19. Nient'altro che la verità

-Lily! Fermati!-
James si faceva strada tra gli studenti, tenendo gli occhi fissi su una chioma rossa a qualche metro da lui. Tentava di nascondere il suo volto, come meglio poteva. Non poté ignorare, tuttavia, gli sguardi perplessi di alcuni ragazzi che si bloccavano dopo qualche passo, girandosi verso di lui, sorpresi dai loro pensieri. Abbassò la testa, pregando di non essere riconosciuto. Approfittando di un tentennamento di Lily, allungò una mano tra due Corvonero, afferrando la spalla della Evans, e la trascinò indietro.
-Vuoi farti riconoscere?-
-No!-
-No? Se andassi girando con un cartello illuminato con su scritto sono tornata dal mondo dei morti daresti meno nell'occhio-.
Lily sbuffò, infilando le dita nei ciuffi ramati, per poi raccoglierli in una vertiginosa coda di cavallo. James riuscì a leggere una profonda malinconia nella sua anima, che lo spinse a prenderle le mani.
-Va tutto bene, Lil?-
Lei fece un debole sorriso. -No, ma sto cercando di concentrarmi solo sulle cose belle-.
-Tipo me?-
Il sorriso di Lily si fece più ampio.
-Tipo Harry-.
James alzò gli occhi al cielo.
-Che c'è, Potter? Pensi davvero che mi beva questo tuo menefreghismo?-
-No, scusami-.
Lily aggrottó la fronte, visibilmente stupita. -Penso che questa sia la prima volta che ti scusi, da almeno diciassette anni-.
-Ma non è vero!- tentó di difendersi.
-Okay, come vuoi- fece Lily, agitando una mano. James riusciva quasi a vedere i pensieri confusi dentro quella testa calda: Lily stava cercando di decidere se fosse il caso dirgli qualcosa. Amava il modo in cui riusciva a leggere i suoi gesti. Avrebbe potuto prevedere una sfuriata, dall'inclinamento del suo viso. Una risata dal fremito delle sue labbra. E un'adorabile battuta, conclusa con il solito Potter!, dalla luminosità dei suoi occhi. Un tempo si sarebbe dato del ridicolo, per quei pensieri. Ma Lily, la loro storia, l'aveva reso un uomo, gli aveva suggerito di vivere al massimo i momenti che gli restavano, ma non per se stesso. Per lei. Quella notte, nella loro Hogwarts, all'ingresso dei dissennatori, aveva scelto di baciarla perchè voleva permetterle di vivere. James, gli costava ammetterlo, si era arreso al loro destino, aveva accettato la morte prematuramente, e l'unico motivo per cui una piccola parte di lui lottava ancora, era la vita di Lily. Ogni tanto, il legame che li univa, lo spaventava. Erano legati da un filo invisibile, fatto della stessa sostanza dei sogni, e pertanto indistruttibile. Avrebbe avuto un accesso diretto ai pensieri della ragazza, anche se tra loro ci fossero stati oceani di distanza. O anni.
-James-.
-Lily?-
-Vado da Harry-.
Non era una semplice comunicazione, lo sapeva benissimo. Lily gli stava dicendo che non avrebbe abbandonato suo figlio, mai. Stava per andargli a dire che sapeva tutto, e che non doveva più fingersi forte, perché sua madre era lí, per lui, con lui. Non gli stava chiedendo di andare con lei, perché non voleva forzarlo. Ma sapeva benissimo che James non l'avrebbe lasciata.
-Andiamo da Harry-.
Lily sorrise, facendo scivolare la mano nella sua. Il corridoio per la torre di Grifondoro era sgombro e insolitamente silenzioso. Fu un viaggio piuttosto rapido, in cui nella mente di James si susseguirono mille ipotesi di conversazioni con Harry. Come avrebbe iniziato? Come si puo iniziare una simile conversazione? Ogni volta che una frase si formava, veniva bocciata. Non ebbe, di fatto, il tempo per trovare le parole adatte, poichè si trovò ben presto davanti al ritratto della Signora Grassa. Lily lo osservava, con la fronte aggrottata: era titubante in un modo assolutamente comprensibile.
-Draco dormiens- mormorò James, probabilmente solo perchè, ne era certo, lei sarebbe stata ore ad osservare in silenzio quel ritratto privo di interesse. La Signora Grassa non prestò loro attenzione, li fece passare senza degnarli di uno sguardo. La Sala Comune era quasi vuota; vi trovarono solo Hermione. La ragazza alzò subito lo sguardo, attirata dal rumore del quadro che si richiudeva. -James, Lily! Dove siete stati? Vi cerchiamo dall'ora di pranzo!- sbottò, mettendosi un ciuffo castano dietro l'orecchio.
Lily la ignorò, troppo presa a cercare altra gente nella Sala.
-Dov'è Harry?-
Hermione lanciò un'occhiata all'orologio posto sopra il caminetto. -Dovrebbe essere di ritorno a momenti dal Campo. C'erano gli allenamenti-.
Quasi richiamato dalle parole di Hermione, Harry fece il suo ingresso, con la scopa sulla spalla e i capelli umidi. Alle sue spalle, Ron, era alle prese con la fibbia del guanto, perció, quando Harry si fermó di botto, gli finí contro.
-Ahia! Che ti prende? Oh..-
Gli occhi di Harry, attenti e estremamente familiari, studiavano il volto dei genitori. Aveva intuito qualcosa.
-Harry..-
-Se state per dirmi che tornate a casa, fatelo e basta-.
Lily aggrottò la fronte. -No, Harry..-
-Non ho bisogno di parole dolci, sono abbastanza forte. Ho visto la morte, la vedo ogni volta che giro l'angolo, è sempre lí che mi saluta come se fossimo vecchi amici. Ho visto morire persone importanti. Ho visto morire..-
-I tuoi genitori- aggiunse Lily.
-Si! Aspetta...cosa?!-
James fece un sorriso mesto. -Sappiamo tutto, Harry-.
-Com'è possibile?-
Il sospiro di Lily si diffuse in tutta la stanza. -Faresti meglio a sederti, abbiamo tante cose da dirci-.

Ron fece cadere davanti al camino scoppiettante una serie di dolciumi dall'aspetto invitante. -Non ho potuto prendere altro-.
-Altro? Hai violato almeno cinque regole, scendendo nelle Cucine in piena notte e rubando queste sciocchezze inutili. Dovrei toglierti almeno venti punti- sbottó Hermione, raggomitolata nella poltrona. Ron alzó gli occhi al cielo, ma la raggiunse, appoggiandosi al bracciolo della stessa. -Che mi sono perso?-
-Shh! Non riesco a sentire bene. Fred e George dovrebbero migliorare i loro prodotti!- sussurró Ginny, premendosi un filo color carne nell'orecchio destro.
-Non dovresti origliare, Gin. Lascia loro un po di privacy- fece Hermione.
La rossa, seppur sbuffando, si allontanó dalla porta che li separava dalla stanza dei Capiscuola. Al di là di essa, Harry assisteva agli scambi di occhiate dei suoi genitori. Lily aveva deciso di raccontargli tutto dal principio. Gli aveva detto che lei odiava James, che lo considerava un pallone gonfiato. Poi, gli disse, aveva cominciato a conoscere la sua vera natura. A quel punto, parole di James, era caduta ai suoi piedi. Si erano messi insieme, ed erano stati felici per un po. Poi, evidentemente, era successo qualcosa, perché Lily si era bloccata e aveva ripreso James.
-Per circostanze troppo lunghe da spiegare, abbiamo scoperto che, insieme, il nostro destino sarebbe stato la morte-.
Harry sgranò gli occhi. -Cosa?! Voi lo sapevate? E avete deciso di restare insieme comunque?-
Lo sguardo di James si abbassò verso il pavimento: si vergognava. -In realtà, all'inizio, abbiamo deciso di stare lontani. Potevo accettare la mia morte, ma non quella di Lily-.
Harry non riusciva a comprendere l'apprensione di James. Capiva perfettamente il motivo della sua scelta, avrebbe fatto la stessa cosa. E glielo disse, ma Lily intervenne di nuovo.
-Quando abbiamo deciso di stare lontani, non abbiamo pensato minimamente a te. Al tuo futuro. Siamo stati egoisti-.
-Siete dei ragazzi, non potete pretendere di comportarvi da genitori-.
Lo sguardo di Lily si inumidì. Allungò una mano, per poi posarla sulla guancia del figlio.
-Oh, Harry. Sei un ragazzo così buono, così coraggioso. Avrei tanto voluto stare al tuo fianco, vederti crescere, vederti diventare l'uomo che sei adesso. Mi dispiace... ti prego perdonami se ti ho abbandonato... se sei dovuto crescere da solo..-
Quando una lacrima bagnò il volto della ragazza, Harry la stava già stringendo tra le braccia. Aveva sognato quel momento migliaia di volte, ma la sensazione che provava non aveva eguali. Lily Evans era lì: viva.
-Quando è successo?- intervenne James, lievemente a disagio.
Harry capí di dover fare attenzione: da quanto avevano detto, i due sapevano di dover morire, ma non come. Non sapevano di Peter, quindi. La tentazione di dirlo era troppo grande, le parole premevano sulle sue labbra, desiderose di essere pronunciate, di condannare Minus. Ma Silente era stato chiaro...
-Quindici anni fa, la notte di Halloween. Voldemort vi ha trovati. Ha cercato di uccidermi ma la maledizione è rimbalzata, abbattendosi su di lui-.
-Perché ci voleva morti?- domandò ancora James, fingendo noncuranza.
Harry rischiò. -Una profezia. Sapeva che io sarei stato in grado di sconfiggerlo. Voleva me, non voi-.
Lily strinse i pugni. -Se lo avessimo saputo ti avremmo protetto. Avremmo chiesto aiuto a Silente. O magari l'Incanto Fidelius!-
Harry cercò di mantenersi impassibile. -Lo sapevate, tutti. Credetemi se vi dico che avete fatto il possibile per proteggermi-.
-Come hai passato gli ultimi anni? Chi ti ha cresciuto?-
-Tua sorella e suo marito-.
Lily si bloccò, interdetta.
-Tunia? Ma lei odia la magia... non è possibile-.
-Hanno cercato di tenermelo nascosto, poi Hagrid mi ha trovato, la notte del mio undicesimo compleanno, e mi ha detto tutto-. La notte più bella della sua vita, avrebbe voluto aggiungere.
-Perché Silente ti ha affidato a due babbani, e non a una famiglia di maghi? Se, come dici, tutti sapevano che avevi sconfitto Voldemort, ti avrebbero accettato. Ci sarebbe stata una fila di pretendenti!- fece James.
Harry cercò di limitare i danni. -Non mi avrebbe lasciato da sconosciuti-.
-La sorella di Lily è una sconosciuta-.
-È mia zia- disse Harry, sforzandosi di difendere Petunia.
-Allora Sirius! È un mago, è un fratello per me. Silente lo sapeva. Perché non ti ha affidato a Sirius Black?-
Una coltellata trafisse Harry, rendendolo incapace di respirare. Doveva allontanarsi immediatamente da quell'argomento. Sirius Black era un segreto. Sarebbe stato un colpo troppo duro per James, e Harry non era ancora pronto a dirglielo. Forse, ammise, non era pronto a dirlo a se stesso. Dopo la discussione dell'anno precedente con Silente, non aveva più parlato della morte di Sirius con nessuno. Quando l'argomento saltava fuori, gli scivolava addosso, come acqua su una superficie impermeabile. Accettare la morte di Sirius sarebbe equivalso ad accettare la vita senza una famiglia.
-Silente riteneva che dovessi passare l'infanzia fuori dal mondo della magia, per vivere il più normalmente possibile- rispose, con una mezza verità.
-Silente crede di poter controllare le azioni di tutti, senza conseguenze- sbottò James.
Harry lo guardò, allibito. Nessuno avrebbe mai parlato di Albus Silente in quel modo. Evidentemente James lesse i pensieri di Harry, poiché continuò.
-Ci ha mandati qui, per riferire un messaggio, facendoci rischiare tutto, e adesso non vuole più sentirlo. Ritiene che sia troppo pericoloso-.
La voce di James era carica di un comprensibile rancore. Silente non era un vigliacco, c'era sicuramente una buona ragione per le decisioni che aveva preso.
Un violento trambusto proveniente dalla Sala Comune, li fece voltare verso la porta. Questa si aprí quasi contemporaneamente. Hermione, con i ricci arruffati e l'aria imbronciata, sembrava sul punto di togliere mille punti ad una Casa, solo per punire qualcuno. -Harry, ho cercato di fermarlo, ma lui non mi ha voluto ascoltare!-
-Di che parli?-
-Sapeva già tutto!- protestò Hermione, infastidita. -Ha detto che doveva vedere James. Che non avrebbe creduto ad una stupida lettera!-
-Hermione..-
-Gli ho detto che stavate parlando, ma lui non vuole aspettare!-
-Si può sapere di chi stai parlando?-
Un uomo apparve alle spalle della ragazza, scansandola ed entrando nella stanza. Non era molto diverso dall'ultima volta che Harry lo aveva visto, sembrava solo più stanco di qualche mese. Gli occhi, tuttavia, tradivano un'emozione inconsueta. E quando James parlò, lampeggiarono di vita, forse, per la prima volta dalla morte di Sirius.
-Lunastorta-.

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