6 - Quei suoi occhi cangianti da esplorare

Charles

Entrammo insieme, lui iniziò subito a scusarsi senza motivo apparente per il comportamento di sua sorella <devi perdonarla, sai com'è fatta Genever, è fin troppo timida -rise- non sa mai come gestire queste situazioni> calò la testa e mi guardò <non preoccuparti> feci una pausa <non capisco il motivo del perché la fai restare qua, non ha il carattere per stare in un posto del genere> replico <è l'unico modo che ho per proteggerla, e poi a lei va bene così> riprese il più alto. Continuammo a camminare in silenzio fino a quando arrivammo alla sala per gli allenamenti giornalieri.

<c-cosa facciamo qui?> guardai con aria interrogativa il più alto, a questa distanza la differenza di altezza è abissale <mi pare ovvio -ghigna- tu devi sfogarti, ed io devo allenarmi, quindi ti propongo una sfida, prova a battermi in quelle condizioni> Ryū alza lo sguardo fiero <a meno che tu non sia un codardo che scappa con la coda tra le zampe> aggiunse incrociando le braccia e ridendo. <Se vuoi provocarmi Ryū sappi che ci sei riuscito> misi un ghigno in volto <avanti, battimi nano> sapeva bene quando quelle parole fossero pericolose da pronunciare in presenza di Charles, mai e dico mai qualcuno si doveva azzardare a parlare della sua altezza.

Il moro vide subito il rosso abbassarsi e toccare violentemente il pavimento con una mano, lentamente il suo braccio prese una sfumatura rossa facendo di conseguenza rilasciare una quantità minima di energia da non distruggere molto, ma che tuttavia avrebbe potuto portare alla conclusione dello scontro tra i due. <fatti avanti Akuta!> urlo. Il ragazzo di fronte inizia a correre velocemente verso di me con aria minacciosa pronto per avvinghiarsi contro di me, andò per sferrare successivamente un gancio destro dritto sulla spalla, caddi a terra e per reagire tiro un calcio sullo stomaco di conseguenza, questo bastò per fargli sputare sangue. <vedi di fare sul serio Ryū se speri di vincere questo scontro> un sorriso abbastanza genuino spuntò sulle mie labbra, quel ragazzo ha del potenziale e lui lo sapeva, bisognava solo applicarlo.

<Ti accontento con piacere> fece spuntare delle fasce nere appuntite come lame e iniziò a lanciarle poco alla volta e poi sempre più velocemente, sono pronte per colpirmi, ne schivo una, due, colpo, mi taglia la guancia, scende un po' di sangue, la parte inizia a bruciare, sputo un po' di saliva e sollevo un sacco da box trovato dietro di me togliendone la gravità e glielo lancio contro, lo schiva con velocità e ricambia lanciando altre lame che stavolta mi colpiscono alle spalle bloccandomi i movimenti delle braccia e avvicinandomi mi butta a terra, l'odore di sangue mischiato al sudore fa capo nella stanza impregnando i vestiti, <arrenditi> dice schietto <mai> risposi nonostante avessi gli arti bloccati, Akuta si mette a cavalcioni su di me bloccando questa volta anche le mie gambe, prende un'altra lama e la punta al mio collo mentre ha l'altro braccio a bloccare il mio petto. Un risolino sale sul mio volto <hai perso!> esclama il più piccolo fiero di sé, libera il mio collo dalla lama che era un filo a toccarlo e solleva di poco le altre due dalle mie spalle alzandosi successivamente. È a pochi centimetri da me, con un movimento svelto di gambe blocco le sue e le spingo in avanti per farlo cadere, sposto i capelli dalla fronte ormai lucida per il sudore <non ho mai detto che mi fossi arreso> mi alzo con poca eleganza, leggermente dolorante per le ferite provocate dalle lame e mi avvicino all'altezza delle sue clavicole <finiamola qui> lo guardo negli occhi, è una di quelle poche volte in cui noto i suoi occhi, grigi come le nuvole pronte per un temporale, caratterizzano il suo carattere irascibile, forte e testardo. Lui sorride, avrà notato qualcosa, almeno credo, il suo sguardo è calmo, il suo petto va su e giù violentemente per la stanchezza, il respiro è corto ma il suo sorriso è splendido, mi ha aiutato a calmarmi <grazie> sussurro, non credo si sia sentito, era troppo flebile da percepire.

*

Ryūga

Sono a terra, sono felice, mi ha guardato negli occhi, sono stanco, sono terribilmente stanco, ma sono anche felice, c'è qualcosa in lui, qualcosa di nuovo che finora non c'è stata, lui non si è mai arreso, allora perché in quest'ultimo periodo lo vedo così corrucciato, così debole mentalmente?

Non mi è mai venuto in mente di chiederlo direttamente; a un combattimento, questo è ciò che ho pensato appena l'ho visto poggiato a terra, sembrava affranto da chissà cosa.

Mi guarda, lo guardo, i suoi occhi sono diversi da quelli di stamattina, non si sarebbe mai permesso di farsi leggere dentro in questo modo, ma adesso lo sta facendo, mi viene solo da sorridere.

Sento una goccia di sangue che cola sulla mia mano, è la sua guancia, perde ancora sangue, invece le due ferite alle spalle gli stanno sporcando i vestiti, scendono lentamente. Lo vedo porgermi una mano, la accetto e mi alzo. <Andiamo a medicarle, non puoi stare così> propongo con calma, anche se sento il respiro mancarmi.

L'uno accanto all'altro andiamo in infermeria, prendo del cotone idrofilo un po' di nastro, disinfettante e bende. <siediti la e togliti la maglietta> ordino deciso senza nemmeno guardarlo questa volta.

L'ambulatorio era abbastanza piccolo, la stanza era circondata da pareti bianche, cinque o sei lettini, per lo più usati alla fine delle missioni, era raro trovarci in ospedale ed essi servivano più per le emergenze rare che altro, poi due scaffali abbastanza alti dove conservare i medicinali e i bendaggi.

Preso ciò che mi serviva mi girai verso Charles per medicarlo prima che le ferite facessero infezione.

*

Charles

Obbedì senza impormi e tolsi la maglia lercia di sudori e sangue. <Questo farà male> esclamò prima di poggiare la sua mano sulla mia spalla facendo pressione e con l'altra per poter estrarre la prima lama, trattenni le lacrime che ormai stavano inondando i miei occhi, le grida uscivano forti e strazianti dalla mia bocca, si fermò subito, mi guardò un attimo e poi estrasse ciò che ne rimaneva, l'attimo fu talmente veloce da non dare nemmeno il tempo di gridare. Solo vidi solcare una lacrima sul mio volto, Ryū lo notò e passò la sua mano sulla mia guancia, rabbrividì al contatto con la mia pelle, asciugò quella goccia che scendeva lenta e continuò a pressare per fermare il sangue, disinfetta e inserisce qualche punto di sutura, infine con una garza avvolse la zona fermando il braccio in mezzo alla fasciatura, fece lo stesso dall'altro lato e poi si occupò di disinfettare anche il taglio sulla guancia, non è un taglio troppo profondo e poteva rimarginarsi senza problemi in qualche giorno, non mi feci problemi, mi vestii e scesi dal lettino lasciando Ryū da solo all'interno dell'infermeria.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top