20- Addio


Mi risvegliai al suono continuo e fastidioso di una macchina.

BIP BIP BIP BIP BIP BIP

Aprii gli occhi e mi ritrovai sdraiata in un letto, pareti bianche e spoglie mi facevano compagnia, vedevo persone fuori dalla porta fare avanti e indietro e un brusio indistinto mi ronzava fastidiosamente nelle orecchie.

«Ciao Tesoro»

Mi voltai al suono di quella voce tanto famigliare «Mamma...» ero sollevata di vederla lì.

«Come ti senti?»

Non risposi subito, mi presi il tempo di far scorrere lo sguardo sui macchinari che mi circondavano, una flebo era attaccata al mio braccio e potevo sentire qualcosa solleticarmi il naso... probabilmente la canula dell'ossigeno.

«Viva.» non stavo per niente bene, ma almeno ero viva e vegeta.

«Ti ricordi tutto quello che è successo?»

«Sì...»

«Sei stata fortunata, un millimetro più in giù e-» la sua voce si bloccò e mia madre cercò di soffocare un singhiozzo.

«Oh mamma...» cercai di sporgermi verso di lei, per poterla abbracciare, ma una voce mi bloccò.

«Signorina, le chiederei di rimanere a letto tranquilla... Cerchiamo di non forzare troppo le cose ok?» un medico entrò nella stanza seguito da mio fratello e da mio padre.

Un peso mi si levò dal cuore, non ero ancora riuscita a chiederlo a mia madre, ma volevo sapere se anche tutti gli altri stavano bene... Dopo tutto non avevo idea di chi fosse entrato nel covo dei Riots, non sapevo chi aveva messo a repentaglio la propria vita per un'incursione così azzardata.

Se fosse successo qualcosa a qualcuno di loro non me lo sarei mai e poi mai perdonata, perché sarebbe stata ancora una volta colpa mia.

Il medico controllò i miei parametri vitali e mi fece mille raccomandazioni sul prenderla piano e tutto il resto.

L'unica cosa che volevo era che se ne andasse, così da poter parlare con la mia famiglia. E invece lui sembrava dilatare i tempi all'infinito, come se non volesse lasciarci soli.

«La terremo ancora sotto controllo per due o tre giorni, dopo di che se non ci sono peggioramenti, potrete riportarla a casa. Ah, prima naturalmente dovrà parlare con la polizia... Magari si ricorda chi le ha sparato o il perché.» mi irrigidii a quel pensiero, voleva dire che avrei dovuto di nuovo mentire.

«Certo, non c'è problema.» cercai di dire con voce controllata, il medico mi sorrise e uscì dalla stanza.

Non appena fummo lasciati soli mio fratello mi corse incontro e mi abbracciò «È tutta colpa mia, se non ti avessi-» deglutì a fatica «Se non avessi fatto quello che ho fatto, tutto questo non sarebbe successo!»

«Non è stata colpa tua... Hai cercato di proteggermi, a modo tuo.» lacrime mi solcavano il viso.

Ero così contenta che tutti stessero bene «C'eravate quando...?» chiesi lasciando la frase in sospeso, convinta che tanto avrebbero capito comunque.

«Sì...» rispose mio padre guardando Josh. Sembrava che i due stessero facendo un discorso silenzioso, come se non volessero che io sentissi.

«C'è qualcosa che dovrei sapere?» chiesi già con il cuore in gola, doveva essere successo qualcosa, per forza.

«Josh mi ha raccontato di te e dello Stark...» continuava ad esitare, io lanciai un'occhiata di rimprovero a mio fratello: come aveva potuto raccontare loro quella parte della mia vita?! E in che modo l'aveva poi raccontata?

«... Per quanto io disapprovi e sia profondamente deluso dalla tua scelta...»

«Papà, non me ne frega più nulla di lui. Mi ha solo usata, nulla di più. Potrebbe andare all'inferno per quanto mi riguarda.» dissi con voce non troppo convinta, cercando forse di convincere più me stessa che lui.

«La tua richiesta è stata esaudita allora» disse freddo Josh «Starà sicuramente bruciando con il Diavolo in questo momento.»

«Cosa?!» le pareti della stanza sembrarono vorticare su loro stesse, odiavo Hunter, con tutta me stessa, ma sapevo di amarlo allo stesso tempo altrettanto intensamente, e quando mio fratello pronunciò quelle parole, il cuore mi si strinse in una morsa. Hunter mi aveva sparato, non mostrando un minimo di rimorso nei suoi occhi color tempesta, ma allo stesso tempo mi aveva salvato, spacciandomi per morta con Lowe e dicendomi cosa fare per potermi ancora salvare.

«È-È morto?» balbettai

«È rimasto ucciso nel fuoco incrociato.» disse mio padre

L'Hunter che mi aveva dedicato un touchdown non esisteva più.

L'Hunter che mi aveva comprato un milkshake, che mi aveva salvato quella sera in discoteca.

L'Hunter che mi aveva preso in giro tutto il tempo, quello che sparandomi mi aveva di nuovo salvato da morte certa.

Hunter Stark era morto.

Cercai di mandare giù il groppone che mi si era formato in gola «Papà, Josh, Lowe è un traditore...» cercai di cambiare argomento, per non far vedere quanto fossi scossa da quella notizia.

«Lo sappiamo... Anche lui è diventato mangime per vermi.»

Anche Lowe era morto.

E Alex? Annie? Loro stavano bene? Avrei voluto chiedere di loro, ma mia madre si intromise «Basta così! Dovremmo festeggiare la vita di Kat, al posto di parlare di morte!»

Si alzò in piedi, raccolse le sue cose e poi si rivolse a Josh e a mio padre «Torneremo domattina, adesso è meglio lasciarla riposare.» mi lasciò un leggero bacio sul capo e poi spinse fuori dalla stanza mio padre e mio fratello.

Prima di lasciarmi completamente sola si voltò ancora una volta e mi guardò con dispiacere, in quel momento capii che lei sapeva. Aveva capito quanto stessi soffrendo e quanto mi sentissi a disagio per essere divisa tra la mia famiglia e Hunter, per essere divisa tra il mio amore e odio per lui.

Le regalai un sorriso tirato e lei mimò con le labbra "Andrà tutto bene" poi si voltò e sparì dalla mia vista.

Fui lasciata sola con i miei pensieri, e bastarono pochi secondi per rimpiangere la compagnia della mia famiglia.

I miei pensieri continuavano a correre da un posto all'altro, da una persona ad un'altra... Ricordi e sogni iniziarono a mischiarsi, lacrime amare e di gioia per essere viva iniziarono a scendere. Mi girai dalla parte del muro, cercando di nascondere il mio viso alle persone di passaggio che potevano vedermi per via della porta lasciata aperta.

Mi lasciai cadere in un sonno leggero e tormentato, cercando di dimenticare tutto e con la speranza di svegliarmi il giorno dopo nel letto di casa mia e di accorgermi che niente di quello che era successo era vero, che tutto era solo stato un brutto sogno.

***

Fui svegliata dal rumore della porta della mia stanza che si chiudeva.

Aprii gli occhi, ero ancora nella stessa identica posizione in cui mi ero addormentata, fuori era buio, e una veloce occhiata alla sveglia sul comodino mi confermò che era notte fonda.

Sentii dei passi leggeri dietro di me, una sedia che veniva spostata e poi silenzio.

Chi poteva essere a quest'ora? Un brivido mi percorse la schiena... E se fosse uno dei Riots che cercava vendetta per la morte dei suoi?!

Cosa potevo fare? Avrei potuto urlare, avrei richiamato così l'attenzione di qualche infermiera di passaggio.

E se la porta fosse stata chiusa a chiave? Sarebbe stata la fine.

Dovevo tentarla però.

Con uno scatto secco mi voltai, già con la bocca aperta e pronta a gridare fino a che i miei polmoni me l'avrebbero permesso. Ma non appena vidi la persona seduta accanto al mio letto, l'urlo mi morì in gola.

«Hunter...» non poteva essere, lui era morto, me l'avevano detto mio padre e mio fratello. La persona davanti a me mi sorrise stancamente «Ciao.» il sorriso era il suo, e anche la voce era identica.

«Tu sei morto.» sbottai, possibile che le medicine che mi avessero dato mi facessero avere delle visioni tanto reali?

«Sono vivo quanto te, sono solo messo meglio.» sorrise di nuovo ironico

Fu in quel momento che scattai in avanti e gli tirai un forte schiaffo in piena guancia. Non ci avevo pensato, avevo solo agito.

«Penso di essermelo meritato...» si massaggiò la guancia e rise «Però ci sai fare.»

«Vattene.» sibilai «Vattene o chiamo aiuto.»

«Kat, aspetta. Non voglio farti del male...»

«Non chiamarmi così, e non dirmi che non vuoi farmi del male dopo tutto quello che mi hai fatto passare.»

«Lo so. Mi dispiace...» per un secondo tutta la sua sicurezza fu spazzata via, abbassò gli occhi e si fissò le mani. Poi però tornò ad allacciare lo sguardo con il mio «Sono venuto per scusarmi e per spiegarti tutto.»

«Ho già capito abbastanza.» volevo essere dura con lui, perché la mia testa continuava a ripetermi che non dovevo fidarmi, ma dall'altra parte volevo sapere la verità.

«Lasciami parlare... Poi sparirò per sempre, non mi vedrai più.» non risposi nulla, così lui prese un respiro e iniziò a parlare.

«Mi chiamo Hunter Stark, sono il figlio minore del leader dei Riots, fratello di sangue di Aaron.» si alzò in piedi e iniziò a camminare per la stanza «Amavo mio fratello con tutto il mio cuore, e lui anche mi amava altrettanto calorosamente. Quando i miei genitori si separarono, lui, essendo il maggiore, fu reclamato da mio padre, con la scusa di volerlo addestrare per diventare un grande leader... Io scelsi di non lasciare sola mia madre e la seguii a Philadelphia.»

«Sei davvero di Philly allora...» commentai ricordandomi ancora quando me l'aveva detto per messaggio un po' di tempo fa, in quella che sembrava un'altra vita.

Lui annuì e poi continuò «Vedevo mio fratello poche volte all'anno, solo quando veniva a trovare nostra madre, mentre avevo perso qualsiasi contatto con mio padre e la sua gang. Frequentavo l'ultimo anno di middle school quando un sottoposto di mio padre ci chiamò per darci la brutta notizia» potevo leggere il dolore sul suo viso ancora a distanza di anni, per un secondo mi venne l'istinto di abbracciarlo «La prima volta che mio padre si fece risentire con me fu quando mi propose il piano per vendicare la morte di Aaron... Dovevo tornare a New York, fingermi suo cugino per non destare troppi sospetti e non appena la sorella del killer mio fratello fosse tornata dall'Inghilterra avrei dovuto far di tutto per conquistarmi la sua fiducia.»

Si prese una pausa e venne verso di me «Quella sera all'Under ci ero andato con degli amici, il piano non era ancora entrato in atto e io non sapevo ancora chi fossi... Il destino ha poi voluto che incontrassi te e devi credermi se ti dico che il mio interesse nei tuoi confronti era genuino: non sapevo chi fossi. L'ho poi scoperto il primo giorno che ci siamo visti a scuola, nella classe di letteratura... Non puoi nemmeno immaginare la battaglia interiore che ho dovuto combattere quando ho capito che la ragazza del locale e quella che avrei dovuto conquistare per vendetta era la stessa.»

«Non ti sei fatto scrupoli però...» constatai con il cuore stretto dal dolore

«Cosa avresti fatto tu? Era mio fratello che era morto, io volevo vendicarlo ed ero anche deciso a farlo nel più crudele dei modi.» si sedette di nuovo sulla sedia «Solo che non mi aspettavo di doverlo vendicare a spese di una ragazza che aveva realmente acceso la mia attenzione. Ero attratto da te Kat, come non lo ero mai stato con nessun'altra prima di allora.»

«Io lo sono ancora.» dissi con un coraggio che non mi apparteneva per niente «Ma sei come il fuoco... Ipnotico, finché non capisci che se ti avvicini troppo vieni bruciata.»

«Mi dispiace...»

«Non credi sia tardi per dispiacerti?»

«Non è mai troppo tardi.»

Non risposi.

«Passavano giorni che non vedevo l'ora che questo piano finisse, volevo mettere una fine a noi due, perché mi facevi uscire pazzo, mi facevi andare contro i miei principi, contro il patto che avevo stipulato con mio padre e i Riots... Stavo tradendo mio fratello innamorandomi non solo del nemico, ma della sorella di quello che l'aveva ucciso.» si passò una mano nei capelli «Altre volte invece ero pronto a tradire tutti quanti, a scappare con te, a disconoscere mio padre e a sparire.»

«Hai scelto poi di spararmi...» dissi amaramente

«L'ho fatto per salvarti Kat» mi prese una mano tra le sue «Se non l'avessi fatto io, credimi che l'avrebbe fatto mio padre, e lui avrebbe mirato dritto in testa senza troppe cerimonie.»

«Perché invece spararmi al cuore è più sicuro.» stavo scoppiando, come poteva farmi quei ragionamenti quando era lui a stare bene e io quella in un letto di ospedale.

«Puoi dirmi tutto quello che vuoi, prendimi di nuovo a schiaffi se vuoi, cacciami fuori, chiama la polizia e le infermiere, ma ascoltami quando ti dico che ho decisamente una buona mira e se avessi voluto avrei potuto benissimo ucciderti. Non è stato casuale... Ho preso un punto dove da lontano potesse sembrare il cuore, ma che in realtà non era.»

«Così mi avresti salvato la vita, vuoi che ti ringrazi?» dissi sarcastica

«No, volevo solo che tu lo sapessi.» fece un sospiro e aggiunse «Volevo solo farti sapere che ho tradito mio padre, non te. Mi serviva solo più tempo per capire come avrei potuto metterti in salvo...»

Capii che quella era la fine della conversazione. Lo osservai alzarsi e riportare la sedia nel punto in cui l'aveva trovata.

«Dove vai?» gli chiesi, cercando di districarmi tra un labirinto di emozioni che non mi facevano pensare lucidamente.

«Lascio New York, non tornerò più.»

«Perché mio padre e Josh mi hanno detto che eri morto?»

«Non so, forse perché non volevano che provassi più a cercarmi. E devi ascoltare loro: non cercarmi più Kat.»

Lo guardai avvicinarsi alla porta e poggiare una mano sulla maniglia «Non te ne andare» dissi con il cuore in gola «Ti prego.» lo odiavo, ero arrabbiata con lui, ma allo stesso tempo non volevo che sparisse dalla mia vita. Non ero ancora pronta.

Lui si voltò «Credimi, è la cosa migliore per tutti...» mi sorrise «Addio.»

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