Secondo capitolo
Vi ricordo che questa storia non è mia, ma di Seele su Efp!
*****
Louis tornò a casa tardi, molto tardi, quando i suoi genitori già dormivano; infilò la chiave nella serratura e la fece girare lentamente, entrò in casa in silenzio e stette ben attento a non urtare da nessuna parte, ma prima ancora che potesse richiudersi la porta alle spalle si ritrovò sua sorella davanti e sobbalzò.
"Merda, Lottie", fece a bassa voce, "mi hai spaventato."
"Non parlare così, Lou", rispose lei irritata, "qui puoi anche toglierti quella maschera da duro!"
"Sta' zitta", sbottò lui, "non ne sai niente di maschere, tu."
Lei sospirò, non aveva voglia di litigare, e abbassò il tono di voce cercando anche di addolcirlo. "Dove sei stato? Mamma si è preoccupata un sacco."
"Non credo che ti riguardi", rispose lui levandosi la giacca.
"Papà si arrabbierà", provò a convincerlo.
"Non è neanche il mio vero padre, e poi non gliene frega un cazzo", sibilò il ragazzo in risposta, "e quello reale è anche peggio."
"Dio, Louis, non ce la faccio più!", quasi esclamò la sorella. "Perché devi trattare tutti così male?"
"Chiedilo a lui", rispose Louis, indicando con un cenno della testa la stanza da letto dei genitori.
"Posso capire che ti abbia fatto del male, molto male, davvero, Lou", iniziò lei guardandolo supplice, "ma..."
"Basta!", esclamò il ragazzo, e Lottie trasalì. "Non ne voglio parlare, lasciami in pace!"
Si dileguò in bagno per farsi una doccia. Si sentiva addosso l'odore di alcool e nella bocca quello delle sigarette di Zayn, con il quale era stato ad una festa fino a mezz'ora fa. Aprì l'acqua rifugiandosi sotto al getto senza curarsi del rumore che poteva fare e della voce assonnata di una delle gemelle che si era svegliata per la sua esclamazione poco prima, senza preoccuparsi di far arrabbiare suo padre e coinvolgerlo in una lite senza fine, perché alla fine sarebbe stato perfino meglio litigare con lui e farsi anche cacciare di casa piuttosto del silenzio che aleggiava sempre fra di loro.
*****
Harry uscì dalla metropolitana con lo zaino in spalla e un paio di libri in mano, ripetendo sottovoce gli appunti di chimica che aveva preso da Liam. Era intenzionato ad andare all'interrogazione, così continuava a pensare ad atomi, masse e moli, e aveva deciso di continuare a ripetere ad alta voce anche all'interno della sua classe prima che fosse riempita di altri studenti. Guardò l'orologio mentre si incamminava verso la scuola; aveva quasi mezz'ora prima del suono della campanella, era arrivato di pochi minuti in anticipo rispetto al solito. Incontrò lo sguardo di una ragazza che gli sorrise, tentando di far colpo su di lui, ma si limitò a sorridere timidamente per ricambiare e poi a distogliere subito lo sguardo, entrando nell'edificio.
Harry Styles non era affatto interessato alle ragazze...
Si stava chiedendo come mai attirava così tanti sguardi se poi doveva ignorarli, perché madre natura si fosse concentrata tanto su di lui sebbene nella sua mente ci fosse qualcosa che decisamente non funzionava come di dovere, quando mettendo una mano sulla maniglia della sua classe si accorse che la porta era chiusa a chiave.
Forse era arrivato troppo presto e le aule erano ancora chiuse, ma quella spiegazione non lo convinceva molto. Provò ancora ad abbassare la maniglia, con più forza.
"È inutile", una risata cristallina alle sue spalle gli fece venire i brividi, "è chiusa a chiave."
Si girò lentamente, e non si stupì nel vedere quei due frammenti di cielo appartenenti a Louis Tomlinson.
"Tu...", riuscì solo a mormorare, mandando a fatica giù la saliva.
"Io non arrivo mai a scuola così presto, lo so", proseguì Louis al suo posto, con un ghigno poco rassicurante sul volto, "ma mi era giunta voce che invece tu arrivassi qui di buon'ora e volevo accertarmi che fosse fondata."
Avanzò di pochi passi, fino a che Harry nell'indietreggiare non si trovò con la schiena contro la porta. Pensò per un attimo di scivolare a terra per sottrarsi alla sua vicinanza, ma quando realizzò che sarebbe stato stupido e umiliante decise di restare lì dov'era, con Louis a pochi centimetri dal suo corpo e il suo sorriso bellissimo e cattivo riflesso negli occhi.
"Non mi picchiare". Inorridì quasi nel sentire la sua stessa voce, quasi supplicante, quando invece avrebbe voluto sembrare deciso e pronto a difendersi.
Louis alzò le braccia e Harry temette che avesse tutt'altro che acconsentito alla sua preghiera, ma invece il ragazzo poggiò il palmo di una mano al lato della sua testa, a imprigionarlo, mentre con l'altra affondava nei suoi ricci in quella che sembrava lontanamente una carezza.
"No, non oggi", disse contrariamente a ogni sua previsione, con un'aria un po' indecisa, come se ci stesse pensando. Notò l'aria sorpresa di Harry, intuì che avrebbe potuto insospettirsi; "così la prossima volta che ti ammazzo di botte sarà più doloroso", si affrettò ad aggiungere, spostando la mano dai suoi capelli che Harry temette fino all'ultimo volesse stringere.
"Non capisco perché mi odi", mormorò debolmente il ragazzo, e sembrava davvero sincero nel suo dispiacere. Louis ne rise, sprezzante, e gli afferrò violentemente i polsi per poi sbatterli contro il muro, rubandogli un gemito.
"Oh, io non ti odio ricciolino", gli soffiò nell'orecchio, facendogli venire i brividi, "anzi, mi piace sentire tutto il dolore che ti provoco."
Harry lo guardò interrogativo, e quando Louis strinse di più la presa sui suoi polsi abbassò il viso soffocando un'imprecazione fra i denti, tentando di non lamentarsi.
"Ecco, è esattamente per questo che non ti odio", continuò a ridere lui, nel suo orecchio, "adoro ascoltare i tuoi gemiti."
Harry lesse in quelle parole qualcosa di profondamente erotico, e dovette immediatamente ricordarsi di star parlando con un bullo per concentrarsi su altro.
"Lasciami", sibilò, con voce appena più decisa. Louis si spostò dal suo viso, ma non smise di tenerlo fermo dai polsi.
"Perché dovrei?", chiese cattivo, divertito. "Posso farti quello che voglio, non c'è nemmeno un professore in giro."
Lo guardò mordersi il labbro inferiore e dovette aspettare un secondo per continuare. "Comunque, non me ne sbatterebbe niente lo stesso."
Harry fu costretto ad abbassare gli occhi, perché non riusciva a reggere il suo sguardo e la sua presa sui propri polsi gli faceva sempre più male.
"Devo ripetere chimica", provò a mormorare, cercando disperatamente di trovare una scusa per cui convincerlo a lasciarlo in pace.
"Credi che me ne importi qualcosa?" Vicino, vicinissimo, bello e maledettamente stronzo.
"Ho...l'interrogazione" tentò di insistere. A quel punto Louis rise, e rilassò una gamba prima dritta come se volesse mettersi più comodo.
"Allora avanti, ripeti pure", disse divertito, ma in qualche modo sembrava serio. Harry lo guardò stranito, ancora bloccato da quelle morse d'acciaio che erano le sue mani.
"Ho detto ripeti, se ci tieni tanto", ripeté il ragazzo senza fare una piega. "Cosa stai studiando, le leggi ponderali e cose simili?"
Harry si chiese come diavolo facesse a ricordarsi il programma che aveva studiato due anni prima e poi annuì, ma un secondo dopo scosse la testa. "Sì. Cioè no. Ora siamo alla massa atomica, quella molecolare, la mole e..."
"E il numero di Avogadro", concluse Louis, imprigionando gli occhi nei suoi più di quanto stesse facendo con i suoi polsi. "Fa' pure, ti ascolto."
Harry non era sicuro che una cosa simile stesse succedendo davvero, ed era anche un po' sospettoso che volesse prendersi gioco di lui, ma dopo qualche secondo di attesa iniziò a ripetere a mezza voce.
Era intimorito da quella vicinanza e ogni tanto balbettava, suscitando il sorriso divertito di Louis. Non era proprio un sorriso a dire la verità, ma perlomeno non era la smorfia sprezzante a cui era abituato.
Immaginò quel sorriso più sincero, più vero, rivolto a lui in un altro modo, immaginò quelle labbra sottili sulle sue e arrossì. Senza volerlo le sue gote si colorarono di un rosso tenue e perse il filo del discorso, arrestandosi lentamente mentre parlava della composizione percentuale di un composto.
"Qualcosa non va, riccio?", domandò il ragazzo, divertito da quel rossore, anche se non sapeva bene perché fosse effettivamente arrossito. "Si direbbe che tu abbia caldo, ma è strano, perché i riscaldamenti non sono accesi e noi indossiamo ancora le giacche."
Osservò in ogni minimo particolare le sue gote arrossarsi ancora di più, il suo sguardo vagare dai suoi occhi alle sue labbra, e una risata accennata ma sincera gli scivolò da sola dalla bocca soffice.
"I-io...", provò a ribattere Harry, ma un secondo dopo Louis gli mordicchiò una guancia e, allontanandosi, gli lasciò i polsi.
"Ripassa ancora, ricciolino", ghignò ridendo, "se balbetti così, quell'interrogazione non andrà mai bene!"
Harry lo osservò allontanarsi, con la sua risata nella mente e le guance colorate di un rosso, se possibile, ancora più acceso.
*****
"Non è proprio questo, a dire la verità", stava dicendo Harry parlando al telefono, "è più che altro che...non lo so, non me la sentivo, ma alla fine all'interrogazione ci sono andato lo stesso."
La sua gatta gli faceva le fusa sulla pancia, graffiandogli appena la pelle chiara sotto il tessuto quando imprigionava negli artigli la maglietta e miagolava, desiderosa delle sue carezze. Harry allungò la mano libera e le accarezzò la testolina, scendendo poi sulla schiena lungo la spina dorsale e percependo sotto il palmo la sensazione familiare del calore del suo pelo.
"Te l'ho detto, non mi sentivo tanto sicuro, ma ho preso otto. È andata bene!"
Stava parlando al telefono con sua madre, gli mancava un po' da quando era andato a vivere da solo all'inizio dell'anno scolastico. Tuttavia, credeva ancora che la sua fosse stata una buona decisione; casa sua era davvero troppo lontana dalla scuola, e non poteva permettersi di arrivare in ritardo ogni giorno. L'anno scorso aveva quasi rischiato di perdere l'anno a causa di tutti i suoi ritardi, e quando aveva trovato questa soluzione sua madre l'aveva appoggiato a malincuore.
"E come sta Gemma?", sorrise, illuminandosi nel nominare la sorella maggiore che adorava. Sua madre gli rispose che era tutto a posto, che stava ultimando i preparativi del matrimonio con il suo ragazzo che si sarebbe svolto di lì a breve.
"Non vedo l'ora che si sposi", commentò emozionata la donna, dall'altro capo della cornetta, "anche se mi mancherà. Tu mi manchi così tanto, tesoro!"
"Anche tu mi manchi, mamma", disse dolcemente, ascoltando un nuovo miagolio della sua gatta.
"Salutami Buffy" ridacchiò la donna, sentendolo a sua volta. Harry fece una nuova carezza sul musetto della gatta. "Fatto" annunciò ridendo. "Ora vado a studiare, mamma. Ci sentiamo dopo, salutami Gemma."
"D'accordo, ciao tesoro."
Chiuse il telefono, poi si morse un labbro chiedendosi se avesse dovuto parlarle di Louis. Era un interrogativo che lo perseguitava ogni giorno; forse, se avrebbe detto a sua madre che a scuola c'era un bullo che si divertiva a 'sentire il suo dolore' -arrossì di nuovo al ricordo di quella mattina- avrebbe potuto trovare un modo per difendersi, ma questo avrebbe voluto dire anche incorrere nella sua ira e non aveva voglia di finire all'ospedale. Però con Liam doveva parlarne per forza, glielo aveva promesso.
In quel momento il cellulare sul tavolino squillò, e si sporse dal divano per vedere chi fosse.
Ciao Hazza! Mi puoi dare una mano con matematica, domani? Giuro che non ci capisco niente! N. x
Rimase un po' interdetto per quella lettera finale, poi rispose.
Non c'è problema Nialler. Facciamo in biblioteca dopo le lezioni?
Affare fatto.:)
Posò il telefono e poi si levò Buffy di dosso per dirigersi nella sua stanza, prendendo i libri di letteratura e iniziando a studiare Cappellano con il suo De Amore.
Stava leggendo quell'assurdità dei dodici comandamenti dell'amore, quando si chiese se esistessero delle leggi da seguire anche per conquistare Louis Tomlinson.
Scosse la testa arrossendo, tentando di concentrarsi di nuovo, ma ormai era impossibile.
Moriva dalla voglia di vedere di nuovo gli occhi azzurri di Louis, che per la prima volta quel giorno l'avevano guardato senza disprezzo.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top