But now I'm asking you to stay
Non sapeva ed aveva paura.
C'era stato un periodo, nella vita di Percy Jackson, dove il non sapere era stato il suo pane quotidiano. Non sapeva se avrebbe avuto soldi per portare un po' di cena alla mamma. Non sapeva se avrebbe avuto soldi da portare alla mamma. Non sapeva se sarebbe riuscito a tornare a casa tutto intero. Non sapeva se il fidanzato della mamma e lei avrebbero litigato ancora e lui sarebbe stato costretto a rifugiarsi sotto il pelo dell'acqua per minuti interminabili nella speranza che quelle stesse urla finissero. Non sapeva se sarebbe riuscito ad entrare ad Harvard e riuscire a prescindersi una laurea che gli avrebbe poi permesso di fare l'assistente sociale. Non sapeva se sarebbe mai riuscito a dimenticare lei. Non sapeva se si sarebbe mai innamorato di nuovo.
Poi era entrato ad Harvard e tutto, dal momento stesso n cui si era picchiato con Luke nel cortile dell'ingresso, era diventato più facile. Aveva conosciuto Luke. Aveva ritrovato Talia e si era perso negli occhi e nel sorriso di Annabeth. E niente gli era mai sembrato più semplice, quotidiano e bellissimo. Si era quasi lasciato alle spalle tutta la merda che New York gli aveva fatto mangiare. Stava provando a costruirsi una nuova famiglia e gli andava bene. Sapeva che la sua nuova vita gli piaceva. Sapeva che sarebbe andato tutto bene.
Poi, Annabeth si era esposta un po' di più. L'aveva baciato alla festa e l'aveva baciato quando erano in camera da soli ed, entrambe le volte, lui le aveva dato la possibilità di scappare.
Entrambe le volte lei, quella stessa possibilità, l'aveva colta.
A quel punto delle cose, dopo due giorni che si erano baciati nella sua stanza, Percy Jackson non sapeva più un cazzo.
Non sapeva cosa fosse successo ad Annabeth. Non sapeva se lui sarebbe stato in grado di guarirla. Non sapeva se lo stesse respingendo e basta, mossa da chissà quale stronzo del passato che aveva lasciato un segno troppo profondo.
Percy Jackson non sapeva più nulla e lo odiava. Perché pensava di essersi lasciato quel periodo di oblio alle spalle, poi era arrivata la prima stronza con gli occhi grigi ed il sorriso mozzafiato ad incasinargli il cervello e la vita e, nossignore, la sua vita era stata incasinata già troppo lungo. Non aveva bisogno di Annabeth come aggiunta.
No che non ne aveva.
Forse fu per quello che colpì il sacco rosso davanti a sé un po' più forte, stringendo i pugni così forte chiusi nelle fasce sudate che, probabilmente, se avesse avuto le unghie più lunghe si sarebbe persino perforato i palmi.
Ovvio che non l'avrebbe mai lasciata andare. Come avrebbe potuto farlo? Come avrebbe potuto tirarsi indietro davanti al pericolo? Che quel pericolo poi fosse Annabeth o il suo passato, questo non importava affatto. Lui non poteva lasciarla stare.
Come avrebbe potuto?
Come avrebbe potuto abbandonarla quando aveva bisogno di qualcuno?
Lui voleva che Annabeth restasse. Magari con lui, magari un po' più a lungo perché lui, per lei, non sarebbe mai andato via.
Attaccò il sacco con più forza, con un vigore che, nei giorni in cui si era crogiolato nell'utopia della vita perfetta, si era quasi dimenticato di avere e ghignò quando lo vide spostarsi, sollevandosi verso l'alto più di quanto si sarebbe aspettato.
Stava male per una ragazza. Di nuovo.
Tirò un pugno, un po' più forte dei precedenti, ansimando per lo sforzo, fissando il sacco rosso con odio inimmaginabile, logorante.
Ma quella ragazza era Annabeth. Ed Annabeth aveva così tanto schifo dentro. Lui l'aveva visto. Eccome se l'aveva fatto. Era così tanto che l'aveva spaventato. Così fitto che, per un solo istante, la scintilla di vita nello sguardo grigio che adorava carpire ogni volta che la guardava negli occhi, era scomparsa.
Tirò un pugno di sinistro, attaccando col destro l'istante dopo, molto prima che il sacco, dondolando, fosse tornato da lui all'altezza giusta.
Non aveva mai trovato le parole giuste da dire ma avrebbe comunque provato a chiederle di restare.
***
- Io so soltanto che startene chiusa in camera come un'eremita sia una stronzata.
Annabeth chiuse gli occhi per qualche istante, passandosi le mani tra i capelli biondi ed un po' crespi. – Teoricamente, non sono rimasta sempre chiusa in camera – si sentì in dovere di specificare, sdraiandosi sul letto, poggiando la schiena alla testiera in legno.
Talia roteò il capo, voltandosi verso di lei di scatto, puntandole contro l'indice in segno di accusa. – Uscire per le lezioni e poi fuggire in bagno o in camera per evitare Percy non vuol dire vivere. Vuol dire vivere come una cazzo di ricercata. – Afferrò il pacchetto di Winston da sopra la scrivania, infilandoselo nella tasca posteriore dei jeans aderenti. – Non prenderti in giro, Annabeth. Hai una paura allucinante di vederlo che passare del tempo con te è quasi imbarazzante.
- Molto gentile – borbottò la bionda indignata, incrociando le braccia sul petto avvolte dal maglione pesante.
Talia mosse la mano di scatto, come se stesse scacciando una mosca invisibile da davanti al suo volto. – Sai anche tu che ho ragione, Annabeth. Non fare l'offesa con me. – disse decisa, spostandosi due ciocche di capelli scuri sulla schiena prima di addolcire lo sguardo nella sua direzione. – Senti Annabeth – fece più piano, camminando verso di lei, sedendosi ai piedi del letto rifatto. – Posso solo immaginare quanto per te tutto questo sia difficile, d'accordo? Ma perché, invece di scappare come al solito, non provassi a restare qualche volta? – Quando Annabeth aprì la bocca per parlare, Talia sollevò un po' la voce, impedendole di farlo, – Non distruggerai Percy, va bene? Né lui distruggerà te. Quel ragazzo è forte abbastanza per bilanciare il peso del tuo passato anche sulle sue spalle e, per come lo conosco, lo farebbe anche volentieri, senza lamentarsi, con un bel sorriso sulle labbra, a dire la verità. – Annabeth trattenne una risata, limitandosi a sorridere, genuina. – Però, forse, invece di sclerare e dare ascolto a questi cazzo di demoni che ti vorticano nel cervello, dovresti rimanere esattamente dove sei e lasciare che qualcuno ti salvi. Hai tentato di salvarti da sola per tutta la vita, da quando avevi dodici anni, forse è il momento di prendere un bel respiro ed abbassare un paio di difese, che ne pensi? Magari, ci sarà qualcuno che si innamorerà dei tuoi demoni solo per riuscire a distruggerli.
- Come si fa? – domandò Annabeth, torturandosi le mani sulle cosce, lasciando poi che la mano destra potesse andare a torturarle la nuca. – Come si fa ad abbassare le difese?
Fu a quel punto che Talia sorrise verso di lei. – Fidandosi. Ecco come si abbassano le difese.
***
Lei non si sarebbe fidata. Per nulla al mondo l'avrebbe fatto. Ed eccome se avrebbe voluto. Quando l'aveva fatto con Talia, quando aveva abbassato tutte le sue difese con lei era stato bellissimo. Come se avesse ripreso a respirare a pieni polmoni dopo minuti troppo lunghi di apnea. Era crollata e poi, quella stessa armatura, quello stesso muro che la proteggeva da tutto il resto, l'aveva costrutito assieme a lei, lentamente, con pazienza, senza fretta. Con la consapevolezza che Talia sarebbe stata sempre al suo fianco.
Ma Talia non l'aveva mai resa debole. Talia l'aveva sempre resa più forte con la consapevolezza che non l'avrebbe lasciata mai. Che sarebbe sempre rimasta al suo fianco.
Con Percy era tutta un'altra storia. Percy la rendeva debole. Le scombussolava il cuore, i polmoni, lo stomaco, la testa ed i pensieri. Percy la prendeva, la rivoltava completamente lasciandola senza fiato, debole, piccola e sola, al punto che aveva sempre bisogno di Talia per recuperare dei pezzi.
Come avrebbe potuto fidarsi di lui? Come avrebbe potuto fidarsi di una persona che le piaceva così tanto da farle paura?
Percy le faceva una paura matta, così forte che le veniva voglia, ogni volta, di rifugiarsi in un angolino, stringendo un pupazzo malandato tra il petto e le ginocchia, dondolando sul posto. Percy non l'aiutava a sconfiggere i suoi demoni, li riportava proprio a galla con una forza inaudita e solo a quel punto, lei aveva così tanta paura di distruggerlo e distruggersi che scappava via.
Come sempre.
Solito mantra. Solita solfa.
Annabeth fugge via. Sai che sorpresa.
Probabilmente non lo era più per nessuno.
Per lei sicuramente no.
Tornò a sedersi sul letto, osservando il cielo terso di nubi fuori dalla sua finestra.
Talia le aveva promesso di portarle del pranzo decente dalla caffetteria. Il che significava che sarebbe mancato poco prima di vederla rientrare in camera con una qualche pasta al cioccolato ed un po' di caffé. La sua vita da eremita continuava ancora e, onestamente, fintantoché aveva cibo, acqua ed un bagno, non avrebbe realmente potuto lamentarsi.
Fidarsi. Ecco come si abbassano i muri.
Sbuffò, passandosi una mano tra i capelli, sussultanto quando qualcuno bussò alla porta un paio di volte. Corrugò la fronte lanciando uno sguardo alla scrivania e sorridendo. Talia non si era portata le chiavi neanche quella volta.
- Possibile che non riesca mai a ricordarti di portare le.. – strinse la maniglia d'ottone nel pugno, tirando la porta verso di sé, ignorando il cuore che saltò di un battito quando, dall'altra parte della soglia, nel corridoio, non c'era Talia a reggere una busta marrone ed un caffé con due di zucchero. – Percy – mormorò, bagnandosi le labbra con la lingua, improvvisamente secca, un paio di volte.
Azione che risultò del tutto inutile come quella di tenere Percy fuori dalla sua stanza o evitare che il cuore le precipitasse nello stomaco, o che iniziasse a battere così velocemente da portarla a pensare che il ragazzo meraviglioso davanti a lei avrebbe persino potuto sentirlo.
- Ciao – lo salutò, osservandolo entrare nella sua stanza, fermandosi proprio al centro. Continuò a fissare il legno bianco della porta per attimi interminabili prima di chiuderla lentamente, esitando a voltarsi, stringendo la maniglia d'ottone nel pugno così forte che le nocche sbiancarono.
- Ciao. È un po' che non ti si vede in giro – disse senza troppi giri di parole, aspettando prima che Annabeth si voltasse per farlo. – Mi stai evitando? O stai evitando qualcuno in particolare?
Accusa. Orgoglio. Rotto.
- No, scusami – sorrise, fissandosi la punta dei calzini bianchi che, in quel momento, trovava davvero bellissimi. – è che mi sto preparando per qualche test quindi..
- Annabeth.
Fu in quel momento che Annabeth sollevò lo sguardo, trovando i suoi occhi. Quelli verdi e luminosi che, mai, aveva visto così tristi. Erano persi, lontani, che la fissavano come se l'unica loro cura fosse proprio lei.
Forse fu quello a farla arrabbiare. O a distruggerla più di quanto si sarebbe mai potuta immaginare. – Che cosa c'è, Percy? Eh? – esclamò, velenosa, allontanandosi dalla porta di un paio di passi, andando più vicino a quelle iridi color del mare che, no, non dovevano scavare dentro di lei. Non potevano. – Cosa vuoi? Perché sei di nuovo qui? Perché cavolo non mi lasci in pace? – ringhiò, passandosi le mani tra i capelli evitando quelle iridi verdi che, ancora una volta, l'avrebbero distrutta. – Io non ti voglio nella mia vita! – esclamò, guardando dappertutto ma non lui. – Tu piombi così, in camera e ti aspetti che io faccia cosa? Cosa vuoi che faccia, Percy? – continuò senza abbassare i toni, osservandogli il petto, le labbra, le mani che tremavano lungo ai fianchi, le gambe, i capelli scompigliati sulla fronte ma mai gli occhi.
Vai via.
Doveva mandarlo via.
Non ce la faccio.
Vai via.
- Cosa diavolo vuoi che faccia? Perché sei di nuovo qui? Vai via! – esclamò, tirandosi forte i capelli sulla testa, la voce strozzata per il pianto che le serrava la gola. Percy doveva andare via. Doveva scappare prima che lo distruggesse.
Talia non aveva ragione.
Lei non poteva fidarsi.
Lei scappava e basta e, si, le riusciva anche benissimo.
Percy doveva andarsene via perché l'avrebbe distrutto e l'avrebbe distrutta.
Lei era sua.
Lo sarebbe sempre stata.
Come poteva amare qualcuno se non era mai riuscita ad amare neanche sé stessa?
Gli avrebbe fatto male. E Percy era così bello, così puro che non avrebbe potuto distruggerlo.
Vai via.
- Ti prego – mormorò, con il cuore che le scoppiava nel petto. – Ti prego, vai via.
Le ginocchia tremarono sotto al suo peso ma, e ne era certa, se fosse caduta a terra non avrebbe sentito dolore.
Perché doveva farle così tanto male?
Perché Percy doveva farla sentire così vulnerabile?
Voleva solo che la smettesse.
Tutto.
Il dolore. La paura. Doveva smetterla. Percy doveva andare via.
Ti prego, vai via.
Sei mia.
Basta.
Basta.
La gola si strinse in una morsa ed i fianchi presero a pulsare. Proprio lì. Proprio dove lui affondava le dita, dure, cattive, aspre.
La marchiava ogni volta.
Forse voleva che ricordasse. Forse voleva che quei segni le ricordassero ogni volta che era e sarebbe sempre stata sua.
Si strinse le braccia attorno alla vita, ansimando.
Voleva uscire.
Voleva scappare via.
Vai via, Percy.
Vai via.
Fu in quel momento che il ragazzo la sollevò, facendole raddrizzare la schiena solo per attaccarla alla porta e premere le labbra sulle sue.
E fu in quel momento che Annabeth smise di respirare per qualcosa che era ben lontano dall'essere legato ai ricordi, ai demoni che le vorticavano nella mente. Fu in quel momento che Annabeth trovò un'altra ragione per smettere di respirare ed una tutta nuova per sorridere.
Guarita.
Percy la abbracciò, la strinse forte facendole passare le braccia sulla schiena, stringendosela contro al petto, senza darle troppe possibilità di andare via. Aprì le mani sui suoi fianchi e, solo dopo, le schiuse le labbra con la lingua, schiacciandola contro alla porta un po' di più.
Ed Annabeth si sciolse tra le sue braccia, cercando i capelli morbidi, stringendoli nei pugni e sporgendo il volto verso il suo un po' di più, lasciandosi stringere, schiacciare, plasmare contro Percy il più che poteva.
Stava bene.
Non aveva paura.
Stava bene.
Stai bene.
Sei mia.
Rabbrividì mentre lo baciava, stringendolo più forte quando la paura tornò. Forte. Aspra. Cruda. Potente. Senza pietà. E la avvolse, strappandola via dalla presa di Percy.
Se ne vanno sempre. Io sono l'unico che è rimasto.
Ed Annabeth ansimò contro le labbra di Percy, stringendogli i capelli un po' più forte come se, facendolo, aggrappandosi a lui, sarebbe stata in grado di scappare via da ciò che la spaventava di più al mondo.
Si accorse di star piangendo solo quando Percy si allontanò da lei lentamente, prendendole il volto tra le mani, asciugandole le lacrime che le bagnavano le guance con i pollici.
- Parlami. – Mormorò, stringendola tra i palmi caldi. – Ti prego, parla con me – implorò, cercando le sue labbra ancora, baciandola piano mentre Annabeth piangeva, stringendolo più forte perché non aveva idea di cos'altro avrebbe potuto fare. – Ti prego – soffiò contro alle sue labbra. – Ti prego, parlami. Non affrontare tutto questo da sola. – La ragazza tremò tra le sue braccia, singhiozzò, e poi cercò le labbra di Percy ancora una volta, aprendo i palmi contro alla sua nuca, scuotendo piano la testa mentre lo baciava ancora. – Parlami – la implorò, asciugandole ancora le guance, spazzando via le lacrime. Forse sperando che, così facendo, sarebbe stato in grado di spazzare via anche la sua armatura.
Io sono l'unico che è rimasto.
Te lo meriti.
Sei mia.
- Percy devi lasciarmi andare – lo implorò, sussultando tra le sue braccia, cercandogli le labbra l'attimo dopo.
Sei mia.
Sei mia.
Basta.
- Per favore, lasciami andare. – Pianse ancora, stringendogli nuovamente i capelli sulla nuca, scuotendo la testa, lasciandosi baciare quando Percy si sporse verso di lei, sollevandole il mento con i pollici, sfiorandole le labbra con le proprie. – Devi lasciarmi andare. Per favore, per favore – lo implorò piano, lasciando che le lacrime potessero infilarsi tra le loro labbra mentre si baciavano ancora.
Sei mia.
Io sono l'unico che è rimasto.
- Non ci riesco – mormorò, lasciando cadere la testa verso al petto, sbattendo gli occhi un paio di volte quando Percy le sollevò delicatamente il capo.
Non l'avrebbe lasciata andare.
L'avrebbe distrutto.
- Non voglio lasciarti andare – soffiò piano ed Annabeth rabbrividì perché, mai, aveva sentito così tanta sofferenza nella voce di qualcuno.
Lo stava distruggendo.
Come si era permessa?
Spinse la schiena all'indietro, sussultando quando Percy rafforzò la presa attorno al suo volto. – Ti sto distruggendo – mormorò, così piano che lei stessa fece fatica a sentirsi. – Ti sto distruggendo. Devi lasciarmi andare – disse, più forte, chiudendo gli occhi quando vide Percy scuotere la testa, stringendole i capelli in una presa disperata.
- Non voglio. Annabeth, per favore, non tenerti tutto questo dentro. Parlami. Lascia che ti aiuti.
Sei mia.
Vai via.
Basta.
- Ho bisogno d'aria – ansimò. – Ti prego, ho bisogno d'aria.
Non me lo merito.
Ti distruggerò.
Vai via.
Ma Percy le tenne il volto tra le mani ancora una volta. La costrinse a guardarlo negli occhi verdi che la pregavano di restare. Che la pregavano di non andare via ancora una volta. – Tu sei felice con me? Tu vuoi essere felice? – le domandò, soffiando le parole disperate contro le sue labbra.
Si. Si. Ma non posso.
Annabeth scosse la testa abbassando lo sguardo quanto poté. – Ti prego, devo andare via. Per favore, Percy. Devo andare via.
Ma il ragazzo rafforzò la presa sulle sue guance. – Annabeth – poi la baciò ancora, schiudendole le labbra con la lingua, rafforzando la presa ancora una volta sul suo viso, stringendola a sé, impedendole di andare via. Mozzandole il fiato per la passione, per l'amore, per la paura. – Annabeth – soffiò contro alle sue labbra, socchiudendo le palpebre. Ed Annabeth lo strinse a sua volta.
Resta.
Resta.
Le stava chiedendo di restare. Ancora una volta.
Ma lei non poteva.
E si sporse in avanti per poterlo baciare ancora. Per poter assorbire la forza di quelle labbra gentili che l'avrebbero lasciata andare ancora una volta, solo perché la volevano troppo per trattenerla. O forse perché sapevano che, prima o poi, sarebbe tornata.
Percy la strinse, abbracciandole forte la schiena ed Annabeth inclinò il capo per sentirlo un po' più profondamente mentre si baciavano. Inclinò il capo per poterlo assorbire un po' di più prima di divincolarsi dalla sua presa, aprire la porta ed andare via.
Angolo Autrice:
eccomiiii!
ciao fiorellini meravigliosi! Vi chiedo un super scusa per il ritardo ma sono andata in vacanza con le mie amichette e poi ci sono stati un paio di giorni dove l'ispirazione scarseggiava. è tornata oggi per fortuna ehhehheh è un capitolo super triste e probabilmente ne avrete anche i coglioni pieni di Annabeth che piange e scappa via da Percy che è super perfetto ma è qui il punto: Annabeth lo sa. Annabeth ha ammesso che sarebbe felice con lui ma deve ancora fare i conti col suo passato. Sopratutto, spero non abbiate dato per scontata la parte in cui dice:"prima o poi sarebbe tornata".
Aggiornerò anche stanotte e voi tenete duro. Ho serbo belle cose anche per questi due ragazzi distrutti.
Grazie mille per tutto, vi voglio tanto tanto tanto tanto tanto bene!
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