The unbreakable
Il desiderio di rendersi invisibile agli occhi altrui aveva allattato Levi da bambino, quando tutto gli era parso estremamente incontrollato per poter essere gestito da due braccia magre e mani piccole. Aveva visto cosa comportasse la notorietà a scuola, dalle medie sino alle superiori, ed in nessuno dei casi il soggetto in questione ne aveva giovato. Quel magma di ricordi si era impresso nella sua memoria come un marchio a fuoco, e l'aveva condizionato negli atteggiamenti da assumere in pubblico, a tal punto che fingere di essere un'entità incorporea lo rassicurava in certi frangenti.
Ma quello stesso desiderio si era neutralizzato in un giorno di inverno, quando l'unica persona della quale aveva iniziato silenziosamente a fidarsi, ricercandone paradossalmente le attenzioni, si era dissolta nel nulla, lasciandolo da solo. Quello era uno dei tanti motivi per cui evitasse di instaurare relazioni, oltre al sentirsi perennemente giudicato dalle persone: dove andavano a finire tutti i segreti, le confessioni, le parole, quando i rapporti morivano? In quale antro oscuro della terra venivano accatastati come scatoloni impolverati di reminiscenze?
Il giorno che aveva seguito la lite fra i due ragazzi, Eren non si era presentato in università. Quello successivo neanche, iniziando ad indispettire notevolmente il compagno di studi. Quello dopo ancora, Levi si era chiesto se fosse giusto presentarsi a casa sua dopo ciò che era accaduto, pensando che forse non avrebbe dovuto farlo, visto il modo in cui l'aveva trattato. Il quarto giorno aveva iniziato a temere seriamente che fosse accaduto qualcosa di grave, e le più disparate preoccupazioni avevano preso a frullargli nella testa, così aveva provato a chiamarlo.
Il quinto giorno, ormai deciso a scoprire cosa stesse accadendo, Levi andò a bussare a casa sua: Carla aprì la porta dell'appartamento e, con espressione mortificata, gli comunicò che Eren fosse uscito per una boccata d'aria, e che aveva deciso di prendere una settimana di pausa dall'università. Non gli era dato sapere la motivazione. Ma ciò che più turbava Levi era il fatto che tutto fosse accaduto all'improvviso, ed Eren sembrava fosse imploso e poi esploso fra quattro mura quando aveva tentato di trattenerlo. Si sentiva angosciato, e non perché gli sembrava ambiguo che il ragazzo fosse uscito di casa nel mezzo di un temporale, ma perché aveva paura.
Per la prima volta nella sua vita, temeva di perdere qualcuno. Lui, egocentrico per eccellenza, solitario per scelta, si sentiva carente di un pezzo al solo pensiero di essere respinto da Eren. Ma soprattutto, era tormentato dall'idea che fosse stata solo ed esclusivamente colpa sua, dei suoi maledetti modi di fare che non riusciva a tenere a bada, visto che non era solito frequentare così assiduamente una persona. La verità era che, da quando l'aveva conosciuto, la prospettiva di tornare ad essere solo ed invisibile, uno zero assoluto, lo terrorizzava enormemente.
Aveva bisogno di riflettere, perché credeva che, se fosse tornato a casa per isolarsi ancora una volta, in futuro non si sarebbe mai perdonato per una tale codardia. Non sapeva dove sarebbe finito a furia di camminare per le strade affollate di Tokyo, infiltrandosi nei vicoli per cercare un po' di quiete da tutto quel chiasso urbano. Che paradosso, visto che il cielo non faceva altro che gridare tutta la sua furia in borbottii e temporali continui; ma andava bene, se era lui a provocare quel fracasso. Perché si sentiva un po' più vicino ad Eren, visto che sapeva quanto amasse la pioggia.
Forse aveva iniziato ad apprezzarla anche lui, col cappuccio tirato sopra la testa ed i ticchettii delle gocce sul tessuto del giubbotto, avvolto da una patina sottile che ovattava i suoni rendendoli insolitamente piacevoli. Che sensazione strana che era, eppure così rassicurante da farlo sentire tranquillo. Il rumore esterno riusciva a insonorizzare tutti quei pensieri che gli vorticavano nella testa.
Affondò le labbra nel collo del giubbotto e svoltò l'angolo di un vicolo, l'ennesimo nell'arco di un'ora, mentre qualche passante correva sotto la pioggia per raggiungere il prima possibile la propria dimora. Seguì con la coda dell'occhio il muretto giallo che si estendeva lungo tutto il marciapiede, delimitando il perimetro degli edifici, finché esso non terminò, lasciando il posto al vuoto.
All'inizio, quando ancora non aveva sollevato lo sguardo su quella strada alternativa, aveva creduto che si trattasse di un'altra diramazione; invece, contro ogni sua aspettativa, quando alzò la testa si accorse che si trattava dell'entrata di un santuario poco frequentato.
Una cornice di legno si stagliava all'ingresso, alta ed imponente, tinta di un rosso intenso che gli ricordò il rubino, visto come brillava lustrata dalle gocce di pioggia. Non l'avrebbe mai varcato se, compiuto un paio di passi, non avesse intravisto una figura in piedi sotto la tempesta, il volto verso il cielo ed il bacino lievemente curvato in avanti. Immobile.
Levi dovette sbattere un paio di volte le palpebre per riconoscerla a causa delle gocce che gli schermavano la vista, e, quando la identificò, fu immediato l'impulso di dover correre verso di lei. Sembrava che il ragazzo non si fosse accorto di nulla, avvolto in una bolla infrangibile da cui Levi era stato escluso, e soltanto da quella breve distanza poté notare quanto il suo respiro fosse irregolare, la bocca schiusa e le palpebre turgide e arrossate per delle lacrime che non cessavano di mescolarsi con la pioggia.
-Eren...- sussurrò Levi atterrito, una tachicardia devastante che lo stava facendo boccheggiare e le mani verso di lui, un tacito invito ad andargli incontro.
Invece, quando Eren si accorse della sua presenza e sollevò lentamente gli occhi su di lui, quasi come se si trattasse di un sogno in piena veglia, il suo volto si storse in un'espressione furibonda.
-Cosa ci fai qui?!- urlò rabbioso, prendendo a spintonarlo via con i palmi. -Te ne devi andare! Non hai nessun diritto, hai capito?!- proseguì, mentre lo spingeva verso l'uscita.
Levi era frastornato e sconvolto, provato da tutta quell'ira che si stava abbattendo su di lui con la violenza di una burrasca in mare aperto. Eppure sembrava quasi che la pioggia assecondasse gli stati d'animo di Eren, perché aveva iniziato a precipitare furiosa sui loro corpi, con la stessa forza di un pezzo di vetro scagliato per terra.
-Perché?- gridò Levi, afferrandogli i polsi per strattonarlo con forza. -Dimmi perché!-
Le iridi di smeraldo sembrarono perdere la loro collera in quel momento, sfumata via nel vento freddo che sferzava nel tempio, frustando le loro gambe e le travi di legno che cigolavano di continuo. -Perché...- iniziò con tono lieve il giovane, mentre lo sguardo iniziava a vacillare e le sue ginocchia si abbattevano al suolo. Levi tentò di sorreggerlo per i polsi ma, quando Eren si accasciò a terra, egli si chinò al suo fianco e lo strinse al petto. Urlò in cerca di aiuto, sperando che qualcuno giungesse il prima possibile in suo soccorso mentre digitava freneticamente il numero dell'ambulanza.
Il corpo di Eren giaceva svenuto fra le sue mani, la pelle smunta in modo anomalo e le labbra cianotiche che espiravano con difficoltà.
Paura di perdere qualcuno. Chi l'avrebbe mai detto che avrebbe assaporato il retrogusto stomachevole, amaro e nauseabondo della perdita in quel modo, con il corpo di una delle persone che gli erano più care fra le braccia.
-Eren, l'ambulanza sta arrivando, okay? È solo un malanno, okay?- sussurrò Levi mentre gli baciava la fronte bollente, le palpebre tumide e gli zigomi pallidi. -Sei un maledetto bastardo, la devi smettere di fare queste cose, hai capito? Carla che dirà quando andremo in ospedale?- le lacrime gli inondarono gli occhi, cadendo sul volto del castano e congiungendosi con le gocce d'acqua, mentre la voce gli si spezzava per l'irruenza del pianto. -Sei hai un problema dimmelo, cazzo! Smettila di fare il misterioso e parlami, vomitami addosso tutta la merda che ti fa fare queste cose, cazzo!-
Accostò la fronte alla sua, mentre l'ennesimo singhiozzo si riversava impietoso nella sua bocca. -Non lasciarmi anche tu.-
Non tu.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top