TEAM
I was a king
under your control.
GP DI SPAGNA, circuito di Jerez della Frontera - gara 4
||REINA||
Non vedo Marc dal giorno dopo l'incidente. A posteriori, posso dire che non è successo niente di grave quella notte. Il suo collo era dolorante, ma è passato presto. Il mio tutore è servito per poco più di una settimana
Siamo abituati a cadere noi, romperci e rimetterci apposto senza troppe storie.
Quando vai in moto in un certo modo devi metterlo in preventivo. Certo non eravamo mai caduti insieme, ma continuo a pensare che su una moto, meglio di Marc, non ci sia nessuno a parte me.
I miei pensieri viaggiano accompagnati dal rumore delle rotaie del treno. Nel posto a quattro ci siamo io, Eric e due nostri colleghi universitari, Angel e Barbara. Barbara è un maschiaccio come me, più di me. Non va in moto, ma lavora nell'officina del padre da quando ha quindici anni. Capelli corti e spalle importanti, non è bellissima, più per scelta che per altro, ma ha un carattere che compensa. La adoro, ed è difficile che io vada d'accordo con una persona del mio stesso sesso.
Angel è un po' il solito nerd, con il viso nascosto da un ciuffo di capelli spettinati e degli occhiali dalle lenti spesse. È un genio. Senza neanche mai lavorarci su ha preso la Ducati Desmosedici di Andrea Iannone, l'ha stravolta e ne ha fatto un capolavoro della meccanica. Ha aiutato anche Eric con la Yamaha di Jorge Lorenzo, anche se Eric non lo ammetterà mai.
Io adorerei questo progetto, se anziché con la MotoGP lavorassimo con il campionato di MX o con la Superbike. Ma basare il nostro lavoro su moto perfette quali quelle della MotoGP rende il tutto più difficile, e costringe me a tornare nel paddock, dove non vado da quando è morto mio padre, e a stare con Marc in un posto che non sia la nostra selva, casa mia, o gli sporadici eventi sociali che ci vedono insieme, facendogli prendere ancora più piede nella mia vita.
Eric è nervoso. Sente la pressione del confronto con Marc e sa di non poterlo vincere. Dopo la scenata dell'altra sera, prima dell'incidente, è venuto in ginocchio a chiedermi scusa e non ha più nominato Marc, se non per chiedermi come procedesse il mio progetto sulla sua Honda, ma so benissimo come si sente in questo momento. Fosse per lui mi terrebbe al guinzaglio, ma con me non funziona così e lo sa. In questo weekend di gara studierò la moto di Marc, lavorerò con il team di Marc, lavorerò con lui, ed Eric dovrà stare zitto e non intromettersi per non rischiare che lo mandi a quel paese una volta per tutte. Del resto non l'ho scelto io, di finire con Marc. Persino il destino ci ha voluto insieme.
«Comunque, io non l'ho ancora capito cosa faremo in questo weekend» esclama Barbara, poggiata sulla spalla di Angel. Lui sta davvero scomodo, glie lo si legge in faccia, ma non ha il coraggio di chiederle di spostarsi. Credo che nessuno abbia il coraggio di dire a Barbara cosa fare e cosa non fare.
«Un cazzo» rispondo, richiudendo la cartellina che stavo studiando e gettandola sul tavolino che ci divide. Eric sbuffa.
«Nel linguaggio di Reina significa che in realtà facciamo solo da spettatori, arriviamo per le qualifiche, vediamo come si muove il team il giorno della gara, parliamo con i piloti, ma non abbiamo ancora avuto i permessi per agire concretamente» spiega il mio ragazzo al posto mio. Io lo guardo male da dietro gli occhiali da vista e gli do un buffetto dietro il collo.
«Ossia, un cazzo» ripeto.
I tre scoppiano a ridere ed io sghignazzo con loro, poi Eric allunga un braccio intorno al mio collo e mi tira a sè affettuosamente, lasciandomi un bacio tra i capelli. Mi giro e glie ne lascio uno sulle labbra, veloce.
Mi diverte il vederlo struggersi per me al pensiero di questi due giorni in territorio nemico, ma a modo mio gli ricordo che non ha niente di cui preoccuparsi. Del resto, io e Marc siamo e saremo sempre gli stessi. E lui è il mio ragazzo.
|| MARC ||
È una bella giornata a Jerez. Correre in Spagna mi riempie sempre d'orgoglio, e anche se le prove dei giorni scorsi non sono andate bene quanto mi aspettavo confido nelle qualifiche di oggi, sperando nella prima fila.
Sono a quota tre vittorie ed in cima alla classifica, e di certo non mi dispiacerebbe vincere ancora, ancora e ancora. Ho una moto fantastica, un team pazzesco e la voglia di dare il cento per cento, sempre.
Accompagnato da quel pizzico di follia e ignoranza, spero in qualche bella bagarre dalla quale uscire vittorioso, o in qualche salvataggio impossibile, la mia specialità. Mi piace sorprendere e sorprendermi.
Faccio un salto alla curva 1 della pista per vedere il primo giro delle qualifiche della Moto3 e ci trovo anche Valentino, che mi saluta dandomi il cinque. Il mio idolo, il mio rivale. Lui tiene d'occhio i piloti della sua accademia, io faccio il tifo per mio fratello.
Poi torniamo insieme verso i box dopo questo piccolo excursus nell'altra categoria, chiacchierando del più e del meno.
Ad un certo punto incontriamo Iannone, che da lontano ci punta il dito contro. O meglio, mi punta il dito contro. Attraversa la pit lane con il passo da tirannosauro tipico di quando si ha indosso la tuta e più si avvicina più il suo sguardo minaccioso si fa palese. In realtà fa ridere, ma non ho intenzione di dirglielo.
«Io ti odio» esordisce, e il suo dito finisce al centro del mio petto. Vale, al mio fianco, se la ride. Io non ho davvero idea di cosa potrei aver fatto, infatti faccio spallucce.
«Potrai anche vincere qualche titolo mondiale più di me, ma il guapo, il playboy, il belloccio, sono solo io, non tu!» dice Andrea, facendo la voce grossa che tanto cozza con la sua erre moscia.
Cerco di trattenermi dal non scoppiargli a ridere in faccia, mantenendo un minimo di contegno.
«Esattamente, di cosa stiamo parlando?» domando, aggrottando le sopracciglia.
«Tra ventordici ragazzi c'erano solo due ragazze, di cui una altamente scopabile. Indovina chi é finito nel tuo box. Ti anticipo che a me, invece, è capitato il nerd sfigato. A me! Dopo che la mia ombrellina mi ha mollato per reggere l'ombrello a te, questo è troppo»
Wow.
Continuo a non capire assolutamente niente del discorso di Andrea, che mi appare decisamente privo di senso e non è colpa della lingua. Però quando sento l'ultima frase il sorriso non riesco più a trattenerlo. Ebbene sì, la sua ombrellina, Lola, gran bella ragazza, è andata quasi strisciando dal mio team chiedendo di essere presa come mia ombrellina perchè da sempre innamorata di me. Ed anche perchè Andrea era troppo scorbutico e a tratti molesto per lei.
Ad ogni modo, continuo a guardare Andrea abbastanza stranito e lui capisce che non ho inteso assolutamente niente se non la frecciatina sull'ombrellina. La cosa che mi consola è che neanche Vale ha un'espressione molto più intelligente della mia.
Andrea decide di prendere l'iniziativa. Lascia cadere il dito che aveva ancora puntato minaccioso sul mio petto e mi gira attorno per mettersi tra me e Vale, poi ci prende a braccetto e con un'armoniosa camminata arriviamo fino alla fine del paddock Ducati e all'inizio di quello Honda.
Da qui abbiamo una prospettiva più o meno ampia su entrambi.
La mano di Iannone mi afferra il mento e mi gira, o meglio, mi costringe a guardare a sinistra, nel box Ducati. Alza l'altro dito e con questo indica un ragazzo mai visto prima d'ora, palesemente fuori posto, che prende appunti con una mano e l'altra si trattiene gli occhiali sul naso, incurvato su uno sgabello a copiare quelle che credo siano le telemetrie delle prove libere di Andrea. Decisamente un personaggio del genere c'entra poco e niente con la personalità esuberante di Andrea ma che poi viene rispecchiata da tutto il team.
Tuttavia, continuo a non capire cosa sta succedendo.
Sempre tenendomi il mento stretto tra le dita, Adrea sposta la mia attenzione dal box Ducati al box Honda, ovvero il mio.
Ed effettivamente parte del discorso inizia ad avere un senso: c'è una ragazza nel mio box.
Oddio, non che di lei si veda troppo considerando che è poggiata con i gomiti sul tavolo, accerchiata dal mio team, e a noi tocca la visuale sul suo lato B fasciato da un paio di aderentissimi jeans.
Guardo prima Rossi, poi guardo Iannone e vorrei guardare anche me stesso, giusto per capire se anche la mia espressione è uguale alle loro. Cosa davvero molto probabile.
Diciamo che come visuale non dispiace, ecco.
«Io credo di essermi innamorato» mormora Andrea durante la sua contemplazione.
«Ed io vado a parlarci» dice Vale, muovendo il primo passo.
«Ma che vuoi tu?» lo blocca l'altro dal polso.
«Io sono Valentino Rossi!» controbatte.
Ne approfitto per circumnavigare i due e avviarmi nel box.
«Box mio, ragazza mia» dico, forse con un tono di voce un po' troppo alto.
Anzi, decisamente troppo alto considerando che metà delle persone presenti si gira a guardarmi. E non faccio in tempo a verificare se anche la ragazza in questione si sia resa conto della mia grandissima figura di merda che un ragazzo con una polo della Yamaha mi si para davanti.
«ragazza tua? sei sicuro Marc?» domanda quest'ultimo in spagnolo, lingua che difficilmente sento in queste giornate se non dal mio capotecnico. Alzo lo sguardo per cercare il contatto con il suo viso. Capelli castani mossi, mascella squadrata, barba curata. Eric.
Che diavolo ci fa Eric nei Paddock?
Ma cosa più importante, se Eric è qui vuol dire che...
«Eric» ringhia un'inconfondibile voce dall'interno del box, alle sue spalle. Il ragazzo si fa da parte e la ragazza di prima non ci dà più la schiena, anzi, sta camminando verso di noi. Ed è niente meno che Reina Del Gado.
Ed io sono un maiale che stava andando a provarci con la sua migliore amica.
A Reina basta uno sguardo verso Eric per farlo dileguare, anche se non prima che quest'ultimo mi lanci un'occhiata omicida. Può guardarmi male quanto vuole, non temo il confronto. Sopratutto non qui.
«Bene, dopo un po' di dramma quotidiano puoi muovere il tuo bel culetto e venire dentro, il team ha stilato dei dati che dovresti vedere e poi ci prepariamo per le qualifiche» dice lei, mettendosi le mani sui fianchi con il suo solito fare autoritario.
Io la guardo e non rispondo. La contestualizzo. Le ho sempre chiesto di venire con me, di tornare in pista anche senza correre, ma ho sempre visto un muro alzarsi. Ed ora invece è qui.
I capelli biondi legati in una coda disfatta, gli zigomi alti e la mascella serrata. Il fisico asciutto fasciato dai jeans e una polo del team Honda Repsol annodata in vita. Nella scala dei modi in cui mi piace vederla vestita, forse la maglia con i miei loghi e colori supera persino la tuta da cross.
«Ti ha detto che hai un bel culetto o sbaglio?» sento gridare Valentino, ma non mi giro. La guardo e penso, e tra le altre cose penso al fatto che ho voglia di abbracciarla, anche se noi non facciamo queste cose.
Allora la butto sul ridere al mio solito. Copro la distanza che si separa in due falcate per poi allungare le braccia verso il suo bacino e sollevarla.
«Vabbè cabroncito ti odio, spero di fare un tempo migliore di te in qualifica» sento borbottare Andrea alle mie spalle, e mi viene da ridere mentre ho il viso nascosto nell'incavo del collo di Reina.
«Lasciami idiota» si lamenta invece lei, dimenandosi mentre le faccio fare un giro in aria.
Andrea e Vale stanno tornando ai rispettivi box, i ragazzi del mio team mi guardano straniti, c'è anche qualche giornalista in giro, ma non mi importa. Sono davvero contento che lei sia qui.
«Sei una stronza comunque, quando mi hai parlato del tuo progetto sulla mia moto avresti anche potuto dirmi che saresti venuta qui»
La lascio andare e lei mi dà uno spintone, riprendendo contengo. Gira sui talloni e torna verso l'interno del paddock. Io la affianco divertito e faccio per portarle un braccio intorno alle spalle che lei molto agilmente evita.
«Se l'avessi saputo non avrei accettato» risponde stizzita. So che le costa tanto essere qui, ma so anche quanto queste cose la divertano. Le moto sono la sua vita, come sono la mia, come erano quella di suo padre. Non è qualcosa che può negarsi così semplicemente.
Il team quasi al completo mi guarda un po' interrogativo, un po' sbalordito. Reina li affianca a braccia incrociate mentre prendo posto sulla mia poltrona e loro mi accerchiano. Mancano una decina di minuti alle Q1.
«Bene, conoscendo Reina sono sicuro che lei non vi abbia detto che siamo amici da una vita, che potrebbe prevedere ogni mia mossa alla guida e che è brava quasi quanto me» dico con il sorriso stampato in faccia. Reina ovviamente sbuffa per quel quasi. «Fidatevi di lei se ha qualcosa da dire»
I ragazzi spostano lo sguardo su di lei che, in risposta, scrolla le spalle.
«Gerald mi stava facendo vedere i tempi nelle prove con i diversi set up. Dovresti dare un'occhiata» dice lei, indicando con un cenno il mio telemetrista, Gerald, sempre pronto con il Pc in mano.
Ci mettiamo subito a lavoro e con Reina qui sembra tutto improvvisamente così familiare, come se non fossimo neanche nel weekend di gara ma semplicemente pronti ad un'uscita in selva. La guardo mentre si impegna ad aiutarmi, quasi ipnotizzato. I miei meccanici, i miei tecnici, sono sicuramente più esperti di lei e lavoriamo benissimo insieme, ma quando si tratta di moto a Reina basta un'occhiata per sapere di cosa ho bisogno.
Usciamo in pista con una combinazione di gomme che in realtà non abbiamo provato nelle free practice, con la previsione di un cambio entro un paio di giri nel caso non dovessi trovare il feeling giusto.
Quando la moto è pronta e danno il via alle Q2 salgo finalmente sul mio gioiellino, pronto a dare il massimo. Non è più il Dirt Track, è la MotoGP, è il mio regno, e voglio dimostrarle dal vivo quando posso essere forte qui in pista.
Le lancio un'occhiata prima di abbassare la visiera del casco, così che lei possa vedermi. Ricambia lo sguardo e con un cenno della testa mi sprona a dare il massimo. Nessuno qui ha ancora idea di cosa sono davvero capace, tranne Reina, ma lo scopriranno presto.
||REINA||
«Non credo che a Marc piacerà vederti sulla poltrona» mormora Santi, il capo meccanico del team, quando mi affianca. Ha un'aria un po' burbera a dir la verità, con i capelli ricci e il barbone folto, ma Marc ha sempre speso solo belle parole per lui. D'altro canto, si vede da lontano un miglio quanto Santi creda in quell'idiota di Marc. Come un po' tutti qui, in realtà. Il che comunque non mi impedirà di trattarlo come mio solito.
Guardo Santi dal basso, stravaccata sulla poltrona del pilota, e gli faccio un mezzo sorriso. Poi torno a guardare lo schermo con i tempi delle qualifiche. Marc sta girando in uno e trentotto alto, terza posizione con davanti Rossi e Dovizioso.
Non male come tempo, ma non deve sentire il feeling giusto considerando che torna presto nei paddock per il cambio moto. Non lo fa istantaneo nonostante la seconda moto sia pronta, preferisce venire a dirci le sue sensazioni.
Come sospettato, mi vede sulla sua poltrona e non dice niente. Anzi.
Si alza la visiera del casco e si avvicina a me e Santi, per poi piegarsi sulle ginocchia difronte a me. Mi guarda e vedo nei suoi occhi la tenacia, la competività, di un ragazzino di ventun anni che vuole vincere a tutti i costi. È quello lo sguardo che adoro. Lo sguardo di Marc, che vuole qualcosa e se la va a prendere.
Si piega anche Santi accanto a Marc, mentre io mi avvicino a loro con il viso. Marc vuole provare con le soft avanti e dietro, ma Santi non è d'accordo. Allora cerca la mia approvazione. È una scelta un po' azzardata in realtà, solitamente Marc ha bisogno di una gomma più dura, ma a lui piace rischiare almeno quanto piace a me.
«Proviamo Santi, ha fatto comunque un buon tempo» dico, passando lo sguardo da Marc a Santi. Quest'ultimo sembra perplesso, ma qui le scelte vanno prese velocemente e decide di fidarsi del pilota. Si alza e va a dare ordini ai meccanici. Marc resta ancora un attimo a guardarmi, piegato davanti a me.
Gli do una botta d'incoraggiamento sul casco.
«Apri il gas e spingi, se no vengo io a farti il culo» mormoro poi, avvicinandomi ancora di più, ed i suoi zigomi, per quanto schiacciati dal casco, si alzano in un sorriso.
Non risponde, ma torna dalla sua moto aspettando che sia pronta. Un minuto dopo è in pista.
Gira in 1.38.120, ed è pole position.
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