Insanity.

È difficile credermi, vero?
Dopo di questo mi crederai ancora meno.
Ma te lo garantisco.
Ora io sto bene.

Thomas non badò alle urla del suo professore.
Correre.
Quello era il suo unico pensiero.
Correre.
Arrivò fino al parco, brulicante di persone.
Aveva il fiatone, e si guardava attorno con aria spaesata.
Aveva allargato le mani come se gli servisse per non perdere l'equilibrio.
Si sentiva perso, estraneo a quel posto tanto familiare.
Poi lo vide.
Sulla panchina.
Dieci metri più avanti a lui.
Su quella panchina era seduto Newt.
Thomas trattenne il respiro.
Il suo cuore prese a battere all'impazzata, sembrava voler sfondare il suo petto e uscire dal suo corpo.
Allora era reale...
Protese una mano in avanti, la bocca semiaperta, le gambe che lo reggevano a fatica.
Sette metri.
Newt era reale...
Cinque metri.
Poteva parlargli...
Quattro metri.
Solo pochi passi e avrebbe potuto parlare con lui...
Ma scomparve.
Newt non era più sulla panchina.
Thomas sbarrò gli occhi e si girò di scatto.
Cominciò a fare passi incerti girando in cerchio, e guardandosi in giro come se fosse la sua prima volta in quel posto.
Eccolo.
Era dietro di lui, che camminava in mezzo alle persone.
Thomas corse verso quella direzione, spintonado al gente e ricevendo non pochi insulti.
Allungò nuovamente la mano.
Stava per toccarlo...
Thomas toccò il vuoto.
Non c'era più di nuovo...
Thomas si voltò nuovamente.
Newt stava imboccando l'uscita del parco.
Newt alzò un piede e scomparve.
Thomas fece un passo avanti e si voltò di lato.
Newt stava scrivendo su un blocchetto, seduto fra l'erba.
E scomparve ancora.
Thomas vedeva Newt ovunque.
Ma Newt non era lì.
Thomas riprese a correre, e uscì dal parco.
Newt, Newt, Newt, Newt.
Newt dappertutto.
Come faceva quel ragazzo a scombussalargli la mente in quel modo?
Thomas non si accorse di essere arrivato a casa.
Non si preoccupò di vedere la macchina di sua madre parcheggiata fuori casa.
Entrò.
Gli occhi di sua madre che faceva le pulizie furono immediatamente su di lui.
Lei spalancò gli occhi e si bloccò.
《Thomas? Cosa cavolo ci fai qui adesso? Dovresti essere a scuola! Non ti permetto di marinarla. Appena arriverà a casa tuo padre decideremo una punizione ada...》
Thomas la interruppe con un gesto della mano.
E corse di nuovo in camera sua, chiudendosi a chiave.
La madre lo raggiunse subito.
《Non di nuovo.》
Thomas non rispose.
《Tu non uscirai da questa casa per i prossimi tre mesi, signorino. Niente uscite con gli amici, feste o altre cose. Niente festa neanche per il compleanno. Vedi di darti una svegliata.》
La donna se ne andò.
Thomas si diresse verso il muro.
E cominciò tirarci pugni addosso.
Ma smise subito.
Quel gesto aumentava soltanto la sua rabbia.
Per cosa, poi?
Non gli importava nulla della punizione di sua madre.
Poteva benissimo stare in camera sua.
Almeno avrebbe potuto dormire quanto voleva, e di conseguenza vedere Newt.
Thomas proprio non capiva perchè vedere Newt lo facesse sentire così bene.
Era tutto così confuso...
Thomas si distese sul letto.
Aveva anche sonno, guardacaso.

"Si aspettava i soliti capelli biondi, i soliti occhi scuri, il solito faccino angelico.
Ma Newt non c'era.
C'era solo buio.
Thomas non vedeva nulla.
Solo buio.
Si mise a vagare per quella che supponeva fosse una stanza.
Trovò un muro.
Sì, era una stanza.
Fece scivolare la mano lungo tutto ip muro, in cerca di un interruttore della luce.
Non lo trovò.
Staccò la mano.
Dove caspio era Newt?
Che posto era quello?
Perchè il sogno era cambiato così drasticamente?
Thomas fece dei passi avanti nell'oscurità, sempre con la mano protesa in avanti.
Trovò un altro muro.
Fece scorrere di nuovo la mano lungo la superficie liscia.
Ma stavolta trovò un interruttore.
Lo premette subito.
Un'ondata di luce lo travolse, tanto che dovette coprirsi gli occhi con la mano.
Lentamente tolse il braccio da davanti la faccia, e si guardò intorno.
Non l'avesse mai fatto.
Il muro bianco davanti a lui aveva una scritta, fatta con uno spray rosso.
'Ci vediamo dall'altra parte, Tommy.'
E le luci si spensero."

Thomas si alzò immediatamente dal letto.
Dall'altra parte.
Altra parte quale?
Ormai l'aveva capito benissimo.
Aprì la porta di camera sua e uscì in corridoio.
Il sorrisetto dell'ultima volta ricomparve.
Thomas non riusciva a sbarazzarsene.
Scese con andatura traballante le scale.
Suo padre era arrivato a casa, e ora stava parlando con sua madre.
《John, cosa dobbiamo fare con lui? Si comporta in modo strano. Sono preoccupata.》
Thomas si avvicinò piano.
Molto piano.
《Non ne ho idea. Potremmo provare a mandarlo da uno psicologo...》
Ci fu una piccola pausa, e Thomas si avvicinò ancora di più.
《Sì, potremmo davvero farlo. Thomas non sta bene. Ha bisogno di aiuto.》
E Thomas non ce la fece più.
Uscì allo scoperto.
Entrambi i genitori lo guardarono con aria sorpresa.
《Oh, ehm, c-ciao Thomas.》
Fece suo padre.
La testa di Thomas fece uno scatto di lato, il suo occhio si socchiuse per un momento.
Ma tornò subito alla normalità.
《Sto bene.》
Gli occhi della madre si addolcirono.
《Tesoro, siamo preoccupati. Ci stai facendo preoccupare.》
Thomas fece un passo indietro.
Adesso era il turno del dito a fare lo scatto.
《Sto bene.》
Ripetè come un disco rotto.
《Noi vogliamo solo il meglio per te, Thomas. In questo momento tu non stai bene. Oggi hai anche marinato la scuola.》
Il padre di Thomas lo guardava con pietà.
《Non andrò da nessuno psicologo. Io vi ho detto che s-sto bene.》
Le ultime due parole le aveva prinunciate con una nota di incertezza.
Stava bene.
Era quello che pensava.
I suoi genitori non risposero.
Sua madre abbassò lo sguardo.
Thomas aprì leggermente di più gli occhi.
《Io sto bene. Vero?》
Silenzio.
《Io sto bene?》
Sapeva la risposta ovviamente.
Anche suo padre abbassò lo sguardo.
《Vi sembro pazzo? Secondo voi io sono pazzo?》
Non ricevette nuovamente risposta.
Il suo corpo fremette di rabbia.
Sapeva di apparire pazzo.
Ma non voleva essere mandato da uno psicologo.
《Thomas, noi...》
Thomas rise.
Una risata amara, malinconica.
《No.》
Adesso era serio.
E fissava ossessivamente sua madre, che non ne voleva saperne di alzare la testa.
Il padre sembrò prendere coraggio e aprì la bocca per parlare. E difatti parlò.
《Thomas, dobbiamo dirti la verità. Sì, ci sembri pazzo e non poco. Non voglio essere duro con te, ma se continui così saremmo costretti a mandarti non solo dallo psicologo. Ma anche al manicomio. E noi non vogliamo.》
Thomas dapprima rimase impassibile.
Poi rise di nuovo.
Ci mise tutto il disprezzo possibile.
Non aveva mai provato un odio simile.
《Voi non siete i miei genitori. Voi siete esseri senza cuore. Non mi farò mettere in gabbia da voi.》
Il ragazzo si era irrigidito, come se stare fermo impedisse ai suoi genitori di madarlo in quel posto.
Loro si si scambiarono uno sguardo d'intesa.
La madre di Thomas si decise finalmente ad alzare gli occhi sul figlio.
《Ci siamo decisi. Tu andrai al manicomio.》
Qualcosa dentro di Thomas esplose.
Sentì il suo corpo riscaldarsi, quella cosa lo fece sentire fuoco.
Fuoco vivo.
Un fuoco alimentato dall'odio.
《Ci dispiace, ma è solo per aiutarti.》
Il fuoco divampò.
E prese il possesso di Thomas.
Il ragazzo avanzò lentamente verso la madre, che lo guardava cercando di capire cosa volesse fare.
Thomas era a un metro scarso da lei, ormai.
E la colpì.
Un pugno.
Dritto alla mascella.
La testa della donna scattò di lato.
Lei si prese la tesa fra le mani e emise un piccolo urlo.
Suo padre lo guardò con un misto di sorpresa e disprezzo.
Corse subito verso la moglie.
《Cosa ti è preso, Thomas? Così ci convinci solo di più! Ma che problemi hai? Ah, giusto. Dimenticavo che sei pazzo.》
Il padre gli scoccò un'occhiata assassina.
Nel vero senso della parola.
Thomas sorrise.
Era fiero del suo lavoro.
《Voi non siete i miei genitori. Io vi odio. Vi odio vi odio vi odio! Meritereste di morire, luridi bastardi.》
Si avvicinò di nuovo.
《Allora vattene. Non farti più vedere. Per me, tu non sei più mio figlio. Sei solo uno schifoso psicopatico.》
La voce della madre era tagliente come un coltello.
E quel coltello creò delle ferite profonde nel petto di Thomas.
《Volentieri.》
Ma il ragazzo si avvicinò ancora di più ai genitori.
《Cosa vuoi ancora? Vattene da questa casa! Tu sei un estraneo per noi!》
Thomas sorrise.
Il padre non sapeva che con quella frase aveva spruzzato del limone sulle ferite del figlio.
《Devo fare ancora una cosa, prima.》
E tirò un calcio in mezzo alle gambe al padre.
《Ora me ne vado con molto piacere.》
Prese la sua giacca e aprì la porta di casa.
Ma prima di chiudere la porta, rientrò a guardare i suoi genitori.
《Ci si rivede, stronzi.》
I suoi genitori lo scrutarono con odio.
E Thomas gli fece il dito medio.
Poi uscì definitivamente da quell'inferno.
Prese una strada a caso.
Voleva solo allontanarsi il più possibile da quei mostri dei suoi genitori.
Era ribollente di rabbia.
Quanto avrebbe voluto avere Newt con lui...
"Ci vediamo dall'altra parte, Tommy."
Quella frase gli tornò in mente.
Newt aveva detto 'altra parte'.
Thomas aveva ipotizzato che 'l'altra parte' fosse questa sua altra vita.
Ma nella visione Thomas uccideva Newt.
Era sin troppo chiaro che 'l'altra parte' era la morte.



Nota autrice:
Scusate se è più corto degli altri :c
Capitolo alquanto inquietante.
Mi sono impegnata molto c:
Vi sta piacendo la storia?
State capendo?
Io vi direi di soffermarvi di più su quell' "Ora" dell'inizio...
Shhh, io non vi ho detto nulla.
Al prossimo capitolo ;)

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