⑅ | 𝟎𝟑

25 novembre 1238 d.C.

«signora, mi spiace, ma di questa malattia so' ben poco.
preghiamo il buon Signore che lui possa rimanere qui con noi, ma probabilmente dormirà solo quando tornerà lì nel cielo»

finita la frase, kaeya udì la madre scoppiare in un pianto disperato, gettandosi tra le braccia del padre, in lacrime anch'esso.

da quant'è che il bianco non riusciva a prendere sonno?
era passata ormai una settimana dall'ultima volta che riuscì effettivamente ad addormentarsi: aveva occhiaie e borse nere veramente enormi.
oltre quelle, erano pesanti le allucinazioni.
vedeva persone che non c'erano, vedeva cose che non c'erano: non riusciva quasi a distinguere più la realtà dall'immaginazione.
aveva paura: e se non avesse più potuto capire nulla?

un sospirò lasciò le labbra del bianco, che si allontanò a passo lesto dalla camera nella quale i suoi stavano dialogando.
voleva vedere una persona, ma quella persona era fuori ormai da un mese: era andata ad aiutare un pover uomo e a kaeya ormai mancava tanto.
che fosse quella mancanza a non farlo dormire?
secondo il medico il diavolo lo aveva maledetto, perchè non esisteva alcuna malattia del genere.

eppure il bruco che strisciava sul soffitto sembrava dire ben altro: il bianco non era ancora abituato alle illusioni — infatti si bloccò sbiancando alla vista del bruco — ma dopo un po' elaborava le informazioni ed andava avanti per la sua strada.
quanto gli mancava dormire!
era una cosa che aveva dato ormai per scontato, ma in quel momento avrebbe pagato un occhio della testa per farsi un bel pisolino.

se solo ancora riuscisse a chiudere occhio...

per non parlare poi delle allucinazioni peggiori: vedeva Yama ovunque e, ogni volta che provava ad abbracciarlo, questo scompariva, lasciandolo solo.
di nuovo.
eppure kaeya non si lamentava: prima o poi sarebbe tornato dal lui, no?
presto lo avrebbe rivisto: il mese poi era passato.

pensando al rosso, un piccolo sorriso apparì sul volto del quindicenne.
si erano ripromessi di scappare assieme appena avessero avuto l'opportunità, ma anche le stelle sembravano opporsi a loro, a quel punto.
cosa avrebbe detto Yama, sentendo di quella strana maledizione?

se avesse continuato così, a kaeya non restavano molti mesi di vita: sarebbe davvero finito tutto così?
eppure voleva stare con il rosso, lui.
voleva ancora abbracciare la madre e festeggiare il rientro del padre.

avrebbe venduto la sua anima al diavolo per rimanere per sempre con quelle persone.

eppure il destino voleva dividerli, inesorabilmente.

quando arrivò alle lunghe scale della casa, fece un bel respiro.
sarebbe riuscito a salirle?
era stanco, veramente stanco: non sentiva quasi più le proprie gambe.
siamo sicuri che sarebbe durato mesi e non solo qualche altro giorno?
non sentiva più la forza di fare niente, e quelle volte che camminava ci metteva tutto sé stesso, come se stesse facendo una maratona.

quando gli occhi rossi si alzarono, guardando le scale, osservarono una figura rossa.
Yama stava lì, con le braccia aperte e gli occhi luminosi che lo guardavano.
«sorpresa!» esclamò quella che, per kaeya, era solo l'ennesima illusione.
gli occhi stanchi si posarono sulla sua figura, stanchi di credere a tutto ciò che la mente gli mostrava.
non si aprì alcun sorriso sulle sue labbra, anzi: il bianco tratteneva le lacrime.
quando sarebbero finite quelle illusioni?
egli abbassò lo sguardo, iniziando a fare lentamente le scale.

«ohi, kae, che succede?»
l'illusione continuava a chiamarlo, chiedendogli cosa ci fosse di sbagliato, ma kaeya ormai non la ascoltava più.
non voleva ritrovarsi sdraiato sulle scale, con una delusione ancora più pesante sul cuore.
non voleva tornare a piangere e far preoccupare la madre.
aveva già ricevuto una brutta notizia quella povera donna, non voleva farla sentire peggio.

mentre lentamente saliva le scale, sentì dei passi alle sue spalle.
«tesoro»
la voce della madre, alle sue spalle, lo fece voltare.
perchè l'illusione del rosso non andava via?
no, non poteva farcela: il cuore stava per cedergli a pezzi.
doveva abbracciarlo.
lui voleva abbracciarlo.

quando le sue iridi spente incontrarono quelle della madre, osservarono anche il triste sorriso sul suo volto.

«non è un illusione: Yama sta' davvero qua»

e quelle parole fecero saltare il suo cuore, mentre spostava il viso su quella che lui credeva essere un'illusione.
oh, gli occhi color rubino per la prima volta in una settimana ripresero vita: il bianco non riuscì a buttarsi tra le sue braccia, esausto, finendo solo per abbracciarlo e lasciarsi stringere dall'altro.

kaeya, poi, scoppiò in un pianto disperato.
«sei qua, sei qua» prese a piangere lui, annaspando ogni tanto alla ricerca di aria.
«sei qua, sei qua» continuava a fare.
le mani stringevano il corpo del rosso, come mai avevano fatto prima d'ora: kaeya aveva il terrore che potesse svanire nel nulla.
che potesse rivelarsi un'illusione, come tutte le altre.

yama, dal canto suo, era terrorizzato: cos'era successo in sua assenza?

ma le domande si fermarono di fronte ad una realtà ben più grande: kaeya aveva bisogno di lui.

così, felice a sua volta di riavere il suo bianco tra le braccia, il rosso lo strinse forte forte.

«kae-kae, sono qui e non me ne vado più via»

e per kaeya, quella era la frase più bella della sua vita.

tag belli e spero di non aver disturbato qmq<333

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