PROLOGO

21 dicembre 2018, sei anni prima...

<<Elo, io e la mamma di Cassiel ci allontaniamo un attimo per andare a recuperare i vostri papà.>>

Cerco di concentrarmi sulle parole di mia madre, ma il mio sguardo è completamente rapito dalla coppia di pattinatori che danza sul ghiaccio sulle note di Somewhere Only We Know.

<<Ti lascio qui con lui, così che possiate fare amicizia.>>

I pattinatori si sfiorano di tanto in tanto, imbattendosi l'uno nell'altro con ampi e morbidi movimenti. Le lame dei pattini tagliano il ghiaccio senza spezzarlo, loro si rincorrono senza toccarsi.

<<Va bene?>>

Mi sembra di danzare con loro, sentire l'adrenalina del salto nelle vene quando il ragazzo si solleva in aria, il calore delle sue braccia quando finalmente la compagna le riceve intorno al suo corpo esile, prima di librarsi in un giro che gonfia le balze della sua gonnellina sottile e trasparente.

"Is this the place that I've been dreaming of?"

<<Mi stai ascoltando?>> insiste mia madre e finalmente mi volto verso di lei, rispondendo con un cenno affermativo. <<Non vi muovete da qui, allora, torniamo subito.>>

Mi rivolge il suo sorriso più dolce e io ricambio tendendo le labbra, nonostante la sua scelta mi lasci nel completo imbarazzo. Cassiel. Il bambino più taciturno che abbia mai incontrato. Ma non sarò in difficoltà se continuerò a far finta che lui non ci sia.

Vedo mia madre e la sua amica scomparire nella fiumana di persone che si muove lungo le gradinate per prendere posto o cederlo a chi è appena arrivato, poi lancio un'occhiata di sfuggita al mio coetaneo di fianco. Non riesco a capire perché sia così serio. Sorride mai?

Dalla sua bocca non esce nessuna nuvoletta di vapore quando respira e inizio a dubitare che sia addirittura morto.  Non volevo restare sola con lui, mi fa paura e non sembra avere la minima intenzione di fare amicizia con me. Scommetto che sia uno di quei ragazzini senza amici che si diverte a fare il bullo con tutti.

Mi stringo nel mio cappottino imbottito per prendere le distanze e perché il sole sta lentamente calando all'orizzonte, dietro la superficie lievemente increspata del lago di Washington. 

Una folata improvvisa di vento mi costringe a tirare su il cappuccio e lui mi rivolge un'occhiataccia giudicante. Che vuole?! Ho freddo.

Mi accorgo tardi che le gambe che faccio ciondolare a destra e sinistra da un po' non rimbalzano sui gradini di pietra ma sulla sua gamba destra. Mi ritraggo di scatto e per sbaglio faccio rotolare giù la seconda barretta di KitKat che avevo messo da parte. No, il mio cioccolato!

Tendo una mano verso il basso, ma è irrecuperabile, così resto ferma in quella posizione per un po'.

<<Elowen.>>

La voce che pronuncia il mio nome subito dopo, un po' ovattata per via degli strati di tessuto che coprono le orecchie, la sento per la prima volta e mi fa ricomporre.

Strizzo gli occhi perché temo che Cassiel me le dica dietro per aver fatto cambiare colore al suo jeans chiaro a suon di pedate, ma non lo fa. <<Auguri di buon compleanno.>>

Dopo essere rimasto in silenzio l'intero pomeriggio, il ragazzino al mio fianco mi rivolge finalmente la parola, senza staccare gli occhi dall'orizzonte che si intinge dei colori del tramonto. Si è accorto del fatto che lo stavo inconsapevolmente prendendo a calci da mezz'ora?

Seduto al mio fianco, tiene strette le mani riscaldate dai suoi buffi guantoni di lana tra le gambe e, ora che li noto, più che paura risveglia in me uno strano senso di tenerezza e l'imbarazzo che prima mi frenava inizia a scemare.

<<Come fai a sapere che oggi compio gli anni?>> gli chiedo, curiosa di capire il motivo per cui Cassiel, il figlio dei migliori amici dei miei genitori, sappia quando sono nata.

<<Mia madre ha detto di aver partorito insieme alla tua>> mi spiega. I suoi occhi sono grandi e grigi, come fossero di ghiaccio.

<<Quindi ne fai undici oggi anche tu?>> gli chiedo, per poi zittirmi subito dopo, quando mi rivolge uno sguardo scocciato per la scontatezza della domanda.

Mi schiarisco la voce, provando a recuperare punti. Non vorrei che credesse che sia stupida. <<Non hai mai pensato a quanto sia triste il giorno del solstizio d'inverno?>> gli chiedo subito dopo. <<Anche se questa è una delle giornate più belle qui a Renton, accolta con grandi falò sulla riva, spettacoli per bambini e adulti, musica e la grande e attesissima parata delle barche, mi ha sempre messo addosso un senso di profonda malinconia: sono appena le quattro del pomeriggio e si sta facendo già buio.>>

Il ragazzino mi guarda con aria interrogativa. Forse sarebbe stato meglio se avessi scelto il silenzio. Gli spiego: <<Questo è il giorno più corto dell'anno. Con la notte più lunga di tutte.>>

Questa volta non mi risponde, forse pensa che sia matta, così torno con lo sguardo sui pattinatori. Continuano a muoversi insieme, ma il ragazzo con un'elegante uniforme nera sembra prevaricare sulla ragazza, dirigendo la danza e scandendo il ritmo del loro cercarsi.

<<Lui è la tenebra>> mi dice Cassiel e capisco che stiamo guardando la stessa cosa. <<Lei è il giorno che pian piano lo illumina>>.

Grazie alle sue parole, mi è tutto più chiaro. <<Quindi vincerà la luce>> constato, dato che da domani le giornate torneranno ad allungarsi. Questo ragazzino sembra sapere molte più cose di me e io ho tanta voglia di imparare.

<<No, non vince nessuno>> ridacchia tra sé e sé. <<Non è una gara. Pattinano insieme, non l'uno contro l'altro.>>

Il mio stomaco brontola, nonostante abbia mangiato l'altra metà del mio KitKat poco prima che mamma se ne andasse. Torno a osservarli e, mentre gli ultimi raggi scompaiono e le luci delle barche iniziano a puntellare le acque del Lake Washington, finalmente realizzo.

<<Il solstizio d'inverno non è il giorno in cui le ore di buio hanno la vinta su quelle di luce, ma quello in cui il buio inizia a lasciare spazio alla luce. Hai ragione, non è una gara ma un invito!>>

La luce e il buio si prendono per mano, l'una cede il proprio posto all'altro per continuare a regalare il loro grande spettacolo. Questo è il motivo per cui festeggiamo!

Mi volto per ottenere un minimo cenno di approvazione dal figlio dell'amica di mia madre, ma non lo vedo più, è sparito.

In compenso, grazie al piccolo spazio vuoto che ha lasciato, Kale, un mio compagno di scuola, mi vede e scuote una mano in aria per attirare la mia attenzione, prima di scendere sul mio gradino. È il più carino della classe e ogni volta, durante la lezione, mi lancia dei bigliettini su cui scrive frasi dolci e carine.

<<Ciao, Elo, non pensavo che tu e Cassi foste amici!>> mi saluta sorridente. I capelli ricci escono fuori dal suo berretto ricadendogli sulla fronte e il suo naso è tutto arrossato.

<<In realtà noi non...>> non vorrei mica che pensi male, ma mi interrompe prima che possa finire la frase.

<<Vuoi venire con me laggiù, vicino alla ringhiera? Stanno arrivando le barche!>>

<<Scusa, non posso, mamma mi ha detto di non allontanarmi>> gli spiego, anche se vorrei tanto perché ho una cotta per lui da tempo.

Si siede al posto di Cassiel e mi dice che mi farà compagnia lì, così inizio a sperare che non ritorni e mi lasci sola con lui. 

Mentre la musica finisce e la coppia di pattinatori si rivolge al pubblico con degli inchini per prendersi tutti gli applausi che merita, io, ancora incantata, applaudo con tutta la forza che ho. Vorrei vedere quello spettacolo altre mille volte.

In quel momento un'idea mi attraversa e si impossessa del mio cuore. Ho deciso, ne sono sicura.

<<Voglio imparare a pattinare>> decreto, con gli occhi sognanti.

Kale alterna lo sguardo tra me e la pista, poi sorride.

<<Se vuoi posso insegnarti io>> si offre, alzandosi in piedi e prendendomi una mano. <<Sono nella squadra degli under 17 di hockey sul ghiaccio. Un giorno puoi venire al palaghiaccio con me e ti faccio vedere come si fa.>>

Mentre finisce la frase, una barretta rotola giù dalle scalinate, passando in mezzo ai miei piedi, finendo poi giù come l'altra, così che non possa raccoglierla.

Mi volto e vedo Cassiel alle nostre spalle con un KitKat nel pugno. Abbassa lo sguardo sulle nostre mani unite, poi sollevale spalle. <<Per fortuna ne avevo presi due.>>

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top