13
Ormai le vacanze sono iniziate da un paio di giorni, io e mio padre eravamo in garage e sistemavamo vecchi scatoloni, buttavamo altre cose e pulivamo bene tutto.
Il prezzo da scontare al posto della mia punizione di reclusione in casa per settimane.
Già visto in passato ed è stato peggio di un viaggio di sola andata ad a Azkaban.
«Dai papà posso andare? È solo ad una fermata di pullman, dai»
Gli chiesi ancora una volta e mi impegnai per fare la mia faccia più inoccente e convincente.
Stavo cercando di convincerlo a lasciarmi andare dai miei amici a casa di Jacob visto che ora la nostra band aveva un nome, e Miiria aveva anche fatto delle magliette strepitose, ci mancava solo di iniziare effettivamente a suonare tutti insieme.
Ci eravamo organizzati per andare tutti da Jacob e iniziare a provare.
O almeno iniziare a metterci d'accordo su come far nascere la nostra band.
C'era solo un problema.
Che sono tecnicamente in questa punizione, mio padre non aveva specificato all' inizio che ero agli arresti domiciliari, ma praticamente non potevo allotanarmi dal cancello di casa a meno che non fosse per portare Roody a passeggio, o fare commissioni con mia madre.
«George ti ho già detto che non puoi. Finiamo di sistemare qui così ti lascio libero. Perché non fai venire i tuoi amici qui invece?»
Mi rispose passandomi l'ennesimo scatolone con roba e attrezzature per la neve.
«Ma papà ti ho detto che volevamo iniziare a suonare con la band, non possono venire qui, Alex può portarsi in giro la pianola ma Jacob non può smontare la sua batteria, per questo andiamo da lui»
«E allora dovrete rimandare ad un altro giorno, dobbiamo sistemare questi scatoloni»
Mi disse togliendo dallo scaffale un altro scatolone pronto per essere aperto, svuotato, eventualmente avremmo buttato qualcosa e poi risistemato nello scaffale.
Ma poi sentimmo un rumore fuori e una persona, si affacciò nel nostro box.
«Pulizie di fine anno?»
Mi voltai verso la persona che era appena apparsa.
Sottili capelli corti e neri tenuti perfettamente in ordine, addosso un completo blu scuro elegante, la cravatta perfettamente annodata, scarpe lucide nere e una ventiquattro ore in pelle nera in mano.
Il perfetto uomo d'affari appena tornato da una riunione.
«Edward!»
Lo salutò calorosamente mio padre, poi mi lasciò a finire di sistemare per scambiare due chiacchiere.
«Come mai sei già di ritorno dai tuoi viaggi? Hai già le ferie? Quest'anno passerai le feste con noi allora?» Continuò camminando verso il suo amico.
O meglio non erano amici inseparabili come potevano esserlo mia madre e zia Sandra, ma essendo Edward, o come lo chiamo io zio Edward, il padre di Lukas, i nostri padri hanno stretto nel tempo un buon rapporto di amicizia.
«Oh mi piacerebbe Cedrick, purtroppo no tra qualche giorno riparto. Ho il pieno di riunioni anche quest'anno. Del resto sai anche tu com'è il mercato orientale e la banca di Tokyo in questo periodo»
Non ho mai capito il lavoro di zio Edward, né quello di mio padre.
So che erano lavori molto simili e che c'entrava qualcosa con l'economia, le borse e business vari.
L'unica differenza è che mio padre preferiva svolgere più lavori burocratici d'ufficio che invece gestire mille riunioni in giro per il mondo, si certo era più eccitante viaggiare ma almeno così poteva lavorare nello studio di casa e io potevo effettivamente vederlo di più. Solo alcune volte era costretto a fare dei viaggi ma a differenza del padre di Lukas, questi erano veramente minimi.
«Oh allora come mai da queste parti?»
Chiese sorpeso mio padre, ora notando meglio aveva una valigia accanto e tutta l'aria da sto tornando a casa, dopotutto se non sbaglio erano passati due o tre mesi da quanto l'ho visto l'ultima volta.
«Sai, mio figlio»
Disse con quel tono preoccupato che nasconde mile ansie e sospiró, poi notò che c'ero anche io. «Mi mancava»
Aggiunse con un tono totalmente diverso.
Io non volevo origliare ma quando mio padre lo guardò con la faccia che sembrava dire “mi dispiace che il tuo gatto sia morto” e visto che si parlava del mio migliore amico, mi sporsi leggermente e tesi bene le orecchie per provare a sentire meglio.
«Capisco»
Disse mio padre quasi con un bisbiglio.
Percepii che entrambi si erano voltati verso di me, distolsi velocemente lo sguardo cercando di non fargli capire che li stavo origliando.
«George, abbiamo fatto molto oggi, può bastare per la tua punizione. Puoi andare dal tuo amico, contiamo il lavoro domani. Lascia pure quello scatolo li ci penso io»
Mi disse mio padre con uno sguardo gentile ma la sua voce serie implicava che non potevo controbattere.
Lo guardai confuso, ho passato tutta la mattinata a cercare di convincerlo e ora di punto in bianco mi dà il permesso?!
Sembrava quasi che non mi volesse li mentre parlava del mio migliore amico con suo padre.
Provai a chiedergli qualcosa ma mi fece cenno di andare, sarà meglio che mi sbrighi prima che cambi di nuovo idea.
Avevo come l'impressione che nessuno dei due adulti mi volesse lì a sentirli parlare.
Mentre camminavamo dai garage ai palazzi mi voltai indietro, zio Edward e mio padre continiavano a chiacchierare ma io ero troppo lontano per sentire.
Probabilmente mi sbaglio e saranno solo chiacchiere da amici, dopotutto sono entrambi molto impegnati col lavoro non avranno avuto molto tempo per parlare un po'.
Scrissi un messaggio a Dylan e gli altri e gli dissi che avevo finalmente convinto mio padre e che stavo arrivando.
Corsi a casa per prendere la mia chitarra, corsi alla fermata dell'autobus e un paio di minuti dopo ero a casa di Jacob.
Alex, Miiria e Dylan erano già lì.
«Fuga da Alcatraz! Complimenti George ce l'hai fatta!»
Esclamò Jacob vedendomi.
«Scusate ragazzi è stato complicato convincere mio padre»
Dissi entrando con Jacob nella sua camera, dove tutti mi stavano aspettando.
Le pareti celesti della camera erano decorati da poster di batteristi e di cantanti rock, e un disegno firmato dalla sua sorellina di una versione stikman di Jacob alla batteria.
Dylan e Alex erano seduti sull'ampio letto di Jacob con un joystick in mano rivolti verso la TV attaccata sul muro difronte, Miiria se ne stava su una di quelle poltrone a sacco viola a giocava con il gatto di Jacob, che si rotolava sul grosso e morbido tappeto circolare blu al centro della stanza.
All' angolo opposto alla porta c'era la batteria di Jacob, striature nere e blu come il manto della tigre decoravano i tamburi.
Appena Miiria notò la mia presenza si alzò tenendo tra le braccia il gatto.
«Bene ora che siamo tutti possiamo iniziare a metterci d'accordo. Io propongo di iniziare a vedere se c'è qualche brano che sappiamo tutti. Giusto per iniziare a sincronizzarci tra di noi»
Propose avvicinandosi al computer di Jacob e aprì Spotify.
Una volta scelta la canzone, presi la mia chitarra, mi sentivo un po' testo ma anche emozionato di suonare insieme ai miei amici.
Alex, con un sorriso contagioso si sistemò di fronte alla pianola che aveva già provveduto a sistemarla su un tavolino pieghevole, probabilmente portato qui dalla madre di Jacob, le mani posizionate sui tasti pronte per scatenarsi.
Miiria afferrò in mano uno dei peluche della sorellina di Jacob e finse di avere un microfono, visto che al momento ne eravamo sprovvisti.
Jacob si sedette dietro la sua batteria aspettando un cenno per partire da Miiria.
Dylan, in silenzio e con sguardo attento, si sedette sul letto di Jacob, ascoltando con attenzione ogni parola e ogni nota che si diffondeva nell'aria.
Iniziai a suonare le prima note, una melodia delicata che si librava nell'aria e si intrecciava con il suono evocativo del pianoforte di Alex.
Miiria chiuse gli occhi e iniziò a cantare, la sua voce avvolgente che riempiva ogni angolo della stanza, evocando emozioni profonde e immagini surreali.
Jacob seguì con il suo ritmo vibrante e unì la sua percussione alla melodia emergente, creando un battito pulsante che faceva vibrare l'intera stanza.
Sentì la tensione sciogliersi gradualmente, mentre si perdeva nel flusso della musica, era la prima volta che provavo a suonare con altri ragazzi che non fossero la mia classe di chitarra, e rimasi ipnotizzato dal modo in cui i vari strumenti, seppure così diversi, potessero fondersi insieme così armoniosamente.
Guardai di sfuggita Dylan, che ascoltava con occhi luminosi, catturato dalla magia dell'armonia che stavano creando, il suo sguardo poi era quasi fisso su di me, per poi spostarsi rapidamente sul suo migliore amico e gli altri.
La musica fluiva liberamente, senza confini né restrizioni.
Sentii come se la mia anima stesse vibrando, come corde di chitarra, in sintonia con gli altri, la passione per la musica che ci legava in un legame indissolubile. Ogni accordo, ogni sussurro e ogni colpo di batteria sembravano raccontare una storia, una storia di amicizia, di passione e di desiderio di esprimersi.
Quando l'ultima nota si sciolse nell'aria, un silenzio incantato avvolse la stanza. Incotrai gli sguardi soddisfatti dei miei amici, e un sorriso spontaneo comparse sul mio vuoto.
Tra i nostri sguardi era come nascondessero tutti lo stesso pensiero, come se ci fossimo appena resi conto che in questo momento, nella cameretta di Jacob, avevamo iniziato un viaggio che avrebbe potuto portarci lontano, un viaggio fatto di note, di emozioni e di legami indissolubili.
Dylan si alzò lentamente, applaudendo con entusiasmo.
Guardò rapidamente tutti e poi si fermò sui miei occhi, i suoi ero luminosi.
«È stato incredibile, ragazzi. Siete fantastici insieme! Dovreste proporvi come band della scuola e suonare alla festa di fine anno!»
Esclamò entusiasta, stava decisamente correndo troppo, avevamo a malapena suonato una cover di una canzone, però è vero, potevamo diventare un band a tutti gli effetti.
Quel piccolo e fioco desiderio nato da un' idea semplice poteva trasformarsi in una grande avventura in cui ci saremo divertiti.
Qualcosa mi diceva che anche gli altri la pensavano come me.
«Dovremmo iniziare a scrivere delle canzoni anche noi!»
Propose Miiria sorridendo energetica, ma poi il suo sorriso si smorzò leggermente.
«Solo io ho idea da dove iniziare, non ho mai scritto una canzone e decisamente non ho mai studiato musica come voi, non saprei come arrangiare degli accordi, a lezioni di canto di solito abbiamo già le basi arrangiate»
Al canto malinconico si aggiunse Jacob.
«Io ho zero armonia, quando suono sono guidato dall' ispirazione mi muovo di getto, a impulsi e di solito non riesco mai a replicare di nuovo le stesse percussioni»
Dylan a questo punto saltellò come se si fosse accesa una lampadina le cervello.
«Io ce l'ho!»
Esclamò eccitato e muovendosi energicamente.
«George! Tu scrivi canzoni!? Quella che trovai in camera tua!? Sei bravo no?»
All' improvviso mi trovai gli occhi di tutti addosso, mi sentii in soggezione e imbarazzo, probabilmente sarò arrossato anche.
«S-si ecco, ho scritto qualche canzone ogni tanto. Ma non so se sarei capace, potrei essere un disastro. Non saprei come fare funzionare poi gli altri strumenti» inziaii a dire balbettando.
«Posso aiurteti io per armonizzare gli spartiti. Mia madre è insegnante di musica, e da quando sono nato mi prepara per andare al conservatorio un giorno, quindi posso darti una mano a gettare le varie basi per gli strumenti»
Alex propose con entusiasmo.
Ci pensai su, benché fossi leggermente teso visto che le uniche canzoni che avessi scritto ero o con Lukas o erano per Lukas, ma comporre con l'aiuto tecnico di Alex mi sembrò una buona soluzione.
Annuii.
«Perfetto! Allora scriveremo una canzone, nel frattempo credo che dovremmo continuare a provare tra di noi facendo delle cover, così ci esercitiamo a suonare come un'unica cosa» dissi.
Tutti sembravano d'accordo con me.
Passammo il pomeriggio provando un altro paio di canzoni, in alcune parti ci intoppavamo e dovevamo lavorarci su, altri parti sembravno scorre lisce come l'olio, come se avessimo da sempre suonato insieme.
Continuammo la serata tra una pizza e un film, sotto richesta di Miiria vedemmo un film d'amore.
Lo apprezzai, ma certo non il mio genere preferito, a me piacciono gli horror.
Il film in questione parlava di una storia d'amore tra una bambina e un bambino che si erano conosciuti in un edificio ricreativo per ragazzi, dove lei studiava danza e lui pugilato nella stanza accanto, ma poi visto che vivevano in una piccola città e avevo entrambi il sogno di diventare professionisti nei loro talenti si trasferirono in città diverse e si allontanarono perdendosi di vista, poi anni dopo lei era diventata ormai una ballerina famosa e lui per puro caso avendo visto la pubblicità di uno dei suoi spettacoli andò a vederla e così si sono ritrovati e alla fine si sono fidanzati.
Si la storia era toccante e la drammaticità messa al punto giusto ma per tutta la durata del film non feci altro che pensare a Lukas, e questo mi fece provare un nodo alla gola.
Una volta tornato a casa mio padre con entusiasmo, contagiato anche dalla mia felicità, voleva sapere come fossero andate le prove.
Glielo raccontai e lui mi guardò fiero e contento, poi sentii una fredda sensazione quando mi avvisò che non c'era più che lo aiutassi in garage e questo mi fece subito pensare all'incontro con zio Edward, perciò provai di nuovo a parlare di Lukas ma mio padre continuava a divagare e deviare il discorso.
Mi chiese cosa volessi fare da grande, insistendo molto sul "pensare al futuro"
Gli avevo accennato a una specie di mia prospettiva sul futuro, ovvero di divertirmi a suonare e diventare un musicista famoso, e anche se suonava come un puerile desiderio di un bambino lui mi incoraggiò con orgoglio.
Non potevo ancora sapere che quella serata segnò l'inizio di un'avventura musicale indimenticabile, un cammino fatto di note e di amicizia, che ci avrebbe portati a esplorare mondi ancora sconosciuti e a creare legami indelebili che avrebbero resistito alla prova del tempo.
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