7 | Occhi neri come la pece
Diana
La conversazione con Will ha alleggerito in parte il mio cuore. L'ho ignorato, ho fatto finta che non fosse mai esistito, solo per non pensare a quanto ho dovuto rinunciare nel giro di pochi mesi. I sensi di colpa sono sempre lì. La verità è che non esiste giustificazione per il mio comportamento.
Quel che è stato fatto, è ormai stato fatto. Mi resta solamente la possibilità che mi ha donato Will per recuperare. Ora, però, non ho il tempo materiale per pensare allo skate, a Will o agli altri del gruppo. La festa di Kim mi attende. Per quanto io abbia provato a tenermi alla larga, mettendo il cellulare in modalità aereo, non è servito a fermare Kimberly Wood.
Quello stesso pomeriggio è passata da casa mia, insieme a Lillie, solo per ricordarmi della festa che avevano organizzato in mio onore. So con certezza che l'organizzazione per il mio ritorno a San Diego è solo una scusa per farmi partecipare, consapevoli entrambe che non avevo più l'entusiasmo di qualche mese prima.
Al mio ennesimo "Non lo so, non sono in vena di far festa", avevano toccato i giusti tasselli per farmi sentire in colpa. Il fatto che siano le mie migliori amiche, implica che conoscano perfettamente il modo per farmi acconsentire, senza fare troppe storie.
Così, in questo preciso istante, ho fatto il mio ingresso nel giardino della sua villa, con Nathan al mio fianco. Quest'ultimo si è liquidato con un "ci vediamo dopo", per poi sparire tra la folla, chissà dove. La casa è affollata da persone: in giardino, sui balconi, dentro casa, ovunque. Tanto da chiedermi come avrebbe reagito la signora Wood se avesse visto tutti quei ragazzi calpestare il suo prato impeccabile.
Un pensiero che in passato non mi avrebbe mai sfiorata, perché l'unica cosa di cui mi importava era divertirmi insieme alle mie amiche e al mio ormai ex ragazzo, Leon. È chiaro che io ad oggi sia una persona diversa, le feste sono diventate l'ultima attrazione della mia lista.
Ultimamente, preferisco leggere un libro sulla mia sdraio in giardino, o più semplicemente passeggiare in riva al mare ad ascoltare il dolce rumore delle onde. Sono diventata quello che molti sostengano essere "una persona noiosa". Me ne rendo conto, eppure, non mi interessa.
Più mi guardo intorno, più mi sento un pesce fuor d'acqua. Ho la sensazione che se non torno immediatamente nel mio mare di solitudine, in cui mi sono rifugiata per quasi una settimana, rischio di soffocare.
Conosco la maggior parte dei ragazzi che sono presenti alla festa, frequentano la mia stessa scuola. Dopo la morte dei miei genitori, avevo paura di tornare al liceo e trovare gli sguardi compassionevoli di tutti, pronti a sottolineare il loro dispiacere. Kimberly mi aveva rassicurata, dicendomi di non preoccuparmi e che non sarebbe accaduto nulla di tutto ciò.
Infatti, il giorno prima che tornassi, era salita in piedi su un tavolo della mensa e aveva fatto un discorso chiaro e diretto. Aveva minacciato tutti i presenti che se solo avessero provato ad infastidirmi con le loro frasi pietose, se la sarebbero vista con lei. Lillie me lo aveva confessato di nascosto, rispondendo inconsapevolmente alle mille domande che si erano formate nella mia testa, quando ero tornata in uno strano ambiente normale.
Non c'erano stati sguardi indiscreti, non più del solito visto che ero e sono tutt'ora una delle ragazze più popolari. Nessuno mi aveva chiesto come stavo, costringendomi a sorridere fintamente e rispondere "bene" con lo stesso tono. Ero tornata alla San Diego High School, nel suo pieno della normalità. L'unica cosa strana che avvertivo era che nessun ragazzo fischiava al mio passaggio, non facevano battute stupide dovute al loro testosterone. Tutti rispettavano il mio dolore, restando il più lontano possibile.
E adesso sono circondata dalle stesse persone che sollevano la mano per salutarmi timidamente, ma sono grata che continuino a lasciarmi il mio spazio.
«Diana!» la voce vibrante di Clair mi arriva dritta alle orecchie, facendomi sollevare gli occhi al cielo per averla incontrata sul mio cammino. Lei non se ne accorge, è troppo occupata ad imitare me e le mie amiche, per rendersi conto di quanto sia appiccicosa ed insopportabile.
«Clair» dico con freddezza, mentre le sue braccia mi circondano in un abbraccio, come se fossimo amiche da una vita.
Quando si stacca dal mio corpo, provo un senso di sollievo inspiegabile. A questo punto, inizio a pensare che finga di non accorgersene, perché mi afferra le spalle e mi agita allegramente.
«Non pensavo che saresti venuta!»
«Già» taglio corto, mostrandole tutto il mio disinteresse, guardando ovunque tranne che lei.
Clair è una delle ragazze della scuola che ha provato in tutti i modi a diventare amica di Kim, in modo da salire sulla vetta della piramide gerarchica della San Diego High School. Senza riuscirci, ovviamente, ma non perde l'occasione per infastidire sia me che Lillie quando ne ha l'opportunità.
«Allora» squilla, agitando il bicchiere rosso colmo di birra, costringendomi a fare un passo indietro per non venire schizzata, «com'è l'Italia?»
Racimolo tutta la buona educazione che mi ha trasmesso la mia famiglia per risponderle, ma quando apro bocca per farlo, mi sovrasta continuando a parlare da sola.
«... Ho sempre sognato di andarci, sai? Deve essere bellissima! Oh cavolo, magari avessi uno zio come il tuo!»
Continua a parlare, ma io non la sto più ascoltando. Mi limito ad annuire, intenta a trovare una soluzione per allontanarmi il prima possibile da quella situazione.
«Clair..» provo a dire, ma la sua voce fastidiosa continua a non avere sosta, quindi ripeto il suo nome alzando il tono di voce. Si zittisce immediatamente. Mi guarda da dietro i suoi occhiali da vista e serra le labbra, indispettita.
«Scusami, ma devo andare» mi limito a dire, superandola senza nemmeno darle la possibilità di replicare. Non l'avrei sopportata ulteriormente.
Quando mi immergo nella folla di ragazzi ubriachi ed eccitati, mi rendo conto che sono presenti anche ragazzi più grandi di qualche anno. Immagino che Kim abbia invitato Ethan e, di conseguenza, lui abbia invitato i suoi amici. Spero con tutta me stessa che non ci sia anche Josh.
La casa di Kim si affaccia su una delle spiagge più belle di San Diego, isolata dalle altre abitazioni. Questo è il motivo principale che la rende la casa perfetta per le feste, abbiamo sempre avuto la possibilità di fare tutto il casino del mondo, senza mai essere interrotti. Nemmeno una volta.
«Mi chiedevo quanto ci avresti messo a mandarla a quel paese» la voce dolce di Lillie mi circonda, proprio come il suo braccio sulle mie spalle. Se anche la persona più buona del mondo come Lillie, arriva a dirmi una frase del genere, fa capire quanto Clair sia insostenibile.
«Non l'ho fatto» borbotto, guardandola di sottecchi, «avresti potuto aiutarmi, comunque»
Increspo la fronte e corrugo le sopracciglia, in segno di sdegno. Lei spalanca la bocca in una grande O e si porta la mano libera sul cuore, mostrando tutto il suo finto risentimento per la mia espressione corrucciata.
«Lo sai che se avesse visto anche me, sarebbe stata la fine per entrambe?»
Scoppiamo a ridere divertite, per poi ritrovarci a scuotere il capo.
Come darle torto?
Il mio gemello ci raggiunge con delle grandi falcate, spingendo con educazione le persone per arrivare il prima possibile da noi. Più precisamente, da Lillie. I suoi occhi azzurri brillano come diamanti, quando incrocia lo sguardo della mia amica rossa. Lei arrossisce visibilmente, senza riuscire a trattenere un sorriso.
Indossa un vestito verde aderente che si abbina alla perfezione con i suoi occhi, risaltandoli maggiormente. Nonostante sia molto corto, riesce comunque ad apparire elegante come nessun'altra ragazza. Al contrario mio che indosso una maglietta della Levi's che mi lascia la pancia scoperta, dei pantaloncini di jeans e le mie All star bianche. Il mio abbigliamento è un chiaro segno ti quanto sia lì malvolentieri.
A Kim verrà un colpo, quando mi vedrà.
«Ti stavo cercando» sento dire da Nathan, rivolto a Lillie.
Il viso le diventa paonazzo ed è come se le mancasse l'aria, dopo aver sentito l'affermazione di mio fratello.
«Sì, ok, io vado a prendere da bere» mi intrometto nel discorso, muovendo la mano in aria, come se volessi scacciare una mosca.
Nessuno dei due mi degna di uno sguardo ed io mi ritrovo ben presto seduta su uno sgabello dell'angolo bar, improvvisato perfettamente dalla mia amica, nonché proprietaria di casa. La musica alleggia nell'aria e la maggior parte delle persone sono intente a ballare, a chiacchierare e a divertirsi.
Mescolo con la cannuccia il drink che mi ha preparato il barista assunto da Kim per la serata. È da un po' che percepisco di essere osservata, come se qualcuno non avesse altro da fare che puntare i suoi occhi su di me. Mi sono guardata intorno parecchie volte, ma non sono riuscita ad identificare nessuno nel mio campo visivo.
Inizio ad innervosirmi, sorseggiando il drink per provare ad alleviare il mio stato di agitazione. Accavallo le gambe e afferro definitivamente il bicchiere tra le mani. Mordicchio la cannuccia di plastica, mentre i miei occhi vagano da una persona all'altra. Quando penso che ormai sto diventando pazza, lo noto.
Stravaccato sui divanetti dall'altra parte del giardino, con le gambe lunghe distanziate l'una dall'altra e le ginocchia leggermente piegate. Il fumo della sigaretta gli annebbia il viso a scatti, finché non si dissolve nel nulla, scoprendo i suoi occhi blu cobalto. In quel preciso istante capisco la sensazione che ha provato Lillie poco prima con Nathan. Mi sento come se mi mancasse il respiro e la terra sotto di me potesse inghiottirmi da un momento all'altro.
I miei organi iniziano a fare una danza tutta loro, creandomi uno strano formicolio che non ho mai provato prima. Serro la mandibola con forza, mentre percepisco i suoi occhi posarsi su tutto il mio corpo, fino a sentire la mia pelle bruciare dove essi si posano.
Ha uno sguardo diverso dall'ultima volta che l'ho visto nel bagno del Garden Cafè. Questa volta sembra che voglia divorarmi e al tempo stesso farmi dissolvere nel nulla.
La mia amica dal caschetto scuro gli sbatte le ciglia sotto al naso, sporgendosi verso di lui per mettere in mostra la scollatura sexy del vestito, mentre con una mano gli accarezza la coscia. Non sembra rendersi conto del discorso che i nostri occhi stanno avendo, né il modo distratto in cui annuisce per rispondere alla domanda che lei gli ha posto.
Nella poltrona accanto a Ethan, riconosco Jared con il suo codino sulla nuca e la barba leggera che gli incornicia il viso, intento a chiacchierare con qualche ragazzo della sua età. Per mia fortuna non vedo Josh, questo mi fa sentire leggermente più serena e libera.
Vengo distratta da un ragazzo che si siede sullo sgabello accanto a me. La suola delle sue scarpe si posa sul poggiapiedi dello sgabello, mentre i gomiti sul bancone. Il mio sguardo si solleva lentamente dalle sue scarpe ai jeans che gli fasciano perfettamente le gambe muscolose, passa all'orlo della maglietta che fuoriesce dalla felpa, fino ad arrivare al suo viso. Muove la mano con eleganza, per attirare l'attenzione del barman.
«Hai intenzione di guardare quel coglione per tutta la sera?» mi chiede ad un tratto con voce roca, facendomi irrigidire sul posto, dopo aver ordinato una birra.
Il barista gli appoggia la bottiglia davanti e lui l'afferra subito. Le sue labbra si appoggiano con decisione al vetro, in modo da fare qualche sorso. Gira leggermente il viso nella mia direzione e scontra le sue iridi nere come la pece contro le mie azzurre cristalline.
«Lo conosci?» chiedo incuriosita, notando che è più grande di me di qualche anno, proprio come Ethan. Ha un cappellino nero e il cappuccio della felpa sopra ad esso, come se non volesse farsi riconoscere.
«Abbastanza da definirlo "coglione"» Mima con le dita le virgolette, senza smettere di fissarmi.
Il mio sguardo si volta un'ultima volta nella direzione di Ethan. I suoi occhi continuano ad essere puntati su di me e stringe con forza il bicchiere tra le dita, fino a far diventare le sue nocche bianche. Kim inizia a baciargli il collo per attirare la sua attenzione ed io decido che è arrivato il momento di distogliere definitivamente lo sguardo da lui.
Torno a rivolgermi al ragazzo misterioso che ho accanto, cambiando discorso. Lui sembra più interessato a guardare l'etichetta della bottiglia che a me.
«Allora» dico, soffermando i miei occhi sui piccoli e chiari nei che gli disegnano il viso come una costellazione. Quel particolare lo rende ancora più bello. «Cosa ci fai qui?»
«Mi hanno detto che è una festa organizzata in tuo onore e non potevo rinunciare all'idea di conoscerti» dice, sollevando un angolo della bocca per creare un mezzo sorriso.
La sua affermazione per poco non mi fa strozzare con la bevanda che sto sorseggiando, costringendomi a camuffare il tutto con dei piccoli colpetti di tosse. La mia espressione perplessa parla già da sé, infatti lui scoppia in una risata melodiosa, rendendo quella festa non così male come credevo all'inizio. Quando smette, non riesce comunque a nascondere il sorriso divertito che gli illumina il viso.
Non perde tempo a farmi rispondere, perché parla nuovamente.
«Scherzo! sono venuto con dei miei amici ed una volta qui mi hanno detto che questa festa è dedicata a te. Mi hanno indicato una ragazza bellissima che beveva da sola, con la speranza di farsi notare dall'ultimo ragazzo degno della sua attenzione.» dopo aver dato la sua lunga spiegazione, fa un piccolo sorso di birra ed io mi ritrovo a fare lo stesso con il mio cocktail, finché non sento il rumore del risucchio contro il vuoto.
Allontano il bicchiere con un gesto annoiato e richiamo il barista per farmene fare un altro.
«Non cerco la sua attenzione» replico indispettita.
«E cosa cerchi allora?» si allunga con il busto verso di me. I suoi occhi sono così scuri da non distinguere l'iride dalle pupille, ma ho la sensazione di poter vedere il fuoco che emanano.
Alcune ciocche scure scappano dalla visiera del cappellino, mentre le sopracciglia folte si sollevano. I lineamenti del suo viso sembrano disegnati e mi ritrovo ad ammirare la bellezza del suo volto.
«Me stessa» ammetto flebilmente. Il barista mi salva, posizionando il secondo cocktail della serata sotto il mento, facendomi distaccare da quello sguardo penetrante.
In quel preciso istante scorgo una voce che sovrasta la musica, una voce che ho avuto accanto per parecchio tempo della mia vita e che al momento è l'ultima che voglio sentire. Mi giro lentamente e vedo Leon chiacchierare con dei ragazzi della squadra di basket. Si sta avvicinando sempre di più, probabilmente per prendere da bere, perché non sembra avermi vista.
Afferro il cocktail e mi posiziono velocemente nell'altro sgabello, al lato sinistro del ragazzo misterioso.
«Che succede?» mi guarda tra il confuso ed il divertito.
«Lo vedi quel ragazzo lì?» mi sporgo leggermente oltre il suo corpo, per indicare Leon con l'indice, prima di ritirarmi per non farmi scoprire.
Lui si limita ad annuire, osservando con attenzione il ciuffo lungo e castano del ragazzo che tanto provo ad evitare.
«È il mio ex ragazzo e vuole parlare con me ad ogni costo.»
«E tu non ne hai voglia» conclude lui al posto mio.
«Intelligente» dico, alzando un sopracciglio.
«Sta venendo qui»
«Perché pensi mi sia messa da questa parte?» borbotto.
Si slaccia la zip della felpa e se la sfila con eleganza, liberando i tatuaggi che gli disegnano le braccia. Me l'appoggia con delicatezza sulle spalle e poi solleva il cappuccio sulla mia testa per coprirmi il viso.
«Che fai?»
«Ti sto salvando» replica sorridente.
Vorrei dirgli che non ho bisogno di essere salvata da nessuno, ma Leon raggiunge definitivamente il bar ed io ammutolisco all'istante. Riesco a vedere i gomiti appoggiarsi al bancone in legno, per poi coprire il mio viso con il cappuccio della felpa del ragazzo dagli occhi neri come la pece.
Il profumo che emana la stoffa è diverso da quello di Ethan; sa di tabacco, vaniglia e rum. Resto così. A bere il mio drink, nascosta dentro la felpa di uno sconosciuto mentre il mio ex ragazzo, a qualche metro da me, ordina il suo. Rimango in allerta, finché non lo sento allontanarsi e la sua voce farsi più lontana.
«È andato» mi avvisa il mio nuovo amico, di cui ancora non mi fido. Infatti, mi ritrovo a sbirciare con un solo occhio, per essere sicura che non mi stia mentendo.
«Grazie» dico, concludendo con un sorriso sincero.
«Sei in debito con me, Diana Lewis» dice, sollevandosi dallo sgabello per allontanarsi.
Il fatto che lui sappia il mio nome, senza che io glielo abbia detto, dovrebbe spaventarmi, agitarmi o, per lo meno, mettermi in allerta. Invece, mi rende curiosa.
«Come sai il mio nome?»
«Io so tutto ciò che riguarda San Diego» afferma con sicurezza, mettendo in mostra il suo mezzo sorriso.
Sollevo un sopracciglio ed inclino il viso di lato, osservandolo con attenzione.
«Posso sapere il tuo?»
«Magari la prossima volta» dice, allontanandosi definitivamente da me.
Quando resto da sola, il mio interesse torna automaticamente su Ethan e mi ritrovo a cercarlo tra i divanetti. Resto delusa nel non trovarlo dove lo avevo lasciato. Non c'è più. Non c'è nemmeno Kim. È rimasto solamente Jared con qualche suo amico. Non ho dieci anni e non mi serve fare due più due per immaginare dove siano finiti.
Mi scolo quel che resta nel mio bicchiere, per poi abbandonarlo sul bancone di legno. Prendo coraggio e mi avvicino con audacia ai divanetti del giardino. Appena Jared si accorge di me, fa un enorme sorriso.
«Piccola Dì!» si alza in piedi per avvicinarsi. Mi afferra i fianchi con agilità e mi solleva da terra per fare una giravolta su noi stessi.
«Ciao Jar» lo saluto, ridendo per il suo atteggiamento, dovuto dall'alcol, senza ombra di dubbio.
«Non c'è Josh?»
«No, non gli piacciono le feste dei liceali. Io ho solamente accompagnato Ethan e ho invitato qualche amico.» mi spiega, indicandoli con un lieve cenno del capo.
Solo in quel momento sollevo la mano in segno di saluto, verso i ragazzi che ho visto qualche volta di sfuggita con Jar e Josh. Loro mi salutano in coro, il fatto di essere la sorella minore di Josh non è un mistero.
«Posso restare qui?» chiedo a Jar, un po' imbarazzata, «non ho voglia di stare da sola e tantomeno tra ragazzi ubriachi»
Jared mi sorride dolcemente, come se fosse davvero un fratello maggiore.
«Certo, a breve dovrebbero tornare anche Kim e Ethan»
Sicuramente, secondo lui, la sua affermazione dovrebbe farmi sentire meglio, invece sento il cuore stringersi nel petto. Cerco di mascherare il mio stato d'animo e mi accomodo su una poltrona.
Riprendono a parlare tra di loro, di tanto in tanto provano a tirarmi in mezzo, ma io non sono molto in vena di fare conversazione. Rispondo per pura educazione e mi costringo a sorridere per non sembrare la solita ragazza acida.
Solo in un momento di solitudine, dove i ragazzi sono concentrati a chiacchierare di moto e auto ed io a passare il tempo sui social, mi rendo conto di avere ancora addosso la felpa del ragazzo dagli occhi neri. Il suo profumo mi riempie le narici e mi provoca una strana curiosità. A dirla tutta, la curiosità fa parte di me, mi scorre dentro le vene ed è la stessa che mi fa fare delle grosse figuracce.
Chi è?
Come si chiama?
Se conosce Ethan, vuol dire che conosce anche Josh e Jared? Dovrei chiederglielo?
Perché mi ha aiutata senza neppure conoscermi?
«Sorella di Josh, bevi questo» dice uno dei ragazzi seduti con noi. Ha i capelli rossi e le lentiggini gli dipingono gran parte del viso e presumo che gli scendano su tutto il corpo, visto che anche il braccio con cui mi porge il bicchierino è tempestato dagli stessi puntini.
Guardo il liquido verde che riempie fino all'orlo il bicchierino di plastica e capisco immediatamente che si tratta di vodka alla menta.
Che schifo!
Eppure non faccio tante storie, lo ringrazio con un sorriso e lo afferro come se fosse la mia bevanda preferita.
«Uno, due...» urla il ragazzo che mi ha passato lo shottino, «Tre!»
In contemporanea picchiettiamo il chupito sul tavolino e subito dopo lo mandiamo giù in un solo sorso. Il liquido mi scivola in gola, pizzicandola. Mi lascia in bocca un disgustoso sapore, simile al collutorio.
«Dai, fanne un altro» lo incita il ragazzo seduto accanto a lui.
L'angioletto sulla mia spalla mi dice di andarmene, ma il desiderio di non pensare a nulla si intreccia nella mia testa e si impossessa del mio autocontrollo. Non esagero mai con l'alcol, mi piace restare lucida e avere il controllo delle mie azioni. Ma questa sera c'è qualcosa di diverso nell'area. Questa sera voglio essere libera dai miei demoni, dai miei tormenti.
È proprio con quel pensiero che ingurgito il secondo chupito, e poi il terzo. Non mi servono molti shottini al gusto di collutorio per sentire la testa leggera e vuota. Non sono ubriaca, sono solamente in quello stato in cui l'imbarazzo sparisce e prende il sopravvento il coraggio. Il coraggio di dire e fare cose di cui non sarei capace nella pienezza della mia lucidità. Il mondo intorno a me sembra prendere colore e diventare più bello ai miei occhi.
Mi faccio leva sui braccioli della poltrona per alzarmi, ma la testa inizia a girarmi e faccio fatica a stare sulle mie gambe. Ringrazio il cielo per non aver indossato i trampoli che sta utilizzando anche Kim per avvicinarsi a me. Cammina verso il nostro gruppetto in modo sensuale, felino oserei dire. Le sue dita sono intrecciate con quelle tatuate di Ethan, che cammina al suo fianco con una tale sicurezza e spavalderia da farmi trattenere il respiro.
Alla faccia che lui non era tipo da relazioni!
Solo quando i polmoni iniziano a bruciarmi nel petto, socchiudo le labbra e prendo quanto più ossigeno riesco, con la speranza che nessuno se ne accorga. Nessuno sembra farci caso, tranne Ethan. I suoi diamanti blu si posano sulla mia bocca, facendomi avvampare all'istante. O forse è l'alcol?
Kim si stacca da Ethan per stringermi in un abbraccio affettuoso. Il suo profumo alla vaniglia unito a quello agrumato di Ethan, mi da la conferma del dubbio che mi era sorto quando non li avevo più visti sul divanetto. Devo ammettere che queste due fragranze insieme si contrastano e al tempo stesso si uniscono alla perfezione.
«Ma come ti sei vestita?» mi sussurra all'orecchio, per non farsi sentire da nessuno.
«Stai benissimo anche tu, amica» replico a voce alta, con tono scherzoso.
Con la coda dell'occhio vedo Ethan stravaccarsi nuovamente sul divano da giardino, lo stesso su cui mi fissava quando ero da sola all'angolo bar.
Ethan e gli altri ragazzi stanno parlando tra di loro, ignorandomi completamente. Non punta neanche una volta i suoi occhi blu cobalto su di me, non mi regala nemmeno un briciolo della sua attenzione. Ed un po' mi dispiace. Quei dannati occhi sono la cosa più bella che io abbia mai visto; così profondi e calmi, ma al tempo stesso ricchi di una tempesta pronta ad esplodere. Azzarderei a dire che sono quasi illegali, dovrebbero arrestarlo solo per questo.
Kim mi sistema una ciocca di capelli dietro l'orecchio e solo quando mi toccano la pelle mi rendo conto che sono bagnati. Mi tocco la fronte ed è bollente e madida di sudore. In effetti provo un caldo assurdo e la testa inizia a girarmi sempre di più, come se stando in piedi l'alcol facesse maggiormente il suo effetto.
«Dì, stai bene?» mi chiede Kim preoccupata, prendendomi il viso a coppa tra le mani.
«fa caldo» biascico, come se avessi la bocca impastata da chissà cosa. Inizio a sventolarmi il viso con la mano ed in un attimo sento quei maledetti occhi bruciarmi la pelle.
Mi aggancio alla spalla della mia amica, sentendo le gambe farsi molli. La paura di ritrovarmi con la faccia spiaccicata contro l'erba si fa sempre più vicina. Ethan si solleva di scatto e guarda Jared in modo furioso.
«L'hai fatta bere?» ringhia a denti stretti.
«Datti una calmata, non abbiamo bevuto molto!» si difende Jared, stizzito.
«Josh ci ha detto di controllarla, non di farla ubriacare»
«Io non ho bisogno di essere controllata da nessuno» sbotto, anche se non so dire con certezza se ho parlato in modo chiaro. Dalla faccia che fanno, però, lo prendo come un sì. Si ammutoliscono tutti, ma gli occhi di Ethan parlano da soli: è incazzato da far paura.
«Basta, me ne vado» dichiaro, ma quando mi stacco dalla mia amica, perdo l'equilibrio e barcollo all'indietro. Mi vergogno da morire, perché non capisco nemmeno io cosa devo fare di preciso.
«Diana non vai da nessuna parte da sola, dov'è Nathan? Non aveva detto che sarebbe venuto?» mi assilla Kim, ma io non riesco a stare dietro a quel fiume di parole. L'unica parola che riconosco è "Nathan".
«Nathan, sì.. ehm» mi impegno a formare una frase di senso compiuto, «è con Lillie» provo a spiegare, ma è difficile parlare chiaramente. Eppure non ho bevuto così tanto e so con assoluta certezza di non essere ubriaca, anche se lo sembro.
«La porto io» dice Ethan, con un tono che non ammette repliche ed io, invece, muoio dalla voglia di farlo.
Le parole mi muoiono in gola ed inizio a vedere dei puntini neri intorno a me cospargere la mia visuale. L'ultima cosa che vedo è la mia amica che si volta verso Ethan con uno sguardo carico di gratitudine, mentre lui si avvicina con passo svelto. Trattengo ancora una volta il respiro e questo mi frega del tutto. Ora insieme a me c'è solo il buio.
• Angolo Hopeless •
Ciao bei girasoli! 🌻
Vi ringrazio davvero tantissimo per essere
arrivati fino a qui!
Questo capitolo è più volte rivisto,
l'ho modificato, ho cancellato e aggiunto alcune parti.. ma alla fine ammetto di esserne
soddisfatta!
Voi, invece, cosa ne pensate?🌻
Siete curiosi di scoprire cosa è successo?
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