18| In piena notte •

Ethan

Ho avuto tutto quello che la vita aveva da offrirmi: soldi, fama, potere. Ma non so cosa sia l'amore. La persona che più di tutte avrebbe dovuto farmelo conoscere ha preferito inseguire il suo sogno e ha messo da parte me, suo figlio, per riuscirci. Fin da ragazzino era la rabbia a dominare qualsiasi sentimento, fino ad intossicarmi gli organi e rendermi la persona che sono oggi. Non vado fiero delle azioni che mi sono ritrovato a commettere, tantomeno delle persone che ho frequentato.

Ho accettato da molto l'assenza dei miei genitori, ma sono dell'idea che la nostra infanzia influenzi il nostro futuro. Sono stato svuotato dalle mie emozioni, mi sono imposto di prendere le distanze da tutto, perché ho capito che l'indifferenza verso il mondo circostante era l'unica salvezza per non soffrire. Non mi definisco una persona apatica, ma chi ha incrociato il mio percorso almeno una volta nella sua vita l'ha pensato.

Tornando all'amore, ne ho sentito parlare svariate volte dagli altri, ma l'ho sempre schivato come la peste. Non ho mai dato a nessuno la possibilità di avvicinarsi al mio cuore, ma non ho nemmeno mai incontrato una persona che ne valesse la pena. Poi, è arrivata lei, Diana. Le è bastato un semplice bacio per rivoluzionare ogni cosa.

Non avrei potuto commettere errore peggiore. Ero consapevole del peccato che mi incitavano a compiere le sue labbra carnose ad un millimetro dalle mie, ma la lussuria è il vizio capitale a cui si fa più fatica a resistere.

Mi sono lasciato trasportare dal momento, incapace di dominare la volontà sugli istinti e di mantenere i desideri entro i limiti. La parte peggiore è arrivata dopo, quando mi sono reso conto che un semplice bacio non sarebbe bastato a colmare ogni mia sete del desiderio che provo nei suoi confronti.

Diana, con i suoi occhi profondi, la sua pelle morbida e le labbra piene, mi sono entrate dentro; scorre nelle mie vene come una droga che avrebbe corroso lentamente ogni mio particella. E questo mi fa incazzare da morire.

Io, che ho sempre mantenuto le distanze da ogni sentimento. Io, che godo del semplice atto fisico. Io, che un cuore sono sempre stato convinto di non averlo. In un piccolo attimo è riuscita a disintegrare tutte le convinzioni di cui il mio cervello si era appropriato, sostituendole con la voglia di volere di più, di meritare di più.

Per quanto mi ostinassi a ripetermi che con Diana fosse solo attrazione fisica, dentro di me sapevo che una scopata non mi avrebbe appagato. Lei non è minimamente come le altre.

Sono passati diversi giorni da quel giorno, eppure sento ancora il suo profumo volteggiare intorno al mio spazio vitale; l'universo si sta prendendo gioco di me. Così, per eliminare tutte le sensazioni che mi trasmette quella dannata ragazzina, sono finito nel letto della sua migliore amica. So di essere uno stronzo senza eguali, egoista ed a tratti anche narcisista.

Kimberly Wood nel suo mondo è paragonata ad una dea terrestre. I ragazzini le sbavano dietro e farebbero qualsiasi cosa pur di attirare la sua attenzione, mentre le ragazze elemosinano la sua amicizia, come se questa potesse cambiargli la vita.

Nel mio di mondo, invece, è una sciocca ragazzina immatura che pende dalle mia labbra. Mi basta semplicemente schioccare le dita per farla crollare ai miei piedi. Se solo glielo avessi chiesto, sarebbe stata capace di leccare il pavimento su cui tanto ha bramato di essere scopata solo pochi attimi prima.

Non mi importa di spezzarle il cuore, ho imparato con gli anni ad eliminare la coscienza e a non farmi prendere dai senza di colpa. Sono stato chiaro fin dal primo giorno in cui il suo corpo si è concesso al mio: niente sentimenti, solo puro e sano sfogo fisico.

In cambio le ho promesso un piacere stravolgente che quei ragazzini da quattro soldi non erano in grado di farle provare. Inizialmente sembrava essere sulla mia stessa lunghezza d'onda, ma piano piano, si è fatta travolgere dal piacere, trasformandolo in qualcosa di più profondo.

Me ne sono accorto. I suoi occhi sono cambiati, le sue carezze sono diverse e la sua bocca inizia a pretendere cose che non dovrebbero nemmeno passarle per la mente.

Il mio cervello, invece, è in fissa per l'unica persona che ha stravolto ogni mia convinzione. L'uomo, per quanto si ostini ad ostentare il coraggio e la forza, è fragile come un bicchiere di cristallo davanti a ciò che gli viene proibito. Probabilmente è per questo che mi sento così fottutamente attratto da lei. Diana Lewis è il mio frutto proibito.

Sono seduto sul bordo del letto con i gomiti conficcati nelle cosce, mentre la luce del cellulare mi illumina il volto. I miei occhi continuano a leggere i messaggi che ci siamo scambiati qualche giorno prima con Diana. Mi ha ordinato di stargli lontana, ma nessuno è in grado di darmi ordini. A prescindere dai rischi, dai problemi e da tutto quello che ne comporta, io avrei sempre fatto di testa mia.

Le braccia di Kimberly mi circondano il collo, scivolando lentamente sul petto, mentre il suo seno nudo preme contro la mia schiena. Blocco il cellulare, appena in tempo per non farle leggere il contenuto.

«Dormi con me stasera» un sussurro che sembra più una supplica, lasciandomi una scia di baci seducenti lungo la parte laterale del collo, «non andartene»

«Lo sai che non dormo con nessuna» replico annoiato, liberandomi senza troppa fatica dalla sua presa per sollevarmi in piedi.

Racimolo i miei vestiti sparsi sul pavimento, un chiaro segno di quanto fosse stata selvaggia la scopata. Il suo sguardo languido percorre i lineamenti del mio corpo, mentre mi sto vestendo, come se la sua mente si fosse appena resa conto della realtà. Vederla priva della sua solita vivacità, pensierosa, mi suggerisce che non devo più vederla. Devo chiudere con lei.

«Ci vediamo» non la guardo nemmeno in faccia quando pronuncio quelle parole.
Afferro le chiavi della macchina e il cellulare. La guardo di sfuggita, mentre si tira a sé il lenzuolo per coprirsi il corpo. Non aspetto nemmeno la sua risposta, esco dalla stanza così come sono entrato, nel cuore della notte.

I suoi genitori mi avrebbero potuto vedere, ma al momento è l'ultimo dei miei problemi. Il bisogno di allontanarmi il più velocemente possibile da quella casa è più forte di qualsiasi pensiero.

Cammino così veloce da ritrovarmi in macchina in breve tempo. Metto in moto e mi allontano definitivamente. Ora che sono da solo, le sensazioni diventano sempre più forti ad ogni respiro che mi riempie i polmoni. Non sono abituato a provare qualcosa per una ragazza. Le montagne russe su cui sono salito mi porteranno, senza ombra di dubbio, alla rovina.

Percorro strade della mia città che già conosco, ma che non mi portano in nessun punto preciso. La verità è che non so dove andare. Alla fine mi fermo vicino ad un bar in cui non sono mai entrato, ma che possiede sicuramente quello di cui ho bisogno.

La persona più pericolosa di San Diego mi ha preso di mira, dovrei essere concentrato su di lui per riuscire a compiere la mia vendetta, salvandomi. Invece, sono alle prese con una cotta per la sorella minore del mio migliore amico, come il peggiore degli adolescenti.

Raggiungo il locale che ho adocchiato ancor prima di parcheggiare l'auto. Nel muro dell'entrata sono presenti dei dipinti meravigliosi, hanno sicuramente il compito di attirare i passanti. Il bar brulica di gente, ho la sensazione che all'interno l'atmosfera sia soffocante.

Le persone che incrocio sul mio cammino si spostano, lasciandomi passare. Sento persino qualcuno mormorare "Oh, è Ethan Miles". La notorietà che avevo acquisito entrando nella banda di Aaron mi è rimasta, come a ricordarmi quello che ero e quello che sono diventato.

Mi lascio cadere sullo sgabello vicino al bancone, in modo da avere maggiore attenzione da parte della barista.

«Ciao bellezza, cosa ti porto?» ammicca, appoggiandosi con le braccia al bancone di legno e sporgendosi in avanti con il busto per mettere in evidenza il seno abbondante, stretto in un top striminzito. I tatuaggi le disegnano gran parte della pelle, l'unica parte rimasta intatta è quella del viso, dove però ha dei piercing.

Inarco un sopracciglio, so riconoscere quando una ragazza vuole attirare la mia attenzione in quel senso. In un altro momento l'avrei portata in uno dei bagni, giusto il tempo di sfogare i miei istinti primitivi, ma non oggi.

«Qualcosa di forte»
«Quanto forte?» chiede divertita, leccandosi lentamente le labbra sottili, un approccio un po' troppo sfacciato per i miei gusti.
«Molto» dico con un tono di voce secco, stufo di ricevere avance che mi infastidiscono e che non voglio.

La ragazza si allontana giusto il tempo di preparare quello che le ho chiesto, per poi posarmi davanti al viso un piccolo bicchiere. Guardo prima lo shottino e poi la ragazza tatuata, come a dirle "cosa dovrei farci con questo?".
La sua sicurezza non vacilla nemmeno un istante,  anzi, solleva un angolo della bocca, creando un sorriso carico di sfida.

«Un mix di alcolici, tra cui l'assenzio» fa schioccare la lingua contro il palato, soddisfatta, «qui lo chiamiamo il girone dei dannati. Solo chi ha conosciuto l'inferno, ha il coraggio di berlo»

Non rispondo, afferro il bicchierino tra le dita ed ingurgito tutto il contenuto in una volta sola, tenendo gli occhi incollati ai suoi. L'alcol crea una scia di bruciore che raggiunge la bocca dello stomaco, avverto il calore propagarsi in ogni strato di pelle ed incendiarla.

«Un altro» appoggio in modo un po' troppo energico il bicchiere sul bancone.
Alla ragazza, di cui non so il nome e non voglio conoscerlo, le brillano gli occhi di una strana luce oscura. Sparisce nuovamente e ritorna con un nuovo shot. L'episodio si ripete altre due volte, forse tre, ma sono sufficienti per farmi ottenere l'effetto desiderato. Non so dirlo con esattezza, ma ho la sensazione di essere stato sedato: un'ebbrezza lucida che mi permette di essere su un altro pianeta.

Mi sollevo dallo sgabello, mi rendo conto di avere le gambe molli solo quando i piedi incontrano il pavimento, faccio persino fatica a restare in equilibrio. Afferro un paio di banconote dal portafoglio senza guardarle, ma so che sono più che sufficienti per saldare il conto. Le appoggio, forse le lancio, sul bancone.

«Il resto è mancia» dico alla ragazza, cercando di pronunciare le parole in modo chiaro, ma sono quasi convinto di aver biascicato. Lei prima guarda le banconote, poi solleva lo sguardo nella mia direzione, totalmente disorientata.

«Sei sicuro? Sono più di...»
«Sì» taglio corto, interrompendola.
Non ho alcuna voglia di aspettare che mi dia il resto, tantomeno continuare a sentire la sua voce fastidiosa e le sue continue provocazioni da gatta morta.

Quando sono uscito dal locale ho pensato che prendere la macchina non fosse una buona idea. Ho preferito lasciarla lì, fare una passeggiata e, solo dopo aver smaltito la sbronza, tornare indietro per riprendermela.

Ho camminato parecchio, forse più di quanto abbia mai fatto in tutta la mia vita, mentre la mia mente ha percorso sentieri tutti suoi. Una tartare di sensazioni crude, dove l'unica salvezza è quella di annebbiare la mente. Se nemmeno l'alcol è riuscito a soffocare tutto questo, chi sono io per poterlo fare?

Circondato costantemente dal pericolo, esausto di dover sempre tenere gli occhi ben aperti, il mio corpo mi ha portato inconsapevolmente verso la speranza. Le mie gambe hanno deciso da sole dove dirigersi, sorde alle grida contrariate della mia mente.

Osservo, come incantato, il cancello che apre le porte del mio purgatorio personale. Con passo sicuro e movimenti incerti, inizio ad arrampicarmi, aggrappandomi con forza agli elementi verticali che lo costituiscono. Arrivo in fino in cima e con mio grande stupore, visto le condizioni in cui mi trovo, riesco a raggiungere la parte opposta, schivando gli offendicula senza procurarmi tagli.

La parte peggiore si presenta quando devo trovare con i piedi un punto fermo per intraprendere la discesa. Il piede destro trova subito un supporto, mentre il sinistro mi scivola.

Il vuoto che avverto per un millesimo di secondo, non mi da il tempo di realizzare quello che sta succedendo. Atterro con la parte posteriore del corpo contro il suolo ricoperto da sassolini. Non ho fatto una caduta esagerata, ma la botta che subisco alla spalla mi fa imprecare a denti stretti.

Trattengo il respiro a causa della forte pressione che avverto nell'area contusa, il dolore si propaga, come una goccia d'olio nell'acqua. Diminuisce man mano che il tempo scorre ed io non ho il coraggio di muovere nemmeno un muscolo.

Ci impiego un paio di minuti buoni per tornare in me e reagire. Mi sollevo velocemente, piantando i piedi ben a terra. Seppur sia fermo, questo movimento mi innesca delle vertigini, un'illusoria sensazione di movimento dello spazio intorno a me, mi stravolge in pieno. Sono costretto ad aggrapparmi al cancello in ferro per non cadere nuovamente.

Maledetto me e le mie decisioni.

Se fossi stata una persona equilibrata ora tornerei indietro, invece le mie sensazioni sono sempre più decise a continuare. Cammino lungo il viale, resto attaccato alla siepe in modo che l'oscurità mi inghiottisca e non possa essere visto. Sono venuto poche volte in questa casa, ma so dove si trova la sua camera dal giorno in cui mi ha lanciato l'infradito dal suo balcone.

Raggiungo la piscina, ci cammino intorno in punta di piedi e mi avvicino all'enorme albero, l'unica cosa che si avvicina maggiormente al suo balcone. Osservandolo da vicino noto delle piccole travi in legno a fare da scala, come se fosse utilizzato quotidianamente per scappare di nascosto.

Quello che sto facendo è proibito, per questo motivo sento una scarica di adrenalina scorrermi nelle vene, annullando quasi del tutto il dolore alla spalla. Mi muovo con agilità sul tronco dell'albero e in breve tempo raggiungo il primo poggiolo, che so non essere il suo.

La villa è avvolta dal silenzio totale, sarebbe bastato un minimo rumore per farmi scoprire. Il cuore pompa pesante nella gabbia toracica, il suo suono rimbomba nelle mie orecchie, posso contarne i battiti senza dover premere le dita sul polso.

Per molti questa situazione è sbagliata, persino per me stesso. Grazie all'alcol e all'adrenalina che nutre ogni mia cellula l'egoismo sovrasta tutte le situazioni e le persone. Non mi interessano le conseguenze, non mi sono mai soffermato a pensare al domani. Forse, è per questo che mi trovo sempre circondato da problemi.

Oggi non ho alcuna intenzione di lasciarmi condizionare dal mondo circostante, ho il bisogno di seguire i miei istinti e i miei desideri. Solo per questa sera. Domani sarà un altro giorno e sarò abbastanza lucido per affrontare tutto il resto.

Sollevo lo sguardo nel cielo, la luna è arrivata nella sua ultima fase, completa in tutta la sua pienezza, illumina l'oscurità della notte. Anche lei, però, ha un lato oscuro che non mostra mai a nessuno.

Scavalco la ringhiera in ferro, mantenendo lo sguardo fisso sulla sfera chiara, come se mi desse il supporto per proseguire. Il mio piede si incastra in un oggetto, ma sono così avvolto dal buio da rendermene conto solamente quando lo muovo per proseguire il mio percorso.

Il frastuono dell'oggetto che cade rimbomba nella tranquillità dell'atmosfera, aumentando di gran lunga il rumore stesso. Mi fermo, tutti i miei sensi sono in allerta, ogni muscolo del mio corpo è teso, ma sono così frastornato da non riuscire a realizzare pienamente l'accaduto. Succede tutto troppo velocemente per la mia mente annebbiata dall'assenzio.

Il rumore della maniglia che scatta, la portafinestra che si apre e la sua figura incantevole apparire nelle vesti di una Dea. I suoi lineamenti dolci sono illuminati dai raggi pallidi della luna, si scontrano con la pelle candida e priva di imperfezioni. Non ha nemmeno un velo di trucco per irradiare il suo viso, Diana Lewis non ne ha bisogno, perché brilla di luce propria.

Assottiglio lo sguardo per mettere a fuoco la sua immagine rigida, paralizzata per l'incredulità nel trovarmi lì, sul suo balcone. Vestita con una maglia extra-large che le arriva a malapena a metà coscia, le mani stringono in due pugni il tessuto per costringerlo a coprirla il più possibile. Lo sguardo assonnato, i capelli spettinati in una coda alta e le gote arrossate dal caldo estivo. Eppure, io, non ho mai visto niente di più bello.

Sbatte le ciglia lunghe un paio di volte, probabilmente anche di più. E poi, con un piccolo movimento, socchiude le labbra piene, pronta a scagliare le sue parole taglienti contro di me.

Invece, con mio grande stupore, non dice nulla. Ne approfitta per immagazzinare più ossigeno possibile nei polmoni e trattenerlo con gelosia dentro di sé. I suoi occhi stanchi riescono comunque ad essere intensi e stravolgenti con il potere di ammaliare chiunque, come il suono delle onde in piena estate.

Ha la capacità di raggiungere luoghi sconosciuti della mia persona, mi imprigiona con le sue iridi cristalline e provoca dentro di me sensazioni mai avvertite prima.

Un leggero scuotimento del capo la fa tornare in sé, come se si fosse assentata con la mente per un breve momento.
«Cosa diavolo ci fai qui?» mima con le labbra.

Distoglie lo sguardo da me per poterlo indirizzare al luogo circostante. Nessuno sembra essersi accorto della mia presenza, nonostante i continui segnali involontari che mi sono ritrovato a creare. Le luci sono ancora tutte spente e l'unico rumore che si può sentire in questi momento è quello dei nostri respiri.

Eppure, lei, sembra terrorizzata che qualcuno possa vedermi. Io, invece, sono terrorizzato da quello che lei riesce a trasmettermi. Posso sentire il terremoto propagarsi in tutto il mio corpo e radere al suolo la corazza che mi sono impegnato a costruire negli anni.

«Sai, mi sono perso e casualmente mi sono trovato sul tuo balcone»
Lo sguardo da regina di ghiaccio le incupisce il viso, provocandomi un sorriso divertito che non riesco a trattenere.

«Non ho alcuna voglia di scherzare, Ethan» incrocia le braccia al petto, mentre le sue parole sono soffiate da un filo di voce, leggero ma intenso, «Dimmi subito cosa ci fai qui»

Il sorriso che utilizzo per provocarla svanisce dal mio viso, inghiottito dai pensieri della mia mente, in cui cerco una risposta logica da darle. La verità è che non esiste. Ed io sono troppo ubriaco e stordito per inventare una patetica scusa su due piedi.

«Volevo vederti» ammetto sfrontato, avvicinandomi a lei di qualche passo, «adesso mi fai entrare o aspettiamo che tutta la villa si accorga della mia presenza?»


• Angolo Hopeless •

Il viaggio nei sentimenti di Ethan e Diana continua, diventando man mano sempre più profondo.

Cosa succederà in questa notte?
Lo scoprirete solo se leggerete il prossimo capitolo 🔥

⭐️Se il capitolo vi è piaciuto, lasciate una stellina per far crescere la storia di Ethan e Diana⭐️

Come sempre, grazie per essere arrivati fin qui!

Per qualsiasi chiarimento o qualche semplice chiacchiera mi trovate su Instagram @Hopeless_Girl2898

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