'Cause we are one and the same
Percy pensò, mentre evitava l'ennesimo pugno scartando a sinistra, di non aver mai combattuto con un avversario così veloce. E lui ne aveva vinte molte di risse.
Annabeth però, era una sorta di macchina da distruzione. Faceva partire pugni e calci a una velocità sorprendente. Era determinata e non si arrendeva mentre incassava e schivava colpi.
Percy era certo che il loro stato il combattimento più lungo ed era ancora più certo che, se già quella ragazza lo aveva incuriosito, adesso era decisamente interessato a lei.
Annabeth cercò di colpirlo con un pugno forte al viso, ma lui scartò a destra, afferrandole il polso e tirandola verso di sé, fulmineo. Le torse il braccio portandoglielo dietro la schiena e bloccandole l'altro con la mano libera mentre i loro corpi ansimanti aderivano.
- Ecco perché non volevo combattere con te – le sussurrò all'orecchio.
Annabeth grugnì mentre il suo cervello lavorava velocemente. Fletté le dita un paio di volte prima di abbozzare una risata tesa.
- Non ti ricordi, prima?
Percy ci pensò per un momento, ma fu Annabeth stessa a dargli la risposta, – ho detto che non mi devi sottovalutare.
Alzò il tallone colpendo Percy... in un punto dove non avrebbe mai dovuto colpire.
Lui gemette, piegandosi su sé stesso mentre cercava di recuperare fiato, liberando Annabeth dalla presa, dandole l'opportunità di roteare su sé stessa, fermandosi davanti a lui, in guardia, e saltellando leggermente sui piedi.
- Forza, Percy. Alzati e combatti – intimò.
Il moro la scrutò truce mentre la palestra tratteneva il fiato dopo un paio di risate.
Percy respirò, si mise dritto e schivò l'ennesimo pugno, colpendo Annabeth al fianco. Gemette, ma la ripresa fu fulminea quanto sorprendente: lo colpì con un calcio alla gamba destra l'attimo dopo. Il ragazzo la piegò leggermente, con l'adrenalina che scorreva a fiumi nel corpo di entrambi, prima che Annabeth roteasse all'indietro, sforbiciando le gambe e colpendo col collo del piede il mento di Percy che crollò a terra carponi mentre Annabeth si ristabilizzava senza difficoltà.
I ragazzi attorno a loro esplosero in grida di gioia e Percy strizzò gli occhi, scuotendo la testa e stringendo i pugni sul tappeto bordeaux.
Il mento gli faceva male.
E Annabeth sorrideva, troppo compiaciuta.
E, adesso, lui sì che era incazzato.
Si levò il sangue dal lato del labbro che Annabeth aveva colpito con un pugno.
- Vuoi fare sul serio? – domandò, osservando il volto euforico di Annabeth mentre un moto di ira gli percorreva il corpo bollente. – Facciamo sul serio.
E senza preavviso la colpì, pochi secondi dopo al fianco con un calcio, roteando su se stesso e facendola cadere a terra. Annabeth, quella volta, impiegò qualche secondo in più per rialzarsi, premendo la parte dolorante con la mano e assottigliando lo sguardo.
Percy era stato umiliato e si, Annabeth non era il solito coglione, ma quello spettacolino era durato più che abbastanza.
Aveva giurato a sé stesso che non avrebbe mai messo le mani addosso a una ragazza, ma quella lo stava chiedendo col megafono.
Non aspettò che si riprendesse, attaccò subito dopo con un pugno al viso, incassandone uno al fianco subito dopo.
Lottarono. Lottarono senza sosta, senza mai fermarsi. Con rabbia, foga e odio.
Percy la colpì alla caviglia con un calcio, fermandola prima che potesse cadere , tenendole il suo stesso braccio attorno al collo.
Annabeth gli rifilò una gomitata al costato e si voltò di scatto appena Percy allentò la presa, solo per ricevere un calcio in pieno stomaco. Si riprese velocemente e roteò su stessa con il braccio teso. Percy si abbassò di colpo ed Annabeth, prima che lei stessa potesse realizzarlo, lo colpì al petto con la mano bene aperta, facendolo cadere sulla schiena.
Percy cadde sul materasso con un tonfo fastidioso, ringhiando di rabbia. Puntò le mani ai lati della sua testa, sollevandosi di scatto con un colpo di reni. Si riassestò con una capriola all'indietro, colpendo Annabeth al mento e ritornando sui suoi piedi nel momento esatto in cui lei cadeva sulla pancia, con un grugnito.
- Visto? – sorrise Percy, roteando le spalle, sciogliendo i muscoli tesi. - Lo so fare anche io.
Annabeth si rialzò fulminea con una rovesciata e quando stavano per scagliarsi nuovamente l'uno contro l'altra, Luke si fiondò tra loro due, aprendo le braccia per tenerli lontani.
Li osservò entrambi con un sorriso furbo sulle labbra. Osservò i lividi, i capelli sudati e i petti ansanti. Osservò il sudore sulle tempie e la determinazione nello sguardo.
Poi, scoppiò a ridere. – O wow! Doppio, triplo wow ragazzi! – Annabeth si premurò di fulminare Percy ancora una volta, prima di sistemarsi la canottiera sul petto. – Non vedevo un combattimento così bello da anni! Sarete nella mia squadra di lotta. Assolutamente! Gli allievi più promettenti degli ultimi trecento anni – esagerò, strappando un sorriso nervoso ad entrambi i ragazzi che -forse- e solo in quel momento, iniziarono a guardarsi in modo diverso.
***
Percy uscì dalla doccia della sua stanza, afferrando un asciugamano bianco e avvolgendoselo attorno alla vita. Spannò il vetro, osservando il suo riflesso e passandosi una mano tra i capelli neri e scompigliati prima che potesse aprire la porta ad andare nella sua camera, rabbrividendo per lo sbalzo di temperatura.
- Mi hanno detto che oggi in palestra te le sei date con una ragazza – fece Grover curioso, guardando la sua bacheca di facebook dal computer fisso sulla scrivania ad angolo.
Percy sorrise, pensando a quanto, quella ragazza tanto scontrosa quanto bella, avrebbe voluto conoscere.
Lo sapeva anche lui che non doveva.
Lo sapeva anche lui che rischiava di scottarsi in ogni momento, ma mai, mai nella vita, aveva visto nello sguardo di qualcuno la stessa scintilla che aveva visto nelle iridi grigie di Annabeth. Mai, nello sguardo di qualcuno, aveva visto quella determinazione e quella paura.
- Ti hanno detto bene allora – rispose divertito, infilandosi i boxer neri da sotto l'asciugamano per poi scioglierselo dalla vita. – Era una tipa tosta, giuro.
Grover sorrise senza staccare gli occhi dallo schermo del computer, – come si chiama? –
- Annabeth.
E a quel punto, il castano ruotò con la sedia girevole verso Percy, guardandolo con gli occhi scuri sbarrati. – Chase? – domandò subito dopo, mentre Percy si infilava la prima maglietta pescata dalla borsa che doveva ancora svuotare.
- Non lo so. Forse. Perché?
Grover emise un verso di scherno, tornando poi verso il computer e rispondendo a una modella mancata che gli aveva scritto sul profilo.
- La conosci? – domandò Percy, improvvisamente curioso. Se fosse per la vita di Annabeth, o per quella di Grover, ancora non lo sapeva.
- Ovvio. Quella ragazza nel sud era famosa. Più che altro lo era la madre, ma anche lei non scherza.
- Perché? – chiese Percy, sdraiandosi sul letto e poggiandosi alla testiera mentre afferrava il telefono col solo scopo di giocare a Temple Run.
- Sua madre era l'architetto più famoso del paese e lei ha fatto non sono quante olimpiadi della matematica prima che iniziasse a fuggire di casa e ad essere espulsa da qualsiasi scuola.
Come me.
- Scherzi? – esclamò Percy, non appena quel pensiero gli balenò in mente, alzandosi dal letto e sedendosi sulla scrivania accanto a Grover.
- No, bello. Non so per quale motivo, ma è stata espulsa. - Si inumidì le labbra con la lingua, come se parlarne gli facesse male. - La conosco sopratutto perché è stata in riformatorio con me prima di scappare anche da lì. – Grover si abbandonò a una risata senza staccare gli occhi dallo schermo del computer.
- Sei stato in riformatorio? - Percy rise. - Io sono una testa di cazzo, eppure il riformatorio non l'ho mai visto.
Grover rise, passandosi una mano tra i ricci e mettendo un like su una foto di una ragazza mezza nuda. -Forse ho un po' troppa affinità con l'erba. - Solo in quel momento, si girò a guardarlo, dagli una pacca al petto nudo. - Tra parentesi, se ti serve qualcosa, chiedi pure.
Percy rise ancora, distogliendo lo sguardo dal Facebook di Grover per puntarlo davanti a sé. - Passo. - Rispose semplicemente.
- Sei stato espulso anche tu? – domandò Grover senza grande interesse, dopo qualche secondo di silenzio.
- Eccome – e il discorso decise di chiuderlo lui stesso, infilandosi le cuffie nelle orecchie e lasciando che la musica partisse a palla mentre tornava a sdraiarsi sul letto.
Non ne avrebbe parlato.
Non avrebbe parlato a nessuno del perché fosse stato espulso così tante volte e del perché avesse scelto Boston invece di un'università a New York.
Non avrebbe parlato del perché fosse cresciuto praticamente in strada, in balia di sé stesso, finché non aveva imparato a difendersi.
Anche dentro casa sua.
***
Annabeth si frizionò i capelli con un asciugamano bianco prima di legarli in una treccia veloce, camminando per la stanza in jeans e reggiseno nella speranza di trovare una maglietta decente per la cena di quella sera.
- Bionda. Sembri una cazzo di mina e mi stai facendo venire il capogiro – esordì Talia dal letto, facendo ridere Annabeth che, con foga, stava frugando nel suo armadio.
- Non trovo nulla da mettermi – si giustificò divertita, pescando poi una maglietta azzurra decente e infilandosela.
Talia la guardò curiosa mentre continuava a fumare la sua Winston blu.
Quella ragazza non gliela raccontava giusta per niente.
Dove diavolo aveva imparato a combattere in quel modo?
Quei calci, quei pugni così diretti non si imparavano in una semplice scuola come le aveva assolutamente giurato.
E voleva scoprirlo.
Talia Grace non si sarebbe di certo arresa così facilmente.
Voleva scavare Annabeth. Voleva scavare dietro un'innocenza che, sicuramente, non le era stata portata via.
Voleva scavare sotto quelle magliette aderenti e gli skinny jeans.
Voleva scavare sotto quel sorriso perché, ne era certa, dietro nascondeva molto di più.
Voleva scavare sotto i bracciali che portava al polso sinistro.
E ci sarebbe riuscita.
Talia Grace non si era fermata davanti a un padre che comprava il suo affetto e davanti a una madre alcolizzata. Figurarsi se si fosse fermata davanti a una ragazza che aveva bisogno di un'amica. E sembrava averne bisogno più di ogni altra cosa.
- Quel Percy – esordì la mora senza smettere di aspirare dalla sigaretta. Sigaretta che, tra le altre cose, era proibita da un bel cartello rosso appeso al muro dietro di lei.
- Umh – fece Annabeth, prendendo dei calzini bianchi e le fedeli All Star.
- Ti interessa?
Annabeth si voltò di scatto, infilandosi con facilità le scarpe slacciate e sdraiandosi poi sul letto, incrociando le caviglie davanti a sé.
- Non è neanche passato un giorno! No che non mi interessa – rispose, corrugando la fronte e sorridendo stranita.
Talia sbuffò fuori il fumo. - E va bene, Sapientona. - Aspirò ancora, roteando gli occhi. - Percy ti incuriosisce almeno un po'? Questo è plausibile!
- No – rispose velocemente Annabeth, maledicendosi l'attimo dopo nella sua testa.
Talia le sorrise furba, passandosi una mano tra i capelli neri ancora umidi per la doccia.
- Per me si, invece.
Annabeth sbuffò divertita, guardandola con i suoi penetranti occhi grigi. - Certo che mi incuriosisce, ma ho giurato a me stessa che non avrei fatto idiozie.
Talia alzò gli occhi al cielo, buttando la sigaretta fuori dalla finestra e indossando velocemente una maglietta corta nera che, nonostante i pantaloni a vita alta, le lasciava scoperta un po' di pancia tonica. – Dio, che stronzate.
Annabeth rise mentre si stirava la maglietta con le mani. Si, quegli occhi verdi voleva rivederli ancora.
- Stai pensando a lui, vero? – domandò Talia, infilandosi gli scarponi scuri e guardando la bionda con un sorriso furbo.
Annabeth sbarrò gli occhi, una mano già sulla maniglia d'ottone. – E tu come diavolo hai fatto a capirlo?
- ti si legge in faccia, Bionda! – si rialzò sorridente, mettendole un braccio attorno al collo mentre camminavano lungo il corridoio dirette a mensa.
***
Percy afferrò un vassoio azzurro, facendolo scorrere poi sul piano metallico davanti alle vetrinette che teoricamente, avrebbero dovuto contenere cibo.
Quello che c'era esposto -ovviamente- sembrava tutt'altro che cibo e Percy poté giurare a sé stesso di non aver mai visto niente di più disgustoso.
Si raccomandò di fare un salto al primo supermercato di Boston appena fosse stato possibile e si accontentò di un bicchiere d'acqua e qualcosa che somigliava vagamente a pizza per superare quella cena.
Si lasciò cadere nel primo tavolo libero e quando intercettò in lontananza gli occhi blu di Luke, gli fece un cenno con la testa.
Il biondo sorrise, sollevando la mano in saluto.
Grover lo raggiunse qualche attimo dopo, attaccando il cibo come se non ne vedesse da giorni.
Per un unico istante, Percy si chiese come fosse capace di mangiare quello schifo e, solo quando si ricordò del riformatorio, smise di farsi domande.
Roteò la forchetta sul piatto, corrugando la fronte, sussultando quando Luke, con un tonfo e un sorriso, si sedette davanti a lui.
Ultimo anno e matricola.
Questo avrebbe fatto impazzire tutti i Teen Movie americani ispirati a queste stronzate.
- Come va, bello? – domandò allegro, portandosi una forchettata di qualsiasi cosa avesse nel piatto e mangiandola con gusto.
Percy inorridì. - Oh Gesù, come fai a mangiare una cosa simile? – chiese palesemente inorridito.
- Ehi, amico, sono qui da cinque anni. Dopo un po' a questa merda di cucina ci fai il palato.
Percy e Grover risero, prima di riprendere a chiacchierare.
Ed era talmente bello da sembrare surreale.
E a Percy piaceva.
Sembrava di essere tornati all'asilo, quando diventavi il migliore amico di qualcuno solo per conoscerne il nome. Era così che funzionava nel mondo degli adulti? Era così che funzionava, lontano dal dolore?
Si passò una mano tra i capelli neri mentre Luke si gettava un'occhiata alle spalle, sorridendo furbo l'attimo dopo, inchiodando gli occhi azzurri in quelli verdi di Percy.
- Bombe sexi a ore dodici – esclamò in un sussurro.
Percy lo guardò stranito, iniziando a voltarsi per poter lanciare un'occhiata da sopra la spalla. - Sai davvero come funziona quella storia di ore dodici e nove?
Luke sbuffò. - Si, come vuoi. Tu girati e basta!
Annabeth e Talia entrarono in mensa che ancora chiacchieravano. I sorrisi sul volto, gli occhi luminosi e gli sguardi dei ragazzi su di loro che -diavolo- neanche si erano accorti di aver attirato.
Afferrarono un vassoio ciascuna, continuando a chiacchierare, e Percy non poté fare a meno di pensare a quanto Annabeth fosse bella, anche stretta in un paio di skinny jeans e in una semplice maglietta azzurra. Anche con una treccia che, semplice, morbida e bionda, le si posava sulla spalla, sfiorandole la vita. Anche se lo aveva picchiato se sembrava tutto, meno che ferita.
Grover gli tirò una gomita, guardandolo di sottecchi. - Stai sbavando – canzonò mentre Percy borbottava e si massaggiava il fianco senza togliere gli occhi di dosso dalla ragazza, ignara di essere diventata il soggetto preferito di quegli occhi verdi.
- Adesso le chiamo. Così si siedono qui – esordì Luke.
Percy sbarrò gli occhi, riprendendosi in quell'istante dal suo momentaneo trans.
- Non ti azzardare – intimò, puntandogli la forchetta di plastica bianca al viso.
- Ooh, vuoi scommettere? – fece il biondo divertito.
- Stai fermo! Non chiama..
- Ehi ragazze! – esclamò Luke, alzando il braccio e voltandosi quanto bastava perché le ragazze potessero incrociare il suo sguardo.
Annabeth e Talia si voltarono verso di lui, interrompendo le loro chiacchiere per guardarlo, mentre Percy stava cercando un modo per scappare o ammazzarsi senza essere notato.
Incrociarono i loro sguardi e poi sorrisero, andando verso il biondo e sedendosi nella panca accanto a Luke, posando il vassoio davanti a loro.
- Come va? – esordì Talia, muovendo un po' il cibo con la forchetta prima di rinunciare del tutto a capire che cosa fosse, spingendo il vassoio lontano da sé.
- Alla grande, e voi? – domandò Luke, lanciando uno sguardo verso Percy che intanto, stava tentando di scivolare il più possibile sotto al tavolo, lanciando maledizioni in tutte le lingue che conosceva.
- Tutto bene. Senti Percy, capisco che Annabeth non sia della compagnia migliore, ma evita di andare sotto il tavolo – punzecchiò Talia divertita solo per vedere la reazione di entrambi.
Fu esattamente ciò che si aspettava.
Percy tornò dritto, sbattendo un ginocchio sotto al tavolo, imprecando per il dolore e ritrovandosi a contenere, in chissà quale modo, il rossore sulle guance. Annabeth, in tutta risposta, arrossì con dignità, riducendo le palpebre in due fessure minacciose, puntando le iridi grigie in quelle di Talia.
- La tua capacità di mettere a proprio agio le persone è sorprendente. – Borbottò Percy, infilandosi le mani nelle tasche della felpa blu.
Talia gli sorrise, scrutandolo con più attenzione del dovuto negli blu elettrico. Pensando a quei battibecchi talmente tanto naturali che le sembrava di averli già vissuti.
- Lo so – si buttò una ciocca di capelli dietro al collo, fintamente altezzosa, – è una dote naturale.
I ragazzi al tavolo di abbandonaronk ad una risata e, solo in quel momento, Percy iniziò ad osservarla con più attenzione. Gli occhi luminosi, il naso da elfo e le lentiggini sulla pelle chiara.
Lui la conosceva.
- Io ti conosco - esordì Talia a quel punto, incrociando le braccia sopra al tavolo e fissando Percy con insistenza.
- Lo so - si limitò a rispondere, corrugando la fronte. - Qual è il tuo cognome?
Talia non gli rispose. Si ritrovò ad osservarlo ancora. Ad analizzare i lineamenti di un bambino che, adesso erano cresciuti. Si ritrovò a studiare quegli occhi verdi che -cavolo- erano stati la sua ancora per anni.
Si ritrovò ad analizzare i capelli scompigliati per le mani che ci passava sempre in mezzo e si, ovviamente lo conosceva.
- Il cavolo di Percy Jackson– mormorò con un sorriso che, gradualmente, le illuminava il bel volto.
Luke corrugò la fronte. - Grazie per la necessaria informazioni..
- Zitto tu. - Lo interruppe senza azzardarsi a distogliere lo sguardo dal volto del ragazzo. - Tu sei il cavolo di Percy Jackson, il ragazzo dell'Upper East Side. - Continuò, mentre un barlume di consapevolezza iniziava a brillare negli occhi del ragazzo. - Tu sei il cavolo di Percy Jackson del Bronx. E io..
- E tu sei la cavolo di Talia Grace che si è trasferita a Pittsburg troppo piccola perchè potessi riconoscerti da adulta.
Il cuore di Percy cominciò a battere un po' più forte davanti a quella consapevolezza. Davanti a quegli occhi che non aveva mai dimenticato davvero. Davanti a quel volto che, per anni, era stato in grado di salvarlo quando nessun altro c'era.
Perché quella era Talia Grace. La sua cavolo di ancora e la sua cavolo di migliore amica.
- Ti trovo bene, Cavalluccio Marino! - esclamò la ragazza con un sorriso di scherno che le stendeva le labbra sottili.
Percy rise,buttando la testa all'indietro. - Potrei dire la stessa cosa di te, Faccia di pigna. Ma finché non mi abbracci, continuerò a ritenermi offeso.
E fu a quel punto che Talia scavalcò la panca all'indietro,alzandosi e raggiungendo Percy che aveva già aperto le braccia, pronto ad accoglierla contro di sé.
Talia si gettò contro al suo petto e quasi, mentre tornava a stringersi contro un corpo che, adesso, era forte abbastanza da proteggersi da solo, le sembrò di ritornare a respirare.
Percy seppellì il volto nei suoi capelli. La strinse forte, con la paura di perderla ancora, sollevandola da terra e facendola girare mentre lei gli dava ripetuti baci sulla guancia, facendolo ridere.
Perché erano di nuovo lì. Perché erano di nuovo assieme e tornavano a respirare ancora. Perché erano di nuovo assieme dopo anni che li avevano tenuti separati. Perché erano di nuovo assieme, con i corpi tonici, con le cicatrici e con un passato che faceva male, ma con gli occhi che non avrebbero mai perso quella scintilla che -cavolo- provava quanto ancora fossero vivi.
Ed erano lì, cresciuti, forti e un po' rotti. Erano lì, con i capelli sempre scompigliati e con i fisici allenati di chi non ha mai smesso di farlo. Erano lì, con i sorrisi che non sarebbero mai scomparsi dai loro volti e con le braccia che -cavolo- adesso potevano tornare a stringersi ancora.
E Percy e Talia erano riusciti a costruire una bolla attorno a loro. Una bolla che non avrebbe mai potuto scalfire le fronti che si toccavano, gli occhi che si capivano prima che le bocche potessero parlare. Si erano costruiti una bolla che andava oltre gli sguardi dei ragazzi a mensa, che andava oltre le chiacchiere i sussurri. Che era più forte di tutto il resto.
E, mentre loro si erano ritagliati una nuova fetta di paradiso, Annabeth era lì, a guardarli intenerita, a sognare un abbraccio come quello. A sognare uno sguardo come quello che, in un solo istante, riesce a guarirti. A sognare una bolla attorno a lei. A sognare qualcuno che l'avrebbe protetta, impendendole di continuare a farlo da sola.
Abbassò lo sguardo sulla sua cena e sorrise ancora, stringendo il pugno sul tavolo fino a che, le unghie conficcate nel palmo non lo fecero troppo male.
- Bionda - la chiamò Luke, spingendola a sollevare di scatto il volto dal suo vassoio.
Annabeth si costrinse a sorridere nervosa, scostandosi un ciuffo che era sfuggito dalla treccia, dietro l'orecchio. - Si? - fece, costringendosi a non intromettersi in un paradiso che la escludeva.
- Stai bene? - le domandò con la fronte lievemente corrugata, portandosi il bicchiere d'acqua alle labbra senza mai perderla di vista.
Annabeth sorrise ancora. Lo fece senza il minimo sforzo perché, fingere era diventato sempre più facile da essere automatico. - Certo - rispose dolcemente, concedendosi di guardare Talia e Percy con la coda dell'occhio. - Solo un po' di nostalgia.
Nostalgia?
Come faceva ad avere nostalgia di qualcosa che non c'era mai stata?
Angolo Autrice:
Macciaoooo
Ho aggiornato prima perché ero molto tanto soddisfatta dei commenti e perché, questo capitolo, nonostante le infinite correzioni e la parte finale COMPLETAMENTE modifica, mi piace molto.
Percy e Annabeth concludono alla pari (qualcuno mi aveva pregato che andasse così nei capitoli precedenti ahahahah) e lui e Talia si ritrovano.
Cosa succede: succede che Percy e Talia erano molto molto molto piccoli quando erano amici. Fai che stiamo parlando di quando avevano dodici anni se non sbaglio e, ovviamente, sono cambiati tanto, abbastanza da non esserci riconosciuti subito.
Spero che la loro amicizia, almeno fino ad ora vi piaccia. Se devo essere sincera, si tengo parecchio AHAHAHHA
A si, prima di concludere, se pubblicassi una fanfic sui One Direction che non coinvolge la fama ma, sopratutto, Zayn ed Harry con Barbara Palvin e Cara Delenvigne, qualcuno la leggerebbe?
Grazie mille per i commenti dolcissimi e per i voti, fiorellini!
Alla prossima!
Vi voglio bene<3
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