18. Escape from the world
«Cazzo James, ci raggiungono»
«Non ci fermerà nessuno!» affermò ingranando la marcia.
«Ti dico che ci stanno alle calcagna, accelera, ACCELERA!»
James obbedì al comando, e spinse a fondo il pedale, producendo un rumore strindulo con le gomme.
Ormai avevamo raggiunto il centro abitato, e non era un fatto positivo, tanto più che in una zona della strada, notai alzarsi una barriera.
«Cristo!» esclamò stringendo con forza il volante, tanto da fargli intravedere il bianco delle ossa dalle nocche.
Tuttavia non frenò, ma ingranò la marcia e accelerò ancora di più. Aveva intenzione di scavalcare la barriera.
Ed essa si sollevava, sempre di più, mentre io strizzavo gli occhi e stringevo forte il sedile, mentre le nocche della mano destra bruciavano da morire per via dei colpi dati a Logan. Ma quello, era l'ultimo dei miei pensieri.
Sentii un balzo, e subito dopo un rumore, un tonfo.
Aprii gli occhi, e mi voltai. Vidi le volanti dietro di noi, ferme davanti la barriera ormai sollevatasi interamente, con il cofano piegato. Si erano gettati la zappa sui piedi. Vidi che uomini in divisa uscivano dalle auto, tre, quattro, sei poliziotti sfilavano le loro armi, ma era troppo tardi. Ormai eravamo già fuggiti lontano, e, proporzionalmente ai secondi che passavano, i poliziotti si rimpicciolivano sempre di più alla nostra vista.
Dopo qualche minuto eravamo già fuori dal centro urbano, e avevamo raggiunto un'autostrada, stranamente neanche molto trafficata.
Il bruciore fastidioso e attanagliante di poco prima, stava tornando a tormentarmi sempre più intensamente. Alzai la mano, e mi accorsi di minuscoli fiumicini di sangue che grondavano dalle nocche.
Un attimo dopo, James batté un pugno sullo sterzo, seguito da un'imprecazione.
«Cazzo. Figlio di puttana» per poi espirare rumorosamente.
Mi voltai lentamente ad osservarlo, e quello che vidi non era James, ma un'espressione estremamente cupa, pronta a scoppiare in qualsiasi momento. Per un momento ebbi quasi paura di averlo accanto.
Era molto arrabbiato, era evidente, così arrabbiato che ero addirittura in soggezione di fronte alla sua robusta figura, che in quel momento incuteva timore.
Allungò un braccio davanti a me, per tentare di aprire lo sportellino sul cruscotto. Non riuscendo nel suo intento, dopo vari tentativi inutili, diede un sonoro pugno, carico di rabbia e di forza, che mi fece sobbalzare sul posto dallo spavento. Per fortuna lo sportello si aprì, e ne tirò fuori un pacchetto di Malboro.
Accostò l'auto, per afferrare una sigaretta, portarla alle labbra e accenderla.
Dopo aver tirato un paio di volte, ricominciammo a muoverci, mentre soffrivo in silenzio il dolore delle nocche spaccate, ora più forte. Feci una smorfia di dolore, sperando di non essere vista.
«Cos'hai?»
Sgranai le palpebre, il respiro si velocizzò, ma cercai di rimanere impassibile.
«Niente»
«Fammi vedere la mano» ordinò duro.
Cercai di nasconderla, mentre gli ripetevo che non avevo niente.
Mi spaventai seriamente quando sentii una brusca frenata, così brusca che quasi non battei la testa sul cruscotto.
«Jodie, non mi piace ripetere le cose. Fammi vedere questa cazzo di mano.»
Il suo tono era grave, rauco, cupo.
Obbedii.
Gli mostrai la mano, e solo allora mi accorsi che era piena di sangue viscido e rosso.
Lui la prese tra le sue enormi, e curvò le sopracciglia in un'espressione preoccupata.
«Cazzo Jodie» disse prima di sospirare, e di aprire lo sportellino per tirarne fuori un pacco di fazzoletti fra le cianfrusaglie varie.
Ne estrasse uno, me lo poggiò delicatamente sulle ferite, mentre osservavo quel sottile strato di carta intingersi di un rosso scuro. Ormai impregnato e saturo di sangue, quel fazzoletto venne gettato dal finestrino, seguito da un altro paio che avevano svolto lo stesso compito. Quando il flusso di sangue sembrò arrestarsi, James avvolse l'ennesimo fazzoletto attorno alla mano, e lo premette per qualche secondo.
«Tienilo ben fermo»
Annuii convinta, mentre pian piano mi tranquillizzavo e mi convincevo che James non avrebbe mai potuto farmi del male, anzi, il contrario.
Avvicinò la mia mano, ancora tra le sue, al suo viso, e lasciò un bacio su di essa.
Sorrisi, e lo accarezzai con la mano sana, mentre osservavo con piacere che sotto il mio tocco si rasserenava, si tranquillizzava, e assumeva un'espressione sempre più calma, fino a sfociare in un sorriso.
Istintivamente misi le braccia dietro al suo collo, e lo abbracciai, mentre lui ricambiava pienamente e mi stringeva al suo corpo, sfregando lentamente la sua mano sulla mia schiena.
Mi staccai, e lui mi mise una ciocca di capelli dietro l'orecchio, mentre stavamo faccia a faccia, senza parlare.
Chinai lo sguardo, imbarazzata dal momento. Sì, proprio così, per qualche inspiegabile motivo, per me era sempre come la prima volta. Era come se niente fosse mai accaduto. E anche quella volta, sembrava tutto nuovo.
Mise una mano sulla mia guancia, che risultava enormemente piccola rispetto alle sue dita affusolate, e mi fece alzare lo sguardo su di lui. Passò qualche secondo, prima di sentire le sue labbra premere delicatamente sulle mie. Era da tempo che non le sentivo su di me. Con lo stress continuo a cui eravamo sottoposti, non ci veniva proprio in mente di dedicarci a effusioni amorose. Non c'era tempo, non c'era voglia, non c'erano neanche i momenti adatti.
Incastrò le dita tra i miei ricci, mentre mi tirava a se, mostrandomi quanto fosse bisognoso delle mie labbra in quel momento.
Ci staccammo, e dopo esserci fissati negli occhi per qualche secondo, si rimise a guidare, come se nulla fosse successo, mentre a me sfuggiva un sorriso timido a ricostruire e riportare alla memoria quel bellissimo bacio sorprendente che c'era stato prima.
Passammo buona parte del viaggio in silenzio, finché non mi stancai, e presi parola.
«Mi dispiace»
Ovviamente avrei potuto dire qualcosa di più intelligente, ma non ero mai stata brava con le parole.
«Per cosa?» chiese lui con tono premuroso, voltandosi a guardarmi.
«Per Logan. So che lo stimavi molto»
Ed ecco che il suo volto si incupiva, e io mi maledicevo in tutte le lingue del mondo per aver parlato a sproposito, tanto per cambiare.
«Non devi. Non è colpa tua. Anzi, dovrei scusarmi con te per non averti creduta. Ma... Logan per me è sempre stato un fratello, ed è stato grazie a lui che sono sopravvissuto dopo quello che é successo. Grazie a lui ho capito che dovevo andare avanti comunque, a vivere...»
«Questa vita inutile» lo dicemmo in coro. Solo ora mi accorgevo di quanto eravamo simili.
Ci guardammo per un momento, per poi sorridere.
«Scusami, non volevo annoiarti con i miei discorsi. È solo che non riesco a capacitarmi di come abbia potuto fare una cosa del genere quando sapeva che io lo consideravo come un fratello...»
Notai che si stava agitando, quindi lo calmai.
«Tranquillo James, non mi stai annoiando, anzi, ti capisco perfettamente. E ti dirò di più, anch'io ho avuto una persona che mi ha aiutato ad andare avanti nonostante avessi perso tutto»
«Davvero? E chi è?» domandò.
«Non ci crederai, ma é il commissario Skully.»
«Cosa?» chiese scioccato.
«Sì, lui. Era amico e collega di mio padre»
«Aspetta un attimo, tuo padre era un poliziotto?»
«Giá... Era questore, lavorava fianco a fianco con Skully, soprattutto nel periodo precedente la sua morte. Fu per un incidente stradale. La perizia rivelò un malfunzionamento ai freni. Io sono convinta che non fu solo un incidente, ma il caso venne archiviato per mancanza di prove. Tuttavia...» aggiunsi pensierosa «Non ho mai saputo su chi stessero indagando. Skully non me l'ha mai voluto dire, riparandosi sotto il segreto d'ufficio»
«E tu pensi che la sua morte abbia a che fare con le sue indagini» aggiunse quasi leggendomi nel pensiero.
«Già» risposi assorta nei miei pensieri. Dovevo saperne qualcosa di più, e in un modo o nell'altro un giorno sarei arrivata alla verità.
« E, quando... successe quel che successe, Skully prese il ruolo di mio padre, per quello che poteva, ovviamente. E gliene sono grata per questo. E in un certo senso mi sento in colpa per essere evasa, come se gli avessi fatto un torto.»
«Non devi sentirti in colpa. Se ti vuole bene come dici, dovrebbe essere felice che tu sia libera.»
«Si, forse hai ragione» risposi a testa bassa, mentre lui mi stringeva la mano in segno di affetto.
Le luci dei lampioni si andavano accendendo, mentre quella del sole andava spegnendosi, e, insieme ad essa, anch'io mi accasciavo pian piano al sedile, a causa del sonno che si stava impadronendo di me.
Mi meravigliavo di come James guidasse attento, nonostante lo stesse facendo da molte ore quasi di seguito, eccetto alcune soste "tecniche".
Quando si accorse che stavo per cadere nel mondo dei sogni, afferrò lentamente una coperta dai sedili posteriori e, tenendo sempre una mano sul volante, me la mise addosso in modo tale da coprirmi e da non farmi soffrire il freddo, nonostante fossimo a luglio.
Non ebbi il tempo di ringraziarlo che già dormivo, stanca com'ero, ma felice.
3:00 AM
Mi svegliai tutto d'un tratto, quasi di soprassalto. Mi guardai intorno, e mi accorsi che non ci muovevamo più. Guardai ancora e mi accorsi che il posto al volante era vuoto.
Sfregai gli occhi con le mani, forse ero ancora mezza dormiente e mi stiracchiai leggermente. Mi misi a sedere come si deve, e mi convinsi che James non c'era.
Poi, sentii dei rumori da dietro. Mi girai, e scoppiai a ridere quando mi accorsi della buffa posizione assunta da James, che, come se non bastasse, russava alla grande.
Era steso a pancia in giù, con la bocca semiaperta appoggiata al sedile, un piede sul finestrino e un braccio penzolante.
Scostai la coperta di dosso, e passai tra i sedili anteriori, lentamente, cercando di non fare rumore.
Mi sedetti sul tappetino, per guardarlo meglio. Povero, era talmente stanco da non aver più retto il sonno.
Sorrisi, e, proprio come la prima volta che lo vidi dormire, anche se poi in realtà era sveglio, mi venne l'istinto di accarezzarlo, e così feci.
Emise un grugnito, e cominciò a muoversi. Si riportò a pancia in su, sbadigliando come se non ci fosse un domani, e aprì gli occhi.
«Jodie, scusa, mi sono addormentato.»
«No, scusami tu se ti ho svegliato. É solo che non ti ho più visto e mi sono preoccupata»
Si poggiò su un fianco, assumendo una posizione più o meno normale, e si fece più indietro.
«Vieni qui» mi disse con gli occhi socchiusi e i capelli scompigliati.
«James, non ci entriamo in due»
«Io dico di si. Vieni, e poi ne riparliamo»
Cautamente mi sedetti, e poi mi sdraiai accanto a lui, che mi strinse al suo petto.
«Che ti dicevo?» disse soddisfatto, tenendo gli occhi chiusi.
«Si, ma non prenderci l'abitudine a fare il saputello»
Rise, poi si lamentò.
«Ho freddo»
«Dio!»
Capii cosa voleva, quindi allungai un braccio, afferrai la coperta dal sedile anteriore, e la misi su noi due, con il suo aiuto.
«Ora però, basta dare ordini.»
«Ci pensavi prima di svegliarmi... Buonanotte» disse baciandomi la fronte.
Sospirai.
«Buonanotte. E non russare» aggiunsi, ma questo lui non lo udì, poiché si era già addormentato, e poco dopo io appresso a lui, attaccata al suo petto come un koala, con un sorriso stampato in faccia.
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