Diciannovesimo capitolo

Vi ricordo che questa storia non è mia, ma di Seele su Efp!

*****

Louis aveva litigato con suo padre, quella mattina, e non riusciva proprio a togliersi il malumore di dosso.

Entrò nei bagni pochi minuti prima che suonasse la campanella; non fece caso al fatto che al loro interno ci fosse già un ragazzo, intento a osservare il proprio riflesso nello specchio attaccato alla parete e a cercare di sistemare i ricci ribelli in cui si intrecciavano i suoi capelli.

Aveva giusto bisogno di sciacquarsi le mani, che erano diventate bollenti e troppo secche per la rabbia che gli infuocava il petto. Per sbaglio andò dritto addosso al ragazzo con i capelli ricci, e invece di dire qualche parolaccia -con suo stesso stupore- si lasciò scappare un "oops" decisamente poco adatto a lui, che non sapeva nemmeno da dove fosse uscito. Forse era solo troppo pensieroso per dire altro.

Il ragazzo davanti a sé, che doveva avere almeno due anni in meno di lui, invece di arrabbiarsi gli sorrise; un sorriso che, Louis non poté fare a meno di pensarlo, illuminò qualsiasi cosa.

"Ciao" rispose, mostrandogli delle bellissime fossette ai lati della bocca.

Louis, in tutta la sua vita, non si era mai sentito così attratto e così strano e così confuso.

Harry non aveva detto una parola, mentre Louis gli raccontava del perché se la fosse presa con lui così tanto. Assorbì in silenzio ogni frase, pronunciata subito dopo il "ti amo" a cui Harry aveva anelato per così tanto tempo; rimase zitto ad ascoltare il suo racconto, il suo punto di vista, la sua insicurezza e la sua paura. E, mentre sentiva Louis parlare con tono basso e dispiaciuto, anche il suo cuore sotto alle sue mani batteva come una seconda voce.

"Ero così spaventato" sussurrò Louis, le dita che accarezzavano delicatamente i fianchi di Harry. "Non sapevo come reagire, e perciò io...mi sono difeso. Pensavo che facendoti del male avrei smesso di sentirmi così."

Harry parlò con voce bassa, adeguandosi al tono di Louis. "Così come?"

"...confuso" rispose Louis. "Tu mi confondevi, Harry. Perché verso di te non sentivo solo un'attrazione fisica...c'era di più, e i tuoi occhi mi scombussolavano. Non capivo cosa mi succedeva, come..."

Lo guardò negli occhi, facendo una pausa. "Come adesso, Harry" e premette più forte il palmo della sua mano contro il proprio petto.

Il suo cuore batteva fortissimo; Louis lasciò la mano sul suo polso per portarla sul suo volto, ad avvicinarlo al proprio.

Incontrò le sue labbra, dolcemente, e il suo cuore batté ancora più forte. Per la prima volta, Harry ebbe la consapevolezza che sia il suo che quello di Louis correvano allo stesso ritmo, e a quel pensiero sorrise nel bacio.

"Anche io ti amo" rispose, in ritardo. Soffiò quelle parole sulle labbra di Louis, prima che lui lo baciasse di nuovo e ancora e ancora, più dolcemente, accarezzando, cullando, facendo l'amore senza spogliarsi, senza guardarsi, senza toccarsi.

Harry sospirò, sentendosi così felice da poter morire; lì, fra le braccia di Louis, sussurrandosi attraverso quei baci silenziose e taciute parole d'amore, colme di tenerezza, non dette eppure comunicate, leggere come fiocchi di neve, luminose come raggi di sole.

E continuarono a fare l'amore, vestiti, ad occhi chiusi, immobili.

*****

Josh e Ben non ne avevano mai sentito il bisogno, di parlare.

Si capivano solo guardandosi; si confidavano soltanto con gli occhi; ma poi Josh aveva cominciato ad allontanarsi, a sfuggire alle sue occhiate, ad interagire con lui in modo diverso.

Aveva iniziato ad usare armi, a spacciare droga, a frequentare cattive amicizie. E, pur di non perderlo, pur di controllarlo da vicino e di conoscere la sua realtà, per trovare un modo per tirarlo fuori dalla vita in cui si stava cacciando, Ben aveva deciso di stare al suo fianco.

In quel momento lo osservava delineare un piano. Mettere su un foglio, per iscritto, tutto ciò di cui avrebbero avuto bisogno; accendini, alcool, pistole per sicurezza in caso di inconvenienti o di coinvolgimenti con la polizia.

"Che stai preparando?" domandò allora, incuriosito.

"Non te lo dirò, Ben" sorrise Josh, tristemente, "oppure insisterai per prendere parte a questa follia anche tu."

"Dimmelo" insistette il gemello. "Voglio saperlo. Per favore."

Josh sospirò, girando il foglio dalla sua parte cosicché potesse vederlo. "L'ho preparato per Louis" spiegò, "è da qualche tempo che ci pensiamo."

"È un negozio, questo?" chiese Ben, indicando un disegno.

"Sì, quello del padre adottivo di Louis" annuì l'altro. "Dovremmo agire la prossima settimana, e con noi ci sarà anche Michael. E Zayn, forse."

Ben studiò attentamente il disegno, cercando di capire cosa fossero tutte quelle linee disegnate sul locale.

"Non capisco che avete intenzione di fare" mormorò quindi. "Questa è pioggia?"

"Direi che è l'esatto opposto" sorrise leggermente il gemello. Ben impiegò qualche secondo per raccogliere le idee, poi sgranò gli occhi.

"Volete..."

"Esatto" lo anticipò Josh, serio. "Bruciarlo."

*****

"Sei sicuro, Lou?" domandò Harry, la voce appena sussurrata nel silenzio quasi surreale di quella sera, calmo ma non leggero, sempre sul punto di rompersi, di spezzarsi, di crollare fra le sue mani.

E se non fosse stato abbastanza? Se non fosse stato in grado di ascoltare tutto ciò che Louis aveva da dirgli?

"Sì" disse soltanto Louis, piano. "Chiedimi tutto quello che vuoi. Su di me, su di noi, sulla mia famiglia." Esitò un secondo prima di pronunciare l'ultima parola, ma era deciso. Harry annuì, però Louis sospirò e allontanò delicatamente le sue mani dal proprio petto.

"Scendi, piccolo" sussurrò. "Non...non sono calmo, quando parlo di mio padre. E non voglio...non voglio farti male per nessun motivo al mondo."

"Va bene" assentì Harry, mettendosi seduto sul divano, accanto a lui. Louis prese un respiro profondo, poi fece un cenno con la testa per consentirgli di iniziare con le domande.

Harry si impose di cominciare con qualcosa di semplice. "Qual è il tuo colore preferito?"

Un po' banale, pensò Louis, ma rise. "Il blu" rispose, "e il tuo?"

"Il rosso" rispose Harry, sorridendo nel vederlo appena più a suo agio. "Però le domande le devo fare io, non tu."

"Giusto" annuì Louis, con un piccolissimo sorriso.

"Sei...felice?" ostentò il più piccolo. "Di noi due, intendo."

"Assolutamente sì" assicurò l'altro, accarezzandogli con delicatezza i ricci.

"Hai altri migliori amici, oltre a Zayn?"

"Forse Josh" rispose lui, spostandogli un riccio dalla fronte. Harry pregò che fosse pronto alla prossima domanda.

"Com'è composta la tua famiglia?"

Louis si irrigidì e spostò subito la mano dai suoi capelli. Harry sgranò gli occhi.

"Scusa" mormorò dispiaciuto, "sapevo che era troppo presto per questa domanda ma speravo che-"

"Va bene" sospirò Louis, anche se sembrava urlare il contrario. Respirò a fondo prima di riaprire bocca. "Ho quattro sorelle da parte di madre, una da parte di padre. Nessun fratello."

"Come si chiamano?" ostentò il più piccolo.

"Charlotte, Felicite, Georgia" rispose Louis, "e Phoebe e Daisy sono le più piccole, sono gemelle."

"E..." Harry esitò un secondo, forse più, "come si chiamano i tuoi genitori?"

Louis respirò nervosamente, ma rispose lo stesso. "Mia madre si chiama Johannah, mio padre adottivo Mark e mio padre Troy. Troy Austin. Troy è anche il mio secondo nome, ma ho preso il cognome di mio padre adottivo perché il vero, praticamente, per me è un totale sconosciuto."

Harry rimase in silenzio. Sapeva che c'era di più, che il resto era doloroso e faceva malissimo, e non avrebbe forzato Louis a raccontargli cose così frustranti.

Con sua grande sorpresa, Louis alzò gli occhi nei suoi. "Piccolo" chiamò, incerto, "io voglio dirti tutto. E con 'tutto', intendo tutto. Ma posso comportarmi in modo strano, lasciarmi prendere dalla rabbia, farti del male..." mormorò, "in quel caso, ti prego, non esitare a colpirmi. Perché non ragiono più."

Fissò ancora di più le iridi nelle sue, cercando di scavare fino in fondo al trionfo di verde, azzurro e grigio che si mescolavano nel suo sguardo. "Hai paura?" domandò piano.

"No" rispose Harry, sicuro. "Mi fido di te."

Louis non rispose, forse perché gli avrebbe chiesto di non riporre così tanta fiducia in lui e così facendo lo avrebbe spaventato. Continuò a parlare solo dopo qualche istante, abbassando gli occhi.

"Mio padre adottivo non mi ha mai considerato" bisbigliò, "ha sempre fatto come se non esistessi. Beh, in realtà solo da quando è nata Charlotte, e poi il resto delle mie sorelle...come se per lui non fossi nulla, ed effettivamente è così. Io non sono suo figlio, e lui non è mio padre. Non abbiamo alcun legame di sangue, condividiamo solo la donna che per me è madre, per lui è moglie. Così hanno iniziato ad avere importanza solo Charlotte, Felicite, Phoebe e Daisy...ed io sono diventato nulla."

I suoi occhi si inumidirono appena. "Il mio vero padre, poi, a momenti non sa nemmeno che esisto. Quello che ha detto Grimshaw è vero" ammise con tono basso, "mio padre non c'era mai perché preferiva...divertirsi. Mia madre lo sapeva, ma non aveva il coraggio di ribellarsi. E, quando lo ha fatto...mio padre ha preso le sue cose e se n'è andato. Ci ha completamente tagliato fuori dalla sua vita! Eppure se n'è creato una nuova, con un'altra donna, un'altra figlia. Per loro ha ricominciato, per loro è un buon padre e un marito fedele. Con noi non ci ha nemmeno provato."

Harry non era certo di voler parlare, ma lo fece lo stesso. "Forse eri solo troppo piccolo per ricordartelo. Evidentemente non era la persona giusta per voi..."

Le mani di Louis si chiusero a pugno, ma lui rimase immobile. "Avrebbe dovuto rendersene conto prima di sposarsi e mettermi al mondo, non trovi?" sibilò.

"Penso che anche Mark ti voglia bene, magari non te ne accorgi" proseguì Harry, nonostante potesse quasi sentire il nervosismo di Louis crescere e sapesse che non andava bene alimentare la sua rabbia in quel modo. "Credo che dovresti parlarne, dar loro una seconda chance. Se dessi loro un'altra possibilità, magari-"

In un attimo Harry era a terra, sbattuto violentemente sul pavimento da Louis.

"Un'altra possibilità?" sbraitò il ragazzo, salendogli addosso a cavalcioni per impedirgli qualsiasi movimento. "È tutta la vita che do loro altre possibilità! Sono loro che non ne hanno mai dato a me! Sono sempre e solo stato il figlio non voluto che era di troppo in qualsiasi famiglia" gli occhi di Louis bruciavano negli occhi di Harry, "che era più facile ignorare che ascoltare! Hanno finto che non esistessi per diciotto anni e adesso io dovrei dare loro un'altra possibilità?"

Louis stava per aggiungere qualcosa, quando le vide; quelle emozioni che aveva dimenticato, quelle che non vedeva da tanto, quelle colme di buio e di nero, negli occhi di Harry. La paura, la sofferenza, l'immobilità delle membra a causa del terrore; il non riuscire a difendersi, il sapere che la rabbia e il dolore stanno arrivando proprio dalla persona che si ama, il desiderio di non essere colpiti e di non riprendere a sanguinare.

Se ne accorse, lesse tutta l'anima di Harry dentro ai suoi occhi verdi così innocenti e bellissimi; e decise che non poteva fargli del male, perché nessuno avrebbe potuto fargliene. Che Harry era perfetto, e non poteva rischiare di rovinarlo; che doveva essere amato ogni giorno, non picchiato, che bisognava sorridergli e non colpirlo. Aveva fra le mani la cosa più bella del mondo, non poteva distruggerla.

Harry non piangeva, era troppo spaventato per muoversi, sembrava solo in attesa di un pugno. Louis stringeva nelle mani i due lati del colletto della camicia che indossava; abbassò il viso con estrema sorpresa di Harry, senza però lasciare la presa, come arrendendosi.

Respirò senza dire nulla, ancora a volto basso, cercando di calmarsi. Non si mosse, rimase a cavalcioni su Harry e con le mani ferme dov'erano, aspettando di riprendere il controllo di sé.

Nemmeno Harry si mosse; era ancora seduto per terra, si stava reggendo al pavimento posandoci le mani sopra oltre la sua schiena, ed era vicino a Louis quanto bastava per sentire il suo respiro tremare. Rimase immobile, in attesa, sorpreso che Louis non gli avesse fatto del male.

Questi alzò lentamente la testa, lo guardò negli occhi e lo avvicinò a sé, tirando delicatamente i due lembi della sua camicia fin quando non incontrò le sue labbra. Lo baciò piano, come a chiedere scusa, le mani che tremavano e gli occhi chiusi.

Harry ricambiò il bacio, aspettando con pazienza che Louis si calmasse fino in fondo. Il ragazzo si scostò solo quando fu certo di essere più calmo.

"Scusa, piccolo" disse in un sussurro, contro le sue labbra. "Ti prego, amore, perdonami."
Harry sentì il proprio cuore tremare a quel nuovo nome, che mai avrebbe creduto di ascoltare dalle labbra di Louis. "Non volevo farti del male" continuò a voce bassa.

"Non me ne hai fatto" lo rassicurò Harry, dolcemente. "Sto bene."

Si sporse appena, timidamente, per baciarlo di nuovo. "Sono tanto fiero di te, Lou. Ti sei fermato e non mi hai fatto niente."

"Mi dispiace tanto" mormorò Louis, gli occhi lucidi che si ostinava a non fissare in quelli di Harry.

"So che non è stato facile parlarne" replicò Harry, raggiungendo una delle mani di Louis ancora sulla sua camicia e coprendola con la propria, "e so anche che non è stato facile fermarti. Sei stato bravissimo."

"Mi dispiace" ripeté Louis. "Mi è stato insegnato che fare del male a qualcuno è l'unico modo per stare poi bene. Mi è stato insegnato a tenere dentro il dolore. Mi è stato insegnato a difendermi così e..."

"Ti è stato insegnato questo, Lou, ti è stato insegnato quello" lo interruppe Harry, serio, "ma tu, cos'hai imparato sul serio?"

E, per la prima volta da sempre, Louis lasciò cadere una lacrima.

******

Liam pensava che Danielle fosse bellissima, che fosse nata apposta per stare lì accanto a lui, che con il suo solo sorriso potesse illuminare una stanza.

O, almeno, avrebbe dovuto pensarlo.

Il problema era che non era così: a dirla tutta, non lo era più dal giorno prima.

Aveva visto Zayn, talmente fragile e con quegli occhi dorati che brillavano, troppo lucidi per non splendere; aveva visto le sue sorelle, aveva iniziato a capire quale fosse la sua situazione, e l'aveva ammirato tantissimo per tutte le responsabilità di cui si era fatto carico.

Ma, quegli occhi: erano loro, ad averlo sconvolto. Sul momento non ci aveva fatto caso, troppo concentrato a comprendere la gravità dei fatti che iniziava ad intuire; però, appena uscito da casa Malik, subito gli erano tornati in mente.

Zayn aveva il sole, dentro agli occhi.

Gli occhi di Danielle erano allegri, privi di preoccupazioni, semplici e tranquilli. Le voleva bene, questo era poco ma sicuro, però...

Non provava più quello che percepiva fino a qualche settimana prima. Anche le loro mani, strette le une nelle altre, o i baci che si davano, non gli facevano più lo stesso effetto. Anzi, si sentiva come se stesse baciando una sorella.

Sapeva che avrebbe dovuto pensarci di più, ma mettendo in chiaro le idee non poteva negare che era da qualche tempo che iniziava ad avere dubbi sui suoi sentimenti per lei; perciò, quel pomeriggio, capì che era arrivato il momento di finirla.

Le prese dolcemente le mani, la guardò negli occhi e le disse tutto quello che pensava. Decise di omettere la parte di Zayn, visto che era troppo confuso al riguardo; le confidò di volerle bene, tanto bene, di tenere molto a lei, ma di non riuscire a vederla in nessun altro aspetto che non fosse quello di una sorella. Sussurrò che forse si era sbagliato. E le asciugò le lacrime sorridendole, dicendole piano che erano stati alcuni dei mesi più emozionanti della sua vita e che l'aveva reso davvero felice, per poi chiedere scusa per averla fatta piangere.

Insistette perché gli facesse un sorriso; le disse che era bellissima, la fece ridere. E poi le assicurò che avrebbe trovato qualcuno che l'avrebbe fatta ridere ancora di più, perché al suo fianco si meritava qualcuno di speciale.

Alla fine, con la promessa di restare amici, si allontanarono l'uno dall'altra.

******

Tutto sembrava immobile; Harry era certo che, se avesse visto da spettatore la scena che invece stava vivendo, avrebbe pensato di osservare una fotografia.

Louis dormiva fra le sue braccia, tutto raggomitolato come un cucciolo indifeso in cerca di protezione. Più Harry guardava il suo viso addormentato e sentiva il calore del suo corpo, più stentava a credere che tutto quello stesse accadendo per davvero. Era lui a stringere Louis fra le braccia, e non il contrario; era Louis quello da proteggere, da guidare dolcemente verso il sonno, stavolta. Harry non si era mai sentito più felice.

Accarezzava delicatamente la sua schiena, formando piccoli cerchi invisibili e innamorandosi ogni secondo un po' di più. Louis gli aveva dimostrato di fidarsi di lui, a tal punto da raccontargli tutto ciò che riguardasse i suoi genitori e, cosa più importante, la sua situazione familiare.

Proprio mentre ci ripensava, alla ricerca di una soluzione, Louis si mosse nervosamente mugugnando qualcosa nel sonno. Chiuse le mani a pugno sul petto di Harry, intrappolando la stoffa della sua maglietta nella presa; borbottò qualcosa di indistinto, ma a giudicare dalla sua espressione doveva trovarsi nel pieno di un brutto sogno. Harry tentò di tranquillizzarlo accarezzando con una mano le sue che stringevano il suo pigiama, con l'altra i suoi capelli morbidi; non sembrò bastare, così iniziò piano a canticchiare qualche canzone.

Anne e Gemma gli dicevano sempre, quando lo trovavano a cantare con le cuffie nelle orecchie o in camera sua con lo stereo acceso, che aveva una bella voce e che avrebbe potuto fare il cantante. In quei casi Harry rideva semplicemente, senza dar loro retta: non credeva di essere predisposto sul serio alla musica, e comunque preferiva una vita tranquilla a quella movimentata e stancante di una pop star.

Eppure, in quel momento, non poté fare a meno di pensare che avrebbe cantato per Louis tutta la vita, senza mai fermarsi, se solo Louis gliel'avesse domandato.

Lo cullò dolcemente, con la sua sola voce. Cantò direttamente nel suo orecchio, piano, per non svegliarlo; la presa delle sue mani sulla sua maglietta si allentò lentamente, il suo viso si rilassò cancellando quell'espressione accigliata, e Louis tornò a respirare ogni secondo un po' più tranquillamente.

Harry non smise di accarezzare la sua anima con la voce nemmeno per un attimo, curando ogni nota affinché fosse perfetta prima di farla arrivare al cuore di Louis.

E Louis, ancora una volta in quell'incredibile giorno, lasciò che Harry si prendesse cura di lui.

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