26 | Komorebi

Per correttezza voglio avvisare che in
questo capitolo è presente
una piccola scena 🌶️🔥

Diana

Komorebi.
Komorebi in giapponese indica una situazione ben precisa. Chiunque abbia passeggiato tra gli alberi nel bosco ha visto, almeno una volta nella vita, la luce che filtra tra le foglie. Questo bagliore diventa quasi magico ed è in grado di far provare una profonda pace interiore.

La parola Komorebi può essere anche interpretata come metafora: non importa quanto sia oscura la situazione in cui ci troviamo, la luce filtrerà sempre.

Ho aspettato tutto il giorno questa dannata luce, mi sarebbe bastata anche una piccola scintilla, ma sembrava che Ethan se la fosse portata via con sè, lontano dalla casa al lago di Kim.

Tra di noi non è successo chissà che cosa. Abbiamo suggellato il nostro piccolo grande segreto con un bacio e poi siamo rimasti abbracciati per ore, finchè la mia pelle non si è ricoperta di brividi e le mie labbra non sono diventate eccessivamente colorate per stare ancora in acqua. Il calore del suo corpo, tuttavia, era tutto ciò di cui avevo bisogno.

Mi ha fatto promettere più volte che non mi sarei fatta toccare da Leon e in cambio mi ha promesso che avrebbe trovato un modo per allontanarlo senza farlo a pezzi.

Quando siamo usciti dall'acqua non c'era nessuno ad aspettarci. Per quanto mi continuavo a ripetere che sarei andata contro tutti per lui, non era il momento ideale per sbandierare ai quattro venti la strada che avevamo appena deciso di intraprendere. 

La cosa che più mi ha sorpreso è successa la mattina dopo, quando ho incrociato Kim in cucina. Aveva gli occhi gonfi e rossi, ma sfoggiava un sorriso trionfante di cui non riuscivo a capire il senso.

Ho provato a chiederle come stesse, ho persino finto di non essere a conoscenza del suo cuore spezzato, ma la sua risposta si è limitata ad un "bene" frettoloso e ad un abbraccio sfuggente.

Le parole di Ethan su Kimberly volteggiano ancora nella mia mente: "Lei sa qualcosa, ha cercato di metterci contro", "Lei non è chi dice di essere".

La testa mi pulsa, ho la sensazione di aver vissuto una vita che non è la mia, fino a questo momento. Tutte le carte si stanno scoprendo ed io non riesco più a capire di chi possa fidarmi.

Mi sento in colpa? Sì, abbastanza da continuare a ripetermi che sono una pessima amica, ma al tempo stesso, non riesco a togliermi dalla testa che qualcosa non quadra.

Tutti questi pensieri mi stanno affollando la mente dal secondo giorno alla casa sul lago, subito dopo aver capito che Josh, Ethan e Jared se ne erano andati con le prime luci dell'alba.

Sono rimasta incollata a Nathan tutto il tempo, mi è dispiaciuto aver rovinato la possibilità di Lillie di passare un altro giorno con mio fratello, ma non avevo alcuna intenzione di ritrovarmi Leon alle calcagna e sorbirmi il suo finto amore riversato in un bicchiere di ricatto.

Alla fine sono riuscita a spiegarle quello che mi sembrava giusto sapesse.
Non le ho raccontato di Ethan e di come mi sono lasciata trasportare dai miei sentimenti, quello era un segreto solo nostro che avrei custodito negli abissi del mio cuore finchè sarebbe stato necessario.

Sono passati un paio di giorni da quelle due giornate intense e piene di avvenimenti inaspettati. Leon non fa che continuare a scrivermi messaggi in cui mi chiede di vedermi ed io gli rispondo sempre che ho accettato la sua richiesta, ma che mi serve tempo per rielaborare il tutto.

In un primo momento sembra capire, ma poi torna all'attacco e si dimostra tremendamente impaziente.

Di Ethan, invece, nemmeno l'ombra.
Mi chiedo dove sia, cosa stia facendo, se mi stia pensando; ma sono tutte domande che precipitano nel vuoto e inizio a pensare di essermi immaginata tutto di quella sera.

Ho la sensazione di trovarmi in una bolla in cui posso respirare solamente tristezza, angoscia e turbamento.
Non dovrei sentirmi così, dopo aver aperto una piccola parte del mio cuore ad una persona e aver avuto un riscontro positivo da parte sua.

Me lo merito, perchè ho tradito la mia migliore amica e in questo momento si starà sicuramente chiedendo cosa sia successo in Ethan.

Lillie mi ha scritto che sono due giorni che non partecipa alle feste e Kim non rinuncia a quel tipo di vita nemmeno sotto tortura.
Alla fine ci siamo messe d'accordo che saremmo andate a trovarla la mattina dopo.

Mi rigiro nel letto, ormai saranno le due di notte e mi ritrovo sveglia a farmi innondare da pensieri inutili e che non avrebbero risolto nulla.
Sbuffo e mi rigiro nuovamente, punto lo sguardo al soffitto e poi chiudo gli occhi, pregando che Morfeo venga a rapire.

«Piccola Dì» una voce ovattata mi raggiunge, ma sono troppo stordita dal sonno per capire subito chi sia, «Piccola Dì, stai per perdere la tua occasione»

Mugugno qualcosa senza senso nel sonno, il mio cervello non si è ancora collegato alla vita reale e non riesco a percepire cosa stia succedendo.
«Piccola Dì» questa volta la sua voce è nitida, chiara come le sue iridi, e mi arriva alle orecchie come uno tsunami che mi travolge in pieno.

«Ethan? Sei tu?» biascico, con la voce ancora impastata dal sonno.
«Aspetti qualcun altro alle cinque di mattina, per caso?» borbotta lui, mentre le sue mani gelide mi accarezzano la pancia che si è scoperta a causa dei movimenti, permettendo ai brividi di possedere ogni millimetro della mia pelle.

Apro lentamente gli occhi, per poi sbattere varie volte le palpebre nel tentativo di mettere a fuoco il ragazzo terribilmente bello che mi sta parlando.
I suoi profondi occhi blu cobalto sono invasi dalle sfumature del paradiso, per quanto lui si ostini a credere di appartenere all'inferno non ci sarebbe stato un solo angelo che gli avrebbe voltato le spalle.

«Come sei entrato? E poi cosa ci fai qui?»
«Fai cosi tante domande anche appena ti svegli?» Si lamenta, ma posso scorgere un sorriso divertito farsi strada tra le sue labbra, «vestiti, ti porto in un posto»

«Dove?» domando con voce un po' troppo alta, ma lui non perde tempo e preme il palmo della mano contro la mia bocca.

«Da nessuna parte se urli ancora un po'»
Socchiudo gli occhi in due piccole fessure, creando un'espressione accigliata sul viso.

«Mi hai appena svegliata nel cuore della notte dopo essere sparito per due giorni interi e pretendi che non ti faccia domande?» scaglio la prima freccia, appena la sua mano si allontana dal mio viso e mi permette di avere il pieno controllo delle mie labbra.

«Esattamente» replica fiero, mentre la sua lingua scorre lentamente sul suo labbro inferiore.
Quel piccolo movimento è in grado di mandare in cortocircuito quel pizzico di lucidità appena ottenuta dal mio cervello.

«Sei davvero incredibile!» brontolo, mentre mi avvicino all'armadio per afferrare i primi vestiti che mi capitano a tiro.

Non avrei avuto le forze per scegliere attentamente ogni dettaglio. Comunque, non è nemmeno un appuntamento, perché questo avrebbe voluto dire avere almeno un po' di preavviso. 

Non devo essere sorpresa, Ethan è fatto della stessa sostanza dell'impulsività. Non riflette, appena vuole ottenere qualcosa alza il culo e se lo va a prendere.

Non chiede il permesso, lui lo ottiene. Non è banale, non è scontato. Lui è diverso, è fuoco puro, ed è capace di incendiare l'Antartide, se solo lo avesse voluto.

Indosso i pantaloni della tuta, una maglietta e le mie adorate vans nere.
«Andiamo?» dico con voce ferma, fingendo di essermi offesa, ma la verità è che sono tremendamente curiosa di scoprire dove mi porterà.

«Andiamo» replica subito, porgendomi una mano che afferro senza esitazione.
Usciamo di nascosto dalla villa, percorriamo lo stesso percorso che ho fatto molte volte per svignare via di notte e che tutt'ora faccio quando ho bisogno di andare in spiaggia.

Ormai sono diventata davvero brava e ho imparato dei piccoli trucchi che mi permettono di non cadere. In più, la presenza di Ethan mi dona tranquillità e sicurezza.

Il resto del tragitto lo percorriamo in macchina e appena siamo vicini alla destinazione il mio cuore si riempie di felicità.
Mi sta portando nel mio posto sicuro.

La prima cosa che faccio appena scendo dalla macchina è quella di sfilarmi le scarpe e le calze per affondare i piedi nella sabbia.
È una sensazione difficile da spiegare, ma se possiedi un posto del cuore, uno di quelli in cui ti senti a casa e che è in grado di farti percepire ogni particella della tua essenza in pace con il mondo, allora lo riconosci. Una pace interiore che ti invade gli organi e ti raggiunge il cuore, ti senti finalmente al sicuro.

E sono le stesse sensazioni che provo quando sto con Ethan.
È la cosa che più mi spaventa.
«Seguimi» dice con dolcezza, mentre mi afferra le mani e intreccia le nostre dita.
Quel piccolo gesto è a sufficienza per farmi tremare il cuore.

Lo seguo in silenzio, entrambi siamo assorti nel rumore delle onde che arrivano a riva con prepotenza, dalla morbidezza della sabbia che ci solletica la pianta del piede e dal contatto dei nostri corpi che ci porta in un nuovo mondo.

«Segui il mio percorso e non lasciarmi la mano»
«Se non ti lascio la mano rischio di perdere l'equilibrio» provo a spiegare, i miei occhi nel frattempo studiano l'ammasso di scogli da superare.

«Non ho alcuna intenzione di allontanarmi da te, ma dovresti aver capito ormai che non ti lascerò cadere»

Le sue dita stringono la presa sulle mie ed io mi lascio avvolgere dal calore che emana, fidandomi completamente. Ricopio alla perfezione i suoi movimenti finché non ci troviamo in cima allo scoglio più alto.

Mi sporgo leggermente con il busto per sbirciare oltre la sua schiena, ma i raggi del sole non hanno ancora fatto il loro ingresso sull'acqua dell'oceano e la luce dei lampioni è troppo lontana.

Mi lascia la mano per fare un salto agile che lo porta ad atterrare sulla sabbia e poi si volta nella mia direzione con un sorriso capace di illuminare tutto ciò che ci circonda.

«Buttati, ti prendo io» le sue braccia protendono verso di me, ma l'altezza in cui mi trovo mi porta a non trovare il coraggio.

«Dovrei fidarmi?» chiedo, con una risatina nervosa ad accompagnare la mia domanda.
«Ti ho mai abbandonata quando hai avuto bisogno di me?» replica, corrucciato.

Quella sua espressione è così buffa su di lui che la voglia di poterla osservare da vicino mi incita a chiudere gli occhi e a lanciarmi nel vuoto.

Come promesso, mi afferra subito per la vita e non permette alle mie gambe di toccare il suolo finché non è sicuro di avere la presa ferma sul mio corpo.

I capelli mi ricadono sul viso e, con un movimento delicato, me li scosta.
È strano avere a che fare con un Ethan carino, gentile e premuroso.
Questa versione di lui mi piace e mi fa domandare quante sfumature abbia il suo carattere, quante cose nasconde dietro i suoi atteggiamenti scontrosi.

«Vieni» mi afferra nuovamente la mano, come se avesse un terribile bisogno del mio contatto fisico.
Oltrepassiamo dei piccoli scogli che conducono ad una piccola, piccolissima, spiaggia.

L'acqua è così limpida e cristallina che si riesce a scorgere il fondale nonostante la distanza in cui ci troviamo.
La luce artificiale dei lampioni non arriva fin qui e permette a questo piccolo angolo di paradiso di rimanere selvaggio e naturale.

Sono incantata, mentre fisso lo spettacolo che creano i movimenti delle onde contro gli scogli.
«È bellissimo» ammetto in un flebile sussurro.

«La spiaggia è da sempre il mio posto sicuro nel mondo ed è il primo posto a cui penso quando voglio stare da solo» mi spiega, mentre si siede sulla sabbia e mi trascina con sé sulle sue gambe, «così, un giorno, dopo aver litigato con un mio vecchio amico, ho pensato che se fossi rimasto al solito posto mi avrebbe trovato subito. Allora ho camminato, ho scavalcato gli scogli e ho scoperto questo posto magnifico»

«Ha funzionato?» chiedo curiosa, incollando le mie iridi con le sue.
«Sì»

«Chissà quante ne hai portate qui» mormoro, abbassando lo sguardo sulle mie mani per non dargli modo di notare quanto la gelosia mi stia bruciando gli organi.

«A dire la verità, sei la prima che porto qui» confessa, passandosi la mano tra i capelli color miele per camuffare l'imbarazzo.

Quella confessione mi porta a spingermi verso di lui, senza esitazione, ho bisogno di avvertire sulla mia pelle le stesse sensazioni che mi fanno provare le sue parole.

Le mie labbra premono contro le sue ed è come se finalmente si trovassero nel posto giusto. Ogni dubbio, ogni incertezza, sfumano lontano da noi, lasciandoci soli contro il mondo.

Ci cuciamo addosso parole non dette, ma che tramite quel bacio abbiamo il potere di assorbire e fare nostre.

Si aggrappa al mio corpo con forza, mentre ricambia il mio bacio con frenesia, come se il contatto delle mie labbra gli fosse mancato come l'aria.

Nonostante sia stata io a dare inizio a questo scambio di scintille, è lui ad avere le redini in mano e mi guida in un intreccio fatto unicamente dalla passione.

Il mio cuore lo riconosce subito, reagisce sotto il suo tocco, batte con violenza e forza contro il petto. E sono quasi certa che lui può sentirlo.

Il calore che si cosparge dal basso ventre aumenta il desiderio che mi brucia dall'interno, portandomi a cambiare posizione. Lui asseconda i miei movimenti e, in poco tempo, mi ritrovo a cavalcioni su di lui.

I nostri corpi si incastrano alla perfezione, come i tasselli di un puzzle di cinquemila pezzi che hanno fatto fatica a trovarsi, ma che ora che si sono uniti non riescono più a liberarsi.

È tutto nuovo per me, ho baciato altri ragazzi, ma non mi sono mai ritrovata travolta da emozioni così forti, non ho mai desiderato di colmare un vuoto così straziante con una persona in particolare.

Leon non è mai riuscito a provocare nemmeno un brivido di quelli che mi fa provare Ethan ad ogni carezza.
E più il bacio si intensifica, più le nostre lingue si intrecciano in un gioco infinito di complicità.

Le sue mani scivolano lentamente sulla mia schiena, fino a posizionarsi sui glutei che afferra con sicurezza, facendomi gemere contro la sua bocca.

Nonostante i tessuti che ci dividono, riesce a creare una scia di brividi come segno del suo passaggio. E Dio, avrei vissuto di quelle sensazioni per il resto della mia vita.

Un groviglio di scelte sbagliate, decisioni impulsive e fuoco di emozioni.
Noi siamo questo, ma quando i nostri corpi entrano in contatto ho la sensazione che tutto abbia un senso, che ogni azione avvenga per un significato.

Avviene tutto in maniera così naturale che quasi non mi rendo conto di come la mia intimità si strusci contro il cavallo dei suoi pantaloni, da sembrare quasi disperata di avvertire lo stesso desiderio che possiedo io.

Non sembra per niente dispiaciuto, anzi, le sue mani accompagnano i movimenti del mio corpo, facendo incendiare le mie guance dall'imbarazzo.
«Cazzo, Diana» ringhia tra le mie labbra, incapace di staccarsi da esse, «io volevo solo farti vedere l'alba»

Deglutisco, mentre mi impongo di non staccare lo sguardo dalla sua bocca.
Se mi avesse guardato negli occhi, come solo lui sa fare, si sarebbe reso conto di quanto sia effettivamente impreparata, e imbranata, e inesperta.

«Dobbiamo aspettare un po' per quella» mormoro appena.
I nostri respiri si uniscono, circondati dal semplice rumore naturale delle onde che propagano il profumo della salsedine.

Abbiamo entrambi un posto sicuro nel mondo, ed è lo stesso, non può essere un caso...

La sua erezione spinge contro i suoi pantaloni che, essendo in tuta, riesco a sentire tutta la sua durezza.
«Te la farò attendere nel modo più piacevole che tu conosca»

Non mi dà il tempo di riflettere sulle sue parole, perché capovolge la situazione, facendomi sdraiare sulla sabbia.
I capelli si impregnano di granelli, si incastrano tra di essi, proprio come il mio cuore si incastra con il suo.

«Io non...»
«Dimmi solo di sì» disegno con gli occhi il contorno delle sue labbra, per poi seguire la forma del suo naso e, infine, incrocio i suoi diamanti blu.

«Puoi farmi tutto ciò che vuoi...» confesso, ubriaca dei suoi occhi, «sono tua, lo sono sempre stata»

In quel preciso istante posso giurare di aver visto i suoi occhi brillare. Una piccola luce incendiare le sue iridi a rendere tutto ciò reale.

«Ridimmelo» nel frattempo le sue mani si insinuano nei miei pantaloni, oltrepassano le mutandine ed io trattengo il respiro, troppo invasa dalle emozioni.

«Sono sempre stata tua...» ripeto a fatica, «dal nostro primo incontro»

Le sue dita scorrono lentamente tra le pieghe morbide della mia intimità, scombussolando ulteriormente ogni mia particella.

Si muovono con dolcezza e sicurezza tra il miele della mia eccitazione, sfiora la parte più sensibile del mio corpo come se le sue mani fossero state create per toccare solo me.

Mi fa assaggiare quel pizzico di piacere che mi sembra di raggiungere il paradiso, ma dura così poco che quando si allontana mi sento peggio di prima.

Mi sfila ogni tessuto che gli è di impedimento e solo in quel momento capisco cosa vuole fare.
D'istinto, serro le gambe, avvertendo tutto l'imbarazzo impossessarsi della mia mente in una morsa velenosa.

Ogni particella della mia essenza è attratta da lui, ogni piccola parte pretende di colmare la sensazione di vuoto che mi fa impazzire, ma il fatto di non essermi mai esposta così tanto con qualcuno mi provoca una strana vergogna.

Ovviamente, lui non demorde, anzi mi solleva la maglietta e crea una scia di baci lenti e sensuali lungo l'addome, dimenticando per un momento la situazione in cui mi sono infilata.

«Aprimi le gambe, Dì» la voce dolce, ma al tempo stesso autoritaria, mi porta a seguire il suo volere, concedendomi a lui in tutti i sensi.

I suoi baci scivolano sempre più giù, dove si concentrano sulle grandi labbra. Un contatto leggero, delicato, ma che mi fa ricoprire la pelle di brividi.

Fremo sotto di lui, pronta ad accogliere quel piacere intenso, proprio come la riva accoglie l'oceano ad ogni sua onda.

Ed è quando meno me lo aspetto che la sua lingua invade il mio calore, lo fa suo, e si gusta il nettare proibito del mio desiderio.

Sono terribilmente accaldata, eccitata che ormai il mio cervello non funziona più, accoglie semplicemente il piacere che la sua bocca mi regala.

La parte più difficile avviene quando la sua bocca si concentra sul mio clitoride, così sensibile da far riempire la spiaggia del rumore dei miei gemiti.

Ci gioca con la lungua, lo succhia, dimostrando ancora una volta quando lui sia esperto confronto a me.  È un pensiero a cui non voglio dar peso, perché altrimenti esso si sarebbe nutrito di ogni mia insicurezza.

Godo di ogni attimo, lo imprimo nella mia mente e lascio che il mio corpo si faccia trasportare da quelle sensazioni.

«Ethan» lo chiamo dolcemente, ma appare più come una supplica.
Mi sembra di scorgere un leggero sorriso, ma sono troppo invasa dal piacere, la vista troppo annebbiata, per concentrarmi meglio sui suoi movimenti facciali.

In quel preciso istante, introduce un dito nella mia apertura stretta, lo accolgo completamente, ritrovandomi ad allargare maggiormente le gambe.

Un'aggiunta che fa vacillare il poco autocontrollo rimasto, lui lo percepisce, perché aumenta i movimenti con sicurezza.

Sono troppo inesperta per contenermi, per trattenere dentro di me quel calore che aumenta ad ogni suo movimento.

Vorrei farlo durare più a lungo, vorrei concedermi più tempo, ma alla fine lascio che l'orgasmo mi stravolga in pieno, nello stesso momento in cui le luci dell'alba entrano in contatto con l'acqua. Affondo i denti nel labbro inferiore, ma anche quel piccolo dolore si tramuta in piacere.

Quando il suo corpo torna sul mio sono ancora scossa dall'orgasmo: rossa in volto, i capelli scompigliati, le labbra gonfie dai morsi che mi sono fatta per non urlare e gli occhi che raccontano il piacere che è stato in grado di regalarmi.

«Abbiamo perso l'alba» riesco a dire, tra una boccata d'ossigeno e l'altra.
«Io non ho mai visto un'alba più bella»

«Dobbiamo sbrigarci o qualcuno si accorgerà che non sono nel mio letto» mi lamento esasperata, dopo averlo supplicato più volte di alzarsi dalla sabbia.

Incrocio le braccia sotto al seno e, sono quasi sicura, che i miei occhi hanno lo stesso sguardo delle vipere: avvelenato.

«Va bene, va bene. Andiamo, Miss broncio»
Finalmente decide di darmi ascolto e ripercorriamo lo stesso percorso che abbiamo fatto un paio d'ore prima.

Scavalchiamo tutte le rocce che ci conducono alla spiaggia principale, per poi camminare sulla spiaggia. San Diego sembra essere tornata in vita, il rumore delle macchine rovina quello naturale dell'oceano.

«Guarda, guarda chi si vede» una voce cavernosa mi raggiunge l'orecchio, rabbrividisco solo a sentire quel suono e ho paura di alzare lo sguardo per vedere chi effettivamente sia.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top