2.
Quella prigioniera era troppo rumorosa.
Seduto nella sua cabina Murdoch si massaggiava le tempie, nel vano tentativo di placare il mal di testa che gli martellava il capo, come un picchio sul tronco. Da quando l'avevano portata a bordo non aveva fatto altro che urlare e strepitare e, nonostante fosse rinchiusa nella stiva, la sua voce arrivava fino al ponte.
-Porca puttana- imprecò, quando un grido più forte degli altri gli attraverso la testa, con una fitta lancinante e dolorosa.
Si alzò a sedere di scatto rovesciando la sedia che rovinò rumorosamente a terra e facendo tintinnare le bottiglie di vetro sul mobile dietro di lui.
A passo di marcia, si diresse verso la porta, continuando a sussurrare a bassa voce imprecazioni. La spalancò violentemente, lasciando che urtasse il muro di legno della sua cabina, producendo un rumore sordo e cupo.
Percorse a grandi falcate il corridoio sgombro da ogni presenza, come se i suoi marinai avessero capito che tirava aria cattiva. Salì i gradini a due a due e comparve sul ponte di coperta con un cipiglio iroso. Senza guardare nessuno si diresse verso la scaletta che portava sottocoperta ed una volta che fu di nuovo sotto, le urla della ragazza tornarono a trapanargli le orecchie. Quasi di corsa raggiunse la cella dove l'avevano rinchiusa, davanti a cui stazionavano due uomini eletti come guardie.
Non appena lo videro si misero sull'attenti, attendendo ordini.
Francine, invece, per nulla incline a chiudere la bocca, iniziò ad imprecare contro il suo carceriere.
-Bastardo, fatemi uscire da qui- si aggrappò alle sbarre, scuotendole ripetutamente, producendo un suono sinistro ed inquietante che ebbe il suo potere di far ghignare Murdoch.
Quella ragazza aveva fegato.
Si dimenava e si dibatteva come un anguilla, per niente spaventata dall'ambiente e dalle persone che la circondavano.
Murdoch la osservò.
La sua bionda acconciatura, che durante il ballo era perfettamente sistemata, ormai non era che un pallido ricordo. La pelle era umida e sudata a causa del calore che permeava la stiva. Il viso accaldato e colorito in cui erano incastonati quei meravigliosi occhi azzurri che sprizzavano lampi di rabbia.
Murdoch, senza mai distogliere lo sguardo dal suo, si sistemò il cavallo dei pantaloni, eccitato da quella situazione.
-Maledetto porco- inveì lei, disgustata dalla situazione prima di sputare ai suoi piedi. Murdoch abbassò lo sguardo, proprio sulla punta dei suoi stivali bagnati dalla saliva della ragazza e scoppiò a ridere, divertito.
-Figlio di un cane, vi ho detto di farmi uscire da qui - gridò lei, sbattendo i pugni contro le sbarre, sacramentando come il peggiore degli ubriaconi.
Murdoch smise di ridere, infastidito dal mal di testa insistente e dalle grida di quella donna.
-Siete noiosa e dovete imparare a stare zitta. Agli uomini non piacciono le chiacchierone.- l'avvertì, come monito per il futuro, prima di dirigersi verso le scale.
Quando fu ad un passo dal primo scalino voltò la testa all'indietro, notando come la ragazza non avesse ancora interrotto le sue grida.
Con un breve cenno del capo diede un ordine ai due marinai, che per tutto quel tempo erano rimasti immobili ad ascoltare.
-Fatela tacere-
Il più grosso dei due annuì, per poi voltarsi verso la giovane.
-Perdonatemi, signorina- si scusò, guadandosi l'occhiata interrogativa di Francine che non intuì a cosa si stesse riferendo poi, prima che potesse ripensarci, alzò il pugno e colpì il viso della ragazza, facendola crollare a terra, svenuta.
Murdoch annuì soddisfatto; finalmente su quella nave regnava il silenzio. Lasciò i due uomini dove si trovavano e tornò sul ponte principale, diretto verso il ponte di comando. Uno dei suoi marinai lo fermò prima che potesse raggiungerlo.
-Capitano, vi informo che diversi uomini hanno iniziato a passeggiare davanti alla St.Mary, probabilmente incuriositi dalle grida della vostra ospite che, credetemi, si odono per un bel pezzo di pontile- Murdoch, imprecò.
Di tutto quello che aveva bisogno in quel momento i curiosi non erano decisamente in quella lista.
Borbottò qualche cosa al marinaio, poi riprese il suo cammino verso il ponte di comando. Il suo secondo, che lo attendeva accanto al timone gli porse il suo capello, lo stesso che in tutti quegli anni non aveva mai smesso di indossare, nemmeno quando era finito in prigione.
Si posizionò dietro il timone, a gambe divaricate e una folata di vento lo investì, come a voler rendere epico quel momento.
Era di nuovo lui, il capitano Murdoch Ó Laoghaire.
-Siate pronti a salpare!- gridò Murdoch al suo comandante, tornando a provare l'ebrezza di comandare.
§ § §
Sdraiata sul pavimento sporco della stiva, che di sicuro aveva visto giorni migliori, Francine cercava di venire a capo dei suoi pensieri. Si era risvegliata lì, proprio in quella posizione, sudata e stordita dal calura umida che appestava la stiva come un morbo.
Si passò una mano tra i capelli, che ormai erano diventati una massa informe, simile ad un ciuffo di paglia e si ritrovò a gemere quando le sue dita sfiorarono un rigonfiamento. Con tutta probabilità le sarebbe venuto un bernoccolo gigante e, già in quel momento, la testa le doleva in maniera indecente.
Si sollevò a sedere, lentamente, sentendosi in costante equilibrio precario. Doveva aver preso una botta in testa e l'unico che poteva essere stato, era senza dubbio quell'uomo.
Lord Charlton Hayter.
Francine era convinta che l'uomo le avesse mentito; soltanto un bamboccio, infatti, avrebbe potuto chiamarsi così.
Facendo leva sulle mani, poggiate a terra, Francine si alzò, aggrottando nel mentre le sopracciglia. C'era qualcosa di strano. Il pavimento oscillava sotto di lei, rendendole difficoltoso rimanere in piedi.
Si guardò intorno, cercando un modo per poter osservare al di fuori della barca. Trovò uno spiraglio tra le assi di legno e, a tentoni, ci si avvicinò. Posò il viso contro la fiancata, impiegando qualche istante per sincronizzare i suoi movimenti con quelli della parete per non rischiare continuamente di sbattere il viso su quella dura superficie. Quando finalmente guardò fuori, l'ennesimo urlo scaturì dalla sua bocca.
Erano in mare aperto, probabilmente ben lontani dal porto più vicino.
Francine non avrebbe saputo dire che ore fossero, anche se la luna alta nel cielo indicava che fosse notte.
Indietreggiò scompostamente, come un burattino attaccato ai fili, fino a sfiorare con la schiena la parete più lontana della cella. Ebbe la tentazione di mettersi a gridare nuovamente, come sé quella fosse l'unica soluzione ai problemi. Di sicuro fare confusione avrebbe attirato quegli uomini e, se fosse riuscita ad uscire da quella cella, le cose sarebbero mutate.
Aveva notato, infatti, che gli uomini che al suo arrivo erano stati eletti come guardie ora non c'erano più e che, in quel momento, lei era sola nella stiva. Da sola non sarebbe riuscita ad evadere da quel tugurio e se anche lo avesse fatto poi non sarebbe andata molto lontano. Doveva cercare di ragionare, di pesare con lucidità, senza perdersi in inutili colpi di testa.
Non ebbe tempo nemmeno di iniziare a pensare a ciò che avrebbe potuto fare che udì un rumore di passi che scendevano le scale. Francine si raddrizzò, rimanendo immobile ad attendere l'arrivo dell'uomo. Quando raggiunse l'ultimo gradino della scala, Francine lo identificò come uno delle due guardie. Questi, mentre camminava, fischiettava, facendo roteare intorno alle dita l'anello a cui erano appese le chiavi della cella.
-Ben svegliata, bella addormentata- la prese in giro lui, osservandola con un ghigno stampato sul volto.
Un improvvido ricordo la colse, quando udì la voce dell'uomo. Vide esattamente la scena, come se fosse una spettatrice esterna. Era stato lui a colpirla in testa e lo aveva fatto anche piuttosto violentemente.
-Statemi lontano, maledetto- lo additò Francine, quando lo vide inserire le chiavi nella toppa e far scattare la serratura.
Il marinaio rise, ignorando le sue parole e facendo il suo ingresso nella cella. Francine si appiattì contro il muro, tentando di sfuggire l'uomo che si dirigeva a grandi passi verso di lei, braccandola.
-Venite qui- la invitò lui con un cenno della mano, enfatizzando le sue parole - Non costringetemi ad usare ancora la violenza-
Francine, che non aveva la minima intenzione di acconsentire al suo ordine, strisciava lungo le pareti della cella, tenendo gli occhi ben piantati in quelli del suo avversario. Lui non se ne era accorto ma, lei stava studiando le sue mosse tanto che, quando il marinaio si spostò dalla porta per tentare di avvicinarla lei, facendo leva con le braccia sulla parete, scattò, guadagnando l'uscita. Fulminea, chiuse la porta alle sue spalle, girando le chiavi nella serratura e rinchiudendo l'incredulo marinaio lì dentro. Sfilò poi il mazzo, guardandosi intorno. Non molto lontano individuò una serie di barili, stipati su due piani, lontani dalla vista del marinaio. Ci si diresse ed una volta lì, sollevò uno dei coperchi e le fece cadere, dentro un liquido non definito.
Si allontanò verso le scale, seguita dalla voce del marinaio che imprecava come uno scaricatore di porto.
Francine si voltò a guardarlo con un sorrisetto. La sua non era stata una grande conquista in realtà, ma, almeno, aveva evitato che quell'uomo le mettesse le sue manacce addosso.
Salì le scale che aveva disceso lui poco prima, tenendo le orecchie tese, pronte a captare il minimo suono.
Il marinaio, intanto, aveva alzato il tono della voce, iniziando a chiamare i suoi compagni. Francine salì velocemente gli ultimi scalini, con il cuore in gola, poi, finalmente, sbucò sul ponte di coperta.
La grata di legno, di solito chiusa, che copriva la scala, era stata lasciata aperta, permettendo così a Francine di uscire senza problemi.
Camminò lentamente, in silenzio, cercando di nascondersi nelle zone d'ombra create da alcuni oggetti su cui la luna proiettava i suoi raggi.
Si fermò vicino alla porta degli alloggi del comandante, guardandosi intorno furtivamente e notando come, stranamente, non ci fosse nessuno nei paraggi. Rassicurata da quella situazione, si mosse velocemente, guardando davanti a sé. Non si accorse, così, di una cima d'ormeggio abbandonata a terra, finendo così per inciampare e cadere, in pieno, dentro una zona di luce, esponendo a tutta la nave la sua figura.
-Maledizione- imprecò Francine, scostandosi stizzita un ciuffo di capelli che le era finito sugli occhi.
Si sollevò in piedi, strofinandosi le mani per ripulirle dalla sporcizia che vi si era appiccicata e decise di proseguire.
-Prendetela, presto. Non fatevela scappare- una voce d'uomo, che doveva appartenere ad un marinaio, si levò improvvisamente nella notte silenziosa, come uno sparo.
Francine, momentaneamente paralizzata dalla paura, trattenne il fiato, quasi dimenticandosi di respirare. Poi, come se qualcuno avesse schioccato le dita, rinsavì. Si alzò le gonne, intenzionata ad evitare un'altra caduta e iniziò a correre. Non aveva una meta precisa, in realtà. Essendo su una nave, infatti, non avrebbe potuto andare molto lontano, se non da un capo all'altro del veliero ed essendo in mare aperto non avrebbe certo potuto scendere a terra per chiedere aiuto.
Del resto, nemmeno tuffarsi in mare poteva essere una soluzione. Era notte e l'acqua, molto probabilmente, era fredda, inoltre, se anche si fosse abituata alla sua temperatura, ci sarebbero stati mille altri motivi che avrebbero impedito la sua fuga. Il vestito che indossava, bagnandosi si sarebbe appesantito notevolmente facendo da zavorra e tentando continuamente di portarla sott'acqua. Oltre a ciò, quelle acque erano infestate dagli squali e di farci il bagno insieme non è che fosse proprio un suo desiderio. Per finire, se fosse riuscita a superare perfino questo, avrebbe comunque dovuto trovare la terra ferma, cosa alquanto difficile al buio.
L'unica vera soluzione quindi, era correre e le sarebbe convenuto farlo il più velocemente possibile.
Salì sul castello di quarto, oltrepassando alcuni barili e sacchi, girando intorno all'albero maestro e proseguendo verso il ponte del castello di poppa, dove si trovava il timone e, per sua sfortuna anche il timoniere.
Era un uomo corpulento, vestito con una divisa militare della Marina che lo etichettava come Tenente-comandante, ben diverso dagli uomini della ciurma che più che marinai al servizio della regina sembravano pirati e tagliagole. Quando la vide sembrò deciso a lasciare il timone, rischiando di far andare il veliero alla deriva e seguirla. Poi, però, parve ripensarci e, spalancando la bocca, si mise a latrare ordini.
-Prendetela, branco di scimmioni incapaci. Prendetela o saranno guai per voi- l'uomo gesticolava con un indemoniato, battendo i pugni contro il timone e facendo, per un pauroso istante, rollare la nave.
Francine, che si era già arrampicata sul ponte di poppa, si aggrappò allo scalmotto, cercando di contrastare l'urto violento della contromanovra.
Si voltò e si accorse che i suoi inseguitori erano più vicini di ciò che credeva così, guardandosi brevemente intorno per trovare la soluzione migliore. Si lanciò verso il lato opposto della scala che aveva appena salito e, quasi volando raggiunse le sartie del castello di quarto. Scavalcò lo scalmotto e si arrampicò lesta, con un'agilità che stupì lei stessa per prima.
Non osò guardare sotto di sé e nemmeno ci che la circondava, nonostante percepisse, non molto distanti da lei, le voci di quegli uomini. Raggiunse la coffa e ci si nascose dentro, sentendosi momentaneamente al sicuro.
Dopo aver preso un lungo respiro si convinse a guardare giù, osservando i marinai che le gridavano contro.
Il tenente- comandante intanto, si dimenava violentemente, pestando i piedi, gridando e contorcendosi come se fosse affetto da una crisi epilettica.
-Chiamate il capitano. Muovetevi- sbraitò ancora lui, additando gli uomini con tono aspro.
Due di loro annuirono e si diressero verso gli alloggi del capitano. I più intrepidi, invece si arrampicarono sulle sartie, nel tentativo di spaventare la loro prigioniera ed indurla a scendere.
Francine, appoggiata al bordo della coffa, osservava il mare, apparentemente rilassata. Lì sopra si sentiva al sicuro ed era certa che nessuno degli uomini si sarebbe spinto fino a lì.
Certo, era consapevole che non avrebbe potuto rimanere lì in eterno, soprattutto senza poter mangiare e bere ma, a parte quello, non aveva intenzione di smontare da lì.
La notte, intanto, stava giungendo al termine e il giorno stava per fare capolino. Francine era talmente eccitata ed allo stesso tempo spaventata da non sentire il bisogno di riposare.
In fin dei conti, a lei il mare era sempre piaciuto, fin da bambina ed il fatto che suo fratello fosse entrato nella marina di Sua Maestà avevano reso inevitabili i viaggi in mare. A dire il vero, aveva sempre fatto gite in cui la costa non era mai troppo lontana ma pur sempre di stare in mare, si parlava. Reed, durante le estati della sua infanzia passate nella tenuta di famiglia nel Lancashire, le aveva insegnato anche a nuotare, rendendola una nuotatrice provetta.
-Che diavolo sta succedendo qui?- la voce virile e mascolina dell'unico uomo con cui Francine aveva ballato durante quella serata, vibrò nell'aria, facendo cessare il borbottio di sottofondo dei marinai.
Francine distolse lo sguardo dalla vasta distesa di acqua che aveva davanti per puntarlo sul capitano, comparso sul castello di quarto.
-La prigioniera è riuscita a scappare, capitano- intervenne, coraggiosamente, uno dei marinai, facendosi avanti tra le file in cui si erano disposti all'arrivo di Murdoch.
L'uomo lo guardò, assumendo uno sguardo indecifrabile poi, puntando gli occhi in quelli dell'uomo che aveva parlato, gli si avvicinò fino a sfiorare il naso dell'altro con il suo.
-Come avete detto?- gli sibilò, minaccioso.
Il marinaio deglutì visibilmente, spaventato dalle ripercussioni che avrebbe potuto subire, che tutti loro avrebbero potuto subire; dopotutto il capitano aveva affidato a loro il compito di sorvegliarla per quella notte.
-Intendevo...- si schiarì la voce, tentando di mantenere un tono fermo - intendevo dire che si è rifugiata sulla coffa sopra l'albero maestro.- spiegò, indicando il luogo dove si trovava la ragazza in quel momento.
Murdoch alzò lo sguardo, irritato dalla situazione ed i suoi occhi incontrarono quelli della ragazza, che lo osservava con un sorrisino sul volto.
-Se mi volete, dovrete venire a prendermi. Io di qui non scendo.- gli gridò lei, sbeffeggiandolo, armata di un improvviso coraggio.
Murdoch, in risposta, ringhiò.
Erano appena partiti e quella donna gli stava già creando un mucchio di problemi. Era rumorosa, violenta e ribelle. Ben diversa da come lui se l'era immaginata.
-Avete ancora la possibilità di scendere da sola a terra e presentarvi davanti a me, al contrario, se non lo farete, verrò io a prendervi e state sicura che pregherete perché io non l'abbia fatto.- le diede un ultimatum, un ultima possibilità, comportandosi come il cavaliere che non era.
Francine lo guardò, poi sollevò stizzita il viso e con sguardo altezzoso si voltò, dandogli le spalle, in un gesto che a Murdoch sembrò tremendamente familiare.
Murdoch sogghignò, esaltato dalla sua scelta.
Saltò sulle sartie e vi si aggrappò, flettendo i muscoli delle braccia e lasciando che la camicia vi aderisse. Salì velocemente, con l'unico pensiero in testa di insegnare qualcosa a quella ragazzina.
Quando la raggiunse, Francine aveva perso quell'espressione sfottente che aveva assunto il suo viso qualche istante prima.
Murdoch si issò dentro la coffa, osservando con sguardo lussurioso la donna che aveva davanti. Si sedette, imitandola ed entrambi, grazie all' alto bordo di legno della piattaforma di vedetta, vennero celati alla vista degli altri.
Si guardarono per lunghi istanti, in silenzio, udendo in sottofondo lo sciabordio delle onde sulla prora e il borbottio dei marinai che stavano attendendo ordini dal loro capitano.
Francine, in quel momento, sentiva il cuore batterle furioso nel petto e rimbombare nelle orecchie, come un tamburo. Aveva la lingua asciutta e, anche se avesse cercato di parlare, non sarebbe riuscita.
Murdoch, invece, si sentiva eccitato. Poteva sentire crescere il suo grosso membro nei pantaloni e quando si sistemò il cavallo per trovare una posizione più comoda, notò che lo sguardo di Francine era posato proprio lì.
-Ora che vi ho raggiunto non siete più tanto spavalda, vero?- Murdoch ruppe il silenzio, ricordando alla ragazza il motivo per cui lui era salito lì sopra.
- Se voi mi spiegaste perché mi avete rapito e perché i vostri uomini mi inseguono come se volessero uccidermi, forse potrei comportarmi in maniera diversa, non credete?-
Voleva sapere troppe cose quella donna, anche se, probabilmente , non aveva tutti i torti.
Murdoch, però, non aveva la minima intenzione di spiegarle nulla; lo avrebbe fatto solo a tempo debito.
-Diciamo che ho bisogno di voi- le spiegò, sfiorandosi il mento con una mano - e, fino a quando non mi riterrò soddisfatto dei vostri servigi, non vi lascerò andare-
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Buonasera!
Si, lo so, ci ho messo una vita ad aggiornare. No, non ho intenzione di abbandonare la storia ma, semplicemente, ho ricominciato l'università e sono molto presa, per quello ho impiegato un po' di tempo.
Comunque, cosa ne pensate?
Vi è piaciuto?
Votate e commentate per il prossimo capitolo, perché lo farete, vero? 😜
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