14. Destination Buffalo
"L'hai sentito?" gli chiesi ad un certo punto.
"Sentito cosa?"
Mi sembrava di aver appena sentito un rumore familiare, quasi una sirena. Mah... Forse la mia era solo una paranoia del cavolo.
"No, nulla."
Mi guardò dubbioso, per poi girarsi nuovamente a guardare la strada. Il cartello di fronte a noi ci informava che eravamo arrivati a Buffalo. Dopo tante ore di viaggio, avevamo raggiunto la città. Dovevamo soltanto raggiungere la casa di quel Logan, e poi... non so cosa aveva in mente.
Fummo costretti a fermarci per via del semaforo che era illuminato di rosso.
Poggiò il gomito sullo sportello, e si portò la mano sul volto. Era stanco. Lo eravamo entrambi, ma dovevamo andare avanti.
"Perché sei finita in prigione?"
Mi girai di scatto verso di lui. Non me l'aveva mai chiesto, fino a quel momento. Dovevo dirglielo? Ma si... in fondo lui mi aveva raccontato di sua sorella, e per quanto doloroso possa essere riportare a galla il passato, con lui ero intenzionata a fare questo e di piú...
Chinai lo sguardo, e con esso il capo.
"Ho ucciso un uomo" sussurrai con voce fioca e debole. Avevo paura che avesse potuto giudicarmi.
Passarono buoni secondi prima di ricevere una reazione, secondi che mi parvero una vita.
"Com'è successo?" mi chiese dopo aver riflettutto abbondantemente sulla risposta ricevuta.
"Per legittima difesa. Stava... stava per..." sospirai, e mi portai entrambe le mani in viso. Era salito, quel groppo in gola, quel rimorso di coscienza che veniva a bussare alla mia porta nonostante sapessi che non era stata colpa mia. Era un controsenso.
Lui mi sorprese. Mi prese le mani e me le scansò dal volto. Mi guardò negli occhi, che pizzicavano tanto, e mi baciò. Rimasi colpita da quel gesto. Quello era il suo modo per dimostrarmi che non dovevo avere paura di lui, paura che avesse potuto giudicarmi. Non lo avrebbe fatto mai. E io lo capii...
Si staccò da me, e mi accarezzò, per poi dirmi una cosa che non dimenticherò mai: "Non sei più sola"
Gli mostrai un debole sorriso, che poi divenne più ampio.
Ad interrompere questo momento così bello, ci pensarono le auto da dietro che suonavano continuamente il clacson, evidentemente il semaforo era verde.
"James, é verde"
"Maledizione. Quando deve scattare non scatta mai. Invece adesso é scattato subito... Sembra quasi fatto apposta." imprecò mentre frettolosamente ingranava la marcia.
Sorrisi insieme a lui, mentre guidava.
D'un tratto, i rumori che sentii prima si fecero più nitidi, e potei arrivare, con spavento, alla conclusione che quelle erano proprio sirene della volante di una polizia.
"James, ci seguono!" urlai.
"Cazzo" ringhiò per sbattere i pugni contro lo sterzo.
"Veloce, vai vai!"
Le sirene si facevano sempre più vicine, e noi scappavano disperati.
"Togliti di mezzo!" urlò ad un'auto troppo lenta posta davanti a noi. Tutto ad un tratto, effettuò un incredibile sorpasso, che tecnicamente non avrebbe potuto fare, ma in queste situazioni uno se ne infischia della legge, soprattutto due evasi dal carcere. Mentre James premeva a fondo il pedale dell'acceleratore, e le gomme producevano un rumore stridulo sull'asfalto, sentivamo più volanti intente a starci dietro.
Davanti a noi, dopo un duecento metri, si pararono due camion, uno seguito dall'altro. Tra i due c'era uno spazio, ma il problema era che i due mezzi erano in movimento, e saremmo finiti schiacciati.
James era intento a passare oltre quei camion, perche sapeva, e lo sapevo anch'io, che quella era l'unica possibilità per non farci catturare nuovamente.
"No! Non ce la faremo mai!" urlavo disperata, e spaventata più che mai. Anche se, oltre allo spavento, una specie di eccitazione divampava in me, una sorta di brivido. L'adrenalina pulsava nelle mie vene come non mai.
"Non ci passeremo mai!"
Mi smentì. Passammo in quella strettoia per miracolo, cavandocela con uno specchietto retrovisore rotto, e qualche graffio allo sportello. Di conseguenza, le auto dietro di noi rimasero bloccate per un bel po', e noi approfittammo di quei secondi che ci distanziavano per acquisire vantaggio da loro.
"Dobbiamo sparire dalla circolazione" puntualizzai, e intanto eravamo già usciti dal centro abitato.
Dopo una mezz'ora buona passata in auto senza fiatare, James accostò in una viuzza dalla quale si poteva scorgere una casetta minuscola, interamente in legno. Sembrava quasi una palafitta. Una casetta isolata, fuori dal centro abitato. Di certo, qui non avremmo corso alcun rischio.
"Siamo arrivati"
Mi guardai intorno, per focalizzare l'ambiente.
"Abita qui Logan?"
"Esatto"
"Ma lui lo sa che saremmo venuti?"
"No." disse secco.
"Beh, pensi che ci ospiterà?"
"Credo proprio di si. É come un fratello per me"
E allora perché avevo l'impressione che non fosse una buona idea quella di passare del tempo a casa sua? Non saprei. Era una sensazione, ma più che una sensazione, era il mio istinto che mi diceva di non fidarmi di nessuno in quel momento. Nemmeno di quel Logan. Forse, nemmeno di James. Il fatto é che non ne sapevo il motivo.
Scese dall'auto, James aiutò anche me a scendere, e raggiungemmo l'ingresso della casa. Bussò, e appoggiò il palmo della mano allo stipite della porta, aspettando che venissero ad aprirci.
Dopo qualche secondo, davanti a noi comparve una ragazza bruna, alta, e dalle forme dirompenti.
"Prego?" domandò la mora di fronte a noi.
"C'è Logan?" chiese freddo James.
"Si, vuole che glielo chiami?" rispose la mora indicando con il pollice dietro di lei.
"Che sta succedendo laggiù?" sentimmo una voce proveniente dall'interno della casa. Subito dopo, spuntò un ragazzo, anch'esso moro, con due fossette, leggermente più alto di me, e dagli occhi neri.
Appena vide James, il suo sguardo si illuminò.
"Jay!" esclamò prima che si stringessero in un abbraccio fraterno.
"Loggie, come stai?"
"Io bene, ma tu? Cosa ci fai qui? Non dovevi scontare altri due anni?"
Si sciolsero dall'abbraccio, mentre la ragazza mora li guardava dubbiosa. Non ci stava capendo niente. Comprensibile. Non è una cosa da tutti i giorni vedersi piombare un uomo in casa mai visto prima, che abbraccia il tuo ragazzo come se non lo vedesse da anni.
Stufa della situazione, la mora rientrò in casa. Comprensibile anche questo...
Poi l'attenzione del moro si spostò su di me. "E tu?"
James gli rispose "Lei é Jodie"
"Ah, ho capito. Allora é lei la biondina sexy di cui mi scrivevi nelle lettere..."
Rivolsi un'occhiata interrogativa a James, che si grattò la nuca nervoso.
"Beh, entrate" il moro ci fece spazio, per poi invitarci a seguirlo.
La casa era molto luminosa. Numerosi raggi provenivano dalle varie finestre. Davanti a noi un'enorme salotto. Un divano al centro, con di fronte un caminetto, e, su di esso, una televisione di media grandezza. Dietro il divano, un tavolo per quattro, e, dietro ancora, una cucina rustica.
Dal fondo della stanza si affacciavano due porte.
"Sedetevi" disse battendo la mano sul divano ricoperto di stoffa rossa.
Io e James obbedimmo. Mi appoggiai alla sua spalla, e raggiungemmo quel morbido divano rosso.
"Kate, prendi due birre. Anzi, facciamo tre. Bevo anch'io" ordinò Logan alla bruna. Lei annuí con il capo, e sparì in una delle due porte.
Si sedette anche Logan insieme a noi, precisamente alla sinistra di James.
"Piacere, io sono Logan" disse porgendomi la mano. Gliela strinsi, e risposi. "Piacere mio. Il mio nome già lo sai."
"Già. Nelle sue lettere non faceva che ripetermi quanto fossi affascinante e sexy."
Vidi James farsi piccolo piccolo di fronte a quella verità svelata, e ridacchiai mentalmente per la figura non molto profumata che aveva appena fatto di fronte a me.
"Non ti ho mai visto scrivere..."
Lui si mise una mano dietro la nuca, com'era solito fare nei momenti di particolare imbarazzo.
"Ecco... io scrivevo mentre tu eri con Skully, o dormivi. Non volevo farmi scoprire mentre scrivevo quelle cose su di te. Ma qui, uno stronzo si é divertito a spifferare tutto quanto." pronunciò quest'ultima frase guardando male Logan, il quale mi sorrise, e mi fece l'occhiolino. Bizzarro.
Skully... chissà come l'aveva presa, se mi stava cercando, se era arrabbiato...
Non volli pensarci almeno per il momento.
Ridemmo tutti e tre, mentre Kate, la ragazza bruna, spuntò con quattro bottiglie di birra.
"Come? Ti avevo detto tre"
"Ho sete anch'io. Voglio bere, OK?"
Logan alzò le mani in segno di arresa, e alzò le sopracciglia in uno sguardo esasperato.
"Non metterti mai contro le donne amico. Non ne uscirai. Vivo, intendo"
Sussurrò Logan a James.
Kate ci porse le bottiglie, prima di prendere posto accanto a me, e iniziammo a bere tutti e quattro.
"Ah, a proposito" disse Logan mentre allontanava la bottiglia dalla bocca.
"Lei é Kate. La mia ragazza" disse indicandola.
"Piacere Kate" "Salve, io sono Jodie"
Dicemmo io e James prima di porgerle la mano.
La strinse ad entrambi, e rispose cordialmente. "Piacere mio."
"James era un mio vecchio amico d'infanzia. Da piccoli giocavamo sempre a guardia e ladri. Finiva sempre ammanettato" spiegò prima di finire il tutto con una risata che contagiò tutti i presenti.
"Si, poi ci perdemmo di vista quando andai in prigione. Ma rimanemmo sempre in contatto" specificò James.
"Ma, James. Dimmi la verità..." iniziò Logan facendosi serio d'un tratto.
"Siete evasi?"
James guardò Kate, ma Logan lo rassicurò.
"Tranquillo. Non parlerà con nessuno"
James sorseggiò un altro po' di liquido dalla bottiglia, e rispose.
"Si. Stiamo scappando Logan, e ti prego di ospitarci per un paio di giorni"
"Ma certo James. Tutto il tempo che vuoi..." disse Logan dandogli una pacca sulla spalla.
"Grazie, sei un'amico"
Ero incantata da quella scena. Due veri amici, ritrovati dopo tanto tempo. Era incredibile il modo in cui si volessero così tanto bene, come bambini. Forse mi ero sbagliata a farmi un'opinione sbagliata su Logan. Forse avrei dovuto avere più fiducia in James, ma qualcosa ancora non tornava. Era tutto troppo perfetto, e si sa che le cose belle durano poco. Ma molto poco.
"Hai conosciuto James in cella?" domandò Kate, seduta accanto a me.
"Cosa? Ah, si" risposi ancora assorta nelle mie riflessioni.
"Ma é strano. Di solito le carceri sono divise."
"Sono stata assegnata per errore ad un carcere maschile, e lui era il mio compagno di cella."
"Compagno di cella?" esclamò.
Ingurgutai un po' di birra, e risposi.
"Già. All'inizio sembrava chiuso in se stesso, ma poi... tutto é cambiato. Siamo diventati sempre più attaccati, finché..."
"Finché?" mi esortò a parlare Kate. Era buffa la sua faccia in quel momento, ed era molto simpatica. Evidentemente era una romanticona, se voleva sapere in che modo ci eravamo messi insieme.
"E niente, la notte che siamo evasi, mi sono procurata questa" mi alzai il pantalone "ed entrambi dormimmo a casa sua. Lui mi medicò e... beh... il resto te lo lascio immaginare" conclusi con un sorrisetto sotto il naso, sorseggiando un altro po' di liquido.
"Beh, é ora di cena. Vi va di mangiare?" disse un Logan carico di energia.
"Ma saranno a malapena le sette." gli fece notare Kate.
"I ragazzi hanno fame, perciò, saresti cosí gentile da preparare la cena?" le rispose mostrandogli un sorrisetto falso.
Lei ricambiò il sorrisetto, e si avvicinò in cucina.
"Che carattere..." disse Logan con un sorriso e uno sguardo sognante stampati in volto.
"Lei é anche peggio..." rispose James.
"Che?" domandai.
"No, nulla" rispose lui.
Ridussi gli occhi a due fessure, e mi allontanai, aggrappandomi ai vari oggetti che trovavo.
"Vuoi una mano?" si affrettò a dirmi James.
"No, non preoccuparti"
Raggiunsi Kate in cucina.
"Posso aiutarti?"
"No, non ce n'è bisogno" mi sorrise.
"Ti prego, mi sento inutile."
"E va bene. Comincia con il mettere la carne nella padella"
"Bene"
Cucinammo insieme parlando, mentre ascoltavamo i ragazzi chiacchierare tra di loro.
Logan... un tipo simpatico all'apparenza.
Ma ricorda che le apparenze ingannano.
E questo io lo ricordavo benissimo. Ma per quanto lo ricordassi bene, quel 'bene' non fu mai abbastanza...
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