Quindicesimo capitolo
Vi ricordo che questa storia non è mia, ma di Seele su Efp!
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Quella notte, Harry fece difficoltà ad addormentarsi. Primo, perché la vicinanza di Louis era imbarazzante, e lo faceva arrossire anche se lui dormiva tranquillamente; secondo, perché le immagini di quella giornata continuavano a vorticargli irrefrenabili nella mente, insieme con le parole che Louis gli aveva rivolto.
Erano state così belle, così importanti e inaspettate. Louis l'aveva chiamato piccolo, l'aveva accarezzato, baciato, trattato come qualcosa di prezioso e fragile e perfetto, ed Harry si era sentito esattamente così. Si era sentito perfetto. Fra le braccia di Louis, negli occhi di Louis, sulle labbra di Louis.
Ma sapeva benissimo di non essere lui, quello perfetto. Ad esserlo sul serio era Louis; anche quando era arrabbiato e in lacrime, Harry non aveva smesso un attimo di pensarlo. Louis era perfetto.
Liam gli aveva chiesto tante volte perché? Perché dovrebbe esserlo, Harry? Non riesco a capire, ma la verità è che nemmeno Harry lo avrebbe saputo spiegare. Lo era, e basta. Sapeva che lo fosse proprio come sapeva che il sole sorge ad est, che i fiori appassiscono in inverno, che si nasce e si muore senza che niente possa evitarlo. Allo stesso modo, Harry non avrebbe mai potuto evitare di amare così tanto Louis.
Era naturale, era come un istinto. Harry era nato per amare Louis, per perdonarlo sempre e comunque, per sorridergli. E adesso, quasi iniziava a sperare che anche Louis fosse nato per scopi simili verso di lui.
Sospirò silenziosamente, osservando il viso addormentato di Louis vicino a sé. Dalla finestra entravano timidi raggi di luna, che si posavano delicati sul suo volto mettendone in risalto la bellezza e la tranquillità; Harry allungò una mano e gli sfiorò uno zigomo arrossato, rendendosi conto che avesse dovuto procurarselo picchiando quei ragazzi che l'avevano infastidito alla festa. Harry sapeva che era sbagliato, che la violenza non era mai una soluzione -chi poteva dirlo meglio di lui?- , ma non poté ricacciare un lieve orgoglio nel pensare che Louis l'avesse fatto per lui. Per difenderlo, per proteggerlo. E sorrise timidamente, come aspettandosi che Louis si svegliasse all'improvviso e iniziasse a prenderlo in giro con dolcezza, come faceva sempre più spesso. Non c'era più cattiveria. Ora, Louis sorrideva.
Si avvicinò appena di più a lui, timidamente e silenziosamente, pregando di non svegliarlo; poi, finalmente felice, chiuse gli occhi.
Il sonno arrivò veloce come il sorriso sulle sue labbra.
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Okay, va bene arrivare in ritardo. D'accordo, va bene rimandare. Ma non va bene farlo così tante volte.
Anzi, non va bene nessuna delle tre cose; perché dovrebbe? Davvero, era stato troppo gentile e neanche quello andava bene. Da quando si era preso quell'epica sbandata per Liam, troppe cose avevano smesso di girare nel senso giusto.
Per esempio: lui non aveva mai cercato nessuno. Al massimo Louis, quando gli rubava le sigarette con l'intenzione di scatenare la sua ira; quindi, quella di cercare Liam era un'assoluta novità nella sua vita.
Lo pensava mentre, a lunghe falcate, si dirigeva verso lo spiazzo principale del cortile della scuola. Josh gli aveva inviato un messaggio dicendogli che Liam si trovava lì, e Zayn non aveva esitato a dirigersi in quella direzione, ma quando lo raggiunse quasi sperò di non averlo mai fatto.
Liam e una ragazza erano seduti su un muretto che circondava un'aiuola formando un cerchio di mattoncini, e il suo braccio era intorno a lei e le sue labbra sulla sua guancia, in un tenero piccolo bacio. Zayn sentì qualcosa di strano, proprio all'altezza del cuore. Non aveva idea di cosa fosse, non aveva mai percepito prima niente di simile, ma faceva un male assurdo.
"Danielle!" chiamò una ragazza bionda, di cui Zayn udì la voce solo distrattamente. Si rese conto che Danielle dovesse essere il nome della ragazza abbracciata a Liam, perché questi si voltò nella sua direzione e sorrise, prima di girarsi di nuovo verso Liam e baciarlo.
Oddio. Forse aveva preso freddo o, magari, gli era venuto un improvviso attacco di crepacuore, oppure era morto evidentemente, perché la sensazione che ne conseguì fu estremamente simile a uno stop del proprio battito cardiaco.
Liam si alzò dal muretto dov'era seduto quando Danielle si allontanò seguendo l'amica, e aveva un'aria così dannatamente felice che Zayn sentì i pugni tremare. Era una sensazione così simile a quando doveva trattenersi dal lanciarsi su suo padre per evitare che facesse del male alle sue sorelle; così uguale, perché anche in quel caso sapeva che se anche avesse usato la violenza, non sarebbe servito a nulla.
Liam era impegnato. Liam stava con una ragazza.
Non poteva giocare nessuna carta; ecco perché Liam non sembrava dargli retta, non erano dalla stessa parte. E Zayn aveva imparato a superare certi pregiudizi, ad accettarsi, da tempo. Ma in quel momento si sentì così inutile e sbagliato che nemmeno si sorprese, quando percepì gli occhi iniziare a pizzicargli.
In quel momento, Liam fece per voltarsi e Zayn fu più veloce di lui, si allontanò prima che potesse vederlo e si fermò solo in una parte vuota del cortile, lasciando che la propria schiena si poggiasse al muro e tentando di calmare il respiro.
Si sentiva così male.
Per questo, solo per questo, compose il numero di Louis.
*****
La suoneria del cellulare di Louis lo costrinse subito a svegliarsi; lanciò un'occhiata veloce a Harry, che era ancora addormentato al suo fianco con un'aria pacifica e tranquilla, per niente infastidita da quel rumore, e decise di lasciar perdere il telefono.
Richiuse di nuovo gli occhi, sperando che smettesse presto di squillare.
Finalmente anche Harry fece qualche mormorio di protesta; solo quando Louis sentì una mezza imprecazione scivolare dalle sue labbra, si mise seduto sbuffando e prese il cellulare che segnava il numero di Zayn.
"Zayn, ma che diavolo?" sbottò. "Ha imprecato persino Harry, e tu lo sai che non impreca mai-"
"Louis." l'amico sgranò gli occhi nel sentire la sua voce, che sembrava così vicina a quella tonalità che aveva quando piangeva.
"Zayn!" esclamò. "Che è successo?"
Immediatamente andò nel panico, mentre Harry iniziava a svegliarsi. "Non dirmi che tuo padre ha di nuovo-"
"No" lo tranquillizzò Zayn, anche se sembrava lo stesso molto triste, "volevo solo parlare con qualcuno."
Louis tirò un sospiro di sollievo, ma continuò a preoccuparsi. "Che succede?"
"Liam..." mormorò l'amico dall'altra parte della cornetta, "Liam è fidanzato."
Louis quasi alzò gli occhi al cielo e rispose un secondo dopo. "Coraggio, non è così importante. Vedrai che cadrà ai tuoi piedi, impegnato o no" disse, con aria finalmente tranquilla. Andiamo, non era poi la fine del mondo.
"No" sospirò Zayn con voce rotta e terribilmente calma, "non è affatto così."
Seguì un istante di silenzio, e poi finalmente Louis comprese. "Liam è...?"
"È etero" sputò fuori Zayn, come se gli fosse costata un'immensa fatica dirlo. "Dannazione, non c'è nulla che io possa fare."
"Avanti, amico, non dire così. Portalo alla prima festa che trovi, tanto siete amici, e appena alza un po' il gomito-"
Evidentemente quella di interromperlo era diventata la nuova fissazione di Zayn, perché lo precedette ancora, e stavolta aveva la voce ridotta a un sussurro. "Io non sto cercando niente di simile, Lou. Io...io voglio davvero stare con lui."
"Oh" riuscì solo a dire Louis. Perché era una novità talmente grande, Zayn innamorato di una persona; non dei suoi occhi, non delle sue labbra, non dei suoi capelli, non delle sue mani o del suo corpo, ma di una persona. Pregi e difetti, lacrime e sorrisi, urla e risate. Stentava davvero a crederci.
"Ascolta, Lou, credo di sapere adesso perché ti ho chiamato" riprese Zayn, con la voce che ancora tremava. "Fa' attenzione, ok? So che avant'ieri sei tornato tardi dalla festa e oggi non sei venuto a scuola e tutto il resto, per cui di sicuro adesso avrai mille altri pensieri per la testa, ma è davvero importante e voglio che tu mi dia retta."
Al pronunciare quelle parole di Zayn, la mente di Louis tornò indietro alla notte e alla mattina prima e la sua mano si posò da sola fra i boccoli castani di Harry. Lasciò fra i suoi capelli tenere, delicate carezze, forse già prevedendo cosa Zayn avesse intenzione di dirgli.
"Ti ascolto" assicurò, accarezzando con lo sguardo il profilo pacifico e addormentato di Harry.
"Tu sei innamorato di Harry" disse, facendolo trasalire un po'. Solo un po', perché in realtà Louis lo sapeva già. "Non dirmi di no, perché sia io che tu lo sappiamo benissimo! Spero che lo sappia anche lui, ma nel caso non fosse così...Louis, tu devi dirglielo. Glielo devi dire, almeno tu che puoi."
Louis fece un piccolo sospiro triste. Avrebbe voluto raccontargli del "ti amo" che Harry gli aveva detto singhiozzando, della notte prima e di Taylor e di tutto il resto, ma non se la sentì proprio. Però Zayn aveva ragione, e lui stesso si era reso conto di quanto realmente Harry fosse importante per lui, non doveva perdere ancora tempo; Harry l'aveva aspettato e amato per tutto quel tempo, ora era giusto che fosse premiato per tutto quello che aveva fatto per lui.
"Hai ragione" sospirò, accarezzando delicatamente la guancia di Harry. Si concesse un accenno di sorriso a pensare che non avesse ancora nemmeno un filo di barba, era ancora un totale ragazzino. "Lo farò, Zayn."
"Bene" tirò su col naso l'amico, e dal suo tono Louis riuscì ad intendere che stesse sorridendo leggermente. "A dire la verità, non pensavo che ti saresti arreso così facilmente."
Anche Louis sorrise, vedendo Harry agitarsi leggermente quando sfiorò le sue labbra con i polpastrelli. "Beh, diciamo che vale la pena di essere onesti, per una volta. Ed è la seconda volta che fai il saggio su questa questione, quindi inizio a crederci!"
Zayn rise fra quelli che erano, indubbiamente, lievi singhiozzi. Louis si sentì così triste, perché anche se era un coglione di prima categoria e faceva delle cavolate epiche, come pubblicare i video in cui cadeva dallo skateboard su youtube o porgli complicati quesiti matematici appena sveglio, facendogli saltare i nervi di prima mattina, o lo prendeva in giro per la sua voce acuta, Zayn restava sempre il suo migliore amico. Quello che sembrava forte, spensierato e a volte crudele, mentre invece aveva un cuore grande così e viveva una vita difficile in cui la violenza regnava sovrana.
"Già" annuì Zayn, anche se Louis non poteva vederlo. Lo strappò ai suoi pensieri, per fortuna, perché iniziavano come al solito a prudergli le mani pensando a quella situazione.
"Zay, ci vediamo? Ti devi riprendere, amico. Esci da lì e andiamo da qualche parte."
"No, scusa, preferisco stare da solo" e Louis sapeva che avrebbe risposto così, ma lo chiedeva ogni volta che era giù di morale.
"Va bene" sospirò. Si salutarono, e poi Louis chiuse la chiamata e posò di nuovo il cellulare sul letto.
Quella mattina, quando la sveglia aveva suonato per svegliarli, Louis aveva fatto per alzarsi e andare a scuola come sempre; ma quando aveva visto Harry più vicino a lui del solito, addormentato profondamente e ancora stanco, non se l'era sentita di svegliarlo. E, a quel punto, si era rimesso a dormire.
Anche in quel momento il ragazzo dormiva, quasi fosse sotto l'effetto di qualche magia, come in quelle fiabe che sua madre leggeva a Lottie quando erano piccoli e che lui ascoltava sempre fingendo indifferenza. Quelle in cui c'è una principessa addormentata a causa di una magia e un principe che deve salvarla, spezzando l'incantesimo.
Ma le principesse non imprecano, si corresse Louis con un sorrisetto, pensando all'imprecazione di Harry poco prima. E poi, lui non era un principe. Lui non l'aveva salvato da nulla.
Invece, a rompere l'incantesimo che nascondeva i suoi sentimenti, era stato proprio Harry.
******
Quando Zayn stava male, l'unica cosa capace di rigenerarlo era la solitudine.
Zayn amava stare solo con sé stesso. Sentire solo il suo respiro, solo i suoi pensieri.
Gli era sempre bastato, da bambino; chiudersi in quel mondo perfetto dove c'era solo lui, dove non c'era suo padre e i lividi sulla pelle delle sue sorelle, dove c'era ancora sua madre.
Mamma, mamma.
Nel silenzio, poteva sentirla.
Mamma?
Le sue sorelle no, loro non sapevano ascoltare il silenzio. Ma lui sì.
Mamma, mi manchi.
Ed era bellissimo. Un silenzio disperato, auto-imposto, ma pur sempre bellissimo.
Mi manchi così fottutamente tanto!
Era un piccolo mondo dove non era sbagliato, il silenzio. Anzi, il silenzio era prezioso come l'oro e brillante come il sole, pieno di cristalli splendenti muti come stelle.
Mi dispiace, non volevo dire una parolaccia. È solo che papà non mi ha mai insegnato ad essere educato, scusami.
Lì non era sbagliato essere solo, affatto. La solitudine era necessaria e meravigliosa.
Mamma, io non volevo innamorarmi, ma è successo e-
"Zayn?"
Zayn alzò il volto, stupito nel sentire quella voce familiare. E, socchiudendo gli occhi per l'improvvisa luce solare, nel piccolo spazio che aveva aperto fra le palpebre riuscì a vedere i lineamenti del viso di Liam.
Abbassò gli occhi, imprecando fra sé e sé. Merda. Non voleva vederlo, non dopo che le sue mani avevano abbracciato lei, non dopo che le sue labbra avevano baciato lei.
"Zayn, che succede?" domandò ancora Liam, assumendo un tono preoccupato. "Ehi, guardami."
Zayn non ubbidì, anzi avvicinò le ginocchia al petto mentre posava meglio la schiena contro il muro dell'edificio. Ringraziò mentalmente che non ci fosse nessuno oltre a loro nei paraggi, perché si sentiva dannatamente debole e starsene lì raggomitolato per terra ne era un'inevitabile prova.
"Zayn?" chiese ancora Liam, e poi rimase in silenzio. Zayn lo amava davvero, il silenzio, e non gli avrebbe trovato nessun difetto, perché era così bello, perfetto; il vero, unico problema, era che nessuno fosse in grado di ascoltarlo. Nessuno era in grado di ascoltare il suo silenzio, perlomeno. Nessuno era cosìspeciale.
Finalmente alzò lo sguardo, pensando che Liam se ne fosse andato.
Ma lui era ancora lì, e sorrise leggermente per accovacciarsi subito dopo davanti a lui.
"Allora, parliamone" disse con un piccolo sospiro dispiaciuto, "perché stai piangendo?"
Zayn fece una smorfia offesa. "Non sto piangendo" replicò, ma al sentire la sua voce che tremava si tradì da solo.
"Va bene" lo assecondò Liam, "quindi, perché sembra che tu stia piangendo?"
Zayn apprezzò di più quella versione, ma nonostante ciò non sorrise. Anzi, tirò su col naso, perché che gli facesse una domanda simile proprio chi l'aveva portato in quello stato era davvero ridicolo. "Niente" soffiò, senza guardarlo in viso. "Non è successo niente."
Liam lo fissò per qualche secondo, come tastando il terreno. Zayn evitò i suoi occhi, che erano dolci e grandi e preoccupati; si sentiva come se gli stesse scavando nell'anima, e pregò solo che non riuscisse a intuire nulla.
"Okay" annuì Liam a sé stesso, aprendo le braccia, "qualcuno qui ha bisogno di un abbraccio."
Zayn trasalì e scosse il capo, come terrorizzato. Liam si sorprese e, senza chiudere le braccia, gli rivolse un'occhiata interrogativa.
"La gente scoppia sempre a piangere quando qualcuno l'abbraccia nei momenti di questo genere" spiegò velocemente il ragazzo, gli occhi dorati ancora invasi dalla paura di apparire così debole e vulnerabile.
"Oh" sembrò comprendere Liam, abbassando le braccia. Esitò un secondo, poi riprese parola. "Non c'è niente di male nel piangere, Zayn."
"Tu ne hai viste tante di persone piangere, vero Liam?" sorrise tristemente l'amico. "Sei la persona più adatta a consolare chiunque."
"Non è vero" ricambiò Liam, sorridendo leggermente a sua volta, "sono solo bravo ad ascoltare."
"Ma io sono rimasto in silenzio" ribatté Zayn, perplesso.
Il sorriso di Liam si allargò.
"Lo so, Zayn. E io ti ho ascoltato tutto il tempo."
Zayn sbatté le palpebre un paio di volte, sgranando poi gli occhi lucidi e dorati al limite possibile.
Oh.
*****
Guardare Harry svegliarsi era qualcosa di incredibile; Louis osservò ogni passaggio.
Per prima cosa, Harry si agitò leggermente e biascicò qualcosa. Poi tornò tranquillo, e dopo un velocissimo istante chiuse il pugno accanto al proprio petto; strizzò per un secondo le palpebre, le aprì lievemente, le socchiuse, le aprì di nuovo sbattendole un paio di volte. Infine mostrò tutto il verde splendente delle sue iridi, incontrando l'azzurro curioso e tranquillo di quelle di Louis.
Erano un mare così stranamente placido, calmo, senza vento e senza pioggia, gli occhi di Louis. E Harry pensò di riuscire a vedere persino i fondali che le onde nascondevano, credette di riconoscere ogni pesce che nuotava al di sotto di quelle acque improvvisamente limpide, ma immaginò che fosse solamente il torpore del sonno appena conclusosi a illuderlo così. Ma il sorriso lieve che apparve sulle labbra di Louis, la sua mano fra i suoi ricci, quelli erano reali; Harry lo comprese e desiderò subito tornare al suo sonno, dormire e svegliarsi altre mille altre volte, se avesse potuto ricevere sempre quel buongiorno.
"Ehi, non ti riaddormentare!" rise Louis. "È ora di pranzo, ed entrambi abbiamo poltrito decisamente troppo, oggi."
Harry mugolò qualcosa, ma alla fine sorrise e si mise seduto, stropicciandosi gli occhi con i pugni. Louis lo osservò intenerito, alzandosi dal letto per fare il giro e porgergli una mano.
"Avanti! Dai, esci dal mondo dei sogni e andiamo a cucinare."
Harry lo guardò sorpreso per qualche secondo, ma senza smettere di sorridere. Prese la sua mano, alzandosi dal letto, incontrò il sorriso di Louis e il suo cuore perse qualche battito.
Okay, questo è un sogno o è la realtà?, aveva bisogno di saperlo.
"Dammi un secondo" mormorò, lasciando a malincuore la sua mano e dirigendosi in bagno.
Si sciacquò il viso, si tirò un pizzicotto e si accorse con stupore che no, non era un sogno. Nemmeno uno dei più belli.
Raggiunse subito Louis in cucina, trovandolo intento a frugare fra le pentole.
"Harreh, quale va bene fra tutte queste? Diavolo, ci sono almeno quindici padelle diverse, qui, e sono tutte così dannatamente simili."
Harry rise silenziosamente e si avvicinò a lui. "Sono pentole" lo corresse, con un sorriso dolcissimo sulle labbra. Allungò una mano e ne prese una, riempiendola subito dopo d'acqua. "Cosa vuoi preparare?"
"Mh, non so, qualsiasi cosa" rispose Louis con noncuranza, osservando Harry che posava la pentola sui fornelli e accendeva il gas. Finse indifferenza, poi commentò distrattamente: "okay, e adesso ovviamenteso cosa fare. Sono curioso di sapere se lo sai anche tu."
Harry alzò un sopracciglio, sorridendo. "Beh, certo che lo so. Sono sempre io, a cucinare."
"Bene" rispose Louis a denti stretti. "Mettiamo la pasta."
Harry lo fermò un secondo prima che buttasse un intero contenitore di spaghetti nella pentola. "No, Lou!", scoppiò a ridere. "Devi aspettare che l'acqua bollisca, pesare la pasta per decidere le porzioni, solo allora puoi aggiungerla!"
Louis gli lanciò un'occhiataccia, posando il contenitore sul tavolo. "Lo so" grugnì. "Volevo solo vedere se eri attento."
Harry gli lanciò uno sguardo intenerito di nascosto, perché era così palese che Louis non avesse la più pallida idea di come cucinare. E Harry, a pensare che stesse imparando per la prima volta lì con lui, si sentì irrimediabilmente felice.
Versò la pasta poco dopo, non appena Louis si distolse dal contemplare tutte le bollicine che erano apparse sulla superficie dell'acqua messa a bollire nella pentola. Chiese a Louis di versare il sale e lui finse di saperlo alla perfezione, trattenne qualche risata, poi scolò l'acqua e fece le porzioni, lasciando che Louis dosasse il sugo di pomodoro su entrambe per poi cominciare a mangiare insieme.
"Mh, è la cosa più buona che io abbia mai mangiato!" esclamò Louis, sinceramente sorpreso. "Sarà perché l'ho cucinato io."
Harry pensò che veramente aveva fatto tutto lui, ma si limitò a sorridere fra sé e sé e a godersi la visione di Louis completamente preso da un piatto di pasta.
"Okay" fece ancora il ragazzo, arrotolando gli spaghetti intorno alla forchetta, "dovremmo cucinare insieme più spesso."
"Dovremmo fare cose insieme più spesso" si lasciò sfuggire Harry, per poi lanciare un'occhiata spaventata a Louis rendendosene conto.
Pensava che Louis ne sarebbe stato arrabbiato, invece lo trovò sorridente. Il ragazzo annuì, e Harry sentì il proprio cuore sciogliersi.
Davvero, quel piatto di spaghetti era la cosa più buona che avesse mai mangiato.
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