1. Mai così sbagliato
Quando aprì gli occhi, capì immediatamente di essere finita nei guai. Lo percepiva nelle pareti, nel pavimento, nell'odore dell'aria che respirava. C'era qualcosa di sbagliato in quella familiarità. Era distesa su un letto del dormitorio femminile, ma non era il suo. Il baldacchino che condivideva con Alice era accanto alla finestra, questo invece si trovava nel lato opposto della camera ed era, ormai da sette anni, occupato da Emmeline. Il legno di quercia delle travi che reggevano il materasso, non splendeva della stessa tonalità che ricordava. Era sempre color cioccolato fondente, una tintura calda. Tuttavia c'erano delle venature nocciola che non aveva mai notato, delle leggerissime strisce ambra, come se il legno fosse invecchiato. Ma come poteva essere cambiato in una notte?
In..una notte..?
Si alzò di scatto, allontanandosi a grandi passi dal letto di Emmeline. Aveva un vuoto totale sulle ore precedenti. Frugò nella sua mente, scovando un buco nero. Era come se qualcuno le avesse disattivato il cervello per un periodo. Si guardò attorno, frastornata. Là dove avrebbe dovuto esserci il suo baule, si trovava un tappeto rosso, con dei graziosi bordi dorati accuratamente decorati. Avanzò nel dormitorio, cercando degli aspetti familiari. Il panico minacciava di irromperle nella testa. Lo sentiva già, a deriderla dal suo stomaco con la voce squillante di Sirius Black. Magari è uno scherzo dei malandrini, si disse. Trovò un briciolo di coraggio in un angolo del suo corpo, lo afferrò e proseguì. Aprì la finestra, osservando il parco del castello: una distesa verde, circondata dalla minacciosa Foresta Proibita. E lì, ai margini, la casa di Hagrid. Chiuse gli occhi e immaginò di sentire il latrato di Thor, festoso e contento di avere qualcuno con cui giocare. Poco più in là, il misterioso lago, dimora della piovra leggendaria. Sentì il peso affievolirsi leggermente: se dentro Hogwarts tutto appariva assurdo o sbagliato, fuori, il quadro pittoresco non era stato toccato.
Percepiva la risposta alla domanda, ne sentiva la presenza, ma non riusciva ad individuarla. Come un sogno che la mattina scorre via dalla mente, la soluzione le sfuggiva. Si sedette su un letto, con le mani tra i capelli. Era chiaro, ormai, che quella non fosse la sua Hogwarts. Si aggrappò a quest'unica certezza. Migliaia di quesiti frullavano nel suo cervello. Domande spaventose e scoraggianti. Dunque, le mise tutte a tacere. Aveva letto, anni prima, un libro babbano che spiegava come mantenere la calma e il controllo in situazioni difficili. Diceva di dover mettere ordine nella propria mente, partendo da affermazioni ovvie e arrivando poi alla causa del problema. Si alzò e cominciò a fare avanti e indietro per il dormitorio.
Mi chiamo Lily. Lily Evans. Ho diciassette anni e sono una strega. Sono una Grifondoro. Sono coraggiosa, altruista, leale. Mi sono svegliata in questo posto, ma c'è qualcosa di sbagliato. È mattina, credo. Non ricordo nulla riguardo alle ultime ore. Il mio ultimo ricordo è la cena nella Sala Grande. Ma non so quanto tempo è passato.
Avanzò velocemente verso una valigia, ai piedi del letto su cui si era svegliata. La aprì, armeggiando con il lucchetto e posizionò la bacchetta sulle cianfrusaglie al suo interno.
-Accio orologio!-
Un orologio da taschino sfrecciò via dal baule e lei lo afferrò. Erano le dieci e qualche minuto, gli alunni avrebbero dovuto essere tutti a lezione. Si infilò la bacchetta nello stivale sotto la gonna della divisa e girò l'orologio. Era di metallo, probabilmente rame, con delle decorazioni sui bordi. Sul retro, inciso con una grafia obliqua, si trovava il nome della proprietaria. Hermione Jean Granger. Alzò le spalle. Quel nome non le diceva nulla. Tuttavia, la ragazza aveva buon gusto, secondo la sua opinione. Infilò lo strumento meccanico in tasca e aprì la porta. La Sala Comune sembrava vuota, intatta. Le poltrone vicino al caminetto, i tavoli di legno. Tutto familiare. Anche qui, però, Lily notò dei leggeri cambiamenti che solamente qualcuno che avesse passato in quegli ambienti gli ultimi sette anni avrebbe potuto notare. La disposizione degli oggetti, ad esempio. L'aroma del fuoco scoppiettante. Avanzò verso l'uscita, intenzionata a raggiungere l'ufficio di Silente, quando sentì un rumore alle spalle, come di una porta che si chiude. Afferrò la bacchetta e la puntò alla cieca, come se fosse il prolungamento della sua mano. Il dormitorio dei ragazzi avrebbe dovuto essere vuoto, a quell'orario. Ma c'erano state già così tante stranezze che niente poteva più stupirla. Agitò la bacchetta e il lucchetto si aprì. Sentiva il sangue pulsare nelle vene, l'adrenalina scorrere nel corpo, dandole una carica e un coraggio che non pensava di avere. Abbassò la maniglia, in completo silenzio. L'unico rumore era quello del suo respiro. Aprì la porta, puntando l'arma contro una figura in piedi al centro della camera. I capelli scuri e selvaggi gli incorniciavano il viso, il quale era serio e privo di colore. Le puntava la bacchetta contro. Lily non riuscì subito a dare un nome a quel volto, poiché mai si sarebbe aspettata di associare a lui una tale sensazione. James sgranò gli occhi nocciola, senza muovere la bacchetta. Lei fece lo stesso. La presenza di Potter le aveva sempre dato sui nervi, riusciva ad irritarla come nessuno. Tuttavia, in quel caos di cambiamenti e stranezze, provò una strana sensazione, quasi sconosciuta. Erano migliaia di pugni nello stomaco, un vociare nella testa, un calcio al cuore. Sentiva un dolore in tutto il corpo, ma era una sofferenza piacevole, come se le sue mani, le sue braccia, le sue gambe, volessere informarla di essere vive, di aver trovato la vita. Sentì nuovamente la mancanza di un'informazione. C'era qualcosa che le sfuggiva. Si sentiva sollevata di vedere un viso familiare, ecco tutto.
No?
Avrebbe voluto piangere di gioia, ma si limitò a tirare un sospiro. James inclinò la testa.
-Evans, che diamine hai fatto ai capelli?-
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