3.
-Di quanto tempo avete bisogno per pelare tre patate, di grazia?- Astor Cobb, cuoco di quella nave, mescolava il contenuto della pentola che aveva davanti, attendendo impaziente che la donna finisse il suo compito.
Francine, seduta davanti al grosso tavolaccio scuro e rovinato, si lasciò andare all'ennesimo sbuffo. Era difficile quel compito e, se quell'uomo non avesse smesso di metterla sotto pressione, gli avrebbe piantato il coltello in una mano; così avrebbe avuto qualcosa per cui lamentarsi veramente.
-Di tutto il tempo che mi serve- gli rispose, irritata, rallentando, ulteriormente, il ritmo solo per infastidirlo.
A dire la verità, Francine era totalmente negata in cucina. Come individuo appartenente alla nobiltà non aveva mai dovuto sporcarsi le mani e, di conseguenza, non aveva mai messo piede in una cucina ne, tantomeno, qualcuno glielo aveva mai ordinato.
Se si trovava lì era solo per colpa di qualcuno.
Ricordava perfettamente la conversazione che aveva intavolato all'alba con il capitano.
- Ho bisogno di voi e, fino a quando non mi riterrò soddisfatto dei vostri servigi, non vi lascerò andare- seduto sul pavimento della coffa, l' aveva osservata, divertito.
-E in che cosa dovrei servirvi?- era curiosa e ne aveva ben donde.
-Siete prigioniera su questa nave ma, ciò non vuol dire che ve ne starete con le mani in mano per il resto del viaggio. Quindi, d'ora in poi, aiuterete il signor Cobb in cucina e svolgerete tutte le mansioni che io vi assegnerò- aveva spiegato lui, esponendole i suoi piani.
-Scordatevi che faccia qualcosa di simile- gli aveva risposto lei, facendo in modo che si notasse il suo tono sdegnoso.
-Se preferite vi metterò a pulire sul ponte, in mezzo ai miei uomini, con la piena facoltà di combinare tutto quello che vogliono.- quello era un avvertimento per niente velato, anzi, era una minaccia bella e buona.
-State scherzando?-
-Voi cosa dite?-
Quell'uomo non scherzava affatto.
Per dimostrarle quanto fosse serio si era sollevato da terra e, allungandosi verso di lei, l'aveva presa tra le braccia, per poi distenderla a cavalcioni sulla sua spalla. Aveva poi scavalcato l'alto bordo di legno e si era aggrappato, con una sola mano, alle sartie, occupato a reggere lei con l'altra. Francine, per la seconda volta in poche ore, si era trovata a guardare un mondo capovolto e quel che era peggio era che sotto di lei non si trovava il semplice terreno ma, una distesa infinita d'acqua scura e profonda.
Suo malgrado, si era ritrovata a gridare a squarciagola, anche se si era ripromessa di non farlo più davanti al suo carceriere.
Soltanto quando era arrivata a terra e il capitano l'aveva fatta scendere dalle sue spalle, aveva chiuso la bocca; dopodiché si era allontanata velocemente da lui, mettendo la giusta distanza tra i loro corpi.
-Signori, d'ora in avanti questa fanciulla è tutta vostra- aveva annunciato il capitano, mentre un ghigno, l'ennesimo, si dipingeva sul suo volto.
Francine si era ritrovata stretta tra le braccia di un marinaio che, da quando era salita a bordo, non le aveva mai tolto gli occhi di dosso. Lui, che doveva avere all'incirca la sua età, si era subito preso le sue libertà, muovendo le sue mani inopportune lungo tutto il suo corpo.
Aveva iniziato a lottare con quel ragazzo, tentando, disperatamente, di spostare le sue avide mani dal suo seno, su cui si erano appena strette.
L'equipaggio, intanto, si era goduto lo spettacolo, mentre alcuni di loro avevano riso sguaiatamente.
Murdoch non era stato da meno.
Poggiato con la schiena contro l'albero maestro, aveva osservato quella donna, eccitato dai suoi movimenti convulsi e dal suo sguardo combattivo.
Era rimasto ammirato dal fatto che non demordesse e continuasse a restare ferma sulla convinzione che, lì in mezzo, il suo essere signora d'alto borgo l'avrebbe esentata da qualsiasi fatica.
Per Murdoch invece, non appena lei aveva messo piede su quella nave era diventata, a pieno titolo, un membro dell'equipaggio e poco importava di chi mormorava che avere una donna a bordo portasse male.
Del resto, i suoi marinai si impegnavano a tessere lodi sul genere femminile non appena una donna apriva loro le gambe.
-Vi siete ricreduta sulla cucina o volete che Devin continui?- le aveva offerto una via d'uscita.
-Non metterò mai piede lì dentro. Non sono mai entrata in una cucina e, per la miseria, mai lo farò. Non potete trattarmi alla stregua di una serva- aveva gridato, senza smettere di dimenarsi.
-Devin- aveva esclamato il capitano, facendo cenno al ragazzo di proseguire in ciò che stava facendo. Il marinaio, aveva obbedito, ben contento e si era caricato, anch'esso, la ragazza sulle spalle, scendendo sul ponte di coperta per dirigersi dove alloggiava tutta la ciurma.
Francine aveva iniziato a picchiare velocemente i pugni sulla sua schiena, in una gragnola di colpi, nella speranza che quel ragazzo la lasciasse andare.
Quando erano giunti davanti alla branda del marinaio, questi l'aveva presa per i fianchi e l'aveva buttata malamente sopra il materasso, facendola finire gambe all'aria.
Francine aveva giusto fatto in tempo a ricomporsi che Devin le si era sdraiato addosso, impedendole qualsiasi movimento. Le aveva afferrato le braccia e gliele aveva strette sopra la nuca, trattenendo i polsi con una mano sola mentre, con l'altra le aveva afferrato il mento e, con fare impacciato, aveva tentato di baciarla.
Francine, quando aveva capito le sue intenzioni si era appiattita, spingendo la testa contro il cuscino nel vano tentativo di sfuggirli. Il marinaio, però, non si era arreso e con un movimento veloce e deciso si era abbassato sulla sua bocca, riuscendo, finalmente, a baciarla.
Murdoch aveva osservato tutta la scena, sostenendosi ad un barile non molto lontano, con un espressione divertita dipinta sul viso.
Era convinto che quella ragazza fosse, in realtà, terrorizzata e che fosse soltanto abile a mascherarlo alla perfezione.
Si era allontanato dalla sua posizione, avvicinandosi alla brandina su cui i due stavano ancora lottando.
-Siete ancora dell'idea di far continuare Devin?- le aveva domandato, mentre faceva correre lo sguardo sul suo volto scarmigliato.
-No- aveva ringhiato lei, riuscendo finalmente a liberarsi dalle braccia del marinaio.
-Allora verrete con me- le aveva ordinato, afferrandole un polso e sollevandola di scatto.
In quella maniera le avrebbe impedito di fuggire e l'avrebbe condotta con se.
-D'ora in avanti sarete l'aiutante del cuoco-
-Allora, vi muovete o no?- Astor sbattè violentemente il mestolo sul tavolo, facendo sussultare la ragazza, concentrata sui suoi pensieri.
Francine, che aveva ancora tra le mani il coltello, sussultò, tagliandosi inevitabilmente la pelle.
-Siete un idiota- lo accusò, portandosi un dito alla bocca e succhiando il sangue che stava uscendo dalla ferita. Guardandosi intorno, individuò uno straccio pulito, proprio all'estremità del tavolo a cui era seduta. Si allungò per prenderlo e, incurante del fatto che il cuoco avrebbe potuto utilizzarlo, aiutandosi con lo stesso coltello con cui si era ferita, strappò una striscia di tessuto, per poi avvolgerselo intorno al dito.
Astor la guardava, irritato dal suo modo di fare.
Dopo essersi medicata, afferrò le patate e, sgraziatamente, le depositò nelle mani del cuoco, rimasto in silenzio.
-Tenete le vostre stupide patate- gli sibilò, scendendo dallo sgabello su cui era ancora seduta. Dopo essersi sistemata le gonne si diresse verso l'uscita della cucina.
Non aveva intenzione di rimanere lì un minuto di più.
Varcò la soglia ma, dopo qualche passo, venne fermata da una voce maschile che le suonò familiare.
-Dove credete di andare?- Francine si voltò e vide, a poca distanza da lei, Devin che la osservava come se fosse un dolce delizioso.
-Fuori di qui- rispose lei, rimanendo ferma, per nulla intenzionata a concedere a quell'uomo di avvicinarsi. - Non tollero più né il cuoco né, tantomeno, la cucina. È troppo calda e ci sono troppi odori che si mescolano.- il suo volto si contrasse in una smorfia, rappresentando perfettamente il suo disgusto.
Devin ridacchiò, seriamente divertito da quella situazione.
-Non credo proprio- dissentì, scostandosi dal muro alla quale si era appena appoggiato ed avvicinandosi a lei.
Su questa nave pare che abbiano tutti bisogno di sostegno, come se il continuo moto ondoso li renda instabili, pensò fugacemente Francine divertita, senza distogliere lo sguardo dal marinaio.
Se avessero veramente avuto problemi di equilibrio per lei sarebbe stato più facile sfuggir loro.
-Avete sentito gli ordini del capitano. Ora siete l'assistente del cuoco e dovete eseguire le sue direttive- fece una pausa, osservando la porta della cucina, come se, da un momento all'altro, da essa avrebbe potuto spuntare Astor, alla ricerca della ragazza.
-Dubito che lui vi abbia richiesto di uscire dalla cucina- continuò, ormai giunto davanti a lei. Così come aveva fatto Murdoch, la prese per un polso, tirandola verso di sé.
-Se preferite però, potreste venire con me e intrattenermi per la prossima ora- le prese il mento tra le mani e le sollevò il viso, verso il suo.
Con un colpo secco Francine tentò di sfuggire alla sua presa ma, l'unica cosa che ottenne fu il collo dolorante per il contraccolpo.
L'uomo, infatti, aveva mantenuto la presa sul suo viso e la stava guardando con desiderio.
-Lasciatemi andare- sibilò, alzando un braccio per colpirlo.
Lo schiaffo non raggiunse il suo volto, intercettato dalla mano libera di Devin.
-Vi è piaciuto essere baciata?- si leccò il labbro con la lingua, come ad evidenziare quanto a lui fosse piaciuto.
-Vi ho detto di lasciarmi andare- ribadì lei, ignorando le sue parole.
Se avesse saputo che nel corridoio avrebbe incontrato quel marinaio di certo non sarebbe uscita dalla cucina ma, sarebbe rimasta lì aspettando che lui se ne andasse.
Lui abbandonò improvvisamente il suo viso, lasciandola andare. Si scostò, ponendo qualche passo tra di loro.
-Andate- la liquidò, poi, semplicemente, voltò le spalle e se ne andò.
Fu il primo ordine, da quando era sulla nave, a cui obbedì senza protestare.
Tornò in cucina, dove Astor stava sminuzzando e disponendo in una pentola di ferro le patate che lei aveva appena preparato.
Le dava le spalle e, apparentemente, sembrava non essersi accorto della sua presenza. Francine, decise di andarsi a sedere sullo sgabello che aveva occupato fino a qualche minuto prima.
-Siete già di ritorno?- domandò all'improvviso il cuoco e Francine poté giurate di aver percepito una nota ironica nella sua voce.
Francine si morse la lingua, evitando di rispondergli per le rime.
-Venite qui, bisogna servire il pranzo al capitano- parlò ancora il signor Cobb, invitando Francine ad affiancarlo.
Francine era stata brevemente istruita riguardo ai pasti sulla nave e aveva scoperto che, a differenza di ciò che avveniva in città, sul veliero si consumavano tre pasti. Le era stato spiegato che ciò avveniva perché gli uomini, lavorando tutto il giorno per mantenere la nave avevano bisogno di energia.
Francine si era trattenuta dal sottolineare che probabilmente il capitano non faceva nulla a bordo ma che, comunque, doveva essere una buona forchetta e quindi, non disdegnava un pasto in più.
-Cosa vi aspettate che io faccia?- domandò Francine, rimanendo seduta.
- Siete sorda, per caso? Vi ho detto che va servito il pranzo- le rispose lui, nuovamente seccato dai modi di fare della ragazza.
-Non ho la minima intenzione di farlo. Non sono una cameriera. Chiedete ai marinai, credo che loro saranno più che contenti di servire il loro capitano-
-I marinai devono governare la nave, voi, invece, state oziando. Sarete voi, quindi, a servire il pranzo al capitano- sollevò il vassoio che aveva preparato e glielo sbattè in mano, liquidandola.
-Ora andate e vedete di non combinare disastri- le intimò, per poi voltarsi e riprendere a dedicarsi alle padelle.
Francine uscì dalla stanza, imbucando il corridoio. Trovò ad attenderla, nello stesso punto dove era stato in precedenza, Devin.
-Mi è stato ordinato di condurvi dal capitano- le disse solo, precedendola lungo il corridoio.
Francine lo seguì, in silenzio, osservando le sue spalle e il suo incedere mascolino.
Lo percorsero per metà, poi imboccarono una scala che saliva fino al soffitto, estendendosi alle loro spalle. Quando furono al piano superiore Francine si accorse del cambiamento di mobilia, molto più ricca e raffinata.
Giunsero davanti ad una porta e Devin bussò. Qualche istante dopo, la voce del capitano diede il permesso di entrare nella stanza. Il marinaio la aprì, cedendo il passo a Francine che ancora reggeva tra le mani il vassoio.
Si incamminò velocemente verso il tavolo, depositando quel che aveva tra le braccia con un tonfo.
-Ecco il vostro pranzo- gli disse acidamente, scoccandogli un'occhiataccia.
Si allontanò subito, evitando ogni contatto visivo con lui non per paura ma, perché se avesse alzato lo sguardo lo avrebbe sicuramente insultato.
Si voltò e si diresse verso la porta, ben felice che quell' incombenza fosse già conclusa.
-Dove credete di andare?- la richiamò la voce dell'uomo, facendola fermare a pochi passi dal tavolo.
-Lontano da voi- gli rispose lei, optando per la sincerità.
I due commensali seduti alla tavola con Murdoch ridacchiarono, divertiti da quel breve siparietto. Di solito erano abituati a consumare il loro pranzo in compagnia del capitano, discutendo di questioni marittime e di compiti da svolgere e delegare.
Quello novità poteva essere un piacevole diversivo.
-Avete forse paura?- le domandò lui, allargando le gambe e sostenendosi il mento con una mano, rimanendo poggiato al bracciolo della sedia su cui era seduto.
-No di certo- ammise Francine, sollevando un sopracciglio.
Quell'uomo era uno stolto se credeva che lei avesse timore della sua persona. Lo trovava solo borioso e pieno di sé, oltre che tremendamente maleducato.
Non le era di certo sfuggito come l'aveva trattata fino a quel momento.
Sembrava che lui pensasse che Francine fosse il suo cagnolino e che lei fosse pronta ad accorrere per eseguire ogni suo ordine.
-Preferireste seguire Devin, come questa mattina?- accennò al diretto interessato che se ne stava in piedi, fermo immobile, sull'uscio della porta e che, alle sue parole, parve entusiasta.
-State scherzando?-
-Non scherzo mai, mi pare di avervelo già ampiamente dimostrato- il suo sguardo divenne serio, punto sul vivo dalle parole di lei che parevano aver messo in dubbio la sua sincerità.
Francine convenne che, no, non aveva bisogno di altre dimostrazioni e che, si, non scherzava affatto.
-Direi di no- sentì l'uomo alle sue spalle sbuffare sonoramente ma, gli diede poco peso.
-Venite qui- le ordinò il capitano, battendosi le mani sulle gambe per indicarle dove accomodarsi.
-Siete matto se credete che io mi siederò sulle vostre gambe. Potete scordarvelo- lo apostrofò, trattandolo come se fosse tale.
-A voi la scelta, o qui o sul pavimento-
Francine gli rivolse un occhiataccia. Era insopportabile quell'uomo, con quei suoi modi di fare.
Se avesse potuto se ne sarebbe semplicemente andata ma, come già aveva pensato, era prigioniera su quella nave e finché questa non fosse attraccata in qualche porto, dove avrebbe potuto chiedere aiuto, non avrebbe avuto alternative che rimanere e accettare ciò che le veniva chiesto. Nei limiti del tollerabile, ovviamente.
Doveva scegliere il male minore e, a dirla tutta, anche il posto meno scomodo, così, sempre comportandosi come le avevano insegnato, si avvicinò al tavolo e, dopo essersi sollevata le gonne, si sedette per terra.
Murdoch rise, deliziato da quella situazione, poi alzò il coperchio del vassoio che Francine gli aveva depositato davanti e si servì.
Un profumo delizioso si spanse nell'aria e Francine percepì subito un languore allo stomaco.
Murdoch si servì dell'agnello in fricassea accompagnandolo con una cucchiaiata di riso.
Il piatto principale era accompagnato da barbabietole rosse e peperoni.
Quando i tre uomini si furono serviti Murdoch si rivolse a Francine.
-Allora, avete cambiato idea oppure il pavimento è diventato improvvisamente il luogo più comodo su cui sedere?-
-In realtà, sono perfettamente a mio agio, qui- gli rispose, facendo trasparire una calma ed una tranquillità che in realtà non provava.
Murdoch celò, malamente, il suo stupore.
Doveva ammettere che quella ragazza era veramente tenace e che difficilmente si sarebbe piegata al suo volere.
Prese un altro piatto, servendo le stesse pietanze che aveva preso per sé e lo passò alla sua ospite.
Francine lo accettò e dopo essersi munita di forchetta, iniziò a mangiare. Se non fosse stata certa di ciò che c'era all'interno di quei piatti non avrebbe toccato cibo. Dopotutto, non si fidava dei marinai e, sopratutto, dell'uomo che l'aveva rapita.
Mangiò in silenzio, gustandosi ciò che aveva nel piatto ed ignorando le occhiate che il capitano le lanciava, di tanto in tanto.
Mentre il pranzo proseguiva, Francine iniziò a trovare scomoda quella posizione. Il sedere, a contatto con il pavimento duro, le doleva e, anche se non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce, forse sarebbe stato più comodo sedersi sulle gambe del suo carceriere.
Si affrettò a terminare ciò che aveva tra le mani e, quando ebbe finito, si sollevò per depositare il piatto sul tavolo.
Si spolverò la gonna e si sistemò i capelli, in un gesto automatico che le capitava di compiere diverse volte al giorno.
Poi, proprio come aveva cercato di fare poco prima, si voltò, nell'intento di raggiungere la porta ma, come già era successo precedentemente, venne fermata dalla voce del capitano.
Francine sospirò pesantemente, alzando gli occhi al cielo, in un comportamento decisamente poco signorile.
-E adesso che cosa volete?- gli lanciò un occhiataccia che avrebbe scoraggiato chiunque a proseguire ma non Murdoch.
Lui era tenace e le battaglie verbali lo intrigavano come poche altre cose potevano farlo.
-Nessuno vi ha detto che ve ne potevate andare- precisò lui, facendole cenno di sedersi nuovamente.
-Non sono la vostra serva, ne tantomeno un cane. Non prenderò ordini da voi- replicò, voltandogli le spalle ed incamminandosi, finalmente, verso la porta.
-Da quando siete salita su questa nave siete diventata a pieno titolo un membro dell'equipaggio, ciò, quindi, mi da il diritto di comandare su di voi.- le spiegò, mentre un sorrisetto vittorioso e compiaciuto gli aleggiava sul bel volto.
-Mentite. Forse voi lo affermate ma, credetemi, io non ci tengo certo ad essere un membro della vostra ciurma- l'espressione schifata di Francine era una chiara spiegazione di quel che realmente pensasse di quegli uomini.
-Affatto. Se ben ci pensate, il fatto che voi abbiate aiutato Astor a preparare il pranzo, che io non avrei fatto preparare a nessuno di estraneo alla nave, dimostra che lo siete-
Francine si ritrovò a corto di parole, rendendosi improvvisamente conto di essere caduta nella sua trappola. Quella mattina, all'alba, il capitano le aveva proposto due soluzioni simili che però, avrebbero avuto differenti risposte.
Con i suoi metodi di persuasione lui era riuscito a farla propendere verso quella che lo avrebbe favorito.
L'aveva posta di fronte ad un bivio dove scegliere la strada più facile e leggera da percorrere sembrava scontato ma che, in effetti, nascondeva numerosissime insidie.
Pulire il ponte con i marinai o aiutare il cuoco in cucina?
Quello che però a Francine era sfuggito, era il reale significato della questione. Se avesse veramente accettato di pulire il ponte sarebbe rimasta tanto tempo con degli uomini, a piede libero e senza freni ma, sarebbe stata prigioniera, quindi priva da ogni vincolo nei confronti del capitano. Essendo diventata l'assistente del cuoco, aveva acconsentito ad un patto non scritto, in cui lei si identificava come pari di tutti quei marinai e, come tale, alle dipendenze e agli ordini del capitano.
Doveva ammettere che quell'uomo fosse maledettamente sagace.
Come un ragno, era riuscito ad intessere la sua tela senza che lei se ne accorgesse ed ora, come una mosca, si ritrovava intrappolata attendendo che la sua fine giungesse presto.
-Ora, la mia domanda è questa. Questa notte, dormirete nella stiva o in una cabina tutta vostra?-
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Buonasera ragazze, sono tornata con un nuovo capitolo.
Che ne pensate?
Vi è piaciuto?
Votate e commentate per il prossimo capitolo, perché lo farete, vero? 😜
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