Sesto capitolo
Vi ricordo che questa storia non è mia, ma di Seele su Efp!
*****
Quando Harry udì il suono di chiavi girate nella toppa, e successivamente quello della serratura scattare, s'impose di star calmo e di farsi trovare in uno stato semi normale da un Louis che, di normale, non aveva proprio niente.
Era seduto sul divano con in mano in libro di storia, la televisione davanti accesa a volume basso, e Buffy raggomitolata sul tappeto che sonnecchiava beatamente.
Louis entrò in casa, lo guardò mentre si levava la giacca. Poi puntò gli occhi su Buffy.
"Ah, devi sapere che il tuo gatto mi ha causato molti problemi", informò, senza nemmeno salutare, "è un animale del demonio."
Harry storse il naso. "No, Buffy è dolcissima!"
"Femmina, ancora peggio", sogghignò il ragazzo, per poi appendere la sua giacca all'appendiabiti. Harry moriva dalla voglia di sapere dove fosse stato, ma si trattenne e tornò a puntare gli occhi sul suo libro con aria imbarazzata.
"Devi sapere, ricciolino", riprese subito parola Louis, avvicinandosi lentamente a lui, "che a me non piace essere ignorato. Anzi, diciamo proprio che è una cosa che odio."
Harry deglutì, alzando lo sguardo dal testo mentre il ragazzo si faceva sempre più vicino. "N-non ti sto ignorando", provò a ribattere.
"Oh, sì invece", ghignò Louis, "ti vedo troppo tranquillo, Styles."
Il ragazzo indietreggiò sul divano senza nemmeno accorgersene, premendo le spalle contro lo schienale in cerca di maggiore spazio. Cosa doveva rispondergli? Cosa doveva fare?
"V-vuoi guardare la televisione?", gli domandò, pentendosi un secondo dopo. Non era mica il suo baby sitter...temeva si sarebbe arrabbiato, ma invece Louis scosse la testa con naturalezza.
"Posso cucinarti qualcosa, se hai fame", propose ancora, rendendosi conto di quanto in realtà fosse calmo. Fuori dalla scuola, quel ragazzo aveva una personalità quasi differente.
Louis sbuffò, in cerca di qualcosa di interessante da fare. "Mi annoio, dimmi qualcosa che mi distragga", fece viziato. E Harry si rese conto che, effettivamente, stava davvero aspettando che eseguisse l'ordine.
"Cosa vuoi sapere?", domandò confuso. Non capiva se lo stava in qualche modo comandando, oppure se la sua fosse solo curiosità mista a noia.
"Avevo il tuo stesso libro di storia", commentò distrattamente Louis, ignorandolo. Poi si diresse verso la cucina. "Dov'è il the? Ho voglia di the."
Il ragazzo si alzò dal divano, osservandolo mentre frugava tra i mobili. Davvero, non pensava che Louis potesse essere una persona così...strana. A scuola non faceva altro che picchiarlo, lì si comportava come uno psicopatico in preda alle sue manie ma, perlomeno, non lo riempiva di botte.
"Lì, in fondo, a destra", spiegò, indicando un mobile. Louis trovò le bustine, gliele porse.
"Ok, prepara il the."
Harry lo guardò stranito.
"Ho detto", ripeté Louis leggermente irritato, "prepara il the."
Il ragazzo lo guardò, prese le bustine, poi iniziò a sistemare con aria perplessa.
Louis salì con un balzo aggraziato sul piano cucina, accanto al lavandino e vicino ai fornelli, dove Harry aveva appena posato un pentolino con dentro dell'acqua e le due bustine di the. Lo sguardo di Louis iniziava a bruciare su di lui, lo sentiva addosso anche se non osava accertarsene, così cercò di trovare un argomento di conversazione pur di alleggerire quel silenzio.
"Ti...piace il the, Louis?", chiese. Louis incontrò i suoi occhi e li incatenò ai propri.
"Ti piaccio io, Harry?", replicò calmissimo, mentre osservava le guance di Harry arrossarsi a dismisura. Il ragazzo sbatté innumerevoli volte le palpebre, il suo cuore batteva impazzito.
"Cos-"
"Credi che non lo sappia?", sorrise Louis, un sorriso più pieno di tenerezza che di cattiveria, ma dove non mancava tutta la derisione che poteva esprimere verso di lui. "Lo sa tutta la scuola, che sei cotto di me da tempi impossibili da ricordare."
Per fortuna il the era pronto, Harry spense in fretta il gas e lo versò in due tazze mentre l'altro rideva del suo nervosismo, gliene porse una senza guardarlo e poi fuggì in salotto, seguito da un tranquillissimo Louis.
"Non...non mi hai risposto", riuscì infine a sbottare imbarazzato, mentre si sedeva a gambe incrociate sul divano e alzava timidamente gli occhi sul ragazzo di fronte a lui, seduto in modo più ordinato.
"Sì, mi piace il the, mi rilassa", rispose Louis, e l'altro pensò che in effetti aveva davvero bisogno di rilassarsi anche lui.
Bevve un sorso dalla sua tazza, sentendo subito il calore invadere il suo corpo e una sensazione di protezione scendergli lungo la gola, fino allo stomaco. Si azzardò a fargli una nuova domanda.
"Perché sei qui?", chiese, quasi sottovoce, per paura che potesse arrabbiarsi. Louis bevve e poi si decise a parlare.
"Non mi andava di stare a casa mia", concesse infine, per poi cambiare subito argomento. "E tu perché vivi da solo?"
"Dove abitavo era troppo lontano da scuola, così mia madre ha comprato questo appartamento e adesso ci vivo", spiegò, rassicurato dal fatto che il ragazzo non avesse intenzione di prenderlo a pugni. "Ci sto bene, è comodo, ed è abbastanza vicino scuola. Peccato solo per la metropolitana, devo svegliarmi sempre presto e..."
"Domani ti accompagno io", lo interruppe Louis con voce calma, quasi ovvia. Ed era un tono che non ammetteva repliche, così Harry si limitò ad annuire anche se non era affatto convinto. Fece per parlare ma in quel momento Buffy emise un miagolio, annunciando che si era appena svegliata; si stiracchiò, sotto lo sguardo curioso di Louis, poi saltò sul divano e si diresse miagolando verso il suo padrone.
"Ciao, Buffy", sorrise lui, accarezzandola mentre quella già gli faceva le fusa. Louis li osservò per qualche secondo, poi sollevò le spalle e fece una smorfia di disappunto.
"Strano che sia così dolce", disse irritato, "ha tentato per tre volte di ammazzarmi. Mi è passata tra le gambe mentre camminavo, gatta maledetta."
Harry non riuscì a trattenersi e ridacchiò, così piano che il rumore di fusa quasi sovrastò la sua risata. Ma Louis se ne accorse lo stesso, e la sua espressione indurita si alleggerì appena.
"Hai arredato tutto da solo qui, Harry?", domandò, e sembrava sinceramente incuriosito.
"No, mi ha aiutato mia sorella maggiore", rispose il ragazzo, mentre l'altro beveva un nuovo sorso di the. Lo fissò per qualche secondo, e Harry comprese che doveva fornire altri dettagli.
"Si chiama Gemma, e io...beh, l'adoro. È più grande di me di tre anni e sta per sposarsi, quindi mia madre è in visibilio. E anche io sono davvero, davvero contento per lei!"
Louis lo fissava ancora, e Harry deglutì perché non aveva idea di cosa parlare. "Loro...lei e il suo ragazzo stanno insieme da tanto, quindi....sembra che sia la scelta giusta, quella di stare insieme, perché, insomma, si amano e vanno d'accordo, e quando io e mamma abbiamo conosciuto Jake ci è sembrato subito una brava persona. È piaciuto anche a Robin, perciò...tutto a posto. E anche a papà, quando l'ha visto."
"I tuoi sono separati?", domandò allora Louis, quasi inespressivo. Si limitava a sorseggiare il suo the e a guardarlo sempre in attesa di maggiori dettagli, Harry si sentiva quasi come se lo stesse giudicando e da quella conversazione dipendesse il loro futuro.
"Sì, da quando ero piccolo. Ma non sono mai stato molto male per questo, io sono affezionato a Robin."
"Mh", fece Louis distrattamente, ma senza fare una piega, "e sanno che sei gay?"
Harry quasi si strozzò mentre beveva il suo the, Buffy gli puntò addosso i suoi grandi occhioni dorati e miagolò allarmata.
"L-Louis", mormorò, arrossendo. Louis sorrise, tranquillo e sfacciato.
"Sì, è il mio nome", ghignò divertito.
"Io...voglio dire, mi piacciono i maschi", confessò l'altro arrossendo, "e i miei lo sanno, non è mai stato...un problema."
"Ti piacciono i maschi, mh?", fece Louis, continuando a sogghignare e sollevando le sopracciglia, avvicinandosi a lui. "E ti piace anche questo, Harry?"
Senza nemmeno sapere come, Harry si ritrovò steso sul divano sovrastato da Louis. Il ragazzo si abbassò sul suo orecchio e mordicchiò il lobo morbido, lambendo poi la pelle calda e strappando a Harry un sussulto. Tracciò i contorni con la lingua, lasciando talvolta piccoli morsi sulla cartilagine chiara, poi insinuò un ginocchio in mezzo alle sue gambe e rise, basso e sprezzante, nel suo orecchio.
"Già, frocetto", commentò, sfiorando la sua erezione appena accennata con il ginocchio, "si vede che ti piacciono."
Si alzò dal suo corpo, guardò divertito il suo volto rosso dall'imbarazzo e poi si diresse altrove, in cerca di un nuovo divertimento in quella casa ancora sconosciuta.
*****
Louis era tranquillamente seduto sul tappeto, il telecomando della televisione in una mano e un pezzo di pizza nell'altra.
"Se non ti sbrighi si raffredderà, riccio", chiamò a gran voce, alla ricerca distratta di un programma interessante da vedere.
"Sto arrivando", rispose Harry dalla cucina, mentre versava del cibo nella ciotola di Buffy. La gatta rispose al favore strusciandosi contro le sue caviglie, per poi infilare il musetto fra i croccantini mentre il suo padrone si allontanava.
Questi si sedette a pochi metri di distanza da Louis, aprendo il contenitore della sua pizza ancora calda portata da un fattorino e prendendone un trancio. Nel frattempo Louis si era deciso e aveva smesso di fare zapping quando aveva trovato un reality show che a Harry non interessava minimamente, il quale comunque non osò proferire parola.
Facendo un resoconto della giornata, a parte la stranezza di Louis nel comportarsi e l'incidente sul divano -Harry non aveva ancora trovato la parola giusta per definirlo-, il suo "ospite" si era comportato piuttosto bene. Gli aveva detto che non era tornato lì fino a quel mattino, che non aveva dormito quella notte perché l'aveva trascorsa dal suo amico, il quale gli aveva fabbricato la copia delle chiavi di casa sua. Harry lo vide talmente indifferente e tranquillo nel parlare di quell'ultimo dettaglio, che quasi non si stupì nemmeno lui di ciò che il ragazzo aveva fatto.
L'aveva sentito imprecare un paio di volte contro Buffy e augurarle una morte lenta e dolorosa, elencando anche i modi in cui avrebbe potuto cucinarla e affettarla, ma si sforzò di passare sopra a quel discorso e continuò con il suo riassunto giornaliero; l'aveva lasciato in pace mentre studiava, appropriandosi della sua stanza per qualche ora, e poi senza chiedergli nulla aveva chiamato una pizzeria lì vicino e aveva ordinato due pizze. Insomma, la giornata era andata avanti senza troppi intoppi, a parte quel discorso imbarazzante sulla sua famiglia che ancora al ricordo lo faceva arrossire.
Anche se adesso Louis sapeva com'era composta quella di Harry, questi non aveva idea di come lo fosse la famiglia di Louis. Perché, beh, gli era piuttosto difficile immaginare Louis Madre e Louis Padre, inclini alla noia come il figlio. E magari, analogamente a lui, obbligavano anche le persone a trovare qualcosa per distrarli e a preparare per loro un the.
Guardò Louis, sorrise di nascosto. Alla fine dei conti, quella giornata era stata quasi piacevole.
"Quanto resti qui?" chiese senza accorgersene, per poi maledirsi e mordersi la lingua. Sperare che un ragazzo con tendenze evidentemente bipolari restasse a casa sua non era proprio una cosa sana per la sua salute, ma del resto nemmeno essere perdutamente innamorato del bullo che lo picchiava tutti i giorni lo era.
Louis gli rivolse uno sguardo indecifrabile, perplesso ma allo stesso tempo sicuro di sé. "Perché?"
Harry arrossì. "Beh, per...per sapere."
"Per sapere cosa?", continuò l'altro, sorridendo divertito. E Harry perse qualche battito nel vederlo.
"Io...non so se...preparo il pranzo anche per te, domani?"
Il ragazzo scoppiò a ridere, il piccolo era la dolcezza in persona. Dolce il suo arrossire, dolce la sua voce imbarazzata, dolce lo sguardo insicuro che gli rivolgeva. Troppo dolce per essere deluso, e così Louis annuì senza pensarci, con un sorriso appena accennato sulle labbra; Harry lo guardò e sorrise a sua volta, non riusciva a trattenersi, e abbassò lo sguardo mentre il rosso tenue sulle sue guance diveniva un po' più acceso.
A interrompere quel momento così delicato fu Buffy, che sgattaiolò verso Louis e posò una zampa sulla sua gamba facendolo sobbalzare.
"Maledizione Harry, toglila", sibilò cambiando subito umore, incapace di muoversi. Harry lo guardò perplesso, senza muovere un muscolo.
"Harry, cazzo, ho detto di levarmi questo gatto di dosso!", esclamò, e Harry trasalì e eseguì l'ordine.
"Hai paura dei gatti?", domandò dopo qualche secondo, trattenendo con immensa difficoltà le risate.
"No, ma mi fanno schifo", rispose Louis con una smorfia disgustata, "tutte quelle ossicine...sottopelle...oddio, mi fanno senso."
Harry pensò dolorosamente che evidentemente, quando spezzava le sue, di ossa, quel concetto non valeva. Si impose di ritornare a sorridere, quasi a ridacchiare, mentre accarezzava la sua gatta.
"Non capisco come fai, è così carina!". Buffy rispose al complimento facendogli ancora le fusa, mentre Louis invece arricciava il naso.
"Lasciamo stare", sbottò infastidito, e Harry deglutì a fatica sperando che non volesse prendersela con lui; probabilmente s'irrigidì troppo al pensiero, perché Louis se ne accorse e ridacchiò. "Non voglio picchiarti", lo tranquillizzò divertito.
"Non ho mai capito perché ti piace farlo", mormorò il ragazzo, a occhi bassi.
"Va' a dormire, Harry", fece Louis senza rispondere, "è tardi, non credi?"
Harry guardò l'orologio, leggermente sorpreso. "Sono solo le dieci e mezza..."
"Ma non sai a che ora ti sveglierò domani", sogghignò l'altro. Il ragazzo sospirò, ormai aveva capito che Louis fosse un tipo strano e nemmeno osò ribattere.
"Ti sistemo il letto e vado", fece, trattenendo uno sbuffo. Si alzò, Louis lo seguì come un'ombra.
"Che stai...facendo?", domandò, confuso. Aprì un armadio e ne estrasse un paio di coperte, le posò sul suo letto e poi frugò di nuovo fra i cassetti.
"Come fai a sistemare un letto, se è un divano?", chiese Louis, ignorando la sua domanda. Harry mise una federa su un cuscino, nascondendo un sorriso.
"Ci metto una coperta sopra e una sotto, così è lo stesso", spiegò come una madre a suo figlio. Louis incrociò le braccia, guardandolo attentamente, e di nuovo Harry si sentì fremere come se il ragazzo lo stesse giudicando.
"Se il divano è scomodo, ti caccerò dal letto e andrai a dormirci tu", lo informò atono. Suonava tanto come un ordine, e Harry riuscì a mormorare solo un "okay..." perplesso mentre si mordeva il labbro inferiore.
Portò tutto in salotto e sistemò le coperte e il cuscino sul divano, poi spense la televisione e annunciò a Louis, che non aveva smesso un attimo di fissarlo, che aveva finito di sistemare.
"Mh, va bene", commentò, Harry lo fissò per un attimo, annuì incerto, e poi si diresse in bagno.
Si lavò i denti, indossò il pigiama e proprio mentre svuotava la vescica, Louis bussò alla porta. Ma era un bussare che, più che chiedere il permesso di entrare, annunciava che stava per spalancare la porta; Harry fece infatti appena in tempo a tirarsi su i pantaloni, che Louis era già entrato nel bagno.
"Louis", sbottò imbarazzato, "dovresti..."
"...dovresti chiudere la porta a chiave, se non vuoi che la gente entri", ridacchiò Louis, interrompendolo. Posò un beauty case nero sul ripiano, ne estrasse il suo spazzolino -Harry pensò che si era portato davvero tutto dietro- insieme al dentifricio. Harry si avvicinò titubante dopo aver tirato lo scarico, aprì il rubinetto e si sciacquò le mani mentre Louis gli chiedeva dove tenesse le asciugamani pulite. Poi uscì, mentre Louis iniziava a spazzolarsi i denti e sorrideva fra sé e sé per l'imbarazzo del più piccolo.
Da quando si trovava lì, la tensione nella sua testa era praticamente sparita. Di solito riusciva a sfogarsi solo picchiando qualcuno, e a rilassarsi soltanto con Zayn, ma senza l'odore di fumo e il continuo dire parolacce alla fine era molto meglio. Non credeva fosse possibile, eppure era così.
Per qualche secondo, Louis si dimenticò davvero dei suoi problemi.
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