13 - Mi permisi di restare soltanto nelle vicinanze del suo cuore

Jades

Finimmo la cena più in fretta possibile, l'aria era piena di disagio soffocante.

Proprio per questo ho deciso di tornare fuori dal palazzo a prendere una boccata d'aria.

David era più a disagio di me, ma non volle toccare ancora l'argomento.

Forse per il fatto che non fossimo soli, o perché è una situazione nuova anche per lui e sa di aver sbagliato.

L'ho perdonato, ma di sicuro non passa inosservato il suo comportamento di oggi.

Sento la porta del palazzo sbattere ancora una volta.

Mi giro, e come se mi leggesse nel pensiero lui era ancora una volta lì.

Davanti il ciglio della porta tra il chiedere se potesse restare o il doversene tornare dentro.

<puoi anche avvicinarti, non ti mangio mica> abbozzo un sorriso sincero verso di lui.

Lo percepisce e di conseguenza si avvicina e si appoggia sporgendosi per guardare il panorama.

<scusami ancora.>

Lo guardo, <ti sei già scusato> dico distogliendo il mio sguardo dal suo volto.

La sua mano entra nella sua tasca per poi uscire subito dopo con una sigaretta tra pollice e indice per poi avvicinarmela <è per te, prendila in cambio di quella che ti ho preso io prima> lo guardo e accetto il gesto <dovrei prenderti per il collo io adesso?> domando sarcastico mentre vedo il suo sguardo avvolto da una faccia terrorizzata e le sue mani attorno al collo a indicare di non fargli del male <scherzavo cretino> lo vedo tirare un sospiro di sollievo e piano anche se con diffidenza toglie le mani dal suo collo per tornare in una posizione più rilassata.

Prendo un accendino e accendo la sigaretta che mi ha dato David in men che non si dica.

In concomitanza anche lui prende un'altra sigaretta e si mette a fumare insieme a me.

<Che ti succede David?> sbuffo <non è niente che ti riguardi Jades, sei ancora piccolo> mi guarda e butta un po' di fumo dalle narici.

<Io non direi Omi; per prima cosa stai fumando - <e quindi? Mi è vietato?> - non ti è vietato di certo ma non è da te, deve essere successo qualcosa di grave.> Stavolta è lui a sbuffare <secondo: mi hai fatto del male solo perché ho parlato poco prima con una persona che non avevo mai visto in vita mia> continuo <terzo: mi hai offerto una sigaretta per farti perdonare, il che è strano visto quanto sia grande il tuo ego; e per finire, quarto, ho diciannove anni, non ci togliamo di così tanto, quindi smettila di trattarmi come tratteresti mia sorella e dimmi che cazzo succede> dico tutto d'un fiato e tossisco <fuma fuma> controbatte lui alzando il labbro leggermente in su. <Lascia la piccola Akira da parte, lei non c'entra assolutamente niente in questa storia, e non dovresti immischiarti nemmeno tu> mi continua a guardare con sguardo accusatorio come se mi fossi intromesso in una sparatoria e adesso lui fosse sotto giudizio per aver ferito uno della sua stessa squadra <ormai ci sono dentro Omi, e non ho intenzione di tirarmi indietro> mi guarda col broncio stavolta, ha la faccia di un bambino e vorrei così tanto che potessi farci un quadro istantaneo e appenderlo nel pieno centro dell'appartamento. <D'accordo, hai vinto stronzo> sbuffa in disaccordo.

*

David

Conosco Charles da quando avevo circa quindici anni, lui ne aveva quattordici, è un

po' più piccolo di me, sia d'età che di statura, ma di certo è una persona alla quale se non si presta attenzione sarebbe in grado di sgozzarti la gola in 0,2 secondi.

<Posso dire di averlo notato> dice l'albino con la faccia talmente rilassata da sembrare un ebete.

Non andavamo d'accordo nella maggior parte delle occasioni.

<non mi sembra che adesso la situazione sia tanto cambiata> dice con un pizzico di ironia, <ehi, è la mia storia non la tua. L'hai voluta conoscere? Quindi adesso ascolti e basta> controbatto.

Dicevo... non andavamo chissà quando d'accordo, soprattutto all'inizio, ci conoscemmo tramite le nostre capacità, tutti e due cercavamo la stessa cosa: vittoria e gloria.

Passavamo da un'organizzazione criminale all'altra, tutte di poco conto, eravamo solo dei ragazzini in fondo. Fino a quando appena fu possibile tra di noi capire le proprie potenzialità, sia singole che in coppia; ci unimmo a una delle più grandi organizzazioni criminali del Giappone, la mafia.

Un certo gruppo di persone a livello nazionale se non oltre ha condotto esperimenti sui feti della nostra generazione, e beh come già sai, da quei feti geneticamente modificati siamo nati noi.

Ognuno ha sviluppato la propria potenzialità e così come gli altri anche Charles ne ha una.

Una molto speciale, ma anche tra le persone più potenti c'è pure sempre un qualcosa che non vada. E nel suo caso era il suo potere, se mai ne abusasse rischierebbe gravemente la vita.

Jades era senza fiato, portava d'istinto la sigaretta in bocca come un meccanismo da automa, così come facevo io.

Ma insieme siamo riusciti a trovare un modo per sfruttare il suo potenziale in modo che potesse usarlo al massimo per le occasioni più difficili ma che non dovesse rischiare la vita nel farlo.

Illuminai la mia mano nel ricordargli della mia specialità; l'annullamento totale di un potere di un'altra persona. Qualsiasi essa sia.

Con Charles formavamo un duo, eravamo forti e ci siamo fatti conoscere all'interno dell'organizzazione, avevamo pure un nomignolo con la quale ci chiamavano.

<uu sentiamo sentiamo, qual è il nome?> sorride <questa magari sarà una storia per la prossima volta> ridacchio e continuo a raccontare.

Passarono molti anni, fino a quando capì che Charles per me non era un amico, era qualcosa di diverso, provavo un sentimento diverso per lui; un qualcosa che non avevo mai provato fino a quel momento.

Non sapevo cosa fosse, ma qualunque cosa sia stato, dovevo opprimerlo.

Non doveva soffrire per me, per una qualsiasi delusione che potevo portargli. Rovinare il nostro rapporto.

Dopo tanti anni passati insieme.

<ti eri innamorato di lui> disse guardandomi compassionevolmente <sta zitto Kijima> arrossì un po' ma cercai di non farlo notare.

<Perché hai deciso di abbandonare quella vita allora?> chiese curioso.

In una missione organizzata contro un insieme di organizzazioni, perse la vita un mio caro amico... ricordo tutt'ora le sue ultime parole: "redimiti David, non vivere nel rimpianto di non aver lasciato questa vita, e aiuta le persone".

Mi ha fatto male, è stata dura soprattutto dopo anni di aver vissuto in quella merda, ma ho sfruttato la prima occasione che mi è stata concessa e sono fuggito.

Ho lasciato la mia vita all'interno della mafia, e non è stato affatto semplice intraprendere questa scelta. Mi sono rinchiuso per anni fino a quando non ho avuto l'occasione di unirmi a voi.

Sapevo di aver deluso tutti lì dentro, ma soprattutto Charles e un ragazzo come te, un poco più piccolo... adesso dovrebbe avere diciott'anni se i conti sono corretti.

Mi ha preso come un maestro, l'ho cresciuto io, sia a lui che a sua sorella minore, insieme a Charles.

<Quali sono i loro nomi? Se posso permettermi> chiese curioso.

<Ryūga e Genever> risposi tranquillamente e gettai il mozzicone della sigaretta per primo.

L'ultima volta che li ho incontrati è stato anni fa.

<Perciò ti ha semplicemente sorpreso il fatto di aver incontrato Charles adesso?>

Chiese svapando per l'ultima volta prima che anche lui potesse gettare il mozzicone

<se mi ha sorpreso? Anche di più... abbiamo stretto un'alleanza con la mafia, un male ancora più grande di noi si abbatterà in men che non si dica su di noi prima che tu possa accorgertene, Jades; dobbiamo unire le forze> dico guardando il cielo, che è di un blu immenso come il mare. -Come i suoi occhi- penso.

<Se sapevi dell'alleanza davvero non capisco, perché ne sei così sorpreso?> chiede giustamente l'albino stranito.

<Perché l'incontro non doveva avvenire oggi e soprattutto, non con te.>

Perciò adesso siamo qua, questo è il motivo del mio nervosismo di prima, non pensavo poi si potesse impicciare su Irish, mi dispiace Jades... non ho potuto far molto... ma cerca di capirmi.

<Ti capisco perfettamente David, ma la prossima volta evita di prendermi per il collo dal nulla.> ridacchia <d'accordo, scusa ancora> rido anche io.

*

Jades

La questione con David era stata chiarita finalmente, ora che conoscevo la storia potevo capire come stesse.

Mi avvicino a lui e lo abbraccio all'improvviso, lo sento stentare, soprattutto all'inizio; non se l'aspettava, ma poi cede e congiunge le sue braccia dietro la mia schiena stringendole un po' in un abbraccio.

Sentivo non ne ricevesse abbastanza.

È indifferente all'affetto, ma a volte basterebbe un semplice abbraccio per lasciarsi andare e farsi cullare tra le braccia di una persona per la quale si farebbe di tutto, nonostante i modi più strani e particolari che possano essere usati per farlo.

<Io ci sono David> gli sussurro all'orecchio.

Nessuna risposta percepii dalle sue labbra.

Lo sentì solo sprofondare sulla mia spalla.

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