5- Touchdown

Mi alzai in piedi non appena la professoressa chiamò il mio nome «Katharine, perché non vieni tu a recitare la scena che hai scelto?» andai davanti alla classe seguita da Annie, ma la professoressa la fermò prima che potesse prendere posizione accanto a me.

«Annie torna pure a posto. Per mettervi un po' più in difficoltà ho deciso che sceglierò io la persona con cui dovrete recitare.»

Un lamento di disapprovazione si levò dall'intera classe.

«Ma io l'ho provata con lei!» mi lamentai

«E adesso la farai con qualcun altro...» fece scorrere gli occhi sulla classe e li soffermò su qualcuno seduto in fondo «Signor Stark, perché non viene lei?»

Guardai Annie in panico. E adesso? Fra tutte le persone di quel corso perché proprio lui? Dannazione. Erano passati due giorni da quando mi aveva promesso che mi avrebbe lasciato in pace, e devo dire che era stato di parola. Sembrava che persino guardarmi gli facesse ribrezzo.

Va bhé, non che prima avessimo avuto queste grandi conversazioni, ma non mi cercava di evitare almeno.

Aaah, ma perché suono così disperata. Alla fine glielo avevo chiesto io di lasciarmi in pace no?

«Certo, arrivo.» disse lui senza battere ciglio. Attraverso la classe e si portò di fianco a me, facendo di tutto per evitare il mio sguardo. Di nuovo.

«Qual era la vostra scena?» mi chiese la professoressa.

«Ehm...» guardai il libro, avrei dovuto cambiarla? Insomma, è una delle scene migliori di Romeo e Giulietta, ma non so se era anche la migliore da fare con Hunter.

«Allora?» mi incalzò la professoressa

Era troppo tardi per farsi venire in mente qualcos'altro «La scena del balcone.»

Fu quello il momento in cui per la prima volta gli occhi di Hunter si posarono su di me dopo giorni.

Mi erano mancati, lo dovevo ammettere.

«Ok, perfetto!»

Hunter aprì il suo libro e poi mi guardò, aspettando che iniziassi. Chiusi gli occhi e feci un respiro profondo.

«O Romeo, Romeo, perché sei tu Romeo?» lo guardai e continuai senza leggere più sul libro, amavo quella parte talmente tanto che avrei potuto cantarla «Rinnega tuo padre e rifiuta il tuo stesso. Ovvero, se proprio non lo vuoi fare, giurami soltanto che mi ami, ed io smetterò di essere una Capuleti.» sentii il peso delle parole gravarmi sul cuore, non avrei potuto riconoscermi di più in quella scena.

Recitarla con Annie era una cosa, ma con lui davanti a me era decisamente un'altra.

Non una delle scelte più azzeccate.

«Devo continuare ad ascoltarla oppure rispondere a ciò che dice?» recitò Hunter guardandosi attorno perso, proprio come se stesse origliando il mio monologo.

«È solamente il tuo nome ad essermi ostile: tu saresti sempre lo stesso anche se non fossi un Montecchi. Cosa vuol dire la parola Montecchi? Non è una mano, o un braccio o un viso, ne un'altra parte che appartiene ad un essere umano. Oh, sii qualche altro nome! Quello che noi chiamiamo con il nome di rosa, anche chiamato con un nome diverso, conserverebbe ugualmente il suo dolce profumo. Allo stesso modo Romeo, se portasse un altro nome, avrebbe sempre quella rara perfezione che possiede anche senza quel nome. Rinuncia quindi al tuo nome, Romeo, ed in cambio di quello, che tuttavia non è una parte di te, accogli tutta me stessa.» i miei occhi affondarono nei suoi e lui mi regalò un sorriso a labbra strette.

«Ti prendo in parola. D'ora in avanti non sarò più Romeo

«Chi sei tu, così nascosto dalla notte, inciampi nei miei pensieri più nascosti

«Non so dirti chi sono, adoperando un nome. Perché il mio nome, o diletta santa, è odioso a me stesso, perché è nemico a te. E nondimeno strapperei il foglio dove lo trovassi scritto.» Hunter fece un passo verso di me.

«Le mie orecchie non hanno ancora udito un centinaio di parole pronunciate dalla tua lingua, e nondimeno riconosco la tua voce: non sei forse tu Romeo, nonché uno dei Montecchi?»

«Non sono né l'uno né l'altro, fanciulla, se questo ti dispiace.» ancora un passo avanti.

«E come sei giunto fino a qui? Dai, dimmi come e perché. Le mura del cortile sono irte e difficili da scalare, e questo luogo, considerando chi sei tu, potrebbe significare la morte se qualcuno della mia famiglia ti scoprisse

«Ho scavalcato le mura sulle ali dell'amore, poiché non esiste ostacolo fatto di pietra che possa arrestare il passo dell'amore, e tutto ciò che amore può fare, trova subito il coraggio di tentarlo: per questi motivi i tuoi famigliari non possono fermarmi

Lo guardai, probabilmente ero arrossita perché mi sentivo la faccia in fiamme. Lui si avvicinò ancora di più a me, occhi in tempesta, mascella serrata e labbra attraversate dall'ombra di un sorriso.

«Se ti vedranno ti uccideranno

«Ahimé, che si nascondono più insidie nel tuo sguardo che non in venti delle loro spade. A me basta che mi guardi con dolcezza e sarò immune alla loro inimicizia

«Non vorrei per tutto il mondo che ti scoprissero qui

«Ho il mantello della notte per nascondermi ai loro occhi. Se tu mi ami non mi importa che essi mi scoprano. Meglio perdere la vita per mezzo del loro odio, che sopravvivere senza poter godere del tuo nome

Io e Hunter eravamo ad un passo di distanza, nessuno dei due aveva osato avvicinarsi di più.

Nella classe regnava il silenzio, non appena il nostro contatto visivo si spezzò, tutti iniziarono ad applaudire.

«Wow. Non avete mai pensato di darvi al teatro voi due?» ci chiese la professoressa congratulandosi.

Io le sorrisi, non dissi nulla e tornai al mio posto. Annie mi lanciò uno sguardo pieno di significato, ma non fiatò.

Il mio sguardo incrociò ancora una volta quello di Hunter, prima che lui spostasse il suo su una ragazza che gli faceva i complimenti posandogli una mano sul braccio.

Il resto della lezione passò in un battito di ciglia e prima che potessi accorgermene la campanella era suonata e Annie mi stava trascinando fuori dall'aula.

«Cos'era quello?»

«Quello cosa?» chiesi facendo la finta tonta, quando in realtà sapevo benissimo di cosa stava parlando.

«La scena che avete messo su tu e quel figlio del diavolo.»

«La scena del balcone...?» le feci notare

«Lo so che scena era! Intendo...» sembrò cercare per un attimo la parola giusta guardando il soffitto, poi tornò a fissarmi «È stato intenso.»

Raggiungemmo il nostro armadietto, posai tutto dentro e tenni con me solo i libri che mi sarebbero serviti per la detenzione.

«Cioè, se non sapessi che tu sei una di noi e lui uno dei Riots avrei scommesso la mia testa che voi due foste una coppia. O forse il fatto che facciate parte di due gang rivali rende la cosa ancora più credibile.» fece finta di rabbrividire al pensiero.

«Dovevamo recitare la scena e l'abbiamo fatto. Non mi sono inventata di sana pianta nulla!» cercai di difendermi «Mica posso cambiare le parole di Shakespeare solo perché non sono adatte alle situazione.»

«Lo so, lo so.» disse Annie

«Ciao ragazze!» Alex venne verso di noi, stampò un bacio sulla guancia ad Annie e poi fece un segno con la testa nella mia direzione.

Tipico di Alex.

Da quanto Annie mi aveva raccontato a lui piaceva avere attenzioni, e ancora di più gli piaceva che le ragazze litigassero per ottenere la sua di attenzione. Se si aspettava che avrei messo in atto una tragedia greca trasformandomi in una Drama Queen si sbagliava di grosso.

«Questa sera da me? Siamo riusciti a riconquistare un pezzo del quartiere nord, dobbiamo festeggiare!» disse lui

«Verremo di sicuro!» rispose Annie per tutte e due.

«Io sono in detenzione.» cercai di tirare su una scusa, perché la mia voglia di far festa era sotto le scarpe. E il pensiero che sarei dovuta andare a casa di Alex mi faceva passare ancora di più la voglia.

«Alle sei la detenzione sarà finita!» disse in tono lamentoso Annie «Puoi raggiungerci subito dopo per il pre-party! E poi comunque la vera festa inizierà più tardi!»

«Non so...»

«Daaai, non fare la guasta feste!» mi scongiurò lei tirandomi la manica della giacca.

«Lasciala stare, è diventata noiosa da quando è tornata dall'Inghilterra.» disse Alex guardandomi fisso con un ghigno stampato in faccia.

Mi voleva sfidare?

«Già, hai ragione. Sono talmente noiosa che per pararti il culo Alex sono finita in detenzione. Ma sai cosa? Magari il preside vorrebbe sentire la nuova versione della storia, quella dove alla fine tu vieni espulso perché io ero troppo noiosa per tenere la bocca chiusa.»

Lui non disse nulla, ridusse gli occhi in due fessure e strinse la mascella.

«Oookay.» Annie si mise in mezzo «Per oggi basta così. Kat, ci vediamo dopo alla festa ok? Sarò là ad aspettarti.» poi si girò verso Alex «Andiamo idiota. Accompagnami alla macchina.» e lo strascinò via.

Percorsi tutto il corridoio e arrivai davanti all'aula giusta un secondo prima che la campanella suonasse.

Cosa sarebbe successo se fossi arrivata in ritardo? Mi avrebbero dato una detenzione per la detenzione?

Hunter era già seduto al suo solito posto, aveva le cuffie in testa e il volume della musica era talmente alto che lo sentivo da dove mi trovavo.

Presi posto, aprii il quaderno degli esercizi di matematica e iniziai a risolvere una delle disequazioni.

Prima però che riuscissi a concludere qualcosa la mia testa iniziò a vagare e i miei pensieri si liberarono del tutto.

La vita da gang non era decisamente roba per me, magari per mio padre e per mio fratello, ma non io.

Come faceva a vivere mia madre? Fossi stata in lei sarei stata divorata continuamente dal dubbio se mio figlio e mio marito sarebbero tornati a casa interi la sera. Perché era inutile nasconderlo, le rivalità tra gang sfociavano spesso in risse e sparatorie... Se poi contiamo che era degli Scorpions e dei Riots che stavamo parlando, la probabilità che ci scappasse il morto veniva raddoppiata.

Venivamo allenati fin da piccoli ad essere armi letali. Mi ricordo che mio fratello sapeva smontare e rimontare una pistola nel giro di pochi minuti già all'età di sette anni. Io sapevo sparare discretamente bene invece. Mio padre aveva insistito per farmi andare al poligono anche se mia madre lo aveva minacciato che se mi avesse mai beccato con una qualsiasi arma in mano lo avrebbe cacciato fuori di casa.

Volevo davvero una vita del genere però?

Mi voltai a guardare Hunter.

Non avevo mai fatto nulla per cambiare la mia posizione in quello che era successo anni prima. Avevo semplicemente preteso che non fosse mai successo e lasciato che la lontananza facesse il resto.

Hunter mi aveva offerto una possibilità per cambiare, per fare qualcosa di concreto per migliorare la situazione e io, invece di cogliere l'occasione, l'avevo semplicemente chiuso fuori.

Da quando ero tornata mi ero ritenuta migliore di molti membri degli Scorpions, per il fatto che riuscissi a capire che quello che stava accandendo era sbagliato. Ma forse non ero troppo diversa da loro. Forse la mia era solo una maschera di ipocrisia.

La mia famiglia sarebbe morta se fosse venuta a sapere che avevo contatti con i Riots.

Alex sarebbe esploso di rabbia se fosse venuto a sapere della festa al locale, e mi avrebbe ucciso se mi avesse beccato parlare con Hunter...

Con questo pensiero in testa, mi alzai in piedi e mi andai a sedere proprio davanti al mio compagno di detenzione.

«Ciao.» gli dissi battendo una mano sul banco per attirare la sua attenzione.

Lui si tolse le cuffie e mi guardò per qualche secondo in completo silenzio «Cosa vuoi, Scorpion

«Parlarti, Riot

«Pensavo non volessi avere niente a che fare con me. Come mai hai cambiato idea?»

«Perché voglio che questa faida tra gang rivali finisca, e se nessuno inizia non accadrà mai.»

Lui mi guardò immobile, un sorriso sfacciato gli increspò le labbra «Chiamalo sesto senso o semplicemente impressione, ma ho la sensazione che la reale motivazione sia molto meno profonda di quella che mi stai dando...»

Agitai le mani in aria «Ok ok, forse voglio solo farla pagare a Alex.» ammisi. Era inutile mentirgli. Volevo davvero che la rivalità finisse tra Scorpions e Riots, ma eravamo tutti e due abbastanza intelligenti per capire che non saremmo riusciti a farla finire solo grazie ad un'amicizia.

«La cosa si fa interessante...»

«Quindi, non dico essere amici, ma possiamo ritornare a parlarci qualche volta.» la buttai lì, casuale, lui non rispose subito. Sembrava mi stesse studiando, potevo quasi vedere il suo cervello elaborare informazioni ed immagazzinarle da qualche parte.

Mi alzai per tornare al mio posto. Quello che avevo da dire l'avevo detto, potevo andare in pace adesso.

«Vieni alla partita.» disse Hunter all'improvviso

«Cosa?»

«Football, questa sera. Vieni a vedermi giocare.» disse di nuovo con convinzione.

«Io-» lo vidi alzare un sopracciglio. Mi stava mettendo alla prova, per vedere se davvero volevo provarci o meno a sistemare le cose.

Quella sera sarei dovuta andare alla festa, non avevo proprio tempo per una partita.

«Non posso...»

«Ok.» annuì e si rimise le cuffie.

Quelle ore di detenzione furono le più lunghe in assoluto. Continuavo a cercare di fare esercizi di matematica, ma ogni volta la mia mente scappava altrove.

Quando la campanella suonò accolsi il suono con sollievo, anche quel pomeriggio era passato.

Quando mi girai Hunter stava già uscendo dalla classe, con il borsone sulla spalla.

«Buona fortuna!» gli gridai, ma probabilmente non mi sentì perché non mi rispose e tirò dritto.

Riordinai le mie cose e mi diressi verso il parcheggio, oggi avrei dovuto prendere l'autobus perché Josh aveva da fare. Sospettavo centrasse qualche ragazza, ma ero stata brava e buona e non gli avevo chiesto nulla.

Avrei dovuto correre se volevo arrivare in tempo alla festa, cercai con lo sguardo l'autobus giusto, ma tutto quello che riuscivo a vedere era un mucchio di gente che si stava dirigendo verso lo stadio di football con maglie della squadra e visi colorati di giallo e blu.

Udii in lontananza il suono della banda, probabilmente stavano iniziando a scaldare gli animi degli spettatori e a dare il tempo alle cheerleaders per la loro coreografia.

Prima che fossi in grado di realizzare quello che stavo realmente facendo, mi ritrovai ai piedi degli spalti del campo da football, in cerca di un posto a sedere.

Era la prima partita della stagione e la quantità di studenti presenti era incredibile: erano davvero tutti del nostro liceo?

La nostra squadra si stava scaldando in campo, potevo vedere il coach motivare gli atleti gridando loro qualcosa o soffiando nel fischietto appeso al collo.

Distinsi quasi subito Hunter tra gli altri, per via dei suoi capelli biondi, che spiccavano tra i suoi compagni. Il numero della maglia era il 7, me lo dovevo ricordare, almeno sarei riuscita a seguire il suo gioco.

Notai che alzò il suo sguardo e guardò nella mia direzione, ma non riuscii a capire se mi aveva davvero vista oppure no. Dopo tutto c'era davvero tanta gente, e non era facile distinguere una persona dall'altra da quella distanza.

Riuscii a prendere posto in una delle gradinate centrali, vicino a due ragazze che continuavano ad urlare e a fare commenti sui giocatori.

Pochi minuti prima dell'inizio della partita i giocatori si raccolsero in cerchio attorno al coach per il solito discorso e per la revisione degli schemi di gioco.

«Io amo il football!» sentii una delle due ragazze dire

«Io amo i giocatori di football!!» rispose l'altra.

Quanto avrei voluto che Annie fosse lì con me in quel momento. Ci saremmo davvero divertite.

Il suono che segnava l'inizio della partita si propagò nell'aria, mettendo fine a qualsiasi discorso motivazionale i coaches stessero facendo. Per un attimo mi parve di nuovo che Hunter guardasse nella mia direzione, ma fu solo un attimo, poi corse in campo e si mise in posizione.

In realtà non sapevo cosa aspettarmi dal football, Josh aveva cercato di spiegarmi il gioco così tante volte che ormai avevo perso il conto. La verità era che non ero mai stata troppo interessata a questo sport e quindi non avevo mai prestato davvero attenzione.

Perciò, ricapitolando, ero da sola a vedere la prima partita di campionato di football senza minimamente sapere le regole del gioco e di rimando non capendo un azione che fosse una.

Bene così insomma.

Poco dopo un grido si levò attorno a me e tutti si alzarono in piedi esultanti. Udii la ragazza accanto a me urlare «Touchdown! Touchdown! Stark ha realizzato il primo touchdown!»

«Sempre detto che ha un sacco di talento quel ragazzo!» disse l'altra battendo le mani con occhi sognanti.

«Chiudi la bocca che stai iniziando a sbavare!» rise l'altra.

E così Hunter era davvero bravo a giocare. Cercai di distinguerlo in campo, ma non riuscivo a trovare il numero 7 da nessuna parte. Dove si era cacciato?

«Guarda! Sta correndo in questa direzione!» la ragazza accanto a me puntò con il dito un ragazzo che correva verso il limite del campo.

Il numero sette era ricamato giusto sopra il cuore.

Mi sporsi per vedere meglio cosa stava succedendo. Lo vidi portarsi due dita alle labbra, baciarle e poi puntarle nella nostra direzione.

Ci fu un eccitamento generale per quel gesto. Nessuna delle ragazze riuscì a capire per chi l'avesse fatto davvero, tutte iniziarono a guardarsi attorno, in cerca di una ragazza che stesse rispondendo a quel gesto tanto plateale quanto misterioso.

Hunter poi corse via, di nuovo in campo, per iniziare la nuova azione.

Io rimasi immobile sul posto, cercando di stare il più calma possibile e di non dare troppo nell'occhio.

Perché sapevo che quel gesto era per me. Me lo sentivo dentro, non chiedetemi come o perché, ma lo sapevo, ne ero sicura.

Hunter Stark mi avevaappena dedicato un touchdown.




***

Ciaoo a tutti quanti!!

Eccovi un'altro capitolo di questa storia! Spero che vi piaccia e che continui ad intrigarvi hahaha Non dimenticate di votare e di farmi sapere cosa ne pensate!!

Ovviamente (come sempre) vi devo ringraziare 623 volte <3 <3 Siete tantissimi e mi emozionate sempre un sacco!! Grazie mille davvero!!!

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