicinare!»
«Shi WuQing! Tu-!» urlò adirato un Cultore, rendendosi improvvisamente conto che l’artefice di fate fenomeno non poteva che essere a opera dell’uomo ormai fuori dal cammino della via retta.
«Troppo tardi» rise il giovane, rialzandosi da terra e spazzando via la neve dalla veste color carminio.
L’uomo che prima gli teneva le braccia dietro la schiena giaceva privo di sensi a terra in una pozza appiccicosa, che lentamente sbocciava simile all’ultimo papavero di un campo incolto.
Un gracchiare sordo uscì dalla gola di Shi WuQing e si diffuse in aria. Era divertito da tutto quel panico che si stava insinuando fra le file dei discepoli più giovani, ragazzini privi di esperienza che pensavano stessero facendo la cosa giusta, senza nemmeno sapere le vere ragioni dietro.
“Che peccato.”
«Maestro Shi! Giovane Maestro Shi! Calmatevi per favore, risolviamo le cose con calma!» urlò qualcuno in preda al terrore, mentre impugnava la sua spada per respingere i cadaveri che avanzavano in avanti con lentezza fino a circondarli.
«Calmarmi? Risolvere le cose con calma?» ripeté Shi WuQing, voltandosi per cercare la persona che gli aveva detto una cosa del genere in mezzo alla massa con scarso interesse.
Erano tutti uguali, nessuno era meglio dell'altro.
«Straziate tutti i vivi» ordinò in modo crudo dopo aver scrutato con scarso interesse le teste. I vari cadaveri risposero all’ordine nell’immediato: avanzarono all’unisono simili a insulsi burattini, restringendo sempre di più il cerchio di discepoli e Cultori.
«Shi WuQing, maledetto!» gridò qualcuno, ma la frase venne sommersa di urla.
I primi corpi cominciarono a crollare sulla neve, fiori cremisi sbocciarono rapidi e l’odore ferroso si diffuse altrettanto veloce.
Cadaveri sporchi, dalla pelle grigia e secca e la bocca spalancata, trafiggevano i corpi come coltelli, perforando i petti e i stomaci con le unghie nere, togliendo all’istante la vita dello sfortunato uomo.
Pochi riuscirono a proteggersi, ma non appena qualcuno indietreggiava qualcun altro cadeva ormai in fin di vita.
Fu un vero e proprio massacro.
Numerosi schizzi di sangue finirono persino sul volto di Shi WuQing, dandogli l’aspetto di una persona ormai fuori di senno.
Osservò senza rimorso e paura il sangue che si espandeva a vista d’occhio e i corpi morti.
Quando si spense l’ennesimo urlo vuoto, strizzò gli occhi e si ripulì la faccia con la manica della veste.
«Fecce»
Si voltò e tornò a inginocchiarsi accanto al corpo immobile del Giovane Maestro Bai, che giaceva nella neve dimenticato. Lo riaccolse fra le braccia, spazzando via la neve dalla veste e dai capelli, lo avvolse nel suo calore e si alzò in piedi.
Si lasciò alle sue spalle la devastazione, l’odore di sangue e di morte, le urla di dolore e odio.
Solo in seguito, quando della sua figura non rimase che un puntino cremisi tremolante, le farfalle smisero di tingersi di rosso. Lentamente riassunsero il loro colore originale, svanirono senza rumore e i cadaveri ambulanti tornarono a essere normali cadaveri.
Il cielo tornò a schiarirsi, le nuvole dilagarono rivelando un tramonto ancora più sanguigno e solo allora i pochi sopravvissuti abbassarono le loro spade.
Grida di disperazione, odio, rancore e furore esplosero nell’aria: c’era chi aveva perso un parente, un amico, un compagno e chi un intero Clan.
Quel giorno, la neve si trasformò in un lago di sangue, il colore della devastazione macchiò terra e cielo e nell’aria non rimase che l’odore della morte.
Più di tremila Cultori, fra discepoli appena adulti, anziani e Capi clan, morirono sotto una crudeltà senza fine e altrettanti ne rimasero feriti.
Nel frattempo nei loro animi si mosse uno stesso sentimento: la vendetta.

×××

¹ utilizzati anche come vera e propria arma da alcuni Cultori, sono sottili aghi d'argento lunghi circa una decina di centimetri (anche meno) ricoperti di veleno paralizzante
² fratello adottivo

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