17- Verità
La testa pulsava, il corpo era completamente immobilizzato e non riuscivo a muovere un solo muscolo. Cercai di tendere le orecchie per cercare di sentire qualcosa prima di aprire gli occhi. Ma anche i suoni sembravano attutiti.
Dove mi trovavo?
In quel momento qualcosa mi colpii il braccio, non mi mossi in attesa. Dopo due secondi sentii qualcuno afferrarmi sotto il mento e tirarmelo con forza verso l'alto.
«Se l'hai uccisa per te è la fine.» la voce proveniva dalla mia destra e l'avevo sentita distintamente, quasi come se mi avessero parlato direttamente nell'orecchio. Era una voce maschile e completamente sconosciuta.
Non ricevette alcuna risposta.
La mano che mi teneva mi lasciò andare di colpo e la mia testa ricadde sul mio petto improvvisamente.
Il dolore si fece intenso e mi ridiede lucidità. Aprii gli occhi, ma davanti a me continuavo a vedere tutto nero.
Ero legata ad una sedia probabilmente, data la mia impossibilità di muovermi, mi avevano anche bendato con qualcosa, sembrava un cappuccio, perché avevo una strana sensazione di claustrofobia.
Mi era impossibile muovere le gambe e le braccia e la testa continuava a pulsarmi, senza darmi tregua.
Un gemito di dolore mi sfuggì dalle labbra quando cercai di muovere un braccio e sentii quella che sembrava una fascetta di plastica scavarmi nei polsi.
«È viva!» di nuovo quella voce di prima, sembrava sollevata.
Qualcosa mi sfiorò il braccio, cercai di scalciare, ma non riuscii a muovermi di un millimetro.
Una risata riecheggiò nella stanza «Non ti preoccupare... Presto tutto sarà finito.» udii dei passi e una porta chiudersi.
Il fatto di non riuscire a vedere cosa stava succedendo intorno a me mi gettava ancora più nel panico di quanto già non fossi.
Cosa avevano fatto a Lowe?
E mio fratello?
Hunter sapeva che io ero qui? Quanto poteva importare a lui di me a questo punto?
Sentii una lacrima scendere lentamente sulla guancia e raggiungermi le labbra. Mi arrabbiai con me stessa per mostrare così tanta debolezza. Non volevo che mi vedessero piangere. Quegli schifosi non si meritavano nemmeno una delle mie lacrime.
I minuti continuavano a passare, avevo la sensazione che con me ci fosse qualcun altro nella stanza oltre a me. Magari era Lowe!
«Lowe?» dissi con voce tremante, poi cercai di farmi un po' più di forza «LOWE!» non ricevetti risposta.
Udii la porta riaprirsi dietro di me e dal rumore di passi potevo dire che erano entrate almeno tre persone. La porta si richiuse e voci indistinte iniziarono a bisbigliare, finché una fra di loro più potente e profonda non si rivolse direttamente a me.
«Bene bene.» la voce mi fece venire i brividi. Aveva un non so che ti entrava sotto la pelle e serrava qualsiasi cosa venisse a contatto. Il sangue mi si gelò e sembrò che il cuore smettesse di battere per qualche secondo.
«Toglietele il cappuccio, voglio vederla in faccia.» ci fu un fruscio e qualcuno mi tolse la stoffa che mi copriva la testa. In principio fui accecata dalla luce artificiale dei neon sopra la mia testa, strizzai gli occhi e cercai di mettere a fuoco prima la stanza e poi le persone davanti a me.
«Adesso capisco perché mio figlio voleva più tempo con te...» l'uomo appoggiato al tavolo davanti a me fece un passo avanti, mi afferrò il mento e mi fece alzare la testa nella sua direzione «Con una ragazza così avrei voluto divertirmi anche io.»
Cercai di divincolarmi, ma lui strinse ancora più la presa, così feci l'unica cosa possibile in quel momento per manifestare il mio disprezzo: gli sputai in faccia.
Lui sembrò stupito per un secondo.
«Devo ammetterlo, hai fegato ragazza.» mi lasciò il mento e si passò una mano sul viso per pulirsi. Poi si voltò e fece segno ad un uomo accanto a me e tempo un secondo mi ritrovai uno schiaffo sulla guancia che mi riaprì la ferita che ancora avevo al labbro.
Pensai a come la giornata era cominciata quella mattina e a come stava per finire.
«Sei un codardo!» gli gridai sputando sangue.
L'uomo sorrise ma non disse nulla, continuò a fissarmi per quello che mi sembrò un tempo infinito. Infine si portò poi una mano in testa e se la grattò con fare pensieroso.
«Ti chiederai che cosa vogliamo da te immagino...» scosse la testa e iniziò a ridere «Non è così?»
«Cosa ne avete fatto di Lowe?!» chiesi con rabbia completamente ignorando la sua domanda «Se gli avete fatto del male io-»
«Tu cosa?» disse lui ridendo «Comunque visto che tieni tanto al tuo amico te lo faccio vedere subito.»
Schioccò le dita e uno dei suoi scagnozzi uscì dalla porta, poi si allungò verso quello che sembrava il suo braccio destro e gli sussurrò qualcosa nell'orecchio. Lui annuì e uscì pure lui dalla stanza.
«Non fai niente da solo?» lo presi in giro, sarei morta in ogni caso a quel punto, quindi tanto valeva far valer la mia morte qualcosa «Hai sempre bisogno di qualcuno che faccia il lavoro sporco per te?»
«Oh...» si mise a ridere di cuore, mi si avvicinò e portò la faccia davanti alla mia. Gli occhi brillavano di puro odio, e mi ricordavano tanto quelli di un serpente. Un serpente pronto ad attaccare.
«Non puoi nemmeno immaginare quanto tu abbia ragione.» sogghignò e spostò lo sguardo verso la porta che si era appena aperta.
«Vieni, vieni avanti. Non ti far attendere, c'è una persona che chiede di te.»
Non riuscivo a voltare la testa, ma mentalmente mi preparai a vedere un Lowe in fin di vita davanti a me, legato e malmenato. Me lo aspettavo pieno di sangue e trascinato da dei Riots.
«Ciao Kat.»
Il mio cuore si strinse in una morsa.
Non solo non era ricoperto di sangue, ma camminava pure e aveva uno strano sorriso sulle labbra.
«L-Lowe?» dissi spiazzata.
L'uomo che ormai avevo capito essere il Leader dei Riots mi si parò nuovamente davanti e mi sorrise maligno «Non sei tu che mi hai chiesto di vederlo?» fece un gesto con la mano nella sua direzione «Eccotelo, ho esaudito il tuo ultimo desiderio.»
«Lowe...» iniziai a piangere, non poteva essere. Lui era mio amico, uno dei miei più cari amici, colui che non mi aveva mai tradito, colui che mi aveva sempre aiutata in qualsiasi situazione.
«Perché?» fu l'unica cosa che mi venne in mente in quel momento.
«Credevi davvero che io fossi tuo amico, Kat?»
«Tu eri uno dei miei migliori amici! Noi-»
«Sai quanto faccia schifo prendere ordini da Alex? E quanto lo faccia ancor di più essere superato di grado da quel bastardo di tuo fratello solo perché è riuscito a uccidere uno Stark?! Non me ne mai fregato nulla di voi Scorpions, io volevo il potere. I Riots me l'hanno offerto e io ho accettato. Il mio compito era tenerti sotto controllo e carpire informazioni su dove ti trovavi in Inghilterra. Quando ho poi scoperto che saresti tornata l'ho subito riferito, e lì è entrato in gioco Hunter...»
«Cosa cazzo c'entra Hunter adesso?» sapevo che era il nipote del Leader, ma lui si era sempre dichiarato fuori dalla questione. Aveva mentito anche su quel fronte?
La porta si aprii nuovamente dietro di me e il capo dei Riots ghignò «Perché non ce lo facciamo spiegare da mio figlio in persona?»
Lui aveva un figlio? Aaron aveva un fratello? Non avevo mai saputo di una cosa del genere.
«Figlio?» mi lasciai sfuggire.
«Katharine ti presento mio figlio Hunter... Anche se immagino che vi conosciate già.»
Hunter in tutto il suo splendore mi apparve davanti. Mascella serrata e occhi privi di emozioni. Sembrava una statua, mi guardava con disprezzo e con un ghigno che tanto assomigliava a quello che io avevo sempre creduto essere suo zio...
Cercavano vendetta, tutti quanti. Hunter, suo padre, Lowe, i Riots. Volevano solo vendetta e nient'altro.
«Io mi fidavo. Mi son sempre fidata.» dissi con voce ferma e piena di dolore.
«L'ho sempre detto che non dovresti fidarti così tanto delle persone.»
Gli occhi color tempesta non erano mai stati così privi di vita.
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