57. Il nostro momento
Rigiro tra le dita, per quella che sarà la milionesima volta, il mio elastico preferito.
Lo osservo cambiare colore alla luce della lampada poggiata sulla mia scrivania.
Oggi è il nove settembre. È il compleanno di Tyler.
Ci ho pensato tutta la notte, che possiamo dire è stata quasi insonne.
Ho pensato a cosa avrei dovuto fare, se sarei dovuta andare da lui per fargli gli auguri o se avrei dovuto fare finta di niente, ma non mi è venuta nessuna illuminazione.
Così mi sono svegliata presto, alle prime luci dell'alba, guardando il sole sorgere dalla mia finestra.
Non nascondo di aver fatto ricadere varie volte lo sguardo verso la sua casa.
Ho pensato solo a lui, a quello che ci siamo detti e a quello che ci siamo nascosti.
È stato difficile tornare a casa quel giorno.
Quello in cui le sue labbra hanno toccato di nuovo la mia pelle.
Forse è la consapevolezza che quello è stato uno degli ultimi. Uno degli addii.
Non lo so, ma è stato doloroso.
Mi alzo con uno scatto dal mio letto: ho bisogno di aria.
Trascino gli anfibi neri sul parquet di camera mia fino ad arrivare in corridoio.
Scendo velocemente le scale ed esco di casa, finendo per essere inghiottita dal buio della sera.
Mi stringo nel giubbotto di jeans e cammino a passo svelto per raggiungere il centro di Los Angeles.
L'aria mi passa tra i capelli, facendomi rabbrividire.
Oramai sono le nove di sera, quasi tutti i ragazzi sono in giro per strada.
C'è aria di pioggia.
Alzo il viso al cielo per vedere se le nubi sono ancora più scure del solito ed effettivamente sembrano cariche di pioggia.
Sto per abbassare lo sguardo quando mi scontro contro qualcuno, finendo per fare dei passi indietro a causa dell'impatto.
Punto gli occhi in quelli di un uomo che mi fissa in malo modo.
«Scusi» parlo prima che mi possa mandare a quel paese e lo sorpasso velocemente, senza dargli il tempo neanche di guardarmi in faccia.
Dopo un paio di minuti finalmente arrivo in pieno centro.
Passo tra le persone con il viso basso, senza farmi notare, come se non esistessi.
Ho bisogno di stare tra le persone e non sempre a casa da sola.
Devo liberare la mente.
Svolto l'angolo e mi fermo per accendermi una sigaretta.
Inspiro il fumo che entra subito a contatto con i polmoni.
E non so come, ne il perché, forse per colpa del destino, ma i miei occhi si posano sulla vetrata di un bar.
Osservo le persone che ci sono dentro, mentre bevono e si divertono con gli amici.
I miei occhi però si posano su una figura in particolare.
Deglutisco con l'amaro in bocca, mentre il mio cuore inizia a battere più veloce del normale.
Tyler è seduto ad un grande tavolo, insieme ad altri ragazzi e ragazze.
Sorride come solo lui sa fare, dopodiché si porta un calice di birra alla labbra carnose.
Osservo quella scena con un po' di invidia.
Vorrei esserci io lì con lui, a stringermi al suo corpo mentre lo bacio e gli faccio gli auguri per l'ennesima volta.
Rimango a guardarlo per qualche secondo o forse minuto, senza essere notata da nessuno, ma proprio quando sto per distogliere lo sguardo, lui si volta nella mia direzione, come se avesse percepito la mia presenza.
Punta gli occhi nei miei e smette di sorridere, fissandomi serio.
Nonostante le persone che ci passano davanti, i nostri occhi non si lasciano, così come i nostri cuori che sembrano battere in contemporanea.
Si alza dal tavolo, senza dare nessuna spiegazione e mi guarda per l'ultima volta prima di afferrare la sua giacca e voltarsi.
Il sangue mi si gela nelle vene.
So quello che vuole fare. Sta venendo da me.
Il panico vince il mio coraggio quando lo vedo uscire dalla porta del locale, bello come non mai, e venirmi incontro con passo fulmineo.
In men che non si dica me lo ritrovo davanti, come fosse un miraggio.
«Ciao Emma» mi sorride leggermente, infilandosi le mani nel cappotto.
I suoi capelli si muovo leggermente a causa del vento.
«Ciao» sussurro, distogliendo lo sguardo dal suo volto.
«Io... ehm» infilo le mani delle tasche dei jeans, «Buon compleanno» dico neutrale, annuendo leggermente con la testa.
Hai fatto la persona educata Emma.
È giusto così.
«Grazie Emma» la sua voce roca mi fa venire i brividi.
«Ti va di fare due passi?» domanda, un po' impacciato, forse impaurito dalla mia risposta.
Questa volta no. Non come l'altra volta. Non più.
Ogni secondo che passiamo insieme è sbagliato. Ed ad ogni istante io mi innamoro sempre di più, ma il dolore è troppo.
Lo amo e lo odio allo stesso tempo.
Lo odio perché ha impedito che ci amassimo, ci ha troncato la possibilità di vivere il nostro momento.
«Torna dai tuoi amici, Tyler» stringo le labbra in una linea sottile, indietreggiando di qualche passo.
Lui scuote la testa, guardandomi dentro l'anima.
«La verità è che ho bisogno di starti vicino» si morde il labbro inferiore soprappensiero.
Oh cazzo. No Tyler. Non farlo, non abbattermi il muro attorno al cuore.
«Almeno oggi» aggiunge, pizzicandosi il naso con le dita.
Scuoto la testa, negando tutto quello che mi sta dicendo.
«Questa sera ho intenzione di dirti tutto, Emma» alzo gli occhi di scatto, sudando freddo.
Cosa intende?
«Che cosa?» chiedo confusa, cercando una spiegazione dei suoi occhi.
«Ho intenzione di riconquistare la tua fiducia» azzera le distanze tra di noi, facendo quasi toccate le punte delle nostre scarpe.
«Io ti rivoglio al mio fianco» sussurra ad un millimetro dal mio viso.
«Ti seguirò fino in capo al mondo pur che tu mi lasci spiegare» il suo fiato caldo si scaglia contro le mie labbra leggermente secche a causa del vento freddo.
Lo voglio. Lo rivoglio indietro.
«Possiamo andare in un posto più tranquillo?» domanda, afferrando le chiavi della macchina dalla tasca.
Le osservo, sentendo uno strano senso di inquietudine addosso.
Annuisco leggermente, così lui si volta e inizia a camminare.
Se lo lascerò spiegare magari potrò definitivamente metterci una pietra sopra, chiudere per sempre questo capitolo.
Guida per un paio di isolati, in completo silenzio, mentre io guardo le strade scorrermi davanti agli occhi.
Ad un certo punto si ferma, in un parcheggio enorme, piuttosto pieno di macchine.
Mi guardo attorno, un po' spaesata.
«Malibù» sussurro, scorrendo gli occhi sulle palme illuminate dai lampioni.
Apro la portiera, mettendo un piede fuori, sull'asfalto freddo.
Sento il suono della sua portiera che si chiude, così mi volto, per seguirlo ovunque stia andando.
«Sei bellissima» sussurra, di fronte a me, guardandomi come solo lui sa fare.
La sua mano si allunga sul mio viso, che indietreggia di poco per non farsi sfiorare.
Le sue dita però si posano sul mio mento, carezzandolo con lentezza, con dolcezza.
Sfiora le mie labbra, che si schiudono in risposta.
«Da ragazzino ho sempre sognato di venire a Malibù» sussurra, allontanandosi per iniziare a camminare.
Rimango un po' interdetta a causa del freddo che provo per il suo allontanamento.
«Chi lo avrebbe mai detto che ci sarei venuto per la prima volta con te» sfiora la mia mano con la sua, finendo per farle intrecciate.
Mando giù un groppo di saliva, osservandole.
Questo non è affatto giusto. Non siamo più come una volta.
Non siamo più una coppia.
«Di cosa volevi parlare?» domando fredda come il ghiaccio, strattonando con uno scatto la mia mano.
«Del fatto che ti amo e che ti voglio al mio fianco» sussurra, un po' ferito dal mio comportamento.
Sapessi quanto tu mi hai ferita.
«Anche io voglio molte cose, ma non tutto si può ottenere» la mia voce risulta più debole e spezzata di quello che volevo.
«Una cosa si invece» mi osserva dall'alto trapassandomi il cuore.
«Te lo sto dicendo con il cuore in mano Emma» si posa una mano proprio lì, sulla parte sinistra.
«Voglio amarti fino a consumarmi, te lo giuro» si lecca le labbra velocemente.
«Lo so che ti sto chiedendo tanto, forse troppo, ma non ci riesco. Non riesco a starti lontano perché mi sei entrata dentro» afferra il mio viso con una mano.
Vedo i suoi occhi leggermente lucidi.
Sta per piangere?
«Non me ne frega un cazzo che siamo fratellastri e che abbiamo fatto l'amore» sputa sul mio viso, marcando bene ogni parola.
«Con te farei l'amore all'infinito» le sue labbra si avvicinano alle mie, «Solo e soltanto con la donna che amo» le sfrega lentamente, inumidendole con la sua saliva.
Sussulto a quel contatto inaspettato e così intenso.
Voglio le sue labbra sulle mie.
«Perdonami» le bacia a stampo, «Perdonami» ancora, «Perdonami» e ancora.
«Ti amo dal giorno in cui abbiamo litigato perché io volevo baciarti, ma il tuo telefono ci ha interrotti» accarezza le mie guance, togliendo le lacrime salate dalla mia pelle.
E quando vedo una lacrima rigare anche la sua guancia, per una sola goccia, il muro intorno al cuore si rompe con un colpo solo.
«Ricordi che belle lucciole?» domando, affondando gli occhi nei suoi, che si spalancano leggermente.
Scuote la testa, in segno di negazione, «Ricordo solo te» sorride leggermente, mordendosi un labbro.
«Ho il tuo sorriso incastrato nel cervello» confessa, facendomi scoppiare a piangere.
«Torniamo ad amarci» sussurra posando le labbra sopra le mie.
Le nostre lingue si cercano come se non si fossero mai incontrate.
Infilo le mani tra i suoi capelli, tirandoli leggermente come so che gli piace.
Mi è mancato tutto questo.
Mi è mancato lui, le sue labbra, il suo profumo, il suo tocco.
Lo amo.
Non posso mentire al mio cuore.
Voglio essere la sua ragazza, voglio vederlo tutti i giorni e baciarlo quando voglio.
«Tyler» mi stacco leggermente da lui, che mi guarda con il respiro accelerato, «Ti amo» sussurro, posando di nuovo le labbra sulle sue, che si schiudono in un sorriso.
Note:
Ciao amoriii❤️.
Eccomi qui con un nuovo, super lungo e intenso capitolo.
Allora? Vi piace?
Cosa ne pensate?
Emma ha fatto bene a perdonare Tyler?
Cosa succederà adesso?
Come la prenderà la famiglia di Emma?
Fatemi sapere cosa ne pensate💜.
Un bacio😘.
Ps. Scusate eventuali errori.
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