But you cover up, won't let it show
Il fine settimana passò fin troppo in fretta per i ragazzi, che si ritrovarono catapultati in un lunedì incredibilmente freddo nonostante fosse ancora settembre. Subentrarono il vento e alcune gocce di pioggia che li costringevano a stringersi nelle loro felpe mentre passavano da una parte all'altra del campus per seguire le lezioni ma, per quanto riguardava Annabeth, non vedeva l'ora che arrivasse l'inverno.
Lo amava con tutta sé stessa.
Per questo, sorrideva difronte alla finestra dalla sua stanza, le braccia strette attorno al corpo, il busto chiuso in un golfone blu e le gambe costrette dentro degli skinny jeans e le solite All Star.
- Bionda – gemette Talia, girandosi verso di lei, ancora sotto il piumone bianco, strizzando gli occhi alla luce, seppur non fosse così forte.
Annabeth si voltò verso l'amica sorridendo. - Ehi – salutò allegra, – come va?
Talia si passò i pugni sugli occhi, ancora mezza addormentata, nonostante fra pochi minuti sarebbero dovute andare a fare colazione. – Ho sonno – mugugnò la mora, sorridendo mentre Annabeth ridacchiava, tornando a guardare le nubi grigie fuori dalla finestra e le chiome degli alberi scosse dal vento. – Tu hai sempre sonno – constatò la bionda, sentendo che Talia si stava alzando.
- Sai Bionda – esordì Talia, saltellando per infilarsi gli skinny jeans neri, – non pensavo non fossi più vergine.
Annabeth sbarrò gli occhi e serrò la presa sui gomiti. Stavano entrando in campo minato e doveva essere abbastanza abile da uscirne senza che venisse scoperta.
Ridacchiò nervosamente, tenendo lo sguardo fisso sul paesaggio esterno, mentre il suo cervello lavorava per trovare una soluzione. – Davvero? – fece con naturalezza, – come mai?
Talia fece spallucce, intenzionata a sapere di più. - Non lo so. Ti ho sempre vista.. Pura – disse ridendo, lasciandosi scivolare sul busto magro un golfo aderente nero.
- Faccio l'impressione della brava ragazza a tutti. Devono essere i capelli – scherzò la bionda, sedendosi sul letto di Talia mentre lei si infilava i soliti anfibi. Andò a farsi la treccia, ma Annabeth la stoppò prima. - Lasciali sciolti – disse e la mora sorrise, mandando i capelli sulla schiena e scuotendo un po' la testa per ravvivarli. Non erano molto lunghi, superavano di poco il gancetto del reggiseno, ma anche rasati a zero, su un viso perfetto come quello di Talia, sarebbero andati benissimo.
Annabeth si stiracchiò, venendo per un attimo presa da un senso di capogiro e poi poggiò la schiena alla testiera del letto di Talia mentre l'amica si metteva accanto a lei, poggiandole la testa sulla spalla.
Dovevano andare a fare colazione, ma quei momenti di tenerezza erano rari per entrambe le ragazze e non avrebbero dovuto sprecarli. Per questo, rimasero così nonostante dovessero andare a mangiare.
Stettero così per un po', dicendosi tanto seppur rimanendo zitte.
Annabeth lanciò, per caso, un'occhiata all'orologio da parete situato sopra la scrivania. La colazione era iniziata da un quarto d'ora e a nessuna delle due importava.
Ed erano talmente assorte nel silenzio che le avvolgeva, che sussulteranno entrambe,voltandosi verso la serratura della porta che scattava regolarmente. Un secondo dopo, Percy e Luke entrarono nella loro stanza.
Luke si chiuse la porta alle spalle con un calcio e Percy avanzò lentamente verso il loro letto mentre le due amiche si sedevano a gambe incrociate.
- Se Maometto non va alla montagna – cominciò Luke, infilandosi una forcina per capelli nella tasca posteriore dei jeans calati sui fianchi.
- La montagna va da Maometto – completò Percy, accennando al vassoio che posò sul letto, vicino alle ragazze che sorrisero intenerite. Persino Talia che la tenerezza non sapeva neanche che cosa fosse.
- Non è possibile! – trillò Annabeth, sporgendosi verso il vassoio per prendere la brioche.
Talia guardò scettica Luke. – Che c'è? – chiese lui.
- Ho paura a chiederti come hai fatto ad aprire una porta chiusa a una mandata, con una forcina per capelli, che tra l'altro era mia.
Luke le sorrise furbo, chinandosi su di lei solo per darle un bacio sulla guancia. - Trucchi del mestiere imparati da un padre ladro, Tals. E si, la forcina era tua, adesso è mia.
Talia borbottò qualcosa di incomprensibile mentre addentava un biscotto al cioccolato.
- Non siete scese a fare colazione e non potevamo lasciarvi morire di fame – disse Percy mentre Annabeth beveva un po' del suo cappuccino, avvolgendo attorno alla tazza calda le mani coperte quasi interamente dal golfone blu.
- Non è vero – smentì Luke dopo un paio di secondi di pausa, – Percy era preoccupato perché Annabeth non scendeva ed ha attaccato a fare la femminuccia. Siamo venuti qui per cause di forza maggiore.
Le ragazze risero e Percy avvampò per un attimo, dando un pugno alla spalla di Luke l'attimo dopo, facendolo gemere.
Percy schivò un pugno al petto e Luke gli si gettò addosso, pizzicandogli il fianco e facendolo ridere, mentre Annabeth e Talia mangiavano tranquille, ben abituate a quelle dinamiche.
- E comunque, io volevo solo controllare. L'idea di portare la colazione è stata tua, idiota – rivelò Percy mentre Talia guardava Luke con un sopracciglio alzato e un sorriso furbo.
Lui liquidò la faccenda, agitando la mano quasi a voler scacciare un insetto fastidioso e poi rubò uno dei biscotti di Talia, sedendosi dietro di lei e avvolgendole la vita con un braccio.
***
- Annabeth! – chiamò Percy, correndo lungo il corridoio della palestra per raggiungerla. Lei si fermò, i capelli che le cadevano morbidi fino al bacino e il fisico chiuso in una felpa azzurra e dei leggins neri, con le solite All Star bianche ai piedi.
- Ehi – sorrise lei appena Percy le fu affianco, dandole un bacio sulla guancia e riprendendo a camminare al suo fianco.
Non sclerare.
- Non vedo l'ora di combattere, sai? – confessò il ragazzo, affondando le mani nelle tasche dei pantaloni di tuta blu.
Annabeth stava per rispondere, se d'un tratto, non fosse arrivato un ragazzo, forse un paio d'anni più grande di loro, che sorrise ad entrambi, battendo il cinque a Percy.
- Ciao amico, ora devo scappare – superò i due ragazzi, salutandoli da sopra la spalla, – ci si vede in giro.
Percy e Annabeth si guardarono con la fronte corrugata prima di scoppiare a ridere, – ma io lo conoscevo?
Annabeth sollevò le spalle con un mezzo sorriso, irrigidendosi l'istante dopo quando il ragazzo tornò indietro, fermandola per le spalle e stampandole un bacio sulla guancia.
- Scusami se non ti avevo salutato prima, Chase. Ero un po' di fretta, ci si vede ragazzi! – e poi tornò a correre via.
O mio dio.
Non sclerare.
- Ma io lo conoscevo? - ripetè Percy confuso, osservando la schiena del ragazzo che si allontanava lungo il corridoio.
Annabeth deglutì, ignorando il cuore che le batteva troppo forte.
Non sclerare.
- Ehi - Percy le posò una mano sul braccio, delicato e i muscoli di Annabeth si rilassarono istintivamente, sciogliendosi dolcemente sotto il tocco tiepido.
Cosa sta succedendo?
- Stai bene?
Ed Annabeth fu altrettanto sorpresa di rispondere che si, se lui continuava a toccarla e a mostrarle quel sorriso, lei stava bene. - Sto bene. Mi ha solo colto di sorpresa.
Percy scoppiò a ridere, smettendo di toccarla e riprendendo a camminare. -Ha colto di sorpresa anche me. Io neanche l'ho mai visto e questo sa il nome.
Ed a quel punto, persino Annabeth riuscì a sciogliersi in una risata.
- Mi piace venire in palestra. - Rivelò Percy con naturalezza, voltandosi verso di lei e regalandole un sorriso.
Annabeth sentì il cuore battere un po' più forte e sorrise, chiudendo le mani a pugno.
Quanto sei bello.
Che cosa?!
- Anche a me piace. Sfogo un po' di rabbia repressa.
Percy rise, posando le mani sulla maniglia rossa, aprendo la porta per Annabeth ed entrando subito dopo di lei. Qualcuno si voltò a osservare i nuovi arrivati, altri continuarono a combattere e a dire la verità, entrambi i ragazzi dovettero trattenere le risate alla vista di un paio di calci che terminavano con delle scivolate strepitose e pugni che concludevano con spanciate clamorose sul tappetino.
- Ragazzi – chiamò Luke dal centro della palestra. – Scaldatevi e poi date una mano a quelli nuovi, ce ne sarà bisogno – fece, grattandosi la nuca per poi tornare a correggere il pugno di una matricola molto molto piccola.
Annabeth osservò i volti ormai familiari e incrociò Talia che eseguiva evoluzioni senza il minimo sforzo, colpendo di tanto in tanto il sacco che aveva difronte.
Era una sua impressione o i ragazzi in palestra erano aumentati a dismisura? Per non parlare dei ragazzi e delle ragazze di tutte le età seduti sugli spalti.
Percy e Annabeth si scaldarono velocemente senza badare a tutti gli occhi puntati su di loro, prima di cominciare a girare per la palestra. Alcuni erano bravi davvero, ma altri erano in condizioni disastrose. Il lavoro era lungo seppur divertente.
Annabeth gironzolò un po' tra le coppie e si fermò, colta dalla curiosità, davanti a una delle coppie più bizzarre che avesse mai visto. Era formata dall'energumeno che aveva vinto lo scontro il primo giorno, Gus, contro un ragazzo talmente magro e lentigginoso da sembrare un Weasley fatto male.
Annabeth sollevò le sopracciglia quando il più mingherlino dei due schivò un cazzotto di fortuna e tentò di fuggire via dal tappetino. Gus lo afferrò per la canottiera bianca, che non faceva altro che mostrare quanto fosse piccolo, tirandolo indietro e colpendolo con un pugno a un fianco. Quello gemette, piegandosi in due e prima che potesse incassare un altro colpo. Annabeth si intromise tra i due, spingendo il pel di carota via dalla traiettoria del nuovo cazzotto di Gus e riuscendo a schivarlo all'ultimo.
Il ragazzo non si arrese nonostante il suo avversario fosse cambiato e alzò una gamba verso il fianco destro di Annabeth, che si abbassò di colpo facendo roteare le gambe sul pavimento e colpendo la sinistra di Gus, già instabile, buttandolo a terra.
Si rialzò di scatto sovrastandolo. - Chi diavolo ha fatto una coppia formata da te e lui? – chiese rabbiosa e con il fiatone mentre il castano si alzava con un colpo di reni, pronto a combattere ancora.
- Fatti gli affari tuoi, matricola – sibilò rabbioso.
Annabeth assottigliò le palpebre e strinse i pugni. - ho chiesto – fece lei furiosa, – chi diavolo ha fatto queste coppie? –. Scandì lentamente le parole, i muscoli tesi a qualsiasi evenienza mentre la maggior parte delle persone in palestra li osservavano come se dovessero scannarsi da un momento all'altro.
La palestra era il suo territorio.
Lei era forte lì e non doveva trattenersi dallo sclerare. Lì poteva farlo quando avrebbe voluto.
E si, voleva che quell'idiota compiesse l'ennesimo passa falso.
- Ehi, ehi, ehi – intervenne Luke, mettendosi al fianco della bionda e guardando entrambi i ragazzi mentre Percy e Talia li raggiungevano, assieme a un altro po' di ragazzi. – Che sta succedendo qui?
Gus osservò con rabbia Annabeth che reggeva con orgoglio il suo sguardo truce. – La biondina si è messa in mezzo – sibilò lui mentre Percy stringeva i pugni.
- Buono con i termini, Gus. Potrai far paura a molti qui dentro, ma non a me – disse Luke con decisione e rivolgendosi poi verso Annabeth, la esortò a parlare.
- Luke, Gus stava combattendo contro.. – e si voltò verso il Weasley uscito male, in cerca del suo nome.
- Steve – le venne in aiuto lui, tenendosi il fianco dolorante con una mano.
- Steve – continuò Annabeth. - Ma Gus è più grosso e il quintuplo più forte di lui. Lo stava ammazzando! – esclamò.
Gus rise scettico, – Sta' zitta biondina, la stai facendo più grande di quanto è.
- Finiscila, lo stavi ammazzando sul serio – rispose decisa Annabeth.
E poi, successe tutto più veloce di quanto si sarebbero aspettati. Gus avanzò di un passo verso la bionda e caricò un pugno che aveva tutte le potenzialità per romperle il naso. Prima che potesse schivarlo, Percy la spinse via velocemente, dando al ragazzo un calcio alla mascella, abbastanza forte da farlo cadere sulla schiena con un brutto tonfo.
- Idiota – sibilò, osservandolo dall'alto mentre quello si passava una mano sul viso, stordito.
- Percy! – esclamò Annabeth, facendolo voltare di scatto verso di lei.
- Che c'è? – domandò innocentemente, – stava per tirarti un pugno! Il mio è stato un atto di cavalleria – si difese, sollevando le spalle con noncuranza.
***
- Voglio andare a dormire – biascicò Talia, tenendosi la testa con la mano sinistra mentre, con la destra, impugnava una forchetta in plastica ed agitava la pasta al sugo scotta nel suo piatto.
- Ci andiamo assieme, Tals? – scherzò Luke stanco mentre lei gli tirava un colpo alla spalla e sorrideva.
Annabeth teneva la testa sul tavolo, incredibilmente vicina al braccio di Percy che, invece, aveva rinunciato a mangiare. Ed era stata un'ennesima sorpresa la consapevolezza che no, non solo non voleva si allontanasse, ma voleva fosse più vicino.
Sussultò quando le dita abili del ragazzo presero delicatamente una ciocca dei suoi capelli, giocandoci teneramente.
Annabeth strinse ai pugni sotto al tavolo, corrugando la fronte il secondo dopo.
Non stai sclerando.
Che cosa?!
Non si doveva innamorare.
Lei non lo meritava e lei avrebbe sofferto.
L'amore non esiste, l'amore fa davvero schifo.
Ma Percy era diverso, Percy era talmente speciale che quasi le sembrava assurdo che potesse stare con una ragazza come lei.
E avrebbe continuato a pensare, avrebbe continuato a pensare e a farsi male, se non fosse stata interrotta da un paio di energumeni del football che scivolarono nella panca accanto a lei.
- Ciao ragazzi! – trillò il primo, sporgendo il pugno verso Percy che batté le nocche incredulo mentre Annabeth si metteva dritta di colpo, improvvisamente sveglia, cercando di capire che diavolo stesse succedendo.
- Ciao – fece Percy con la fronte corrugata, facendo scivolare via la mano dai capelli di Annabeth che, confusa,si guardava con Talia.
L'altro ragazzo imitò l'amico mentre Luke sorrideva. E se pensavano che per quel giorno le stranezze fossero finite, altri due ragazzi dell'ultimo anno, accompagnati dalle rispettive fidanzate, si sedettero nel tavolo assieme a loro, chiacchierando come se si conoscessero da una vita.
Le due ragazze, una rossa e una mora, intavolarono un discorso su quanto i capelli di Annabeth fossero lucenti e su quanto Talia vestisse bene, mentre le due amiche continuavano a non capirci assolutamente nulla, o quanto avrebbero dovuto. Erano solo stanche, volevano andare a dormire e il loro tavolo si era riempito con persone che avevano a malapena notato fino a quel momento.
Ma che sta succedendo? Pensò Percy con un sorriso, senza però negare a sé stesso che tutte quelle strane attenzioni, un po' gli piacevano.
***
Passarono tre giorni da quando Percy aveva steso Gus e da quando metà squadra di football si era seduta al tavolo con loro, e giovedì pomeriggio Annabeth e Talia decisero di uscire assieme e farsi un giro a Boston. Erano stanche di stare recluse in college e, ne erano convinte, una pausa se la meritavano eccome. E poi Talia aveva voglia di una bella cioccolata ed Annabeth pure, quindi era d'obbligo che prendessero in prestito il Pick-up blu di Percy per andare in città, nonostante non fosse granché lontano dal college.
Il maltempo, che non si era deciso a passare, aveva costretto entrambe a chiudersi dentro giacche leggere che, comunque non sembravano abbastanza per proteggerle dal vento che -dispettoso, gli pungeva il viso.
Talia parcheggiò davanti ad un bar in centro e quando spense il motore, entrambe le ragazze si prepararono psicologicamente per scendere dalla macchina.
Il vento tirava forte, le nubi grige oscuravano l'intera città ed erano certe che si sarebbe scatenato il diluvio universale di lì a poco ma, nonostante tutto, la voglia di cioccolata calda con la panna di entrambe, era più forte di qualsiasi altra cosa. Scesero dalla macchina stringendosi nei cappotti, i capelli, seppur fermati per entrambe da una treccia laterale gli sferzavano sul viso e si affrettarono a chiudere gli sportelli e correre verso il calore del bar.
Appena entrarono, il caldo rese superfluo l'uso del giubbotto e le ragazze rimasero col golfo, intente a cercare un tavolo libero che trovarono per miracolo vicino alla vetrina. Si sistemarono lì, un po' stipate, una difronte all'altra sfregandosi le mani ancora congelate e pregustandosi la mega cioccolata.
Le due amiche stavano parlando allegramente quando vennero interrotte da una cameriera di vent'anni circa, grembiulino verde, bloc notes e coda alta che le costringeva i capelli biondi, per ordinare. Fu scelta cioccolata per entrambe e dopo che la ragazza sorrise ancora, Annabeth e Talia rimasero sole. Sole nei limiti di un bar pieno zeppo e con talmente tante persone che chiacchieravano a voce alta che, nonostante le due ragazze distassero meno di quaranta centimetri l'una dall'altra erano costrette ad alzare la voce.
- Mi dici di te e Percy? – domandò Annabeth, lo stomaco che brontolava nella speranza che la cioccolata arrivasse il prima possibile.
Talia sorrise un po' intenerita e intrecciò le dita sulla superficie liscia e pulita del tavolo, inchiodando i suoi occhi blu elettrico in quelli grigi di Annabeth.
- Con Percy ci conosciamo da quando eravamo bambini, stavamo insieme dall'asilo.
La bionda drizzò la schiena, curiosa di conoscere altro di un ragazzo che, in così poco tempo, le faceva così tanta paura.
- E la prima volta che ci siamo visti non potevamo sopportarci entrambi e a dirtela tutta, non mi ricordo esattamente come siamo diventati amici. Penso perché, per strada, eravamo i più piccoli e lì funziona come nella savana o negli Hunger Games.
Annabeth rise al paragone dell'amica e tolse i gomiti dal tavolo, sorridendo alla cameriera appena arrivò con le due enormi cioccolate con la panna ricoperta di cacao in polvere.
- Si, penso che fosse perché eravamo i più piccoli ed entrambi avevamo una vita difficile.
Annabeth corrugò la fronte e Talia serrò le dita attorno alla tazza, rendendosi conto di aver detto la cosa sbagliata.
- Hai presente? – fece per riparare, – mia madre alcolizzata e mio padre coglione? Per Percy era praticamente lo stesso. Lui però il padre non sa neanche chi sia. Ci ha sempre sofferto per questo e la mamma, in diciannove anni, a quel che so anche io, non gli ha mai voluto dire niente, ma a essere sinceri, non so se lei sappia qualcosa.
Si portò una cucchiaiata di panna alla bocca mentre Annabeth ingoiava la sua. – La mamma di Percy forse non sa chi è il padre di suo figlio? – chiese, mentre Talia annuiva.
- Già. Siamo di New York. Queste cose sono il pane quotidiano, Bionda. Poi però, quello stronzo di mio padre, a dodici anni, mi ha portato via a Pittsburg e poi nel Mid-West e io ho lasciato Percy da solo e tutto il resto della mia vita.
- E hai legato con Percy in così poco tempo?
Talia rise, portandosi un altro po' di panna alle labbra. - Non so se hai notato, ma è molto facile fare amicizia con lui.
Annabeth sorrise e nascose con abilità la fitta allo stomaco al pensiero del moro e alla voglia che aveva di averlo vicino.
Che cosa?!
- Da bambini è più facile. Il primo che capita, diventa il tuo migliore amico solo perché sai il suo nome, ma io e Percy avevamo condiviso moltissimo. Mi è sempre mancato e ti giuro, mi sembra un sogno averlo ritrovato ad Harvard.
Annabeth la guardò stupita. - Caspita.
- cosa?
- Talia Grace ha un cuore, gente! – esclamò, mentre la ragazza in questione le tirava una bustina di zucchero sul naso, ridendo e affermando che lei era "una persona dolcissima e sensibile" – ehi gente! – gridò Annabeth, alzandosi di scatto, – Talia Grace ha un cuore! – fece,senza abbassare la voce e facendo voltare un po' di clienti ai tavoli vicini.
La mora rise, tirandola a sedere per il polso, scuotendo la testa divertita, certa che l'amica fosse completamente impazzita.
- In questo momento ti sto seriamente odiando – sibilò Talia mentre Annabeth rideva e si portava alla bocca la cioccolata.
- Per me mi ami, invece – gongolò la bionda.
Talia ci pensò un attimo, l'indice sotto al mento e gli occhi blu puntati verso il soffitto, – Penso che siano i maglioni enormi che metti e il fatto che ogni volta mi spieghi Letteratura.
Annabeth rise di gusto, avvolgendo le mani piccole attorno alla tazza di ceramica calda.
***
- Sei assolutamente certo di non volerti fare Annabeth? – domandò Luke scettico mentre giocava con una pallina di gomma, sdraiato sul suo letto, la musica a palla e Percy nel materasso accanto al suo. Avevano appena finito di giocare a football e, per quanto l'idea di andare in un bar fosse allettante, quella di stare a letto lo era ancora di più.
- Si, Luke. Non voglio farmi Annabeth, sbattermela, portarla a ballare, la voglio solo come amica, tutto qui.
Il biondo acchiappò a pallina che aveva lanciato verso l'alto, stringendola nel pugno destro e si voltò in direzione di Percy, – Tu almeno ci credi a quello che hai detto? – chiese scettico mentre il moro rideva e gli faceva un cenno perché gli tirasse la pallina. Appena fu accontentato,se la fece scorrere tra le dita e poi la lanciò di nuovo a Luke.
- Si, amico – affermò, per la cinquantesima volta in quella giornata.
Il più grande inchiodò i suoi occhi in quelli verdi del ragazzo che aveva a meno di un metro di distanza e poi tornò a guardare il soffitto dicendo con tono ovvio. - Allora sei gay e quelle cinque ragazze che ti sei fatto erano Drag Queen
Percy rise forte mentre Luke affermava di essere assolutamente serio e "siamo nel ventunesimo secolo. Non è più un problema per nessuno."
- Non sono gay - giurò Percy, mettendosi una mano sul cuore. – Annabeth è bellissima e il Percy di qualche mese fa non avrebbe esitato a portarla in stanza e dare due giri di chiave ma.. non so.. sono cambiato.
Il sopracciglio di Luke diventò un tutt'uno con i capelli. - davvero, bello, io sono un ragazzo dalla mentalità aperta e siamo nel ventunesimo secolo. Io non giudico nessuno.
Il moro rise ancora. Non poteva di certo dire a Luke che ciò che gli aveva fatto la sua ex lo aveva fatto stare talmente tanto male da decidere di prendersi una pausa da tutte le ragazze, giusto? O meglio, avrebbe anche potuto dirglielo assumendosi le sue responsibilità. Luke l'avrebbe preso in giro finché non fosse anche lui diventato biondo.
- Non sono gay.
Luke lo studiò con occhio critico prima di convincersi che fosse assolutamente sincero.
- Ok, da amico e fratello maggiore – esordì il biondo.
- Non per quoziente intellettivo.
- Ma perché non te ne vai a quel paese? – esordì Luke mentre Percy rideva. – Dicevo, prima che mi interrompessi, da amico e fratello maggiore penso che tu stia cercando di seppellire ciò che realmente provi verso Annabeth, anche se non so per quale motivo.
Percy lo guardò con gli occhi sbarrati, stupito che Luke potesse aver fatto un ragionamento del genere e poi scoppiò a ridere. - Ma andiamo, Luke! Io non sto cercando di seppellire proprio niente. Solo che non voglio ragazze per ora e Annabeth, seppur bellissima, è solo un'amica.
- sicuro di non essere gay?
Percy scoppiò a ridere di nuovo e poi si alzò, con l'intenzione di andare a prendersi una pizza per cena. Gli piaceva mangiare a mensa, ovvio, ma dopo un po', tutto quel caos al quale non era abituato, attorno al loro tavolo, lo stordiva.
Erano giorni che ormai, tutta la squadra di football con fidanzate annesse, si sedeva con loro e c'erano talmente tante persone che erano stati costretti ad aggiungere un altro tavolo perché ci stessero tutti.
- Andiamo in quella pizzeria in centro? – domandò, infilandosi il giubbotto imbottito con la pelliccia, blu scuro.
- Perfetto, paghi tu, vero?
Il moro sorrise, infilandosi le chiavi della stanza nella tasca posteriore dei jeans e facendo uscire prima Luke, per poi chiudersi la porta alle spalle. – Puoi sempre sedurre la cameriera – si ricordò che le chiavi non erano sue e le lanciò a Luke che si voltò, in tempo per riuscire a prenderle al volo.
- Si può fare.. oppure paghi tu.
Percy corse un po' per raggiungerlo e rise, mettendogli un braccio attorno alle spalle, – tu si che sei un fratello maggiore come si deve.
Il biondo si voltò un po' verso di lui, il tanto che bastava per poterlo guardare negli occhi. - Ehi, che fratello maggiore sarei se non sfruttassi le finanze del più piccolo?
- uno a zero per te.
***
Non gli importava del freddo, lui aveva bisogno di andare in piscina, aveva bisogno di stare a contatto con l'acqua.
Come si tolse la maglietta, gli venne la pelle d'oca. Nonostante sopra la piscina fosse stata innalzata una cupola, il freddo era abbastanza perché il labbro inferiore iniziasse a tremare.
Si tuffò velocemente, lasciando che l'acqua gli spazzasse indietro i capelli neri e si sistemò sul fondo, scrutando con gli occhi verdi e attenti la superficie.
Per una delle poche volte da quando era in college, non pensò subito al suo passato, ma la cena che aveva avuto con Luke. Si era divertito tantissimo, avevano riso, giocato, mangiato fino a scoppiare perché la pizza- e la cameriera- era talmente buona che avevano dovuto prendersene una seconda.
Si erano tirati il pane e poi erano stati costretti a fuggire di corsa quando la mollica che aveva tirato Percy era finita dentro il bicchiere di vino della signora in pelliccia che era seduta difronte a loro.
Sorrise al ricordo e alcune bollicine salirono verso l'alto.
Il peso al petto si faceva sempre più opprimente e chiuse gli occhi per un secondo, cercando di concentrarsi su altro e non appena ci provò, una fitta più forte gli arrivò al cuore.
"Ehi ragazzi, guardate chi c'è qui" chiamò il più grande. Percy si torse le mani. Non sapeva neanche lui che diavolo stesse facendo lì, ma forse, con Talia che si doveva trasferire di lì a pochi giorni, valeva la pena correre dei rischi. Non ci sarebbe più stato qualcuno per cui valesse la pena fare da bravo.
"Avrà dodici anni, Chris, lascialo in pace" disse un ragazzo dai capelli biondi che raggiunse quello che doveva essere il capo.
"Non ci fa nulla qui, a prescindere dall'età" intervenne un altro, il volto sfregiato da un taglio sopra l'occhio. "siamo nel Bronx, certe cose doveva aspettarsele".
"Josh ha ragione" fece il capo che si doveva evidentemente chiamare Chris, "Dacci una buona motivazione per non mandarti via a calci, ma solo a pugni"
"E dai, ragazzi! È solo un bambino" provò di nuovo a difenderlo il ragazzo biondo mentre Percy faceva di tutto per nascondere come stava davvero.
"Ti fa compassione, eh Jake?" canzonò il castano, Josh, dandogli una spinta alla spalla.
"Finiscila idiota, mi ricorda mio fratello" ammise il biondo, nonostante gli occhi color ghiaccio fossero ridotti a due fessure.
"Allora Kid" fece il capo, "come mai sei qui?" il tono un po' più dolce rispetto a prima, nonostante a Percy sembrasse sempre un cane rabbioso.
Il moro si torse le mani dietro la schiena e la sua voce uscì più bassa del previsto. "Il fidanzato della mamma mi ha tirato uno schiaffo e penso che abbia fatto la stessa cosa con lei."
Gli occhi di Josh si strinsero in due fessure e chiuse talmente tanto i pugni che le nocche sbiancarono. Non ci volle molto per Percy fare due più due per capire chi gli avesse fatto il taglio sopra l'occhio.
"Vediamo se vale la pena aiutarti allora, giusto?" fece Chris, guardando gli amici da sopra la spalla che protestarono, un attimo prima che un pugno colpisse Percy al viso.
Uscì velocemente da sott'acqua e si maledisse per essere ancora così schifosamente vulnerabile, così schifosamente piccolo.
Si issò sul bordo della vasca, respirando a fatica e quando si sdraiò, guardando il cielo coperto dalle nubi, si chiese se Annabeth stesse pensando a lui.
Angolo Autrice:
Ehiila<3
Sono tornata! E con un capitolo un po' di passaggio e un po' no! Tenete bene a mente i dettagli, va bene?
Un grazie a tutti quelli che votano e che aggiungono la storia!
Vi voglio bene, fiorellini<3
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