Trentunesimo capitolo
Vi ricordo che questa storia non è mia, ma di Seele su Efp!
*****
Zayn aprì gli occhi la mattina dopo, trovandosi ancora abbracciato a Liam e sorridendo, arrossendo appena. Provò a stiracchiarsi leggermente, con cautela, per testare se i muscoli gli facessero ancora male o no; sfortunatamente era ancora dolorante. Non l'avrebbe mai detto a Liam, ma si sentiva davvero a pezzi e dubitava nella guarigione veloce di cui gli parlava sempre.
Tese piano le braccia davanti a sé, sentendo le spalle protestare per lo sforzo. I lividi sembravano stare passando, ma le altre varie ferite no.
In quell'esatto momento si rese conto di essere solo in boxer.
Arrossì vistosamente, persino lui; davvero la notte prima era andato a dormire in quel modo? Liam era vestito, al contrario! Dio, che imbarazzo...ed avevano persino dormito abbraccia-
Interruppe lui stesso il flusso dei suoi pensieri. Dormiva sempre riparato, in posizione da potersi difendere in qualsiasi caso, e non avrebbe mai potuto nemmeno pensare di lasciarsi proteggere da qualcuno mentre dormiva; non si sarebbe mai lasciato avvolgere, abbracciare, con il terrore che sarebbe potuto succedere qualcosa di notte, e che non sarebbe stato in grado di far nulla per proteggersi.
Ma...era stata una bella, bellissima sensazione.
Per la prima volta, si era sentito al sicuro fra le braccia di qualcuno, come non accadeva da quando sua madre era morta.
Gli venne da piangere; non ci poteva credere, sarebbero state lacrime di stupore e felicità. Ma com'era possibile che Liam, con tutte le persone che c'erano al mondo, avesse scelto proprio lui?
Incurante del dolore, passò una mano fra i suoi capelli e gli posò un leggero bacio sulle labbra. Sorrise a guardare il suo volto addormentato, tranquillo, dai lineamenti di un uomo ma dall'espressione pacifica di un bambino.
Si alzò dal letto senza fare rumore, piano, dirigendosi in bagno per fare una doccia. Quando si trovava già sotto il getto d'acqua, il suo cellulare prese a squillare; non lo sentì, ma Liam venne svegliato dalla suoneria.
Cercò il telefono sul comodino, scoprendo che Zayn si era alzato, ma credendo che il cellulare fosse il suo e non quello del ragazzo. Se ne accorse solo dopo aver pigiato il tasto verde, senza nemmeno aver letto prima il numero che stava chiamando.
"Pronto?" chiese. Una voce ferma, autoritaria e quasi disinteressata, priva di emozioni, iniziò a fargli una serie di domande.
"No" mormorò ancora assonnato, alla domanda se lui fosse Zayn Malik. "Può dire a me, comunque."
La persona sconosciuta gli chiese se ci fosse un qualche grado di parentela fra loro due. Anche da appena sveglio, Liam comprese che la questione era seria e mentì, fino a ottenere le informazioni che quell'uomo doveva dargli.
"Yaser Malik, suo zio" spiegò questi, dopo che Liam gli assicurò di essere suo nipote, "è stato trovato deceduto stamattina in un bagno di un autogrill. Sembra che la sua morte sia stata causata dall'overdose."
Liam si irrigidì. "Può- può ripetere, scusi?" balbettò. Aveva capito bene.
Chiuse il telefono, e fece appena in tempo ad assimilare la notizia che Zayn rientrò nella stanza.
"Lee" lo chiamò, osservando la sua aria sconvolta. "Che succe-"
"Tuo padre" soffiò Liam. "È morto."
*****
A Mark, Harry non piaceva. Nemmeno un po'. Gli sembrava una ragazza, sorrideva troppo, e dava l'idea dell'ingenuità in persona.
In quel momento, vittima di Charlotte, stava cercando un modo di evadere a tutte le sue domande scottanti; Mark ne era sicuro, perché Harry non faceva altro che arrossire e mordersi il labbro inferiore, angosciato. E poi, che sua figlia fosse la copia esatta di Louis, non era mai stato un mistero.
Louis, in quel momento gli venne in mente come un oggetto dimenticato in soffitta di cui ricordarsi improvvisamente. Louis, a cui erano sempre piaciuti i ragazzi forti almeno quanto lui, di solito più alti o con più muscoli, sempre capaci di rispondere per le rime o almeno sfacciati come lui. Allora, adesso, perché Harry?
Mark non era solito lasciare le sue curiosità insoddisfatte. Il ragazzo era a pochi passi da lui, assisteva all'interrogatorio di Harry con un grande sorriso in viso, e di suo padre non se n'era nemmeno accorto.
"Louis" lo chiamò Mark. Se a Louis fosse stato chiesto quando era stata l'ultima volta in cui suo padre l'aveva chiamato con un diminutivo, probabilmente avrebbe risposto che non era mai successo.
Il ragazzo si liberò della sua presa sul braccio, non forte, solo fastidiosa. Lo guardò interrogativo, lasciando che il suo sguardo si indurisse e dai suoi occhi trapelasse l'odio.
"Perché ti piace?" chiese Mark, indicando Harry con un cenno del mento. Louis spostò lo sguardo da lui a Harry, da Harry a lui e poi scrollò le spalle.
"Non c'è molto da dire", rispose. "Mi piace perché è lui."
Mark alzò un sopracciglio. "Non ti sono mai piaciute le ragazze, Louis."
Louis alzò gli occhi al cielo. "Non credo capiresti" lo liquidò, ma ovviamente a suo padre non andò bene.
"Avanti, dimmelo. Voglio capire." insistette.
"Quando mai ti è interessato?" alzò di poco la voce l'altro. Così attirò gli occhi di Harry su di sé; quando questi notò che stava parlando con suo padre, accennò un sorriso incoraggiante e Louis si ricordò le sue parole.
"Dagli tempo, prometto che cambierà."
Si fidava di Harry, lui non sbagliava mai. Abbozzò un minuscolo sorriso a sua volta, poi distolse gli occhi dai suoi per puntarli su suo padre.
"Mi piacciono i suoi occhi" rispose, seguendo quel pensiero, abbassando i suoi per non vedere quella che di certo era l'espressione scettica di suo padre. "Mi piacciono i suoi modi di fare, la pazienza e l'impegno che ha nello starmi vicino. Mi piace che mi abbia cambiato, che mi abbia fatto diventare una persona migliore."
Alzò gli occhi in quelli di suo padre, appellandosi a tutto il coraggio che aveva nell'anima. "Mi piace che mi abbia guarito."
"Non guarirai mai, finché ti piacciono i ragazzi" replicò fermo suo padre. Louis strinse i pugni al pensiero dell'omosessualità intesa come una malattia.
"Ha guarito le ferite che qualcun altro mi aveva inflitto" sibilò, riferendosi palesemente a lui.
"Come quando cadevi sul campo da calcio" sospirò l'uomo.
"Già, probabilmente."
Se ne andò, lasciandolo solo con i suoi ricordi.
*****
Zayn rimase immobile, come pietrificato. Liam vide i suoi occhi diventare freddi, perdere il loro colore dorato e inumidirsi, fino a somigliare a quelli di un perfetto estraneo.
Dischiuse le labbra per parlare, ma dalla sua bocca non uscì nessun suono. Liam si fece coraggio e prese a spiegargli.
"In un...bagno di autogrill...lo hanno trovato deceduto, per overdose a quanto sembra."
Zayn emise soltanto un singhiozzo sordo. Liam sentì il cuore spezzarsi alla vista dei suoi occhi che si riempivano di lacrime, e si alzò in piedi di scatto, allungando le braccia per avvolgerlo e offrirgli tutto l'amore che poteva dargli.
Zayn affondò il viso nel suo petto, cominciando a singhiozzare scompostamente. Liam accarezzò dolcemente i suoi capelli, ancora umidi per la doccia, tutto il tempo, attendendo con pazienza e dispiacere che si sfogasse.
Quando glielo aveva detto, in realtà, aveva creduto sinceramente che Zayn ne sarebbe stato...sollevato. Dispiaciuto, forse affatto. Dopotutto suo padre gli aveva fatto del male, tanto male, e non pensava che avrebbe davvero avuto quella reazione; eppure, Zayn sembrava un bambino tra le sue braccia, disperato e fragile. Lo strinse forte, stando però attento a non fargli male, ascoltando ogni suo singolo singhiozzo.
"Tranquillo, Zaynie" gli sussurrò, la voce ancora arrochita dal sonno, ma sveglia più che mai. Non poteva dirgli che andava tutto bene, ma sapeva come tranquillizzarlo almeno un po'. "È finita, tesoro."
Zayn si sentì scaldare il cuore a quel nome dolce, affettuoso, ma il freddo continuò imperterrito ad occupare il suo petto. "Mi dispiace così tanto" singhiozzò, le spalle scosse dai tremiti che Liam accarezzava con dolcezza. "Non volevo che morisse. Non volevo."
Liam restò in silenzio. Le sue parole, in quel momento, non sarebbero servite a nulla.
"Avremmo potuto- fare pace" mormorò ancora Zayn, interrotto dai continui singhiozzi, "avrei potuto perdonarlo" Liam lo sentiva tremare tra le sue braccia.
"Avrei dovuto provarci di più! Avrei potuto fare qualcosa, occuparmi di lui, capire perché lui-"
"Non hai fatto niente di sbagliato, Zayn" lo interruppe Liam serio. Suo padre non aveva fatto altro che ferirlo, tutta la vita, e ora lui si sentiva in colpa? "Anzi, hai fatto tutto ciò che ti era possibile. So che hai sempre prestato attenzione a tutto, hai sempre voluto occuparti da solo di ogni cosa" fece, abbassando il tono della voce e guardandolo negli occhi, "ma stavolta lascia che sia io a prendermi cura di te."
Zayn fu tentato di replicare, di dire che non voleva, che preferiva fare da solo, ma il suo cuore gli diceva tutt'altro. Lui voleva che Liam lo guarisse, lo amasse. Lui voleva Liam nella sua vita, voleva il suo sorriso, la sua risata, il calore delle sue braccia.
Così, annuì. Annuì solamente. E si lasciò abbracciare fino a finire le lacrime.
******
Harry sentì un leggero tremolio all'altezza del cuore. Louis si accorse che si era irrigidito fra le sue braccia, così fermò un attimo il suo personaggio e gli si rivolse con attenzione.
"Ehi, Haz" lo chiamò, scrutandolo. "Tutto bene? Hai smesso di ridere all'improvviso."
Harry corrugò un momento le sopracciglia, ancora attento a quella strana sensazione. "No, nulla" lo rassicurò infine, scuotendo la testa e ostentando un sorriso, "avevo solo...per un attimo ho avuto l'impressione che fosse successo qualcosa di brutto."
Louis alzò un sopracciglio. "Davvero?" domandò. Harry annuì, decise di non pensarci più e riprese lo scontro.
"Probabilmente era perché mi stai uccidendo" borbottò, cercando di far caricare l'aura del suo personaggio. Avevano messo la modalità casuale per la scelta dei combattenti, e a lui era capitata Videl mentre a Louis Gohan. Harry non si era inginocchiato a chiedere pietà agli dei solo perché la risata fortissima di Louis lo aveva costretto ad ignorare i suoi istinti omicidi.
"Potrei farti fuori con un'onda energetica" rise Louis, nel suo orecchio, "ma ti lascio provare un ultimo attacco."
Harry, seduto fra le sue gambe davanti alla play station, sbuffò e si preparò a dare il meglio di sé. E, con una serie di attacchi continuati, riuscì contro ogni previsione a uccidere il personaggio di Louis.
"Cosa?" piagnucolò il maggiore, incredulo. "Ma non è possibile! È solo una terrestre!"
"Taci, mezzo sayan" rise Harry in risposta, voltando il viso per cercare le sue labbra e incontrandole subito, in un bacio divertito e dolce. Louis lasciò perdere il joystick, incrociò le braccia alla sua vita e lo abbracciò stretto, premendo la sua schiena al proprio petto.
"Sai che ti dico? Oggi ci dedichiamo ai videogiochi" propose, accarezzandogli lo stomaco. "Decidi tu da quale iniziare."
A Harry si illuminarono gli occhi. "Ti prego, Lou" e Louis avrebbe potuto dire, solo da quegli occhi illuminati improvvisamente d'infanzia, che la sua risposta non gli sarebbe piaciuta.
"Ti scongiuro, dimmi che le tue sorelle hanno Cooking Mama!"
******
Dopo aver finito una serie sconfinata di livelli di Super Mario, dopo aver giocato per minuti a Nintendogs, e dopo una buona ora trascorsa a giocare a Principesse sul Ghiaccio -Louis aveva quasi pensato di strapparsi il cervello dalla testa, in quel momento-, finalmente avevano trovato un gioco che piaceva ad entrambi.
I pokémon. Louis e Harry ci avevano preso subito gusto.
Avevano rubato la schedina a Charlotte, intenta a giocarci, mentre Louis aveva continuato con la propria. Harry aveva lanciato al suo Nintendo ds un'occhiata sprezzante.
"Come se non sapessi che hai modificato il livello dei tuoi pokémon con qualche programma" sbottò.
"Si chiama Pokècreator Lite, in effetti" lo prese in giro Louis, divertito. "Non ti lamentare, anche quelli di Lottie sono forti!"
"E sembrano gatti" borbottò Harry. In quel momento, gli tornò in mente Buffy.
"Sono un padrone snaturato!" esclamò, tirando fuori dalla tasca dei jeans il cellulare e componendo il numero di Liam. Louis cambiò espressione, sgranò gli occhi e divenne sinceramente preoccupato.
"E se è morta?"
"Non può essere morta!"
Mentre il telefono di Liam squillava, in attesa di una sua risposta, Harry sentì di nuovo quella strana sensazione. Poi Liam rispose.
"Ehi" la sua voce sembrava stanca.
"Lì, tutto bene?" chiese subito Harry, aggrottando la fronte. "Sembri strano."
"Buffy sta bene, era ora che chiamassi, vado a darle acqua e croccantini ogni giorno" sospirò il ragazzo, "ma qualcun altro...no."
Louis sentì tutta la conversazione, e prese il telefono di mano ad Harry quasi bruscamente. "Zayn?" domandò soltanto.
"Suo padre." replicò Liam.
Harry vide l'espressione di Louis cambiare drasticamente, ma stavolta non ci trovava nulla da ridere. "Cos'è successo?" chiese il ragazzo, allarmato. Poi interruppe Liam, rivolgendosi invece ad Harry.
"Hazza, amore." lo chiamò, serio, cercando di ammorbidire la frase che stava per pronunciare. "Ho bisogno che tu vada di là."
Harry sgranò gli occhi, confuso. "Perché?"
"Si tratta di Zayn, e...preferirei che tu non sentissi."
Il più piccolo si morse il labbro inferiore, ma annuì. Forse non era abbastanza forte? O cos'altro? Perché non poteva saperne niente?
Si limitò ad uscire dalla stanza, e Louis riprese a parlare.
"Dimmi tutto" si rivolse a Liam. Questi sospirò.
"Il padre di Zayn è morto stamattina. Lui è a pezzi."
"Merda" imprecò Louis. "Non gli bastava picchiarlo in quel modo!"
Strinse i denti, imponendosi l'autocontrollo per non iniziare ad alzare la voce per la rabbia. "E le sue sorelle?"
"Doniya lo sa, è stata avvisata per prima, Walihya e Safaa non ancora. Glielo diremo più tardi, ora Doniya è andata ad occuparsi di quelle faccende, Zayn è qui con me. Ho lasciato le piccole al centro commerciale con una scusa, così si divertiranno. Torno a prenderle tra poco, quando...quando Zayn si riprenderà del tutto."
Louis si passò una mano sul viso, sentendo anche il profondo senso di colpa per non esserci stato in nessuno di quei due momenti importanti. "Liam, ascolta..." lo chiamò, esitando un secondo, "grazie. Zayn è come un fratello per me, è più di un migliore amico, è come se condividessimo lo stesso sangue. Quando è successo quel casino con suo padre, quando ha alzato le mani più del solito...Zayn mi ha telefonato, mi ha raccontato tutto. Grazie per essergli stato accanto. Grazie per esserci stato anche adesso."
Liam, dall'altra parte della cornetta, sorrise appena. "Non me lo sarei mai aspettato da te, Louis" fece con una mezza risata, rendendosi conto che erano improvvisamente passati ai nomi e non si chiamavano più per cognome.
"Per favore" Louis cambiò argomento, "passami Zayn."
"Non credo che voglia-"
"Non mi importa!" protestò Louis. "Passamelo. È mio fratello."
Lo disse con un tono talmente fermo e sicuro, che Liam per un attimo ci credette sul serio. Zayn era seduto accanto a lui, scarabocchiava disegni senza senso su un foglio, ed esitò un secondo prima di prendere il cellulare in mano.
"Pronto" mormorò. Aveva la voce più bassa del solito, fragile. Louis si maledisse per non essere lì con lui in quel momento.
"Zay, non sai quanto mi dispiace. Vorrei essere lì con te."
Zayn scosse la testa, pur sapendo che Louis non avrebbe potuto vederlo. "Va bene così" rispose. "Sto già meglio."
Si accoccolò un po' contro Liam, per fargli capire che se diceva in quel modo era solo merito suo. Liam abbozzò un sorriso, circondò il suo busto con un braccio.
"Sono contento che sia morto" disse Louis tra i denti, non riuscendo a trattenersi. "Era un fottuto stronzo, Zayn. Se lo meritava di morire."
"Era mio padre, Louis" replicò Zayn, la voce che riprendeva un po' di forza.
"Io non starei così, se il mio morisse."
"Non è nemmeno quello vero."
"Vale per entrambi."
Tacquero un attimo, entrambi. Harry si mosse il ciuffo, con le spalle contro la porta chiusa, Liam accarezzò lentamente i capelli di Zayn per tranquillizzarlo.
"Ti voglio bene, Zay." sussurrò poi Louis.
Zayn sorrise appena.
"Anche io, Lou."
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