13.
Il cuore le batteva forte nel petto, rimbombando nelle orecchie e producendo un gran trambusto che quasi l'assordava, rendendole impossibile udire qualsiasi altro rumore.
Le mani, leggermente sudate, a causa dell'ansia che l'animava, erano come ventose alla parete a cui si sorreggeva.
Il respiro corto e affannato, come di qualcuno che avesse corso per miglia, le stava annebbiando la vista e ottenebrando la mente, impedendole di ragionare lucidamente.
Scivolando lungo il muro, fino a toccare terra, si sedette, osservando il corridoio deserto davanti a lei, immerso nella penombra.
Si rannicchiò stringendosi le ginocchia al petto e posandovi sopra la testa, lasciando che i pensieri che aveva faticosamente trattenuto fino a quel momento rompessero gli argini, esondando e riversandosi caotici nella sua mente.
Chiuse gli occhi, estraniandosi da ciò che la circondava, vagliando e analizzando tutto ciò che le passava per la testa.
Uno, in particolare la assillava, tanto da impedirle di concedersi il giusto riposo e da costringerla ad abbandonare la sua stanza per non svegliare la sua compagna.
L'incedere furioso che l'aveva accompagnata per diversi minuti, prima che si decidesse finalmente ad uscire, avrebbe di sicuro portato ad una lunga sequela di domande da parte dell'amica nel caso si fosse destata.
La colpa di quel suo burrascoso stato d'animo aveva un solo ed unico colpevole. Un individuo che, da diverse settimane aveva turbato la sua pace, stravolgendola la vita.
Nella sua breve vita non le era mai capitato di incontrare un uomo così sfacciato, che non si facesse problemi nel parlare di questioni intime in totale naturalezza.
L'aveva sconvolta con la sua proposta, era inutile negarlo. Francine era talmente esagitata che aveva sperato di vedersi aprire la terra sotto i suoi piedi, per inghiottire lui e le sue scandalose proposte.
Successivamente, aveva pregato e sperato con tutta se stessa che, nel mentre lui le rivolgeva simili parole, nessuno fosse passato in quel corridoio e lo avesse udito.
Sarebbe stato veramente umiliante se fosse accaduto.
Il capitano aveva insistito nel perorare la sua causa, come se tenesse particolarmente alla sua proposta e tutto quello che Francine aveva potuto fare, con un battito del cuore pericolosamente sinistro e il respiro accelerato, era stato uscire il più alla svelta possibile da quella stanza.
Quando era sbucata nel corridoio aveva semplicemente pensato di voler mettere più distanza possibile tra lei e quell'individuo e di chiudersi quindi a chiave nella sua stanza.
Il capitano, per sua fortuna, non l'aveva inseguita e, da quel pomeriggio, non l'aveva più cercata. L'unica persona che da allora aveva fatto ingresso nella stanza era stata Ghaliya, ancora all'oscuro di ciò che era accaduto, che si era assentata solamente all'ora di cena ed era tornata per coricarsi.
Ora, che il nero manto della notte avvolgeva la nave e oscurava tutto ciò su cui si posava, Francine si sentiva più tranquilla.
O perlomeno, in misura maggiore rispetto alle ore trascorse.
Era un sollievo sapere che il capitano ora stava dormendo e che non doveva stare allerta, guardandosi sempre le spalle.
Un improvviso sospiro le uscì dalle labbra, involontario, facendole inarcare interrogativamente le sopracciglia.
Davanti ai suoi occhi chiusi, come se si trattasse di un apparizione in sogno, comparve il volto del capitano ed il suo cuore ebbe un sussulto inaspettato, come se avesse improvvisamente il cuore in gola.
Era impossibile, eppure era come se la mente cercasse di celare i suoi reali pensieri al resto del corpo.
Come se fosse tutto un suo auto convincimento per allontanarsi dal capitano e dalla sua cattiva influenza.
Come se inaspettatamente si fosse aperta la porta che custodiva tutti i suoi passati sogni notturni e la sua parte nascosta, comparve prepotente il ricordo di quel sogno scandaloso e peccaminoso di cui era stata protagonista.
Del dominio sensuale e animalesco che quell'uomo aveva esercitato su di lei. Un'uomo misterioso che le aveva risvegliato sensazioni ed emozioni mai provate prima ma che avrebbe voluto sperimentare ancora.
Quella comunione di corpi selvaggia e brutale, che l'aveva fatta sentire viva e le aveva procurato sensazioni che mai, neanche la sua fervida immaginazione, avrebbe mai potuto creare.
La voglia frenetica che l'aveva pervasa, il desiderio bramoso di essere posseduta come un femmina animale le aveva fatto perdere i freni inibitori e quando si era svegliata avrebbe voluto non averlo fatto.
Le sue gambe si mossero, come dotate di vita propria, stendendosi lungo il pavimento del corridoio, aderendo alla superficie come fossero legno stesso. Facendole ruotare si mise in ginocchio e, dandosi una poderosa spinta con i fianchi, si sollevò ritrovandosi in posizione eretta.
Si spolverò gli abiti, liberandoli dalla leggero strato di polvere di cui era coperto il pavimento.
Socchiuse gli occhi, fino a ridurli ad una sottile fessura, voltando la testa a destra e a sinistra per sincerarsi che nessuno la stesse osservando.
Per sua fortuna, il corridoio era ancora vuoto segno inequivocabile che i pochi marinai di guardia non si erano ancora avventurati sottocoperta, preferendo trascorrere quel tempo all'aria aperta.
Alzandosi in punta di piedi si allontanò cautamente dalla porta della stanza che condivideva con l'amica, dove fino a quel momento aveva sostato.
Non voleva assolutamente che l'altra si accorgesse della sua assenza e quella maniera di muoversi, per quanto ad un individuo esterno avrebbe potuto sembrare sospettosa, era il suo unico modo per agire indisturbata.
Si incamminò lungo il corridoio, camminando lentamente, a causa anche della penombra che regnava e della scarsa visibilità che l'affliggeva.
Strizzando gli occhi, nella speranza che quel gesto l'aiutasse a vedere meglio, continuò il suo cammino.
-Che cosa fate fuori dalla vostra stanza ad un ora così tarda, donna?-
Francine era talmente concentrata nei suoi pensieri che soppalzò quando una mano rude le toccò la spalla, afferrandola saldamente, tanto le sembrò che le sue dita fossero artigli conficcati nella pelle.
L'uomo la strattonò, facendola voltare verso di sè.
Gli occhi neri e profondi di Caleb Mottershead, il tenente-comandante della St. Mary, la fissavano con sospetto.
Il suo volto era talmente corrucciato che Francine avrebbe potuto benissimo scommettere che, di li a poco la sua arcata sopracciliare avrebbe sfiorato il naso.
-Ho un nome, sapete?- rispose lei, mostrandosi indispettita per cercare di deviare le sue attenzioni dal quesito originale.
Lui rimase in silenzio, le braccia incrociate al petto e i piedi distanziati ben piantati sul pavimento di legno.
-Siete dura d'orecchio come sostiene il capitano?
Vi ho fatto una domanda e mi aspetto una risposta- la intrrogò lui, assumendo un cipiglio minaccioso che forse avrebbe dovuto spaventarla, o quantomeno spingerla a obbedire.
-Credo che, dopotutto, non siano affari vostri- lo ammonì, erigendosi fiera riassumendo i modi di fare che erano caratteristici della sua persona.
-Se fossi io ad incontrarvi per puro caso nei corridoi non vi domanderei mai cosa steste facendo o dove foste diretto e per un semplice motivo; non potrebbe importarmene di meno-
Lo rassicurò Francine che, in quel momento, voleva solo che se ne andasse il più velocemente possibile.
Non aveva tempo da perdere lei.
Non quando aveva ancora una sana dose di coraggio nelle vene.
-Milady- sospirò lui, cambiando improvvisamente espressione e addolcendo il tono di voce - Non è sicuro per una giovane come voi aggirarsi sottocoperta a quest'ora della notte. Alcuni marinai non si sono ancora coricati e, se per un caso fortuito, doveste incontrarli temo che non sareste al sicuro- le spiegò, muovendo qualche passo nella sua direzione.
Francine sospirò, rassegnandosi all'evidenza dei fatti.
Quell'uomo non se ne sarebbe andato finché non avesse acconsentito di tornare nella sua stanza.
Francine, tuttavia, era conosciuta per la sua cocciutaggine e difficilmente l'avrebbe data vinta a quell'uomo.
-Vi ringrazio, ma sono benissimo in grado di difendermi, se fosse necessario- ribatté, imitando la sua posa, incrociando a sua volta le braccia al petto -Se dovessi imbattermi in qualcuno di loro, semplicemente accollerei il passo e me ne andrei. Nulla di più semplice- Continuò, fissandolo mentre un cipiglio battagliero trasformava il suo sguardo.
-Sono preoccupato per la vostra incolumità, ragazza. Lo capite?- insistette, rivolgendole un pallido sorriso - non vorrei parlare in questi termini crudi eppure paiono essere l'unico modo affinché voi intendiate- continuò, indurendo nuovamente lo sguardo, lasciando che il sorriso fosse solo un ricordo.
-Questa nave è abitata, dal fondo della stiva alla punta della coffa, da uomini di mare, che la terra la vedono solo in lontananza e quando vi mettono piede è solo per soddisfare i loro bassi istinti.
La vostra presenza a bordo è una tentazione per tutti loro e, vi assicuro, che se anche solo uno di loro vi scovasse ora non si farebbe tanti problemi a distendervi sul pavimento e a calarsi le braghe- sperò che quelle parole la convincessero finalmente ad abbandonare qualsiasi idea di passeggiata notturna per tornare nella sua stanza, al sicuro dietro una porta chiusa a chiave.
Francine sospirò ancora una volta. Quella continua insistenza da parte del tenete- comandante la la stava asfissiando.
Inoltre, arrivata a quel punto, nonostante avesse già detto all'uomo che all'occorrenza sarebbe stata in grado di difendersi da sola, la sua testardaggine al voler continuare la sua strada avrebbe potuto renderlo sospettoso e spingerlo ad indagare più del necessario.
Ciò, ovviamente, sarebbe stato assolutamente deleterio e le avrebbe causato diversi grattacapi difficili da spiegare.
Come la più consumata delle attrici atteggiò il viso ad un espressione di puro terrore.
-Dio me ne scampi- ansimò, portandosi una mano al petto, come per proteggersi.
-Venite, vi accompagno nella vostra stanza- le disse lui, atteggiandosi come un perfetto gentiluomo giunto per salvare una damigella in pericolo.
Francine si incamminò a passo spedito, nella speranza di toglierselo al più presto dai piedi e di tornare a fare ciò che stava facendo.
Quando giunse davanti alla porta della sua cabina si fermò. Sperava che la sua compagna di stanza avesse il sonno molto pesante e che non si fosse svegliata notando così la sua assenza.
Nessuno doveva sapere ciò che aveva intenzione di fare, nemmeno la sua amica.
Per sua fortuna aveva incontrato Mottershead prima di giungere alla sua meta, evitando così che scoprisse i suoi progetti.
Cogliendo la sua esitazione l'uomo si fece avanti, posando la mano sulla maniglia ed aprendo la porta per lei.
La stanza, illuminata da lame oblique di luce provenienti dalla luna alta nel cielo, era immersa nel silenzio. Solo un lieve russare indicava che la sua compagna di stanza era ancora immersa in un sonno profondo.
Francine entrò e, senza che avesse il tempo anche solo di voltarsi, il battente venne richiuso alle sue spalle.
-Sto aspettando di sentire la serratura scattare- le disse l'uomo, la voce ovattata e attutita dalla superficie di legno che li divideva.
Francine dovette trattenersi dal sbuffare sonoramente.
Fece come le era stato detto, ma, invece di tornare a coricarsi nel letto, si lasciò scivolare lungo la porta, fino a sedersi per terra.
Non avrebbe mollato, non ora.
Avrebbe atteso che Mottershead se ne fosse andato e poi avrebbe ritentato.
Non le importava quanto tempo sarebbe trascorso, avrebbe comunque proseguito nel suo intento.
Poggiò la testa sulla mano e rimase ad osservare il vuoto, attendendo che ci fosse nuovamente il corridoio deserto per poter ritentare.
Un rumore sordo e cupo le fece spalancare gli occhi. Si irrigidì, improvvisamente sveglia e vigile.
Rimase immobile, timorosa che la sua compagna di stanza si fosse svegliata.
Dopo qualche istante di assoluto silenzio udì il familiare ronzio del russare della ragazza.
Si rilassò distendendo le spalle che fino a quel momento aveva involontariamente contratto.
Non aveva idea di quanto tempo fosse esattamente trascorso da quando era tornata nella stanza ma il suo indesiderato accompagnatore doveva essersene andato.
Alzò lo sguardo verso la finestra della loro cabina e si accorse che fuori era ancora buio, segno che la mattina non era ancora giusta e che avrebbe avuto ancora un po' di tempo.
Sollevandosi si spolverò i vestiti e, dopo aver fatto un lungo respiro posò la mano sulla chiave.
Quel momento era cruciale.
Avrebbe dovuto aprire la porta senza fare il minimo rumore, facendo scattare la chiave nella serratura con la massima delicatezza possibile.
Chiuse gli occhi, concentrandosi.
Posò un ginocchio sulla superficie di legno, facendo pressione con il resto della gamba per evitare che la porta potesse produrre qualche cigolio essendo antiquata e leggermente traballante.
Poi,sistemò una mano sulla serratura e l'altra sulla chiave. Lentamente, molto lentamente, iniziò a girarla fino a farle compiere un intero giro.
Posò le mani sulla maniglia e la abbassò, aprendo la porta.
Il corridoio davanti a lei era deserto ancora immerso nella penombra che le avrebbe permesso di agire.
Si mosse, ma, prima che potesse fare più di due passi, i suoi piedi incontrarono un ostacolo.
Abbassò velocemente lo sguardo, improvvisamente pavida, incontrando una sagoma sdraiata che occupava interamente l'uscita.
Non le ci volle che qualche istante per capire di chi si trattasse. Mottershead doveva aver intuito i suoi piani e, per prevenire qualsiasi incidente o spiacevole situazione doveva aver deciso di rimanere lì davanti alla porta, come un cane da guardia.
Timorosa di vederlo destarsi davanti ai suoi occhi decise di richiudere la porta e di rassegnarsi a passare il resto della notte distesa nel letto a occhi spalancati.
§ § §
Aveva consumato in fretta la sua cena, presa da una smania che non le era familiare. Era rimasta in compagnia della sua amica per qualche minuto, per non alimentare alcun tipo di sospetto, poi si era alzata e si era dileguata.
Ora sedeva a terra, nascosta dietro il cassettone, nella cabina buia che apparteneva al capitano.
Sapeva che di notte lasciava spesso il comando al tenente e tornava nella sua stanza per riposare qualche ora, prima di riprendere tra le mani il timone della St.Mary e i suoi panni di capitano.
Il corridoio lì fuori era silenzioso ed in quel momento poteva udire i battiti del suo cuore impazzito.
Esattamente come la sera prima era ansiosa e timorosa, ma, era arrivata talmente avanti che sarebbe stato insensato tirarsi indietro.
Un improvviso rumore di passi la distolse bruscamente dai suoi pensieri. Si alzò in piedi e lesta, andò a nascondersi dietro una tenda, poco lontana dalla porta, che l'avrebbe protetta da sguardi indiscreti.
L'uscio si aprì e nella stanza comparve il capitano. Era molto più massiccio di come lo ricordava e i suoi lunghi capelli in quel momento erano raccolti. Aveva lasciato il battente aperto, come se attendesse qualcuno.
Francine esitò, rimanendo saggiamente nascosta.
Come a dar ragione alla sua scelta dopo qualche minuto entrarono alcuni membri della ciurma. Due di loro reggevano tra le mani un catino di legno abbastanza grande e spazioso da ospitare un uomo adulto. Gli uomini al loro seguito trasportavano invece secchi d'acqua fumante e teli puliti.
Pazientemente ne versarono il contenuto, sempre sotto l'occhio vigile del capitano.
Dei panni, all'apparenza più spessi dei teli, vennero sistemati intorno ai bordi del catino, come protezione.
Quando ebbero terminato rivolsero un cenno di saluto al capitano e abbandonarono tutti la cabina.
Come stregata da qualche strano potere, Francine rimase ad osservare il capitano spogliarsi, gli occhi puntati sulla sua ampia schiena.
Un inaspettato calore le si diffuse lungo tutto il corpo, come se una fiamma le avesse lambito la veste leggera e stesse divampando incontrollata.
Il respiro accelerò, facendole aumentare i battiti del cuore e rendendo angusto l'angolino dove di trovava.
Murdoch, intanto si era immerso nella vasca e aveva sciolto i capelli dal nastro che li legava, lasciandoli liberi di carezzare la sua pelle dorata dalla prolungata esposizione al sole.
Le dava la schiena, le braccia allargate abbandonate lungo i bordi della tinozza.
Uscì lentamente dal suo nascondiglio, le mani strette sul tessuto leggero della camicia che indossava.
Lentamente, attenta a non fare rumore, si sfilò la gonna e la lasciò cadere a terra, abbandonandola dove si trovava. La camicia invece, rimase al suo posto, abbastanza lunga da coprirla fino alle cosce.
Si avvicinò, contemplando il suo profilo, non riuscendo a distogliere lo sguardo dalle sue spalle mascoline e virili. Una frenesia improvvisa si fece spazio in lei e, audace come poche volte nella vita era stata cedette alla tentazione e posò le mani su quella pelle calda.
-Vi siete finalmente decisa ad uscire allo scoperto- la apostrofò lui, ancora ad occhi chiusi, mentre un sorrisetto compiaciuto compariva sul suo volto.
Francine lo guardò, mentre la voglia di allungargli un pugno per far scomparire quello stupido sorriso cresceva sempre più forte.
-Calmatevi. Non vi servirebbe a niente prendermi a pugni. Piuttosto, perché siete qui?- alzò un braccio lui, come a voler effettivamente evitare i suoi colpi.
É quello che mi chiedo anche io, pensò Francine, irritata.
-Sono qui per dirvi che accetto la vostra proposta- sussurrò impercettibilmente, tanto che il capitano, che in quel momento aveva immerso le braccia dentro l'acqua provocando un gran tramestio d'acqua, non aveva udito nulla.
-Come avete detto?- chiese lui, e incurante del fatto che lei lo stesse ancora guardando afferrò il sapone per potersi lavare i capelli.
-Ho detto che accetto la vostra proposta- gridò lei spazientita stringendo i pugni, mentre le sue guance diventavano cremisi.
Murdoch, forse per la prima volta in vita sua rimase di sasso, assolutamente impreparato alle parole del suo interlocutore. Il sapone gli scivolò dalle mani, finendo sui panni a terra.
-Nonostante ve lo avessi proposto io, non mi sarei mai aspettato una risposta affermativa, lo ammetto- le spiegò lui, aprendo finalmente gli occhi e puntandoli nei suoi.
Si guardarono per diversi istanti, muti come se fossero a corto di parole poi Francine, già imbarazzata dalla sua confessione decise di spezzare il silenzio.
-Allora?- lo interrogò dura, incrociando le braccia al petto. In realtà era terrorizzata ma mostrarsi in quella maniera l'avrebbe resa più vulnerabile di quel che era.
Murdoch allungò un braccio, facendole cenno di affiancarlo.
-Venite-
Francine, incredibilmente ubbidiente, si spostò potendo così osservare il suo volto e il suo petto su cui diverse goccioline scorrevano fino ad infrangersi sulla superficie d'acqua.
Murdoch la osservò in silenzio, ammirando le lunghe gambe scoperte e quella camicia che a malapena copriva le sue grazie.
-Toglietela- le ordinò, rivolgendole un sorriso per addolcire la sua imposizione - ora non vi servirà-
Francine aveva ormai deciso, non sarebbe tornata indietro. Solo, come ogni vergine che si rispetti, aveva una paura folle di ciò che stava per accadere. Tuttavia non era una donna pavida, mai nessuno avrebbe detto che lo fosse così, dopo aver fatto un lungo respiro, la sfilò, rimanendo nuda per la prima volta in vita sua davanti a un uomo.
Murdoch, che non aveva mai distolto lo sguardo da quel magnifico corpo, si accomodò meglio dentro la tinozza, rischiando di nuovo di far sciabordare l'acqua.
-Datemi la mano- le disse lui, tendendo la sua.
Le mani della ragazza, così piccole e raffinate, si strinsero in quelle grandi e callose dell'uomo.
Scavalcando il bordo della tinozza Francine si issò e quando fu immersa anche lei nell'acqua realizzò quello che stava accadendo.
Un tremore a cui non sapeva dare un nome preciso iniziò a scuoterla. Lo sguardo abbassato, fissava l'acqua sotto di se, da cui intravedeva i contorni del suo corpo.
Una mano si allungò a sollevare il suo mento e i suoi occhi incontrarono quelli del capitano che la fissava intensamente. Murdoch si sporse, incontrando le labbra della ragazza. Poteva capire le sue paure, ma era sicuro che avrebbero avuto breve durata.
Spingendo la lingua contro la sua bocca, esercitando una piccola pressione, le schiuse le labbra arricchendo il bacio.
La sua mano abbandonò il mento della giovane e, dopo essersi riunita all'altra iniziò ad esplorare il corpo della ragazza. Era morbida e minuta ma le sue curve promettevano delizie.
Posandole sui fianchi l'attirò verso di sè, senza mai interrompere il contatto tra le loro bocche.
Dolcemente le fece allargare le gambe e, senza darle modo di riflettere a lungo, la fece sedere su di sè.
Francine annaspò, colta di sorpresa.
-Il sesso, Francine, è qualcosa di meraviglioso, ma per una giovane inesperta e vergine il primo approccio potrebbe essere traumatico. È qualcosa di molto intimo e profondo, che dona l'estasi dei sensi. Per questo, entrambi dobbiamo conoscere il corpo dell'altro- le spiegò, poggiando la fronte sulla sua ed occhieggiando verso il basso, dove i loro corpi si fondevano in un unica figura indistinta.
-Io...è strano stare qui così. Nonostante i nostri corpi siano immersi nella acqua calda riesco a sentire un calore ancora più forte provenire da...beh da lì- rispose lei, arrossendo ancora di più.
Murdoch le sorrise, riportando lo sguardo nel suo.
-Non dovete vergognarvi. Non c'è nulla di strano in ciò che stiamo facendo. Siamo solo io e voi qui, nessuno ci guarderà o ci disturberà- le assicurò, posandole nuovamente le mani sui fianchi.
-Vi piace il calore che sentite?- le domandò, rivolgendole un sorrisetto complice.
-Io...si- annuì lei, stringendo le mani a pugno per stemperare il nervosismo.
Murdoch si chinò verso di lei, portando la bocca all'altezza del suo orecchio.
-Vi confido un segreto. Se provate a muovervi, strofinandovi su di me, quel calore aumenterà-
Gli strinse le braccia al collo, deliziata dalla sensazione del suo seno schiacciato contro il petto massiccio del capitano.
Concentrandosi sulla sua parte più sensibile percepì l'uomo sotto di se, la sua durezza che sembrava adattarsi così bene a quella posizione. Prendendo coraggio fece come le aveva rivelato, muovendo i avanti il bacino, strofinandosi sul suo membro.
Spalancò gli occhi quando una brivido caldo partì da quel punto nascosto e si propagò lungo la schiena, fino alla testa.
Senza rendersene conto, come spinta da una forza esterna, lo ripetè una seconda e una terza volta.
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Buongiorno ragazze! Sono tornata. Ebbene sì, ci ho di nuovo messo un sacco ad aggiornare, ma credetemi, non è una cosa voluta. Ho di nuovo fatto una settimana di influenza (non sono ancora guarita) e altri impegni mi hanno azzerato il tempo a disposizione.
Comunque, ho riflettuto molto sull' ultima parte della storia e alla fine ho deciso per qualcosa di soft. Non sarebbe stato molto credibile, per una serie di cose, fare diversamente.
Che ne pensate?
Vi piace?
Votate e commentate per il prossimo capitolo, perché lo farete, vero? 😜
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