27. I need my life

James non si fece vivo per tutto il pomeriggio, lasciandomi sola per tutta la giornata a piangere come una bambina a cui si è rotta una gamba della Barbie, e a compatire la mia miserevole condizione: condizione che alla fine mi ritrovavo interamente per colpa mia.

Stavo seduta sul tavolo rotondo della cucina, fissando le lancette dell'orologio a muro che puntavano quei numeri giganti, non facendo altro che aumentare l'ansia e il potenziale della sgridata isterica che gli avrei fatto una volta tornato a casa, sempre se non mi spazientivo prima mandando a fanculo il mondo e andavo a dormire fregandomi di James, allo stesso modo in cui lui sembrava essersi completamente scordato dell'esistenza di una povera sventurata che porta il nome di Jodie Cooper. A rendere il tutto molto più snervante contribuivano i ticchettii della lancetta dei secondi, e il rumore frenetico delle mie dita che sbattevano contro il tavolo a ritmo regolare.

Rivolsi nuovamente lo sguardo all'orologio, tanto per cambiare. Le nove e dieci. Era uscito che saranno state le tre e dopo sei cazzo di ore ancora non tornava.
Non avevo neanche cenato, lo stomaco era completamente chiuso, e il cibo non avrebbe fatto altro che nausearmi del tutto.
Non mi preoccupai neanche di fargli trovare la cena pronta. Se avesse avuto fame, si sarebbe cucinato da solo. Non ero la sua cameriera, o la sua badante. Se poteva fare a meno di me per più di sei ore, poteva arrangiarsi anche a prepararsi la cena da solo, altrimenti... peggio per lui.

Stufa di restare a non fare niente, mi buttai sul divano bianco, e accesi la televisione, in cerca di un canale che trasmettesse qualcosa che non facesse troppo schifo per i miei gusti.

Dopo qualche minuto sentii il rombo del motore di un'auto farsi sempre più vicino, per poi arrestarsi del tutto.
Il signorino si è degnato di rientrare.
Non mi mossi neppure di un centimetro, neanche quando entrò in casa. Ero in bilico tra prenderlo a pugni e prenderlo a calci, e una sola parola di troppo non avrebbe fatto altro che rompere l'equilibrio sottile creatosi nella mia mente.

Con la coda dell'occhio lo vidi posare le chiavi e togliersi il giubotto, per poi poggiarlo sull'attaccapanni.
Per tutto il tempo finsi che una stupida soap avesse suscitato il mio interesse. Dio, che sforzo dovetti fare per non vomitare dinanzi alla TV...

Dopo poco, senza neanche dire una parola, sparì in cucina, dalla quale, dopo qualche minuto, si elevava un odore di cibo. Un profumo di... pasta?

Arricciai il naso varie volte per odorare meglio. Si, sembrava proprio pasta. Decisi di spegnere quello schifo e di alzarmi.
Lentamente mi avvicinai alla porta della cucina e... non mi sbagliavo. Stava davvero cucinando degli spaghetti al sugo.
Dopo di che aprì la credenza e ne tirò fuori due piatti.
Due?
Quindi, aveva cucinato anche per me?
Per un secondo addolcii il mio cuore, ma, ribadisco, per un secondo. Mi rabbuiai immediatamente quando ripensai a quello che era successo la mattina, e a quanto tempo era stato via senza dirmi niente. Chissà dov'era stato... poteva essere stato benissimo in qualche casinò, o poteva essere anche andato a... brave ragazze, per quanto ne sapevo.
Ecco. Quel pensiero fu la goccia che fece traboccare il vaso e che cancellò ogni possibilità di riconciliazione che avrei potuto concedergli.

Mi poggiai a braccia conserte sullo stipite della porta, fissandolo con uno sguardo obliquo, finché si voltò, accorgendosi della mia presenza, e mi rivolse un debole sorriso.

E no! Non ci provare, non ci casco.

Si girò di spalle e iniziò ad armeggiare con forchette e piatti. Ottenne così due piatti ben pieni di pasta asciutta.

«Ho pensato che avessi fame. La dispensa era intatta, non hai mangiato?»

Mi sedetti sul lato opposto a quello vicino a lui, pensando che prendesse posto di fronte. Si, certo, come no. Si sedette accanto a me.
Certo, prima mi eviti per tutta la durata del pomeriggio, poi vieni a casa, cucini e ti siedi accanto a me come se niente fosse successo. Chi é qui il pazzo? Sono forse io? O forse sei tu ad essere soggetto a seri ed intrinsechi problemi psichici?

Notando che non rispondevo alla sua domanda, sviò il discorso.
«Beh, buon appetito» sussurrò evidentemente imbarazzato.
Io non avevo la minima intenzione di rispondere. Non c'era uno tra gli infiniti numeri che potesse arrivare a descrivere la mia rabbia. Rabbia, ira, delusione...
Forse questa era l'emozione che sovrastava tutte le altre, quella che faceva più male, quella più tagliente che arrivava a perforare l'anima ormai stanca.
Mi sentivo delusa, tradita da lui, dalla persona in cui avevo riposto tutta la mia fiducia, tutto il mio amore, tutta me stessa.

Chinai il capo e iniziai a mangiare avidamente. La maledetta fame si era fatta viva tutta d'un botto. E per un attimo, fu come se fossi a casa, fu come se fossi con la mia famiglia, gustando uno dei piatti di pasta come tanti che mia madre ogni giorno cucinava.
Sorrisi tenendo il capo chino, e per un attimo commisi l'errore di alzare lo sguardo, incontrando il suo, posato su di me da quando mi ero seduta.
Sorrise a sua volta, e solo allora mi ricordai che io ero arrabbiata con lui.

Feci finta che il sorriso di prima non ci fosse mai stato, e ritornai ad arrotolare la forchetta in mezzo agli spaghetti e a portarla alle labbra decine di volte, in modo quasi meccanico.

Il resto della cena trascorse in questo modo: si udivano soltanto gli scrosci delle forchette sui piatti, e il ticchettio delle lancette dell'orologio.

Svuotato il piatto, lo misi in uno dei due lavandini della cucina, e inaspettatamente decisi di parlare, senza però guardarlo negli occhi. Era quello il mio punto debole, Achille aveva il tallone, io avevo i suoi occhi.
I suoi occhi, il mio tallone d'Achille.

«Grazie per la cena, era squisita» dissi in tono freddo, dandogli le spalle.
«Di niente, era il minimo...» si lasciò sfuggire mentre lo sentivo avanzare verso di me, fino ad afferrarmi delicatamente le spalle.

«Che cosa... cosa vuoi?» balbettai scansandomi, e incontrando quelle calamite verdi.
«Ti prego...» implorò avvicinandosi pericolosamente a me.
Maledetto orgoglio. Io lo volevo, volevo perdonarlo, volevo amarlo, io lo volevo. Ma l'orgoglio vinceva sempre.

«No! Non voglio sentirti parlare. Non voglio!» sbraitai allontanandomi da lui per dirigermi verso le scale.
Non potevo cadere di nuovo ai suoi piedi. Non potevo sciogliermi come la neve al sole soltanto con uno stupido sguardo. Non potevo essere così debole con lui. Ma volevo.

Corsi su per le scale, fuggendo da lui e dalle sue scuse e andai dritta in bagno, chiudendo la porta alle mie spalle e strisciando su di essa fino a quando mi ritrovai con il sedere sul freddo pavimento. Rimasi in quel modo per un po', giusto il tempo per ricompormi, e subito dopo andai nella doccia, l'unica cosa in grado di donarmi un po' di relax in quel momento.

Attenta a non bagnare i capelli, lavai interamente il mio corpo, lasciandomi cullare dal tepore dell'acqua tiepida, in grado di rilassare ogni cellula tesa del mio corpo.
L'unica sensazione bella in una giornata nera.

Mi avvolsi attorno un morbido accappatoio bianco per poi entrare in camera da letto, fortunatamente vuota.

Misi l'intimo e mi infilai nelle lenzuola, girata verso il lato opposto al suo. Probabilmente si era stancato di farfugliare "perdonami" e "scusa" e si era arreso, magari andando pure a dormire nell'altra stanza. Perché no? Ero stata talmente acida e cattiva con lui, che era molto probabile che avesse deciso di passare la notte per conto suo. Non lo avrei biasimato. Avrei compreso benissimo.

Caso volle che proprio nel momento in cui ipotizzavo che andasse a dormire nella camera a fianco, sentii aprirsi la porta della camera, e subito dopo il letto affossarsi di fianco a me.
No, non si era arreso. O forse si, voleva soltanto dormire. Forse con tutte quelle ragazze che si era fatto in mia assenza un briciolo di stanchezza lo sentiva.
E allora perché avevo il battito accelerato da quando lo avevo sentito entrare in camera? Perché avevo la sensazione che sarebbe successo qualcosa?

Te lo dico io cosa succederà, io mi metto a dormire e ci si vede domani mattina. Pensai.

Ma non avevo sonno, dannazione. Non riuscivo a prendere sonno mentre lo sentivo spogliarsi alle mie spalle. Cercai di non pensare a ciò che di meravigliosamente bello potesse essere alle mie spalle, e ci sarei anche riuscita se non fosse stato per un piccolo particolare...

Lo sentii sdraiarsi accanto a me, e poi avvicinarsi fino a sentire il suo respiro caldo sulla pelle delle mie spalle. Adottai la migliore strategia: finsi di dormire, anche se in realtà ero vigile e più che desta.

Divenni ancora più sveglia quando il mio corpo venne percorso da mille brividi, causati dalle sue labbra morbide e calde sul mio collo.

Decisi, per qualche oscuro motivo, di gettarmi la zappa sui piedi: deglutii rumorosamente, troppo rumorosamente.

«So che sei sveglia» sussurrò dolcemente nel mio orecchio, dopo aver spostato delicatamente una ciocca di capelli da esso.

«E tu che ne sai?» mi venne istintivo rispondergli.
Complimenti, il tuo grado di imbecillità sta salendo a perdita d'occhio! Mi rimproverai da sola per la stupidaggine appena commessa.

«Mi dispiace Jodie, per tutto» disse accarezzando il mio braccio delicatamente.
«La verità è che io non sono mai stato bravo per le parole, né tantomeno adesso. L'unica cosa che posso dirti é che hai ragione ad odiarmi, hai tutte le ragioni del mondo. Io non ti merito. Tu non meriti di soffrire a causa di una testa di cazzo come me»
Fece una breve pausa, lasciandomi un altro bacio sul collo.
«Però, nonostante tutto io ti amo, e ti amerò sempre. Che tu lo voglia o no sarai sempre la cosa più importante per me, sarai sempre la mia vita. Per questo, solo per questo, perdonami. Perdonami e basta, perché ho bisogno della mia vita. Ho bisogno di te» concluse sinceramente pentito, sull'orlo del pianto. Io non pensavo di essere così importante per lui, non pensavo di contare così tanto.

La situazione si complicava, per la seconda volta mi aveva chiesto scusa con il cuore in mano. La prima volta lo avevo rifiutato, ma non potevo permettere di lasciarmi scappare la seconda occasione di fare pace una volta per tutte. Tuttavia restai immobile, incerta sul da farsi.
Per un po' rimase a fissarmi, aspettando una mia reazione, ma poi, accorgendosi che ero immobile come una statua, lentamente, mortificato, si alzò.

«Va bene. Rispetto la tua scelta, per quanto male possa farmi, la accetterò» e scomparve dietro la porta.

Mi alzai a sedere sul letto, e solo allora mi resi conto di quanto crudele ero. Lui aveva messo da parte l'orgoglio ben due volte, mentre io ancora non ci riuscivo.

Mi presi la testa fra le mani, tirandomi leggermente i capelli. Ma davvero il mio stupidissimo orgoglio era più importante di James, dell'uomo che amavo?

Mi decisi una volta per tutte e mi alzai, scostando le lenzuola. Con passi incerti, mi diressi verso l'altra camera da letto.
Con un certo timore, aprii la porta, trovandomi davanti una scena che fu un dolore atroce.

James seduto sul letto, con la testa fra le mani, in singhiozzi, come un bambino. James che piangeva disperato per colpa mia. Mi odiavo. Mi odiavo con tutta me stessa per averlo fatto stare tanto male.

Lentamente avanzai verso di lui, e mi sedetti accanto.
Gli toccai la spalla con una mano e lui reagì con un sussulto, alzando il volto inumidito dalle lacrime verso di me. Fu alquanto stupito di vedermi lí.
«Jodie...»

Non gli feci dire altro che mi avventai dritta sulle sue labbra, baciandolo con passione.
Quanto mi era mancato.
Lo baciavo scacciando le lacrime impigliate nella leggera peluria che ricopriva il suo volto e che ogni tanto pungeva il mio.
Non so ben dire quanto mi sentissi bene in quel momento, sapevo di aver fatto la cosa giusta.
Tutti i dubbi e le incertezze sparirono. Lui non mi avrebbe tradita mai, e io ero stata così sciocca da pensare una cosa simile.

Incrociai le mie braccia dietro il suo collo, attirandolo a me con una mano, mentre lui afferrava i miei fianchi e mi avvicinava ancora di più. Fu un attimo e mi ritrovai a cavalcioni su di lui, mentre sentivo le sue mani sulla mia schiena completamente scoperta, se si vuol tralasciare il reggiseno blu.

Si staccò dalle mie labbra per avvicinare le sue al mio collo, dove lasciò un paio di baci per poi poggiare la testa sul mio seno e lasciarsi andare ad uno stretto abbraccio, nel quale poggiavo il mio capo sul suo ed egli mi stringeva al suo corpo.

«Oh James» mugolai felice per essere finalmente tra le sue braccia.

«Ti amo James» dissi guardandolo negli occhi e stampandogli mille baci.
«Ti amo» rispose a sua volta tra un bacio e l'altro, con un meraviglioso sorriso sulle labbra.

Riprese possesso delle mie labbra mentre lentamente mi sdraiava sul letto, e lui sopra di me, e riuscivo a sentire, a percepire quanto bene mi volesse soltanto dai suoi baci, che non contenevano alcuna traccia che potesse renderli rudi, nemmeno quando la pressione sulle labbra aumentò e le lingue si intrecciavano dolcemente.
Mi mancava il fiato, iniziavo a sentire il caldo sulla pelle, tuttavia continuai a baciarlo e a tracciare delicatamente le linee dei muscoli delle spalle, nel modo in cui sapevo gli piaceva.
Era bellissimo, magico, una sensazione surreale sentirmi accarezzare dolcemente dal volto alla gamba, con un tocco vellutato, fonte di brividi che soltanto lui era in grado di darmi.
Con le labbra scese sino al collo, su cui di tanto in tanto lasciava qualche morso indolore, ma che mi portava comunque a gemere dal piacere.
Dal collo scese ancora fino al seno, baciando ogni millimetro di pelle accaldata e già leggermente imperlata, mentre il mio respiro si accorciava e sempre di più avvampava in me il desiderio.
Una volta che il suo volto fu nuovamente sullo stesso livello del mio, ci guardammo negli occhi per un istante, e riprendemmo a baciarci, stavolta con più passione.
Inarcai la schiena appena le sue mani scivolarono su essa, così da facilitargli l'apertura del reggiseno che venne scaraventato via con uno strattone rapido e deciso, liberando una parte di me che venne fin da subito sommersa da baci alternati a morsi, e ciò non faceva che farmi perdere il controllo.
Scese ancora, lentamente, e stavolta fu la vita ad essere schiava delle sue labbra morbide, seppur sottili; e io continuavo a cercare di respirare con un ritmo costante, mentre con una mano accarezzavo i suoi capelli, talvolta tirandoli leggermente, ottenendo in tutta risposta l'accenno di un gemito.

Chiusi gli occhi, e venni percorsa da una serie di brividi appena sentii gli slip scivolare lentamente sulle mie gambe, con l'ausilio delle sue mani, ed ecco che non pensai più a nulla, se non alla voglia di lui.
Rapidamente insinuò il suo corpo tra le mie gambe, la cui carne veniva stretta tra le sue mani, e impulsivamente, quasi come se fosse bisognoso, si rigettò sulle mie labbra, mentre stavolta ricambiavo sci volando giù con le mani, nel tentativo di rimuovere l'ultimo indumento che ci impediva di diventare una cosa sola.
Venni aiutata da lui, il quale si sollevò leggermente, e nel giro di qualche secondo anche i suoi boxer furono gettati chissà dove nella stanza.

Era il momento, il nostro momento, in cui riconciliarci una volta per tutte e dire addio alle inutili battaglie personali, armate dalla parte nera della nostra anima.

Si stese di nuovo su di me, mi prese il volto fra le mani e lasciò un ultimo dolce bacio prima entrare in me con una spinta decisa, motivo per cui istintivamente inarcai la schiena e boccheggiai dal piacere.
Dopo la prima spinta ne seguirono altre, molte altre, che generavano in noi un intenso piacere, intuibile dagli ansimi e dai gemiti che facevano eco nella camera, e inducevano me a conficcare le unghie nelle possenti spalle di James. E così venivamo all'apice del piacere, via via travolti dalla passione e dal prospettarsi di una notte lunga e magica.

*prepara la Magnum 44 e le munizioni*🔫
-Ehm ehm... 🙈 di solito io non scrivo mai così dettagliatamente i momenti, come dire, "intimi" dei protagonisti. Ma stavolta l'ho dovuto fare perché l'avevo promesso ad una "personcina carina carina" a cui tra poco mostrerò il funzionamento della mia Magnum, per la figura di m**** 💩(nemmeno fossi Emilio Fede) che ho dovuto fare pubblicando questo capitolo.
Ebbene, CucciolaLely hai nulla da dire in proposito?

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top