8.
-Signorina, svegliati- un tocco dolce e gentile la risvegliò dallo stato comatoso in cui era caduta, appena si era sdraiata sul letto la notte prima.
Francine si stiracchiò, allungando la schiena e si stropicciandosi gli occhi, sbattendoli più volte per abituarsi alla luce che entrava dalle grandi finestre a poppa.
Seduta sulle coperte del suo letto, Ghaliya sorrideva.
-Buongiorno- la salutò lei, ricevendo in cambio uno sguardo assonnato accompagnato da una debole cenno della testa.
-Hai dormito bene?- le domandò ancora, spostandosi per permetterle di sollevarsi a sedere.
Francine annuì, guardandosi intorno.
Illuminata del sole, quella stanza sembrava molto meno angusta e spartana di come le era apparsa quella notte.
-Che ore sono?- chiese alla sua compagna, puntando lo sguardo sul suo viso. Ora che era giorno poteva vedere chiaramente i tratti della donna. Aveva il volto ovale, incorniciato da lunghi capelli neri che ora, senza il cappuccio del mantello a coprirle il capo, le ricadevano lungo la schiena, fino in vita. I suoi occhi, che quella notte le erano sembrati neri erano, in realtà, di una tonalità chiara di marrone.
-Sono da poco passate le...dieci- le rispose esitando, come se per lei fosse inconcepibile essere ancora distesa tra le lenzuola a quell'ora.
-Davvero?- Francine scostò le coperte, decisa ad alzarsi. Per quanto trovasse piacevole crogiolarsi nel calore del letto, aveva sempre pensato che passarvi lungo tempo fosse un attività inutile, destinata agli ammalati e ai negligenti.
Infilò le calze e le scarpe e si issò in piedi. Si diresse verso il tavolino dove qualche ora prima aveva abbandonato la giacca e i pantaloni, troppo larghi e scomodi per poterci dormire.
Li sollevò, stringendoli tra le mani e tornò verso il letto. Tirò le coperte, coprendo le lenzuola pulite su cui avevano dormito, poi vi adagiò sopra gli abiti. Si sfilò la camicia, sollevata di poter finalmente srotolare la fascia che le avvolgeva il seno e che lo costringeva ormai da ore. Quella notte, infatti, troppo assonnata anche solo per alzare le braccia, era andata a letto completamente vestita.
Ora, che finalmente non doveva più fingere di essere un uomo, quella stoffa non le serviva più e lei era ben contenta di liberarsene.
Voltò la schiena alla porta e a Ghaliya, troppo pudica per mostrarsi scoperta ad un altra donna.
Abbassando lo sguardò si concentrò sul nodo da sciogliere, che si era rinsaldato a causa del continuo sfregamento della stoffa con gli abiti.
Quando finalmente riuscì a disfarlo, iniziando a sciogliere quella morsa che le opprimeva il petto, bussarono alla porta.
Francine si voltò, osservando Ghaliya avvicinarsi alla porta. Posò una mano sulla maniglia ma, prima di aprire, diresse il suo sguardo verso la sua compagna di stanza. Francine, lesta, sollevò la camicia che aveva lasciato sul letto e se la infilò nuovamente.
Quando fu presentabile, annuì verso l'altra, dandole il tacito permesso di aprire l'uscio.
Ritto davanti alla soglia, le mani occupate da un vassoio colmo di cibarie, stazionava Azhar, lo sguardo alto davanti a se.
-Buongiorno, signore- salutò lui garbatamente -posso entrare?- domandò poi, accennando al vassoio con una certa enfasi, come se pesasse e dovesse poggiarlo prima di farlo cadere e combinare, di conseguenza, un disastro.
Ghaliya lanciò un'occhiata fugace verso Francine, per assicurarsi che si fosse coperta adeguatamente, poi si spostò, lasciando entrare il ragazzo.
Lui, guardando sempre dritto davanti a sé, raggiunse il tavolino e, con cautela, vi posò sopra il vassoio.
-Ho portato la colazione. In quei piatti ci sono delle aringhe, delle uova e del porridge - spiegò lui, indicando alcune calotte che coprivano i piatti, - ci sono anche Msemen e Baghrir. In quella caraffa, ha messo in infusione del tea alla menta- continuò, ripetendo ciò che gli aveva detto in precedenza il cuoco, quando si trovava ancora nelle cucine.
-Grazie, Azhar- parlò Francine, rivolgendogli un breve sorriso, felice di poter, finalmente, mettere qualcosa sotto i denti.
Lui le si avvicinò, mentre le guance diventavano cremisi per l'imbarazzo. Si fermò davanti alla ragazza, immergendo una mano nella tasca. Quando la tirò fuori, stringeva tra le dita un pompelmo.
-Ho pensato che questo potesse essere di vostro gradimento. Non so quanto una signorina come voi possa apprezzare la aringhe la mattina- le rivelò lui, fissandola negli occhi, le guance ormai di fuoco.
Ghaliya, osservando quel siparietto, non riuscì a frenare la risata che gli nacque spontanea dal petto ma riuscì, portandosi una mano davanti alla bocca, a camuffarla con qualche colpo di tosse.
Francine le lanciò una breve occhiata, poi tornò a guardare il ragazzino davanti a lei.
-Ti ringrazio. È stato un pensiero gentile da parte tua- accettò, prendendo tra le mani il frutto che lui le porgeva.
Tendendolo stretto nel palmo si diresse verso il tavolino, dove la compagna di stanza si era già seduta e stava già consumando la sua colazione.
-Vieni, siediti con noi- gli ordinò Francine, indicando uno sgabello sistemato vicino al cassettone, sotto cui la sera prima aveva depositato le sue scarpe.
Sollevando lo sgabello, Azhar obbedì alla sua richiesta, andando a sedersi accanto a lei. Lo sgabello era più basso del tavolinetto ma, posizionandolo a pochi passi di distanza non gli avrebbe impedito la vista.
-Quanti anni hai?- gli domandò Francine, iniziando a sbucciare il pompelmo, davanti all'espressione sghignazzante dell'altra.
-Quattordici, quasi quindici. Li compirò a breve- rispose lui, raddrizzando le spalle ed erigendosi in tutta la sua statura.
Ghaliya aveva le lacrime agli occhi, tanto era il riso che stava trattenendo. Avrebbe tanto voluto lasciarsi andare ma, ne era convinta, il ragazzino di sarebbe offeso.
-Sei giovane. Quando avevo la tua età vivevo nel Kent, insieme a mio fratello. Mi ricordo che la mia unica preoccupazione allora era di quale abito indossare la mattina, tu invece fai già parte della ciurma di una nave. Sei già un uomo, per certi aspetti- lo lusingò lei, addentando un succoso spicchio di pompelmo.
-Si, mio zio mi ha preso con se quando ero un bambino e da allora passo il mio tempo su questa nave- Le spiegò lui, gongolando all'idea che lei lo avesse definito un uomo.
-Il capitano è vostro zio?- domandò lei, stupita.
-Non è esattamente il capitano, però si, è mio zio- confermò Azhar - lui è solo...- venne interrotto da un tonfo improvviso che fece ondeggiare il veliero.
-Che cosa è stato?- Francine smise di mangiare, improvvisamente a corto di saliva.
Azhar accorgendosi dello stato d'allarme della ragazza, si sollevò di scatto e si calò nuovamente nella parte di marinaio.
-Vado a vedere- disse, avviandosi verso la porta - voi restate qui- l'uscio si chiuse alle loro spalle, facendo calare il silenzio nella stanza.
-Temevo che, da un momento all'altro, si sarebbe buttato in ginocchio per dichiararti il suo amore- spezzò il silenzio Ghaliya, quando ebbe deglutito l' ultimo boccone della sua colazione.
-Che dite?- si schernì Francine, che in quel momento aveva ben altri pensieri per la testa.
-Sei padrona di non crederci, ma ti assicuro che è così- insistette Ghaliya, battendosi un pugno sulla mano per dare enfasi alle sue parole.
Francine fece per ribattere ma non ne ebbe il tempo; il soggetto della loro conversazione era già di ritorno e l'espressione sul suo volto era decisamente preoccupata.
-Che cosa è accaduto, Azhar?- lo interrogò lei, già dimentica delle parole dell'altra.
Lui si passò una mano tra i capelli, andandole incontro.
-Una veliero ci sta raggiungendo e anche se mio zio non ne conosce il motivo, pare che le intenzioni di quell'equipaggio siano bellicose- spiegò il ragazzo che, probabilmente, nei suoi pochi anni di vita non si era mai ritrovato in una situazione del genere.
-Che cosa glielo fa pensare?- domandò Ghaliya, che da quando lui era entrato non gli aveva mai rivolto la parola.
-Hanno aperto il fuoco. I loro cannoni continuano a sparare in direzione della nostra nave- a dimostrazione delle sue parole, un nuovo tonfo, simile a quello di poco prima, fece traballare le pareti.
Francine si alzò dalla sedia e si diresse vero le finestre di poppa per cercare di individuare il veliero. Un terribile presentimento si stava facendo spazio in lei e prima di arrischiarsi in conclusioni affrettate voleva verificare la sua ipotesi.
-Non lo potete vedere da poppa- la avvertì Azhar - per poter azionare i cannoni i velieri si devono sempre spostare a babordo o tribordo.
Un nuovo tonfo, più cupo del precedente la indusse a credere che ora si trovasse più vicino.
-Mio zio mi ha ordinato di rimanere con voi e fare la guardia. Non posso lasciarvi salire, signora- dichiarò lui quando notò Francine dirigersi verso l'uscio.
Francine si fermò, anche se in cuor suo aveva già compiuto una scelta. Per quanto non fosse sicura che si trattasse di chi pensava era determinata a controllare di persona e, se le sue supposizioni fossero state esatte, non era suo desiderio che coloro che l'avevano aiutata finissero nei guai.
-Apprezzo il pensiero di quell'uomo ma non intendo stare immobile quando penso di poter fare qualcosa- gli rispose, riprendendo il suo cammino.
Azhar, lesto, corse davanti alla porta, bloccandone l'uscita. Pur essendo più giovane di lei era un ragazzo e, come tale, aveva una forza maggiore di Francine.
-Non voglio arrivare ad usare le mani con una donna. Vi prego di ascoltarmi e di rimanere qui- la implorò lui, rivolgendole uno sguardo speranzoso.
-Fatti da parte- gli ingiunse lei, lasciando che l'espressione allegra che aveva avuto fino a quel momento lasciasse spazio ad uno sguardo serioso.
-No- ribattè lui, allargando le braccia per coprire totalmente la superficie del battente.
-Non amo ripetermi- lo avvisò - togliti o sarò costretta a schiaffeggiarti- l'ostilità che le era comparsa nello sguardo gli fece intendere che non scherzava ma lui non intendeva cedere, non del tutto per lo meno.
-Verrò con voi- le disse lui, fissandola negli occhi, con un cipiglio deciso.
-E sia- sospirò Francine - ma resterai dietro di me e guai a te se oserai disobbedirmi- acconsentì alla fine.
Ghaliya, che aveva osservato interessata quello scambio di battute, gli si affiancò.
-Naturalmente mi unirò a voi. Sia mai che io resti qui a fare la figura della codarda. Sono proprio curiosa di scoprire chi sono i nostri ospiti- li informò, rivolgendo un sorriso ad entrambi.
-Andiamo, allora- decretò Francine, posando una mano sulla maniglia - ma siate cauti, non sappiamo cosa ci attende sul ponte di coperta-
Uscirono in corridoio, in religioso silenzio, chiudendosi la porta alle spalle usando la massima cautela.
Rimasero fermi, intenti ad ascoltare i rumori provenienti da sopra le loro teste.
Francine, in testa a quel piccolo gruppetto, sentiva il cuore battere forte nel suo petto. Pur non essendo una persona codarda, in quel momento avrebbe tanto voluto trovarsi da un altra parte tuttavia, se voleva scoprire ciò che le interessava avrebbe dovuto proseguire.
Scrollandosi, lasciò che la sua mente si liberasse dai pensieri negativi e, con un breve cenno della mano, indicò ai suoi due compagni di seguirla.
Percorsero il corridoio e, a poco a poco che si avvicinavano, iniziarono ad udire dei passi concitati, di qualcuno che si muoveva di fretta.
Arrivati ai piedi delle scale che conducevano al ponte di coperta, Francine si fermò nuovamente.
-Ora saliremo. Fate attenzione e tenete occhi e orecchie ben aperte-
I due dietro di lei annuirono, in segno d'approvazione.
Francine prese un grosso respiro, buttando poi fuori tutta l'aria che aveva incamerato e si decise a proseguire. Salì le scale, cauta ad ogni gradino che toccava.
Quando arrivò in cima il cuore le batteva ormai furioso nel petto.
Sbucarono sul ponte di coperta e la luce del sole mattutino li inondò, accecandoli per qualche istante. Quando si abituarono a quel cambiamento si accorsero che lì regnava stranamente il silenzio. Guardinga, come poche volte lo era stata in vita sua, si guardò intorno, per analizzare la situazione.
Si avvide che a qualche metro da lei, di spalle, stazionava un uomo. Aveva le mani lungo i fianchi e la spada riposava nel fodero agganciato al suo fianco.
Oltre a lui pareva che li non vi fosse nessun altro. Alzando lo sguardo, verso il castello di quarto, scoprì che i passi che aveva udito, dovevano appartenere ai diversi uomini che lo occupavano.
Esaminando il ponte di coperta, riuscì a trovare un passaggio che le avrebbe permesso di raggiungere il suo obbiettivo senza farsi notare dalla guardia.
Facendo un'altra cenno ai due gli indicò prima la strada e poi la guardia.
Francine si mise a carponi, una posizione sconveniente che non aveva mai assunto in vita sua, se non quando era una bambina. Gli altri due la imitarono.
Seguendo il sentiero di barili e di casse che erano state stipate lì, raggiunsero le scale che li avrebbero condotti al piano superiore. Quando vi giunsero davanti Francine si voltò e sospirò, contenta di constatare che l'uomo fosse rimasto al suo posto, apparentemente ignaro della loro presenza.
Ora che erano più vicini, Francine poté udire gli uomini parlare.
-Chi siete?- udì domandare il mercante, rivolto agli uomini che avevano abbordato la sua nave.
-Sono il capitano della St. Mary- scandì una voce a lei spaventosamente familiare - e voi avete qualcosa che mi appartiene-
Francine non lo poteva vedere ma era sicura che il capitano avesse la sua solita espressione arrogante dipinta sul volto.
-Non so di cosa stiate parlando- gli rispose Mirza - io sono un mercante e tutto quello che c'è su questa nave sono tessuti e filati e dubito fortemente che quelli vi possano interessare-
-Sappiamo entrambi che mentite- lo avvertì Murdoch, avvicinandoglisi di qualche passo.
-Vi conviene collaborare se non volete che il vostro prezioso carico finisca a far compagnia ai pesci- gli intimò - non sono un uomo conosciuto per la sua pazienza-
Francine, che già vedeva il povero mercante disperarsi per la perdita dei suoi beni, decise di intervenire.
Era già in debito con tre persone su quella nave, per l'aiuto che le avevano prestato e non aveva intenzione di farli finire in mezzo ai suoi guai.
Si passò una mano nei capelli, per spostarli dagli occhi, poi si decise ad agire.
-Cosa intendete fare?- le domandò Azhar, quando intuì la sua voglia di intervenire.
-Voglio porre fine a tutto questo- gli rispose, poggiandosi al corrimano.
-Siete impazzita?-Azhar le afferrò il braccio, intenzionato a fermarla.
-Non posso permettere che succeda qualcosa a tuo zio, dopotutto mi ha salvato- gli scostò con delicatezza la mano, poi spostò lo sguardo davanti a sè.
-Mio zio sa cavarsela da solo, voi invece avete bisogno di protezione- cercò di dissuaderla, tentando di incrociare il suo sguardo.
Francine, tuttavia, non lo stette ad ascoltare.
Decisa, senza più voltarsi, salì gli scalini, dritta come un fuso e con uno sguardo battagliero negli occhi.
Quando arrivò sul castello di quarto si accorse che il capitano e i suoi uomini gli voltavano le spalle e che diversi di loro avevano già portato le mani sull'elsa delle loro spade.
-Ora basta- gridò, palesando la sua presenza.
Udendo la sua voce, gli uomini si voltarono di scatto, dando le spalle al mercante e ai suoi marinai.
-Guarda, guarda chi abbiamo qui- l'apostrofò Murdoch, muovendo qualche passo nella sua direzione.
Un ghignò gli sfigurò i lineamenti del volto mentre si accingeva a fermarsi davanti a lei.
-Stavo giusto chiedendo di voi a quell'uomo. È caparbio, sapete? Insisteva sul fatto che voi non foste a bordo ma...eccovi qui- le disse lui, alzando la mano per afferrarle il mento.
-Siete riuscita a scappare dalla mia nave anche se mi domandò ancora come avete fatto. Siete furba e probabilmente pensavate di sfuggirmi, ma come vedete sono riuscito a ritrovarvi- le si avvicinò maggiormente, sfiorando il suo corpo.
-Toglietele le mani di dosso- Azhar, che fino a quel momento era rimasto nascosto insieme a Ghaliya, decise di intervenire, furioso per il modo in cui quell'uomo stava trattando la ragazza.
Corse verso Francine e con una forza che non credeva nemmeno di possedere la strappò dalla presa del capitano, allontanandola da lui.
La spinse contro di sè allacciandole le mani in vita, in segno di protezione e poggiò il capo sulla sua spalla.
Murdoch, osservando quella scena, scoppiò a ridere.
-Vi siete fatta un cavaliere!- notò, in tono derisorio, indicando il ragazzino.
-Vi siete fatta lusingare da qualche promessa? O semplicemente, vi siete fatta convincere dai fatti?- la derise, facendo rozze allusioni.
-Come vi permettete?- lo aggredì lei, districandosi dalla presa del ragazzo lanciandogli, nel mentre, uno sguardo di fuoco.
Murdoch si aprì nuovamente in una risata che coinvolse anche i membri del suo equipaggio.
-Vi siete offesa?- le domandò retorico lui.
-Siete uno schifoso- lo apostrofò una nuova voce femminile.
Francine, per quanto la situazione fosse drammatica, avrebbe voluto tirarsi una manata in fronte.
Era voluta intervenire lei per limitare i danni e ora, dopo quella testa calda di Azhar ci si metteva pure Ghaliya.
-Ghaliya?- Ríoghnán, che fino a quel momento era rimasto in disparte ad osservare la scena, improvvisamente si animò.
-Proprio io- confermò lei, osservandolo con uno sguardo di sfida.
-Dove eravate finita?- gli domandò lui, avvicinandoglisi.
-Lontano da voi- rispose lei affiancando Azhar, per creare una barriera protettiva davanti a Francine.
Ríoghnán rimase in silenzio ma parve contrariato dalle sue parole. Poi si voltò e raggiunse Murdoch. I due si scambiarono qualche parola, impossibile da udire per chi li circondava, poi si allontanarono.
Murdoch si volse verso il mercante, che era rimasto ad ascoltare.
-Ora mi porterò via le due donne. Voi non farete nulla, non tenterete di tornare a terra e denunciare la scomparsa delle due, altrimenti saprò dove trovarvi- fece una pausa, gettando una breve occhiata alle sue spalle, poi un ghigno comparve nuovamente sul suo volto.
-Per essere certo che non agirete, porterò con me anche il ragazzo. Se farete qualcosa, anche minimo, potrete dirgli addio- lo avvisò Murdoch, facendo cenno ai suoi uomini di scortare i tre sulla St.Mary.
Francine, con il cuore in gola, si rese conto che in quel momento Mirza doveva odiarla. Dopotutto era colpa sua se il nipote era finito in quel guaio. Tuttavia, stupendola, mentre gli passavano accanto le rivolse un sorriso.
-Prenditi cura di lei, giovanotto e non temere, tutto si risolverà, anche se io ora non posso fare nulla- disse, rivolgendosi al nipote.
Lui annuì, poi seguì gli altri a bordo del veliero di cui erano appena diventati prigionieri.
Avanzando a testa alta sull'asse che collegava i due velieri Francine si ritrovò a sbuffare. Nonostante fosse stata vicina all'Inghilterra ora si ritrovava esattamente al punto di partenza, prigioniera di un uomo arrogante e sconosciuto, diretta verso una meta indefinita.
Il destino, alle volte, riservava proprio dei brutti scherzi!
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Buon pomeriggio ragazze, eccomi qui con il nuovo capitolo.
Che dire?
È il primo capitolo dell'anno nuovo!
Mi fa strano, perché mi sembra di aver pubblicato qualcosa di totalmente nuovo.
Comunque, vi è piaciuto?
Che ne pensate?
Votate e commentate per il prossimo capitolo, perché lo farete, vero? 😜
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