CAN'T TOUCH THIS




I don't want your body,
but I hate to think about you
with somebody else.

somebody else
📍Cervera, Spain




||MARC||

È da qualche anno che io e Alex organizziamo una festa prima di partire per la prima gara del campionato. C'è un capannone fuori dalla città dove prima tenevamo le moto, non lontano dalla selva dove io e Reina andiamo a correre, che ci è da subito sembrato il posto perfetto per fare un po' di casino.

Quest'anno non siamo da meno.

I nostri amici hanno invitato i loro amici che a loro volta hanno invitato i loro amici, ma va bene così. Mi importa solo che ci siano le persone davvero importanti per me.

A questo proposito, Reina è particolarmente bella questa sera. Per me la vista di una donna in tuta da corsa sarà sempre insuperabile, ma non si può dire che non stia bene anche in abiti civili. I capelli biondi sciolti e spettinati danno colore al vestitino nero che fascia la figura minuta. Ovviamente, ai piedi porta le sue adorate Converse, un tempo bianche, ora più tendenti al grigio. So che sulla gomma laterale di quella sinistra c'è una scritta, una data. Lo so perché l'ho scritta io, ed è anche una delle poche cose che ricordo di quella sera di un anno fa. Ma questa è un'altra storia.

Alex, al mio fianco, la osserva attentamente nonostante stiamo parlando con dei nostri amici. Se gli sguardi potessero incenerire, il ragazzo con il quale lei sta ballando sarebbe già diventato polvere.

«Alex, stai diventando imbarazzante» gli sussurro ad un certo punto, cercando di non farmi vedere dagli altri. Lui scuote la testa con disapprovazione.

«Quello che mi chiedo è, tra tutti, perché lui? È un idiota» mormora, continuando a fissarli. Cerco di guardare meglio, ma nella penombra il suo viso non mi ricorda niente. Almeno finchè non viene illuminato mentre passa una mano tra i capelli di Reina.

Si chiama Eric.

Corre anche lui, o meglio, correva. Me lo ricordo nei campionati di minimoto. Credo non abbia mai trovato uno sponsor o avuto qualche riconoscimento, quindi ad un certo punto deve aver smesso. «Non è una bella persona, Marc» aggiunge mio fratello, sporgendosi verso di me per non farsi sentire.

Faccio un cenno di scuse verso i nostri amici e afferro Alex dal braccio per allontanarlo.

«Quando lascerai stare Reina e andrai avanti con la tua vita?»

Non mi piace parlare con lui di Reina, e lo sa, ma mi costringo a farlo. Qualcuno ogni tanto deve ripetergli che tra loro è finita. E questo, almeno, posso farlo. 

«Sono andato avanti» risponde, aggrottando la fronte.

Gli occhi blu che solitamente gli illuminano il viso si fanno più sottili, spenti.

Ma ecco che mentre noi battibecchiamo, Reina ed Eric iniziano a baciarsi più che appassionatamente a ritmo di musica.

La cosa mi lascia un attimo interdetto.

Mi infastidisce l'idea di scoprire così, su due piedi, che c'è un uomo nella sua vita. Che non me ne ha mai parlato. Non che io le abbia mai raccontato di tutte le mie storie, ma molte erano cose da niente in giro per il mondo. Loro invece sono qui, insieme, davanti ai miei occhi.

Non l'ho mai vista baciare qualcuno che non fosse mio fratello, e persino quello era un discorso diverso. Lei gli voleva troppo bene, e lui si era semplicemente fissato con lei. 

Quello che accade in questo momento davanti ai miei occhi, invece, sembra il riflesso incondizionato di qualcosa di più serio. Qualcosa che magari la spinge ad invitarlo a correre nella nostra selva. A spogliarsi davanti a lui per entrare nel lago. Qualcosa di tanto intimo da dargli il permesso di infilare una mano tra i suoi capelli, l'altra quasi stretta sul suo sedere. 

«Ho bisogno di bere qualcosa» mormora Alex, dandomi una pacca sulla spalla.

«Vengo con te»

Bere mi sembra improvvisamente un'ottima idea.

Un'oretta più tardi sembra che tutti abbiano avuto "bisogno" di bere. La maggior parte delle persone ha un sorriso idiota stampato sul volto, la musica incalza e l'atmosfera è più calda, c'è odore di sudore.

Esco dal capannone per prendere una boccata d'aria e ci trovo Reina a fumare una sigaretta.

«Quando avevi intenzione di dirmi che hai un ragazzo?» le domando forse con un tono troppo stizzito, traccia del mio esserci rimasto male. Non sono uno che riesce più di tanto a nasconderle le emozioni.

«Quando mai tu mi hai parlato delle ragazze che ti porti a letto?» è la sua risposta schietta, mentre non si gira neanche a guardarmi.

«Chi ti dice che ci vado solo a letto?»

Mi mordo la lingua non appena finisco di pronunciare la frase. Maledetto me e la mia boccaccia. Lei mi fulmina con lo sguardo e devo ringraziare che si fermi a questo.

«Non la sapresti gestire una ragazza, Marc. Troppo tempo tolto alla tua moto»

Reina ha fondamentalmente ragione. Il fatto che non mi piaccia, questa verità, non cambia la realtà. 

«Reina» mormoro, allungando una mano per sfiorarle la spalla. Lei alza lo sguardo verso di me, fissa i suoi occhi nei mei per per uno, due, tre secondi. In silenzio. Poi scuote la testa e va via.

Vorrei dirle che il suo uomo è impegnato a bere come un dannato con i suoi amici, ma evito.

Torno dentro, dove Coco e Carli mi rapiscono per fare due chiacchiere. Sono due vecchie compagne di scuola e probabilmente la cosa che più adorano di me è la popolarità,  ma sanno essere anche ottime amiche. Coco ha due gambe chilometriche e con una chioma di lunghi capelli castani, mossi, che le dà l'aria di una diva del cinema. Carli, meno appariscente, è una bionda sempre allegra e sempre con la voglia di far festa a tutte le ore del giorno e della notte.

Mentre ridiamo e scherziamo, tra una foto e un drink, comincio a percepire un peso all'altezza del petto. E' facile capire a cosa sia dovuto, molto più difficile ammetterlo. Persino con me stesso. Così Coco e Carli mi parlano ed io non le ascolto, rispondo a monosillabi e loro se lo fanno bastare. Seduti su un divanetto, con me al centro, sono sicuro che se volessi provarci con entrambe potrei tornare a casa in compagnia.

Eppure la mia attenzione è tutta su Reina, dall'altra parte della sala. Eric le sta appiccicato e le bacia ora le labbra, ora il collo, le orecchie. Poi le allunga una mano sul sedere e lo stringe, ed io salto in piedi.

In quello stesso momento, Reina si gira a guardarmi.

E' una di quelle cose che lei negherebbe, ma l'ho vista. Si è girata e mi ha guardato.

Reina cerca di allontanare le dita di Eric dal suo corpo, sembrando improvvisamente infastidita. Lui però torna sempre a cercare un contatto, a metterle le mani addosso. All'inizio sembra poterlo gestire, poi lui si fa più insistente.

È ubriaco, e lei sembra improvvisamente piccola al confronto. Gli dice qualcosa, con la faccia incazzata, e lui risponde altrettanto alterato, stringendole i polsi per avvicinarla.

Muovo il primo passo senza neanche rendermene conto.

Qualcun altro sembra aver avuto la mia stessa idea però, e pochi attimi dopo intravedo Alex intento a separare i due, coprendo Reina con il suo corpo. Eric si altera ancora di più, e allora inizio a correre.

Arrivo nel momento esatto in cui sta per alzare le mani su mio fratello. Lo afferro dal petto e lo sbatto contro il muro alle sue spalle. E anche se Reina cerca di richiamarmi con fare autoritario, anche se mi dice di smetterla, un pugno a questo stronzo non glie lo toglie nessuno.

Nessuno tocca Alex, nessuno tocca Reina.

Eric è così ubriaco che cade per terra non appena le mie nocche colpiscono il suo zigomo. Gli amici lo soccorrono, ma nessuno si azzarda a difendere il suo onore. Devono esserci abituati.

«Alex, accompagna Reina a casa» grido, senza girarmi a guardarli, troppo impegnato a fissare Eric mentre viene portato via. Stranamente, non sento Reina controbattere.

Una volta andati via loro metto fine a questa festa.

Ci impiegano un po' a sgombrare il capannone, ma chi si è goduto la scena se ne va soddisfatto. Hanno un video del campeòn che fa a pugni alla sua festa, e questo può bastare.

Stanco e spossato, salgo in moto e devio istintivamente prima di tornare a casa, dirigendomi verso casa di Reina.

Lei sapeva che sarei andato, lei conosce ogni mia mossa.

Mi aspettava sul patio di casa sua, rannicchiata in un cardigan lungo che le copre il bel vestitino. Alex deve essere già andato via.

Mentre metto la moto sul cavalletto lei fa qualche passo verso di me.

Ci incontriamo a metà strada. Non parla, e sinceramente neanche io so cosa dire.

Restiamo a guardarci nella penombra, finché lei non si sporge ad abbracciarmi.

Rimango sorpreso e spiazzato dal suo gesto. Come non ci diciamo mai cose carine, non facciamo neanche cose carine.

Però ricambio la sua stretta, spalmando le mie mani larghe sulla sua piccola schiena, stringendo leggermente tra le dita la stoffa del suo maglione. Affondo il viso nei suoi capelli biondi, sa ancora di miele, e di fumo.

«È un idiota, Reina» mormoro. In realtà non volevo neanche dire niente, semplicemente il flusso dei miei pensieri si è voluto far sentire.

Reina allarga leggermente le labbra in un sorriso, poi fa salire le sue mani dalle mie spalle fino ad afferrarmi il viso. C'è qualcosa di diverso nella sua espressione. Qualcosa che mi fa sentire una stretta al cuore.

«Vai a vincere anche questo Gran Premio, Marc. Sei un campione, dimostralo a chi non se n'è ancora convinto» dice decisa, senza distogliere neanche per un secondo i suoi occhi dai miei. Poi però lascia cadere le braccia, si allontana.

Non un altro sguardo, non un'altra parola. Lei scappa. Può vincere qualsiasi gara in sella ad una moto, può correre a velocità improponibili tra i sentieri meno sicuri, ma nella vita reale scappa.

Per certi versi, sono così anche io.

Forse io, però, a volte desidererei essere rincorso.

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