Quinto capitolo

Vi ricordo che questa storia non è mia, ma di Seele su Efp!

*****

Harry accarezzava nervosamente Buffy, che si strusciava contro la sua gamba; si alzò dal divano prima che la gatta saltasse sulle sue ginocchia per fare le fusa, le mise dei croccantini nella ciotola e cambiò l'acqua, le lasciò un'ultima carezza sulla testolina e poi controllò nuovamente l'orario. Erano le dieci e un quarto, dov'era Louis?

Si guardò allo specchio con incertezza; aveva indossato una maglietta bianca piuttosto attillata e un paio di jeans neri stretti, ma non era sicuro di aver scelto il look giusto. I suoi capelli erano come al solito ricci e indomabili, aveva tentato di sistemarli ma invano, così si era rassegnato all'idea di lasciarli così com'erano. Proprio quando stava per recarsi in camera sua per indossare qualcos'altro, udì il suo cellulare squillare e lesse un messaggio di Louis che gli annunciava d'essere arrivato.

Rimase immobile a fissare lo schermo per alcuni secondi. Il primo messaggio che Louis gli aveva inviato.

Si riscosse, temendo che se lo avesse fatto aspettare troppo se ne sarebbe andato, e indossò velocemente un giubbino per poi aprire la porta e chiuderla a chiave quando fu fuori casa, scese i gradini in fretta e quando finalmente aprì il portone e vide l'auto di Louis davanti al palazzo, sentì il suo cuore fare capriole.

Non ci poteva credere. Com'era possibile che quella situazione esistesse sul serio?

"Allora, ti vuoi muovere?", lo riscosse Louis, affacciandosi dal finestrino. Le sue parole erano come al solito sgarbate, ma non disinteressate o irritate come sempre. Anzi, sembrava quasi un tono di voce normale.

Annuì e, facendo il giro, raggiunse il posto accanto a quello del conducente aprendo la portiera.

"Non sapevo che avessi la patente", mormorò intimidito.

"Ho compiuto diciotto anni due mesi fa" replicò Louis, mettendo in moto. "Tu ne hai ancora sedici, non è vero?"

Harry era sempre più incredulo. Louis lo stava coinvolgendo in una conversazione? Davvero?

"Già", riuscì solamente a rispondere, ma si impose di continuare il discorso. "Avevo pensato di comprare una moto, ma...è più comodo usare la metropolitana."

"Ah, quindi è così che vai a scuola", commentò Louis. Harry annuì.

Gli lanciò un'occhiata che avrebbe voluto definire veloce, ma invece si soffermò troppo nell'osservarlo; indossava una maglietta bianca a righe e sopra una giacca nera, un paio di jeans blu scuri, e si accorse subito del suo sguardo.

"Ti sei incantato, ricciolino?", lo chiamò ridendo. "Ti ho appena chiesto se è la prima volta che partecipi a una festa."

Harry sollevò di scatto lo sguardo, arrossendo, e si schiarì la voce prima di parlare. "No, no, ovvio che no", borbottò, "ma non è che mi piaccia molto, a dire la verità..."

Louis si lasciò scappare un sorrisetto che l'altro non notò. "Beh, ma stasera puoi stare tranquillo."

Nel vedere con la coda dell'occhio l'espressione del ragazzo farsi sorpresa, si rese conto di aver usato un tono quasi malizioso e corse ai ripari. "C'è di sicuro Payne, no? Ti sta sempre dietro a proteggerti da Zayn."

Non voleva e non doveva spaventarlo, altrimenti avrebbe compreso i suoi scopi e lui non sarebbe riuscito a metterli in atto. Ma Harry sgranò gli occhi ancora di più, le sopracciglia quasi sparirono dietro i ricci sulla fronte, e Louis ridacchiò nel vedere la sua espressione.

"Zayn non c'è", annunciò poi, quasi volesse rassicurarlo. E infatti, Harry si sentì proprio così.

"Perché non è venuto?", domandò. Prima che Louis si rispondesse, si chiese se gli sarebbe sembrato impiccione.

"Aveva da fare con una ragazza", tagliò corto Louis.

"Pensavo fosse..." Harry fece stupito per parlare, ma si bloccò. Louis continuò al suo posto.

"Lo è", assicurò. "Diciamo che per lui non fa differenza."

Lo disse con un tono talmente indifferente, scrollando persino le spalle, che a Harry scappò una risata. Louis sorrise nel vederlo, e allora decise di apportare una piccola modifica al suo piano. Sarebbe stato gentile con Harry quella sera, così avrebbe raggiunto più facilmente il suo scopo; inoltre, quel che era meglio, dargli una speranza e poi spezzargli il cuore gli sembrava davvero divertente.

"Perché non ti piacciono le feste?", domandò ancora, cercando di ostentare un tono gentile.

"Non mi piace la musica, il casino, l'alcool...", si interruppe quando pensò che sembrava un santerellino, cercando qualcosa da aggiungere per discolparsi, "e poi non ci va nessuno dei miei amici, per cui mi annoierei."

"Quindi oggi non c'è Payne, mh?", domandò ancora Louis, adesso la questione diventava interessante. Harry scosse cauto la testa, e allora Louis fermò l'auto davanti casa Devine. L'aveva parcheggiata in un angolo meno affollato, e sentendo la musica al massimo proveniente dall'abitazione e osservando la reazione infastidita di Harry nel sentirla, non poté nascondere un lieve ghigno soddisfatto. Quel ragazzino era lì solo per lui, per trascorrere del tempo con lui in un luogo che odiava, e non sapeva ancora che si stava solo tradendo da solo.

"Allora, entriamo?", propose, dovendo alzare la voce per coprire il frastuono. Harry, cercando di non mostrare il suo evidente disagio, annuì piano.

La casa era già colma di ragazzi ubriachi e ragazze semi-svestite, cibo sulle pareti e bevande a terra, era davvero un casino; e pensare che il party era iniziato da poco...

Un ragazzo era salito su un tavolo e credeva di fare il dj, con l'unico risultato di creare ancora più fracasso e farsi lanciare cibo addosso da chi arrivava a prenderlo in giro.

Harry deglutì: cielo, quel posto non gli piaceva affatto...

Quasi a peggiorare la situazione, si rese conto di aver perso di vista Louis. Ma, in quell'esatto momento, mentre si guardava intorno alla sua ricerca, una mano si poggiò sulla sua spalla e una voce familiare urlò il suo nome per chiamarlo.

"Niall!", esclamò ad alta voce, vedendo il viso del biondino. Il ragazzo gli sorrise, lo prese da un braccio e lo trascinò al piano di sopra, fino ad arrivare in una stanza, aprire il balcone e fermarsi davanti alla ringhiera.

Si chiuse le ante alle spalle, accostandole, coprendo un po' il fracasso della musica. Harry rifiatò, sollevato.

"Dio, meno male", sospirò sorridendo, "un altro minuto lì e avrei dato di matto."

"Beh, ciao anche a te", ridacchiò l'amico. "Ma se questo posto non ti piace, che ci sei venuto a fare?"

Harry si chiese per qualche istante se raccontargli, poi però scrollò le spalle. "Mi andava, così", mentì, anche se non era bravo a dire bugie. Fortunatamente Niall non se ne accorse, si poggiò alla ringhiera e lo guardò in istante per qualche silenzio.

"Ti ho visto, prima", esordì infine, richiamando l'attenzione dell'amico intento a osservare un gruppo di ragazze ubriache che cantavano, stonando, nel giardino di casa Devine, "con Tomlinson."

A quel punto Harry sollevò di scatto la testa per guardarlo. "I-io..."

"Haz, credevo fosse un bullo", osservò il biondino, "non è così?"

Harry esitò per qualche secondo prima di annuire, mordendosi nervosamente un labbro.

"E allora che ci facevi con lui?"

L'amico rimase in silenzio, aspettando che l'altro traesse le sue conclusioni. "Ti ha invitato lui?" Annuì ancora.

"Perché?" Si strinse nelle spalle. "E adesso dov'è?" Abbassò gli occhi, perché non ne aveva la più pallida idea.

"Non mi piace Tomlinson", borbottò Niall, "è un tipo strano."

Harry risollevò gli occhi su di lui, poi li abbassò di nuovo. Iniziava a temere che sul serio Louis avesse in mente di fargli qualche brutto tiro...e sospettava che quello di sparire nel nulla non fosse che il primo della sua lunga lista di divertimenti per quella sera.

"Comunque", Niall tornò a sorridergli, notando che era a disagio, "adesso non pensiamoci. Sotto c'è un sacco di roba buona da mangiare!"

Harry ridacchiò, influenzato dalla sua risata coinvolgente, poi lo seguì al piano di sotto sperando che i suoi timpani reggessero a quel baccano.

Niall gli consigliò di bere qualche sorso di birra irlandese, rifiutò perché lui e l'alcool non andavano molto d'accordo, ma l'amico insistette e allora lo accontentò. Poco dopo vide un suo amico e gli urlò che andava a salutarlo, Harry non riuscì nemmeno a sentirlo nel frastuono, ma annuì e mandò giù un altro sorso di birra.

In effetti, era davvero deliziosa...

"Harry!", esclamò un'altra voce, mentre una mano si posava sul suo braccio. "Dove ti eri cacciato? Ti ho cercato ovunque!"

Solo dopo qualche istante Harry realizzò che era stato Louis a parlargli, e lo guardò storto. "Tu? Cercarmi? Impossibile."

Louis gli guardò le guance arrossate e gli occhi appena lucidi, segno evidente che aveva bevuto, e sogghignò. Sarebbe stato anche più facile di quello che aveva immaginato. "Hai alzato un po' il gomito, frocetto?"

Sul viso di Harry si fece spazio una smorfia irritata. "Non sono frocio, si dice gay."

"Gay come una fata", rise Louis. Al diavolo la gentilezza, ormai lo aveva in pugno.

"Anche Zayn è gay come una fata", replicò, per poi guardare il suo bicchiere ormai vuoto.

"Può darsi", sghignazzò Louis, prendendo una bottiglia piena a metà di birra dal bancone, "ma adesso bevi un altro sorso, avanti."

Harry ritrasse il bicchiere e un po' della birra si riversò sul tappeto. Scosse la testa strizzando gli occhi. "No", protestò, "basta bere. Non voglio ubriacarmi."

"Sei già ubriaco", disse il ragazzo con tono morbido e sensuale, e Harry stregato dalla sua voce portò quasi automaticamente il bicchiere ora pieno alle labbra.

"Voglio andare a casa", mormorò poi, sentendo che le gambe iniziavano a cedergli. Louis lo afferrò per un braccio, notando che stava per perdere l'equilibrio, e sorrise soddisfatto.

"Già, è ora di andare a casa", sghignazzò, e prima che Harry potesse accorgersene era in macchina con Louis alla guida.

"Come ti senti, riccio?", gli domandò, lanciandogli qualche occhiata. Forse aveva bevuto troppo...

Il ragazzo rispose con un verso ben poco delicato, e Louis ridacchiò. "Cos'hai bevuto?"

"Birra irlandese", biascicò.

"Mi dispiace dirtelo, ma non è affatto così. Quando sono arrivato stavi bevendo roba molto più forte."

"Mh, sì", borbottò Harry, sforzando la memoria, "quando Niall se n'è andato la birra era finita..."

Louis gli gettò uno sguardo truce. "Chi è Niall?"

Ma Harry non rispose, si era già addormentato e Louis, quando lo comprese, masticò un'imprecazione fra i denti.

Perfetto! Il suo piano non era andato a buon fine, e come se non bastasse adesso avrebbe dovuto occuparsi di quel ragazzino addormentato. Accidenti...

Parcheggiò l'auto sotto casa di Harry, ma quando lo chiamò per uscire dalla macchina non giunse nessuna risposta.

"Harry, avanti, svegliati", lo incitò infastidito, aprendo la portiera. Ma Harry per tutta risposta si mise ancora più comodo sul sedile, borbottando qualcosa in protesta.

Louis lo fissò per un po': sembrava un cucciolo abbandonato, mentre qualche ricciolo ribelle gli cadeva senza peso sulla fronte e le guance erano ancora imporporate per l'alcool. Sbuffò e finalmente si decise; prese in braccio Harry, in un movimento che gli ricordò quando lo faceva con le sue sorelline addormentate prima di portarle a letto e rimboccare loro le coperte, quando tutto era migliore, quando il suo patrigno non era così crudele e indifferente come allora...

Quasi a volerlo distrarre, a volerlo salvare da quei pensieri così dolorosi, Harry si accoccolò contro il suo petto e strinse la stoffa della sua maglietta nel pugno chiuso. Louis si costrinse a distogliere lo sguardo, perché quella scena iniziava a intenerirlo e non aveva nessuna intenzione di pensarlo una seconda volta.

Aprì il portone con una lieve difficoltà, fortunatamente gli aveva preso le chiavi dal giubbino prima di uscire dalla macchina. Nell'entrare in casa sobbalzò quando sentì qualcosa di caldo e peloso strusciarsi contro le sue caviglie, e quando si rese conto che era solo un maledetto gatto lo apostrofò in modo poco carino e lo allontanò mentre si chiudeva la porta alle spalle.

Si prese qualche secondo per osservare superficialmente la casa, prima di raggiungere la camera del ragazzo e posarlo con delicatezza sul letto; non era particolarmente grande ma nemmeno piccola, c'era un salotto collegato con la cucina, due bagni di cui uno meno spazioso, un balcone e una stanza da letto. Del resto, considerando che ci viveva da solo, gli sembrava anche giusto per le dimensioni che aveva.

Il gatto saltò sul letto e si raggomitolò accanto ai piedi del padrone; Louis rimase a fissarli per qualche secondo, chiedendosi chi dei due fosse il cucciolo, poi uscì dalla stanza scuotendo la testa. Ormai i suoi obiettivi per quella notte erano andati a farsi benedire, e pensò di andarsene prima che il suo sguardo cadesse per caso sul mazzo di chiavi alla porta.

Dopotutto era stata colpa del ricciolino se aveva perso quell'occasione, no? Doveva vendicarsi.

Sfilò le chiavi dalla serratura e compose il numero di un suo amico esperto in certe cose, pensando che comunque avrebbe ottenuto un po' di pace e avrebbe potuto gustarsi da vicino tutte le esilaranti, dolci e imbarazzate espressioni di quel piccoletto. Poi prese le sue, di chiavi, pensò ad un borsone che aveva rinchiuso nell'armadio e ai vestiti da metterci dentro e decise di non aspettare un minuto di più.

*****

Harry si svegliò con un mal di testa assurdo, sentiva ogni muscolo pesante e non riusciva a ricordare nulla della sera precedente; la festa a casa Devine, Niall, la birra... Louis.

Era stato lui a riportarlo a casa? Ricordava il rombo di una macchina, ma niente di più, ogni ricordo era scolorito. Ciò che era invece ben colorato nella sua mente confusa era il celeste degli occhi di Louis, ma nient'altro.

Non fece in tempo ad alzarsi dal letto che un profondo senso di nausea lo travolse e corse in bagno per rimettere; vomitò anche l'anima, e quando finì giurò a sé stesso che non avrebbe bevuto mai più.

Aprì il rubinetto per sciacquarsi il viso e le mani, tirando lo scarico del gabinetto dove aveva rimesso anche le budella, e udì un rumore particolare. Comunque, coperto dallo scroscio dell'acqua, non ci fece molto caso.

"Ti sei svegliato, finalmente!"

Harry rimase immobile; gli occhi verdi nel bianco del lavandino, le mani ferme sul bordo, il viso ancora bagnato.

Louis.

No, no, impossibile, quella non poteva essere sul serio la sua voce.

Alzò il volto con prudenza, e quando vide che Louis era effettivamente davanti a lui, poggiato contro lo stipite della porta mentre gli porgeva un asciugamano, lo fissò come se fosse un miraggio.

"Forse stai ancora dormendo", sogghignò Louis, e solo allora Harry si decise a prendere l'asciugamano che gli porgeva e ad asciugarsi il volto bagnato.

"C-che ci fai qui?", mormorò infine, confuso. Louis aveva incrociato le braccia, ma non sembrava minimamente intenzionato a muoversi da lì.

"Niente, ci sono e basta, problemi?", domandò tranquillo. Harry era assolutamente sconvolto da quelle frasi, da quella vicinanza, era tutto troppo surreale. Annuì confuso, a metà fra il dissenso e l'accordo.

"Benissimo", proseguì Louis dandogli le spalle, "allora la mia roba è nell'armadio."

Harry, troppo distratto dal suo fondo schiena, impiegò qualche secondo ad assimilare quella frase. "Che cosa?", esclamò infine, iniziando a intuire il senso delle sue parole.

"Ho detto esattamente quello che hai sentito, Harry", assicurò il ragazzo, con un lieve ghigno sulle labbra sottili. Harry boccheggiò incredulo per qualche secondo, poi scosse la testa per riprendersi e si diresse velocemente in camera sua a spalancare le ante dell'armadio.

Non poteva crederci. C'erano davvero vestiti non suoi, lì dentro.

"M-ma...", balbettò, per poi interrompersi nel fissare quella scena per alcuni secondi, "che vuol dire tutto questo? Louis!", chiamò a voce più o meno alta, sempre velata dalla timidezza. Ma Louis nemmeno lo ascoltava più, stava indossando una giacca e lo raggiunse in fretta in salotto.

"Spiegami che cos'hai in mente", fece incredulo, fermandolo prima che aprisse la porta.

"Sta' tranquillo riccio, non ho intenzione di fermarmi più di due o tre giorni", lo rassicurò -per quando Louis Tomlinson potesse essere rassicurante-, "poi avrai indietro la tua casetta e il tuo armadio tutto per te."
"N-non ho intenzione di a-aprirti quando suonerai alla porta, se prima non mi dici p-perché", cercò di ribattere Harry, ostentando un tono deciso.

Louis ghignò, e il ragazzino comprese che la sua fine era già stata decisa.

"Non suonerò, infatti", sorrise, bellissimo e sfacciato, mostrandogli la sua copia delle chiavi di casa e facendole tintinnare fra loro. Le infilò di nuovo in tasca con una risata soddisfatta, osservando l'espressione sconvolta e quasi terrorizzata di Harry.

"Cos'è quella faccia, ricciolino?", lo schernì divertito prima di chiudersi la porta alle spalle, "se non ti va bene puoi tranquillamente denunciarmi."

Harry rimase qualche minuto buono a fissare la porta ormai chiusa, poi si prese il viso fra le mani e si ripeté quell'ultima frase all'infinito, prendendola seriamente in considerazione.

Sbuffò quando si rese conto che, dopotutto, gli faceva piacere; e, come al solito quando pensava a Louis, arrossì come un bambino.

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