4.
Alla fine, contro la sua volontà, era stata costretta a chiedere al capitano di riservare una cabina tutta per lei. Nonostante fosse una prigioniera era pur sempre una donna e, come tale, non avrebbe potuto passare l'intera notte a pochi passi da tutti quegli uomini senza temere per la sua incolumità. Così il capitano, una volta finito di pranzare, aveva incaricato Devin di condurre la loro ospite alla sua nuova sistemazione.
La sua cabina non era lontana da quella del capitano ma, era più ridotta di dimensioni e decisamente meno sfarzosa. Aveva soltanto due finestre che davano a poppa, e che erano testimoni della distanza sempre maggiore che li separava dall'Inghilterra. Era arredata da colori caldi, che si fondevano perfettamente con le boiserie di legno scuro delle pareti. Erano stanza di lusso, per essere quella di una nave e Francine si era già domandata più volte quanto importante e ricco potesse essere quell' Lord per possedere un simile veliero.
Da quando Devin l'aveva accompagnata lì, non era più uscita e, quindi, non era più tornata in cucina. Non sapeva se il signor Cobb la stesse ancora aspettando ma, se anche fosse stato, per lei avrebbe potuto attendere in eterno.
Nonostante il capitano l'avesse obbligata a fare quella scelta, non avrebbe eseguito i suoi ordini né quelli del cuoco.
In piedi davanti alla finestra, osservava il mare agitato, incresparsi al loro passaggio. Era lì, in quella posizione, da tempo indefinito. Non aveva idea di che ore fossero né di quanto tempo fosse passato da quando avevano finito di pranzare ma, fino ad allora, nessuno era venuto a disturbarla. Poteva vedere il sole che si stava abbassando sul mare ma, non avrebbe saputo dire quanto mancasse al tramonto.
A casa sua, a Londra, era sempre stata abituata a sentire, ad ogni scoccare dell'ora, il pendolo del salotto rintoccare ed ora, che non c'era si sentiva spaesata.
Iniziava a patire quel viaggio, nonostante fosse passato solo un giorno e, l'aver indosso gli stessi abiti che aveva la sera in cui era stata rapita le causava disagio. Francine era una persona molto pulita e, come tale, era abituata a cambiarsi spesso, anche quando non ve ne era realmente necessità.
Avrebbe tanto voluto cambiarsi ma, non aveva la minima idea se il capitano possedesse qualche indumento adatto a lei. Se, per puro caso, lo possedeva, Francine non voleva domandarglielo, nel timore che avrebbe potuto appartenere ad una donna di facili costumi.
Non le rimaneva, quindi, che una soluzione, continuare ad indossare quegli abiti.
Sbuffando per la frustrazione, si scostò dalla finestra attraversando la stanza e dirigendosi verso l'uscio
Non sapeva esattamente cosa avrebbe fatto ma, di sicuro, non voleva restare ancora lì.
Aprì la porta e uscì dalla camera incamminandosi, in silenzio, lungo il corridoio.
Rimase in ascolto, mentre raggiungeva le scale che l'avrebbero condotta sul ponte di coperta, udendo solo il vociare degli uomini che lo affollavano.
Salì e quando emerse venne investita dall'odore dell'unguento utilizzato per pulire le armi e dell'acqua sporca nei secchi, adagiati sul pavimento che era appena stato spazzato.
Francine storse il naso, nauseata e si diresse a passo svelto verso lo scalmotto. Appoggiò le braccia sul legno e si mise a fissare l'orizzonte davanti a sé. Chiuse gli occhi, lasciando che l'aria salata le attraversasse i capelli, scompigliandoli.
Permise alla mente di andare alla deriva, portando a galla ricordi felici a cui lei si lasciò andare senza opporre resistenza.
Aveva sette anni, a quel tempo e tutta la sua famiglia viveva ancora tutto l'anno nella loro tenuta nel Lancashire. Era la vigilia di Natale e l'intera magione era stata addobbata a festa. Reed era appena uscito da Eton e suo padre aveva delegato i suoi affari ai suoi sottoposti per passare il giorno di Natale insieme a loro. Nel caminetto del loro salotto privato il fuoco scoppiettava allegro, riscaldando l'aria. Francine aveva indossato il suo abito migliore, proprio per il ritorno del fratello. Seduta sulle sue gambe lo ascoltava parlare, mentre leggeva un libro che aveva scelto poco prima.
Era un libro di favole che Lord Sutherland aveva regalato alla figlia il Natale prima e che, da subito, era stato il libro preferito della bambina.
Reed aveva una voce suadente, che spingeva Francine ad ascoltarlo rapita.
Lady Sutherland li osservava con un sorriso dipinto sul volto e, nel mentre, ricamava. Era un fazzoletto che aveva deciso di creare per se stessa, ricamato dalle sagome dei suoi due figli.
-Anche tu sei un principe?- domandò la piccola, quando il fratello fece una pausa.
Lui la guardò e le sorrise ma non le rispose.
Lei sapeva il perché.
Negli ultimi tempi Reed aveva iniziato a litigare con il padre, che insisteva perché lui si comportasse come un erede ad un titolo doveva fare. Reed, come ogni diciottenne, non voleva saperne nulla e passava molto tempo fuori di casa, divertendosi con i suoi compagni di Eton.
Lady Sutherland sapeva che il figlio non era un cattivo ragazzo ed era a conoscenza dei luoghi che frequentava, ciò nonostante, aveva deciso di lasciarlo libero di godersi la sua giovinezza, dimentico dei suoi obblighi.
Una sera aveva sentito suo marito accusare il figlio di essere solo un perdigiorno che non faceva altro che sollazzarsi con le puttane e, soltanto quando Francine, che si era intrufolata di nascosto nello studio per correre dal fratello, si era messa a piangere, Lord Sutherland si era zittito. Sua moglie, che era riuscita a raggiungere Francine, l'aveva stretta a se e aveva rivolto al marito uno sguardo colmo di rimprovero.
Reed, invece, con un espressione triste sul volto, aveva guardato per un ultima volta suo padre, prima di uscire dalla stanza in religioso silenzio.
-Beh, non sei un principe qualunque ma, il mio principe.- continuò Francine, poggiando la testa sulla spalla del fratello.
Reed le depositò un bacio sulla testa e tornò alla lettura.
Francine riaprì gli occhi mentre calde lacrime le scorrevano sul volto.
Nonostante fosse passato solo un giorno, Reed le mancava già tremendamente. Era stata separata da lui contro la sua volontà e la colpa era soltanto di un uomo.
Quel maledetto del capitano.
Francine si asciugò velocemente le lacrime, scostandosi bruscamente dallo scalmotto, come se si fosse bruciata. Una rabbia improvvisa le scaturì dal petto, mentre i suoi pensieri si concentravano su un'unica figura.
Lord Charlton Hayter.
Si girò su se stessa e, alzandosi le gonne per evitare di cadere, si mise a correre, diretta verso la scala che portava sotto coperta, dove si trovava la cabina del capitano.
Ignorò gli uomini che la chiamarono e così anche i loro sguardi, nella mente un solo obbiettivo.
Scese velocemente le scale, rischiando di scivolare per la troppa enfasi con cui le stava discendendo.
Quando ebbe sceso l'ultimo gradino riprese a correre, fermandosi soltanto quando si trovò davanti alla porta del capitano.
Senza nemmeno bussare la aprì, piombando all'interno.
Murdoch, disturbato da tutto quel trambusto, si sollevò dalla bacinella su cui era chino a lavarsi le mani e si voltò, squadrando malamente l'intruso che aveva avuto l'ardire di infilarsi nella sua stanza senza permesso.
-Che cosa volete?- L'apostrofò, afferrando un asciugamano posato su un tavolino sistemato a pochi passi da lui.
Francine non rispose.
Con poche rapide falcate si avvicinò al capitano e, senza neanche dargli il tempo di capire quello che stava succedendo, lo aggredì.
-Maledetto- strillò, alzando le esili braccia e riversandogli una gragnola di colpi sul petto.
Pareva essere impazzita e, per un istante, Murdoch temette che lo fosse per davvero.
Lasciò la presa sull'asciugamano, che cadde a terra e afferrò prontamente le mani della ragazza, prima che questa potesse colpirlo nuovamente.
-Siete un bastardo- inveì nuovamente lei, fissandolo negli occhi e dimenandosi tra le sue braccia come un'anguilla.
Aveva il volto arrossato e i capelli si erano, ancora una volta, arresi alla foga della ragazza, sciogliendosi sulle sue spalle.
Murdoch la fissò, stupito dalla vivacità di quella donna che aveva un coraggio da leoni e la stupidità di un oca.
Era minuta e lui non avrebbe fatto alcuna fatica a sollevarla di peso e a scuoterla fino a farla rinsavire. Probabilmente non si rendeva pienamente conto del pericolo che correva a provocare un uomo grande e grosso come lui.
-Che andate farneticando, donna?- le domandò, quasi annoiato da quei suoi continui sbalzi d'umore.
Sembrava tanto un cucciolo di leone che crede di essere spaventoso ma che, invece di ruggire, non fa altro che miagolare.
-È solo colpa vostra se ora sono qui- gridò ancora, scalciando per indurlo a mollare la presa. Murdoch divaricò le gambe, lasciando che lei tirasse calci al vuoto.
-Siete un figlio di puttana. Mi avete avvicinato con l'inganno e poi, come il peggiore degli uomini, mi avete rapito, portandomi con voi. Di una cosa però sono contenta, non appena mio fratello scoprirà che cosa è accaduto si metterà alla ricerca e voi non avrete scampo. Pregherete soltanto di non aver mai fatto ciò che avete fatto.-
Francine tacque per qualche istante, abbassando lo sguardo e per un momento, Murdoch immaginò che lei avesse pensato di aver esagerato poi, però, quando alzò il volto, capì che la sua prigioniera aveva tutt'altre intenzioni.
Guardandolo negli occhi schiuse la bocca e, poco dopo, Murdoch si trovò una guancia macchiata di saliva.
Il capitano, abbandonando momentaneamente la presa sul volto di Francine, si portò una mano alla guancia pulendosela poi, con uno sguardo che non prometteva nulla di buono, aprì bocca.
-Devin- latrò, con un verso tremendamente simile all'abbaiare di un cane, rivolto alla porta d'ingresso che era rimasta aperta.
In un lampo, il ragazzo comparve sull'uscio e, in un altro momento Francine si sarebbe di sicuro chiesta come avesse fatto ad udirlo e a comparire un istante essendo il corridoio vuoto ma, in quel momento, le sue priorità erano ben altre.
-Desideri, capitano?- domandò lui, lanciando a Francine una fugace occhiata senza tuttavia scomporsi nell'osservare il suo aspetto.
Murdoch rivolse un ghigno alla ragazza, che pareva più un ghigno crudele e malamente la spinse lontano da sé.
-Prendi la ragazza e fanne ciò che vuoi- decretò, voltando loro le spalle.
Devin, prontamente, la afferrò e la strinse tra le sue braccia, per nulla intenzionato a lasciarsi sfuggire quell'occasione.
Tenendola stretta indietreggiò, uscendo dalla stanza e sbucando in corridoio.
Francine, come già aveva dimostrato in precedenza, era allergica agli ordini e, subito, iniziò a dimenarsi, tentando di scalciare e prendere a pugni il marinaio proprio come aveva fatto con il capitano.
-Lasciatemi andare- protestò, puntando i piedi per terra, nel vano tentativo di resistere alla ferrea presa dell'uomo.
Come se fosse fatta d'aria, con un semplice gesto delle braccia la fece voltare su se stessa, sostenendola poi per le ascelle. Francine si oppose, lasciandosi andare tra le braccia dell'uomo come un peso morto, per rendergli tutto più complicato.
Devin, alle sue spalle, si stava eccitando. Francine non se ne rendeva conto ma, messa in quella posizione semi sdraiata, si stava involontariamente strusciando sul cavallo dei pantaloni del marinaio, che stava iniziando a trovarli scomodi.
Rinsaldando la presa sulle sue braccia, continuò a trascinarla, diretto nella stiva; aveva avuto quella concessione dal capitano e non se la sarebbe lasciata scappare.
§ § §
Seduto sul letto nella sua cabina, Murdoch sfogliava un taccuino. Raccoglieva le numerose pagine di pensieri che aveva scritto poco prima di tornare a Londra.
Nessuno a bordo sapeva l'esistenza di quel taccuino e, come tale, doveva rimanere.
Vi aveva appuntato importati informazioni e questioni irrisolte, di cui pochi erano a conoscenza.
Lo custodiva nella sua stanza, in un cassetto chiuso da una chiave che aveva appeso ad un cordino e che teneva sotto la camicia.
Mentre continuava la lettura bussarono alla porta. Murdoch sussultò, colto di sorpresa poi si affrettò a scendere dal letto e a dirigersi, con passo felpato verso il mobile dove conservava il taccuino. Lo ripose all'interno del cassetto dopodiché lo chiuse nuovamente a chiave.
Si avvicinò, a grandi falcate, alla porta e, dopo aver preso un grosso respiro, girò la chiave nella toppa e aprì la porta.
Devin era in piedi davanti a lui, scarmigliato nella sua divisa da marinaio. Aveva il volto segnato, in alcuni punti, da strisce rosse che gli solcavano prevalentemente le guance. La camicia era tutta sgualcita e i pantaloni erano macchiati in diverse zone.
-Che cosa diamine ti è successo?- gli domandò Murdoch, squadrandolo dalla testa ai piedi.
-Murdoch, quella donna è un'indemoniata- esclamò Devin, sbarrando gli occhi, come se il solo parlare di lei lo sconvolgesse.
-Siamo scesi nella stiva e, non appena abbiamo fatto l'ultimo scalino, lei si è liberata con uno strattone, risalendo le scale. Le sono corso dietro e quando l'ho afferrata ha iniziato, come da abitudine, a dimenarsi. Ho rinserrato la presa ma lei ha cominciato a tirare calci e a strattonate la camicia; quando ha capito che non avrebbe sortito nulla è passata alle maniere forti, decidendo di graffiarmi la faccia.- continuò Devin, entrando nella stanza e chiudendo la porta alle sue spalle.
-Dove l'hai lasciata?-
-L'ho legata e imbavagliata e l'ho lasciata alle cure di Fergal.- gli rispose, ritrovandosi inevitabilmente a sghignazzare al pensiero di come lei lo aveva guardato prima che se ne andasse.
-Andiamo- lo incitò Murdoch, avviandosi verso la porta e uscendo in corridoio. Devin lo seguì, mantenendosi a distanza di qualche metro.
-Dove?- gli domandò, incerto sulla risposta.
Il capitano si voltò a guardarlo, poggiando il mento sulle spalle.
-Dalla ragazza, naturalmente-
Il marinaio rimase in silenzio per diversi istanti poi, aprì nuovamente bocca.
-Non credi che dovresti dirle che non sei chi lei pensa che tu sia?- affiancò il capitano, accelerando il passo, diretto alla scala che aveva davanti.
-È troppo presto ora. Lo farò una volta che saremo arrivati a destinazione.- spiegò Murdoch, salendo gli scalini verso il ponte di coperta.
-E le spiegherai il tuo piano?- domandò ancora Devin, fermandosi per guardare Murdoch negli occhi.
-Anche quello succederà a tempo debito-
§ § §
Francine era sparita. Avevano controllato tutte le stanze della dimora degli Huntly ed anche il giardino, perfino all'interno della serra e al magazzino degli attrezzi da giardinaggio ma, lei era scomparsa nel nulla.
Reed, quando era ormai giunta l'alba senza aver ottenuto alcun risultato, si era rassegnato all'evidenza che sua sorella non si trovasse lì.
Quando lui e Alicia avevano ripreso la carrozza per tornare a casa, Reed avrebbe voluto subito andare dalla polizia per denunciarne la scomparsa ma Alicia, che in quel momento era relativamente più lucida di lui, gli aveva consigliato di riposarsi e di pensare successivamente alla questione.
Ora Reed sedeva su una poltrona del salotto, con le gambe accavallate e un bicchiere di whisky tra le mani.
Si era svegliato da poco e i capelli, tutti arruffati, gli coprivano parzialmente gli occhi. Non appena si era alzato dal letto aveva sceso le scale e si era accomodato nel loro salotto privato. Si era versato una generosa dose del distillato che più gradiva e se l'era trangugiato tutto d'un fiato. Successivamente, aveva riempito nuovamente il bicchiere e aveva ripetuto ciò che aveva già compiuto. Solo al terzo bicchiere aveva iniziato a moderarsi.
Reed, che di solito non beveva mai molti distillati, si era lasciato andare, troppo sconvolto dalla situazione per rendersi conto di essere quasi ubriaco.
-Reed, che cosa state facendo?- Alicia, avvolta nella sua vestaglia chiara, entrò nella stanza, osservando, stupefatta, le condizioni del marito. Aveva uno sguardo vacuo e la camicia che aveva indossato era arrotolata intorno ai suoi fianchi, mentre alcune macchie risaltavano sul suo petto.
-Tesoro- biascicò lui, allungando le mani verso la moglie e, al contempo, alzandosi in piedi.
Si mosse con passo traballante verso di lei, finendo per inciampare sul tappeto che copriva il pavimento e buttarle le braccia al collo.
-Reed, per l'amor del cielo, voi siete ubriaco- mormorò lei, assumendo una smorfia di disgusto sentendo il forte odore di alcol che emanava il marito.
-Ho la situazione sotto...sotto controllo...- le assicurò lui, con espressione concentrata, come se stesse realmente pensando a qualcosa e non fosse semplicemente confuso.
Alzò la mano, infilandola nei capelli della moglie e rigirandosi un ciuffo tre le dita. Era piegato in due, abbandonato su di Alicia e il suo mento appoggiava tra i suoi seni.
Si sollevò, depositando un bacio umidiccio sul collo della ragazza e tirando le gonne dell'abito, come se volesse strapparle.
-Voglio fare sesso- asserì con la voce impastata, posandola una mano sul seno.
Si stava comportando con un animale, nel profondo dentro di sé, ne era cosciente ma, il dolore che provava per Francine era troppo devastante.
-Reed, voi siete solo sconvolto- affermò lei, conducendolo, con non poca fatica, verso la poltrona su cui era precedentemente accomodato.
Lo fece sedere e prese dal tavolino lì accanto il bicchiere ormai vuoto.
-Reed, mio caro, tutti noi siamo profondamente turbati da quello che è successo ma, bere non aiuterà né voi né Francine- gli sorrise amorevolmente, poi si allontanò di pochi passi.
-Ho già parlato con Lord Huntly e si è detto disposto ad accompagnarmi a Scotland Yard questo pomeriggio- continuò, depositando il bicchiere sul mobile dei liquori e riponendo il whisky all'interno.
-Francine, per quanto forte possa essere, è una donna e io sono terrorizzato all'idea di quello che può accaderle. Sono talmente sbigottito che ho addirittura pensato che possa essere fuggita perché, in fondo, qui non è felice- le spiegò lui, in un sorprendente momento di lucidità.
-Che cosa intendete dire?- Alicia si voltò e lo raggiunse, lo sguardo fisso nel suo.
-Intendo dire che, forse, è semplicemente scappata. Che si sia allontanata da tutti perché, probabilmente, si sente sola. Spesso l'ho vista osservarti con occhi tristi mentre stringevi tra le braccia Aaren. Mi ha fatto capire che potrebbe essere malinconica perché anche lei potrebbe volere un figlio ma, non essendo corteggiata da nessuno uomo e tantomeno sposata, questo non possa avvenire in un futuro molto prossimo.- le fece notare lui.
-A questo non avevo pensato, tuttavia non penso che Francine sia il tipo di donna che sparisce senza dire nulla. Lei fa sempre sapere agli altri dove si trova e il fatto di non avere pretendenti è perché lei non accetta alcun uomo che le si propone- ribattè, sedendosi sulle sue gambe dopo che lui le ebbe fatto cenno di farlo.
Sembrava che in pochi attimi avesse smaltito l'alcol che aveva ingerito, rendendolo nuovamente presente.
Alicia si appoggiò al suo petto, rimanendo in silenzio, pensierosa e chiuse gli occhi.
Gliela avrebbe data in un altro momento la notizia.
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Buonasera ragazze, si lo so, non aggiorno da tempo. Non è una scusa ma sono veramente impegnata con l'università.
Detto ciò, ecco il capitolo.
Che ne pensate?
Vi è piaciuto?
Votate e commentate per il prossimo capitolo, perché lo farete, vero? 😜
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