Prologue.

Sto guardando il vuoto. Nero, c'è solo nero di fronte a me. Sono forse svenuto, non lo so. Ricordo solo la sua dolce voce, e poi quell'essere che ha rovinato tutto. Ma perché proprio io? Perché ho ricevuto questo destino? Una spiegazione, forse, c'è. Dobbiamo solo fare qualche passo indietro.

Mi chiamo Makoto Kurogawa. Frequento il liceo "Oda Nobunaga" in Giappone; ho sedici anni. Mi hanno detto che il liceo sarebbe stato il miglior momento della mia vita, che mi sarei divertito e avrei avuto molti amici, ma sono "il perdente", sono considerato un perdente nella mia classe: nessuno mi parla, i ragazzi mi prendono in giro e le ragazze non osano nemmeno guardarmi. La cosa buffa è che non ho mai fatto nulla per meritarlo, è stata solo una sfortunata coincidenza che mi abbiano scelto: mi giudicano per i capelli castani e spettinati, per il corpo magro e l'uniforme. L'uniforme è la ragione più stupida. Non devi indossarla, puoi indossare quello che vuoi, ma la uso perché mi fa sentire collegato alla scuola. E anche perché...è bella. Fortunatamente, però, non conoscono il mio segreto più oscuro: non so nuotare. Nessuno mi ha mai insegnato. Ho un esonero per le lezioni di nuoto. "Perché non usi le lezioni di nuoto per impararlo?" Alcuni mi hanno chiesto: i miei compagni di classe non devono saperlo, potrebbero peggiorare la situazione o cercare di affogarmi. Poi è venuto il 4 aprile, Mercoledì. I miei genitori non erano a casa, erano e sono ancora in America per lavoro. Mentre andavo a scuola, notai una persona che indossava l'uniforme scolastica, anche se non l'avevo mai vista. Era particolare: capelli neri con ciocche di rosso tinto, guanti senza dita, calzini rossi con stelle bianche: non avevo mai visto qualcuno così a scuola. Ero dietro di lei, come per seguirla, ansioso che potesse girarsi e considerarmi uno stalker. Notai lentamente che la strada su cui si trovava era la stessa che percorrevo io per andare a scuola, era una coincidenza che non sapevo se chiamare fortunato o no: da un lato, potevo parlare con lei e forse fare amicizia con lei, ma se sapeva chi ero o aveva sentito quello che dicono di me...

"...Risulterei come un perdente anche di fronte a lei." Sussurrai a me stesso.

Arrivato a scuola, ero entrato nella mia classe. Il banco accanto al mio era vuoto come al solito, poi notai uno zaino accanto ad esso: di chi era? Perché vicino a me?

"Chi è lo sciocco che si è seduto accanto a te?" dissero duramente i miei compagni di classe, ridendo. La ragazza che avevo incontrato la mattina avanzò e si sedette al suo banco: accanto a me.

"Disperata..." e poi tutti se ne andarono, lasciandoci soli.

La guardai mentre metteva astucci e quaderni sulla scrivania e poi iniziò a fissare un punto fisso della classe, senza muovere un muscolo. Agitai la mano, non mi guardò. Le ore passarono lentamente e arrivò la lezione di nuoto. Ci alzammo tutti e, insieme all'insegnante, lasciammo la classe. La nuova ragazza mi si avvicinò e mi sussurrò all'orecchio:

"Non avvicinarti alla piscina o affogherai."

E poi andò oltre, lasciandomi solo come ultimo in fila. Un brivido corse lungo la mia schiena, le mie pupille dilatate: cosa voleva dire? Era nuova...eppure sembrava sapere che non potevo nuotare. Era stata così specifica che sembrava quasi una previsione del futuro. Nello spogliatoio mi cambiai, indossando il costume fornito dalla scuola, seguii gli altri titubanti. Mi sedetti su una delle panchine della piscina, al sole, a guardare i ragazzi e le ragazze nuotare, tranne che per una persona: la nuova ragazza. Stava lì, nel suo costume, seduta a fissare il vuoto su un'altra panchina in diagonale rispetto alla mia, a volte mi guardava con uno sguardo senza vita, occhi neri come la pece. Decisi di alzarmi e avvicinarmi a lei, camminando verso la piscina e lei si alzò come per fermarmi, ma si sedette di nuovo quando notò due figure dietro di me: Nana Nakatomi e Haru Mono, le persone a cui piaceva prendermi in giro di più. Nana era la tipica ragazza con un gran seno a cui piaceva mostrare tette e culo a tutti i ragazzi per farli innamorare di lei, con il risultato che si sarebbero trovati senza un centesimo. Indossava sempre un top viola morto con maniche croppate che si estendevano dai gomiti alle mani, una gonnellina, delle calze e dei mocassini tutti e tre neri. Invece Haru era il tipico bulletto di quartiere che faceva a botte con il primo che passava. Vinceva sempre, grazie ai suoi muscoli, e adorava prendersela con i più debolucci. Quasi tutte le ragazze andavano dietro di lui...Non capivo come. Forse erano interessate ai ragazzacci invece che a una relazione sana. Gli piaceva indossare una camicetta bianca e una lunga giacca di pelle nera. Gli piaceva anche indossare jeans, soprattutto quelli lunghi.

"Hey Makoto!" Haru mi si avvicinò, spostando il suo ciuffo marrone dall'occhio destro. Di solito raccoglieva i suoi capelli in un codino, anche a nuoto, invece ora aveva qualche capello fuori posto.

"He-Hey..." risposi con tono incerto, cercando di scappare.

"Sai, mi chiedo da qualche giorno... come mai hai un esonero da nuoto?"

Le mie pupille si dilatarono, non volevo rispondere. Cercai una via d'uscita, un modo di scappare, ma fu tutto inutile. Abbassai il capo, risposi.

"...Perché dovrebbe interessarti."

Nana intervenne, spostando i suoi lunghi capelli castani dal viso e lasciando spazio ai suoi occhi blu che fulminarono i miei neri.

"Ti ha fatto una semplice domanda! Poi dici che siamo i cattivi..." Disse con il tono più provocatorio e falso che avessi mai sentito. Mi girai e me ne andai, ma Haru mi prese la spalla e poi mi afferrò i fianchi, sollevandomi.

"Allora, visto che non c'è motivo, perché non ti tuffi?!" E lui mi lanciò in acqua.

Nessuno venne a soccorrermi, a nessuno sembrava importare se stessi bene. Feci di tutto per tornare in superficie, ma il peso del mio corpo trascinava giù lentamente il mio respiro inziò a mancare. Mi toccai il collo con entrambe le mani inutilmente, i miei occhi si chiusero lentamente e la mia vista divenne sfocata. Sarei affogato, morto da solo. Eppure mi vennero in mente le parole di quella ragazza che sembravano aver predetto tutto. Nero pece, ogni cosa attorno a me era buia, poi sentii due schiocchi di dita. I miei occhi non si aprirono. Altri due schiocchi, lentamente aprii le palpebre e misi a fuoco. La nuova ragazza mi fissava, era sopra di me. Non so se era l'adrenalina o perché...il suo seno fosse premuto contro il mio petto, ma ho arrossito, e molto. Le mie pupille erano ancora dilatate dallo shock. Lo aveva notato: schioccò di nuovo le dita e io riuscii a trovare la forza di alzarmi. Lei si mosse, sedendosi al mio fianco; tutti ci guardavano, alcuni ridevano anche, volevo scomparire. Non dissi una parola, mi alzai e scappai verso gli spogliatoi. Attraversai un lungo corridoio buio per poi fermarmi davanti la porta della stanza che volevo raggiungere, riprendendo fiato. Mi fermai a riflettere, collegai gli eventi: quando mi ero avvicinato all'acqua, cosa che mi era stata raccomandata di non fare, avevo rischiato di morire. Avevo ancora il costume, bagnato fradicio com'ero stavo morendo di freddo. Mi affrettai ad entrare nello spogliatoio, quando udii dei passi di piedi scalzi provenire da dietro di me.

"Te lo avevo detto." Era quella ragazza. Oramai era a qualche metro di distanza, così mi lanciai contro di lei preso dalla confusione e dalla furia.

"Come facevi a saperlo?! Come?!" Le presi i polsi e la sbattei contro il muro, bloccandola.

"Vuoi veramente saperlo? Non vorrei che tu ti sentissi confuso."

"Confuso? Più di ora? Non può andare peggio di così...giusto?" Lasciai andare i suoi polsi.

Quella ragazza mi fissava con un'espressione così neutrale, sembrava non provare sentimenti...come se fosse apatica, o vuota dentro.

"Non ti sei chiesto come mai non mi hanno presentato alla classe? Come mai io so il tuo nome e tu non il mio?" Il suo tono era così spento, non aveva neanche uno spruzzo di gioia o tristezza, solo monotonia.

"Sai...il mio nome? Ma io non te l'ho mai detto..." Mi grattai la testa, fissando in basso.

"Certo Makoto, ma un passo alla volta. Il mio nome è Haruka. Sai...io non dovevo esistere, o provare emozioni, oppure...avere rilevanza nella storia."

Storia...?

"Ascolta, Makoto, quello che sto per dirti potrebbe scioccarti così tanto che potresti impazzire, quindi hai due scelte: rifiutare la mia proposta e tornare alla tua vita, o scoprire veramente la definizione di "vita" in questo mondo." Quando fece la prima proposta, aprì e mi porse la mano destra, alla seconda proposta fece lo stesso con la sinistra.

"La definizione di vita..?" Guardai Haruka incerto, poi presi la mano sinistra e la strinsi forte. Il mio cuore...iniziò a battere forte.

"Il mondo in cui viviamo è una storia: tu sei il protagonista, Haru e Nana i principali antagonisti e io...una sottospecie di protagonista con meno rilevanza. Sai cosa significa NPC? Personaggio non giocabile. Quasi la metà della scuola è...forse anche 3/4 di essa. Capito?"

"Ad essere onesti... non ho capito quasi nulla."

"Me lo aspettavo. " Si girò, con l'intenzione di andarsene. Le presi il polso e la strinsi a me, facendo sì che la sua schiena premesse contro il mio petto.

"Non puoi lasciare il lavoro a metà! Perché non continui? Vuoi lasciarmi così?"

"Non sarà l'ultima volta che ci vedremo."

Sentii dei passi, piedi scalzi, quattro piedi avvicinarsi. Mi voltai nervosamente, poi non sentii più la presenza di Haruka: guardai di fronte a me, era scomparsa; era come se si fosse smaterializzata. Corsi velocemente verso gli spogliatoi, chiusi la porta e mi accasciai al suolo. La testa mi scoppiava, volevo solo addormentarmi e non svegliarmi mai più: cosa aveva voluto dire? Sono il protagonista? E perché dovrei esserlo proprio io? Iniziai a sudare. Mi sedetti su una delle panchine della stanza, mi rivestii ed aspettai solo che la mia classe tornasse, così che la giornata potesse finire.

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