Trentaquattresimo capitolo
Vi ricordo che questa storia non è mia, ma di Seele su Efp!
*****
Zayn si svegliò. In quel bellissimo momento di incoscienza tra sonno e veglia non pensò a nulla; si lasciò solo andare alle sue sensazioni.
Sentiva un respiro lieve, tranquillo, accarezzargli una spalla; due braccia forti ma delicate che lo avvolgevano da dietro.
Il calore di quell'abbraccio era piacevole, intimo, bellissimo. E le coperte erano posate perfettamente sul suo corpo, senza nessuna stoffa in mezzo.
Oh. Zayn realizzò solo in quel momento di aver fatto l'amore con Liam, la notte prima.
Si sorprese ancora di più nel rendersi conto di non essere affatto dolorante; sulla sua pelle c'erano ancora dei lividi che suo padre gli aveva lasciato e alcuni muscoli tiravano un po', ma la notte prima non gli aveva lasciato nessun ricordo che non fosse piacevole.
Aveva fatto l'amore. Dio, non poteva crederci. Era troppo bello per essere vero.
Si voltò in fretta nell'abbraccio di Liam, per trovarsi il suo viso di fronte e stampargli sulla bocca, senza dare la minima importanza al suo dormire, un dolcissimo bacio entusiasta. Liam aveva il sonno leggero, proprio come lui, e si svegliò subito.
Non ricambiò il primo bacio, perché stava ancora dormendo; nemmeno il secondo, perché stava giusto sollevando le palpebre; ma il terzo, che Zayn gli posò sulle labbra per ultimo, lo svegliò del tutto.
"Buongiorno anche a te" commentò ironicamente, la voce roca e ancora piena di sonno. Zayn non parlò, si limitò a sorridere e a rannicchiarsi contro il petto di Liam, posando la fronte nell'incavo tra la sua spalla e il suo collo.
"Non è un buon giorno, è un bellissimo giorno." rispose, sorridendo teneramente. "Ti amo, Leeyum."
Liam sentì il cuore mancare un battito, Zayn rise dolcemente. Liam pensò che, per sentirsi dire quella frase con tanta sicurezza, doveva essere davvero fortunato.
"Ti amo anch'io, Zaynie" sorrise, respirando tra i suoi capelli, baciandogli la fronte. "Comunque lo sapevi già."
Zayn rise, alzò il volto per baciarlo ancora. "Certo che sì" scherzò, felice come non mai.
*****
Harry si sentì scuotere; erano mesi che non si svegliava così. La sua mente addormentata realizzò che doveva star succedendo qualcosa di brutto e lo costrinse ad aprire gli occhi.
"Che succede?" borbottò assonnato, alzando a fatica le palpebre. Ma non stava accadendo niente di strano; tutto quello che vedeva era un Louis allegro e sorridente.
"Andiamo da Stan, Hazza! Ci sta aspettando qui vicino!" trillò entusiasta.
Harry passò direttamente dal sonno alla morte.
"Oh, merda" imprecò tra sé e sé, incapace di frenarsi, nascondendo il viso sotto al cuscino. "Vacci da solo, Lou."
Un campanello d'allarme suonò nella sua testa; Louis stava parlando del suo ex? Gesù! Non poteva mica lasciargli la strada libera in quel modo.
"Beh, se proprio non ti va allora-" fece per acconsentire Louis, ma Harry balzò giù dal letto in un secondo.
"Okay, mi vesto" sbottò, prendendo vestiti a caso dall'armadio e dirigendosi in bagno.
Ne uscì una decina di minuti dopo, con aria ancora più indispettita ora che si era completamente svegliato. Per fortuna Louis lo prese per mano e gli schioccò un bacio allegro sulle labbra, altrimenti avrebbe iniziato a dare i numeri già di prima mattina.
Johannah li pregò che facessero almeno colazione prima di uscire; Harry cercò di fermarsi a mangiare qualcosa, ma Louis lo stava già trascinando fuori dalla porta, al pari di un bambino di cinque anni.
"Non fare questa faccia, cucciolo" rise il maggiore, senza smettere di sorridere, "Stan ti piacerà."
Si fermò mentre camminavano giusto per baciarlo. "Non essere geloso, va bene?"
Harry mugugnò una specie di sì, e sospirò mentre riprendevano a camminare.
Forse, in fondo non doveva davvero ingelosirsi. Dopotutto la storia di Louis e Stan era finita anni prima, e probabilmente non era il caso di preoccuparsi.
Cambiò idea nell'esatto momento in cui Louis urlò qualcosa all'improvviso, e un ragazzo che dava loro le spalle si voltò con un sorriso enorme sul volto.
"Ehi, Lou!" ecco, quello doveva essere Stan.
I due si salutarono con un abbraccio che, per i gusti di Harry, durò anche troppo. Ma si sforzò di sorridere ed essere gentile come sempre.
"Come stai?" gli chiese subito Louis, non appena si separarono. Stan rise e si strinse nelle spalle.
"Credevo sarei morto, senza di te" sospirò con aria melodrammatica, "e invece mi sono soltanto annoiato."
Il ragazzo spostò lo sguardo da Louis a lui, e sollevò subito le sopracciglia in un'espressione stupita. "E lui chi è?" domandò, sorpreso.
"Harry" rispose Louis, avvolgendo la sua schiena con un braccio e spingendolo un po' avanti, verso l'amico. Pronunciò il suo nome come se fosse estremamente fiero di averlo al suo fianco, e Harry ritrovò un po' di buon'umore. "Il mio ragazzo."
"Sono felice di conoscerti, Harry!" commentò Stan, porgendogli la mano. Harry fece per stringerla, ma Stan la spostò all'ultimo momento e iniziò a ridere da solo.
Harry ridusse gli occhi a due fessure, mentre Louis gli accarezzava divertito un fianco. "Non ci fare caso, Stan fa così con tutti."
"Già, non te la prendere" sorrise innocentemente il ragazzo. "Beh, occhi belli, io sono Stan."
Harry arrossì appena. "Non ci starai provando con lui!" lo accusò Louis, ridendo. Si strinse Harry un po' più addosso, aggiungendo: "proprietà di Louis Tomlinson."
"Non mi hai mai tenuto per mano in quel modo!" piagnucolò Stan, scherzando. "Potrei offendermi."
Harry non riuscì a trattenersi dal sorridere leggermente, soddisfatto, ma Stan se ne accorse immediatamente. La prese subito come una sfida. "Comunque, mi è appena passato nella testa il ricordo della nostra prima volta. Eravamo piccoli ma, insomma, è stata una bella prima volta per entrambi."
Stan vide l'espressione di Harry cambiare drasticamente. Si affogò con la sua stessa saliva e cominciò a tossicchiare, Stan scoppiò a ridere indicandolo. Dio, Harry lo stava già odiando terribilmente.
"Guarda com'è geloso!" fece, ridendo a crepapelle.
"Oh, Stan, finiscila" lo ammonì Louis, ma senza perdere il sorriso. "Come se io non sapessi che anche tu lo sei."
"Colpito e affondato" gli fece l'occhiolino l'amico. "Allora, Harry" si rivolse direttamente a lui, "perché te e non me?"
Harry si sentì arrossire ancora. "Cosa?" domandò, anche se aveva capito benissimo la domanda.
"Sì, intendo perché Louis abbia scelto te e si sia dimenticato di me" spiegò Stan. Sembrava essere divertito del suo imbarazzo, e la cosa dava ad Harry sui nervi.
"Perché io sono io." rispose di getto, senza pensare alla banalità della risposta. Stan annuì, ma aveva davvero un'aria da presa in giro. "Oh, certo, capisco."
Harry si stava innervosendo ancora di più, per cui decise di attuare l'arma letale: ignorarlo. Se Stan avesse avuto lo stesso carattere di Louis, allora ci sarebbe stato da divertirsi.
"Bene" ribadì soltanto, con tono quasi freddo. Louis moriva dalla voglia di baciarlo; adorava la sua espressione gelosa e indifferente insieme, che gli dava un'aria meno infantile e, per una volta, decisamente meno tenera.
"Non ti interessa sapere di me e Louis quando stavamo insieme?" insistette Stan. Harry si sforzò di non mostrare la sua evidente curiosità e gelosia, per cui si concentrò per ribattere nel modo più naturale possibile.
"No, affatto."
Stan sorrise furbo, ma sembrava nervoso. "Non sai cosa ti perdi."
"Vorrà dire che morirò col dubbio" lo liquidò Harry. Stan rimase quasi a bocca aperta; Harry ne sorrise segretamente, e si sentì talmente sicuro di sé da voltarsi anche leggermente per stampare sulla bocca di Louis un bacio casto, ma da vincitore. "Vado a dare una mano a tua mamma per il pranzo" annunciò, "ci vediamo dopo?"
Negli occhi di Louis riusciva a vedere qualcosa di nuovo, intrigato e fiero. Il ragazzo gli posò le mani sui fianchi, attirandolo a sé per un altro bacio. "Sì, a più tardi."
"Ciao, Harry" sibilò Stan, con un sorriso falso, "è stato un piacere conoscerti."
Harry agitò innocentemente la mano, andandosene. "A presto!"
Louis rise di gusto, divertito.
Stan pensò che la sua risata aveva qualcosa di diverso.
*****
"Jay" Harry stava lentamente oltrepassando l'orlo della disperazione, "se la ricetta dice di fare prima una cosa e poi un'altra, devi seguire le indicazioni. Non puoi bollire la pasta senza l'acqua, in quel modo la bruci e basta."
Johannah annuì convinta, ma poi ci ragionò su e scosse la testa con veemenza. "E poi cosa ci dovrei fare, con l'acqua? È impossibile metterla tutta nei piatti senza che esca fuori. E in quel caso poi mi tocca anche asciugare."
Harry combatté coraggiosamente con l'istinto di passarsi una mano sul viso. "Perché poi l'acqua devi scolarla" spiegò con calma.
Johannah stava quasi per ribattere, nel momento in cui Mark fece l'entrata nella cucina.
"Jay, credo dovrai sospendere le lezioni culinarie" fece, addirittura abbozzando un sorriso, "perché devo fare una chiacchierata con Harry."
Il ragazzo gelò sul posto. Rendendosi conto che Johannah non stava facendo niente per salvarlo, annuì con qualche secondo di ritardo.
"Oh" mormorò, confuso. "Sicuro" aggiunse, sciacquandosi velocemente le mani e asciugandole ad un panno posato sul piano, accanto ai fornelli, prima di seguire l'uomo all'interno di un'altra stanza. Vista la scrivania, la libreria e l'aria elegante e ordinata che aveva quella camera, immaginò fosse il suo studio.
Non osò proferire parola finché non fu Mark a prenderla; quello gli sembrò per un attimo tentato di scrocchiarsi le dita per raccogliere le idee, come faceva Louis, ma il secondo dopo cambiò evidentemente idea e si mise seduto dietro la sua grande scrivania. Harry si morse il labbro inferiore, indeciso sul da farsi come a cena.
"Puoi sederti, Harry" per fortuna ci pensò Mark a mettere a tacere i suoi dubbi, e il ragazzo si sedette davanti a lui, separati dalla scrivania. Confortato dal pensiero che non potesse vederle, se le teneva verso il basso, cominciò a torturarsi nervosamente le mani.
"Abbiamo cominciato con il piede sbagliato" esordì Mark, "mi spiace essere stato poco cordiale con te."
Harry avrebbe voluto fargli presente che lui aveva cercato di essere gentile, e che non era colpa sua; ma invece annuì solamente, sorridendo leggermente. "Non fa nulla" mormorò.
"In fondo, sono felice che ci sia tu al suo fianco e non qualcun altro" continuò l'uomo. "Sembra essere cambiato, se è addirittura venuto qui per presentarti."
Il ragazzo arrossì lievemente, abbassando con imbarazzo lo sguardo. "Sai cosa mi ha detto di te?" gli chiese Mark, e lui scosse la testa sollevando gli occhi.
"Mi ha detto che gli piaci perché sei tu" e Harry non poté trattenersi dal sorridere, pensando che aveva detto le stesse identiche parole a Stan, "e che tu l'hai guarito."
Harry si mosse soltanto i capelli, senza rispondere. Temeva che l'avrebbe visto arrossire a dismisura.
Mark, in qualche modo, percepì nel suo silenzio una conferma di quella frase; si alzò dalla scrivania, si diresse alla finestra. Harry sgranò gli occhi quando riconobbe, dietro le tende appena scostate da Mark, il giardino poco curato in cui aveva convinto Louis a giocare a calcio con lui.
"Erano anni che non c'era più nessuno, qui davanti."
Mark gli fece segno di avvicinarsi. Harry ubbidì, ancora sorpreso.
"Louis si è sempre rifiutato di venirci, da quando aveva tredici anni in poi. È stato a quell'età che-"
"Lo so" soffiò Harry, interrompendolo. Louis gli aveva già raccontato che, in quel periodo, aveva scoperto che gli piacevano i maschi.
Mark tacque solo per un momento, forse indeciso se sgridarlo per averlo interrotto o sul passarci sopra. Sembrò scegliere la seconda opzione, perché annuì: "vi ho visti. Vi ho osservati da quando avete iniziato a giocare a quando avete finito, e sono rimasto davvero stupito."
Harry non parlò, aspettando il resto del discorso. "Louis ha accettato con una facilità disarmante" proseguì Mark, "e si è anche davvero divertito. Non lo vedevo sorridere in quel modo da quando era piccolo."
Il ragazzo sorrise timidamente. "È una cosa buona?" si decise a chiedere.
Mark si voltò verso di lui, lo fissò per qualche secondo, poi rise inaspettatamente. Gli porse una mano, Harry la guardò confuso e sorpreso, prima di stringerla.
Mark gli diede una stretta vigorosa, e sembrava felice. "Credo che io e te potremmo andare d'accordo, Harry" gli annunciò, e Harry non poté fare a meno di ridere con lui.
*****
Safaa, in generale, non aveva mai visto suo fratello così tranquillo e rilassato. E, sopratutto, non lo aveva mai notato sorridere a qualcuno nel modo in cui sorrideva a Liam.
Evidentemente, anche Doniya era dello stesso avviso; quando tornò a casa, trovandoli abbracciati sul divano mentre si sussurravano qualcosa e scherzavano fra di loro, sorrise intenerita.
Ma il momento venne interrotto dall'entrata nel salotto di Walihya, che si posizionò davanti a loro con le mani sui fianchi e un cipiglio esigente in volto.
"Innamorati, levatevi da qui" comandò, "state monopolizzando il divano."
"Vai a guardare la televisione altrove" borbottò Zayn, ma con il sorriso ancora sulle labbra. Come se Walihya non bastasse a dar loro fastidio, anche Safaa si intromise per ricevere qualche abbraccio gratuito sfruttando la distrazione del momento.
Doniya alzò gli occhi al cielo, prima di ordinare alle due sorelle di sparire per qualche minuto. Liam e Zayn, che nel frattempo si erano dovuti sedere decentemente per accogliere nel mezzo la bambina, la guardarono con curiosità: sembrava pensierosa.
"Questo non va bene come nido d'amore" rise, "per cui ho intenzione di cacciarvi di casa."
Zayn alzò un sopracciglio. "Anche se l'hai ereditata tu, non vuol dire che-"
"Non ho ereditato solo questa!" gli fece l'occhiolino lei, con un sorriso allegro. "Ti ricordi la casa in montagna, dove andavamo con mamma prima che Safaa nascesse?"
Zayn annuì, ripescando quel ricordo dimenticato. Doniya continuò. "Pensavo che potreste andare lì" spiegò, "e tornare fra due settimane."
Liam sgranò gli occhi. "Oh, sul serio?" domandò. Doniya sorrise e annuì.
"Ci sarà da sistemare, visto che è da un pezzo che nessuno ci mette piede" fece, distratta dai suoi pensieri, "ma almeno lì avrete la privacy che vi spetta."
Suo fratello sorrise, entusiasta. "Ma certo!". Si voltò repentinamente verso Liam. "Ti piace quest'idea, Lee?"
Ma il ragazzo era scuro in volto, e anche l'espressione di Zayn perse entusiasmo. "Lee?" lo richiamò, confuso.
"La gatta di Harry" proclamò soltanto quello, tanto serio da fare scoppiare i due a ridere.
"Potete portarvela" rise Doniya, divertita. "Ma potremmo tenerla anche noi, comunque!"
"Con voi?" ripeté Zayn, alzando un sopracciglio. "Oh, no. La uccidereste."
"Come vuoi" alzò teatralmente gli occhi al cielo la ragazza.
"Allora, preparate i bagagli!"
*****
Stan era sempre stato semplice da comprendere; almeno per Louis. Forse era perché i loro caratteri erano sempre stati molto simili, ma non trovava proprio nulla di difficile comprensione in lui.
Ad esempio, in quel momento Stan stava ridendo delle sue parole, ma sapeva che in realtà stava pensando ad altro. Lo capiva da come teneva le mani in tasca, dallo sguardo appena lontano, da quella risata troppo poco rumorosa per essere sincera; quando Stan era sul serio divertito, si lasciava andare ad una risata spacca timpani quasi quanto la sua.
Dal modo in cui a volte annuiva alzando un sopracciglio, sapeva che non era davvero convinto di qualcosa. Se intonava qualche motivetto fra sé e sé, Louis era certo che si stesse annoiando. Se si grattava il mento e poi abbassava lo sguardo, non c'erano per lui dubbi che si stesse chiedendo che ore fossero.
Proprio per questo, perché lo conosceva così bene, Louis comprese subito che Stan aveva intenzione di baciarlo.
Si tirò indietro non appena lui avvicinò il viso, posandogli una mano sul petto e respingendolo senza forza, ma con fermezza. "Non hai capito niente, Stan" lo prese in giro, ma con un tono appena più gentile nella voce per non ferire i suoi sentimenti. "La regola vale sia per me che per lui" continuò, indicandosi con la mano libera: "proprietà di Harry Styles."
Non poté fare a meno di pensare al sorriso enorme che si sarebbe stampato sul viso di Harry, se avesse assistito a quella scena e avesse ascoltato quelle parole.
"Se passiamo un pomeriggio insieme non lo scoprirà mai" insistette Stan, non senza un tocco di malizia nel tono di voce. "Non ci credo che non vuoi."
"Ti sbagli" commentò, alzando le spalle con naturalezza. "Ho voglia solo di lui."
Stan alzò gli occhi al cielo. "Quindi, Harry?" domandò, fingendosi infastidito.
Louis rise, qualcosa gli brillava negli occhi. "Harry tutta la vita."
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