Capitolo uno

Percorsi circa due miglia dal castello, dietro i campi di tulipani, rigogliosi e stupendi come pochi paesaggi, vi è situata una piccola comunità di contadini, dal quantitativo di un decina di casette mal costruite.
A giocare nel fango con il cane vagabondo, una bambina di pochi anni.
Ella si pietrificò di paura quando Yana, sua sorella maggiore, la disintegrò con i suoi occhi di cristallo e tenendo una padella in pessime condizioni in mano.
« Zelem! Ti pare modo, animale! » urlò lei raggiungendola scavalcando con agilità i ceppi che erano sparpagliati per terra, pronti per essere tagliati per l'inverno in arrivo.
« Comincia a scappare che se ti prendo ti sventolo come una bandiera! Quante volte ti ho detto di smetterla di sporcarti in tal modo! »
La bambina, divertita dalla reazione di Yana, cominciò a correre urlando eccitata. Adorava giocare a prendersi.
Dopo una manciata di minuti Yana si ritrovò costretta a trascinare letteralmente Zelem a casa, per darsi una lavata.
« Sei una maialina » la ammonì.
« Ma ho fatto una torta! » si giustificò la piccolina, mettendo il broncio.
Dopo averla strigliata e scrostato i suoi capelli color miele per bene nella vasca di metallo, Yana si trovò disperata.
« Zelem! Per colpa tua siamo rimaste senza l'acqua! Ora mi toccherà andare al pozzo comune e tornare con tutto quel peso! »
« Colpa tua che hai voluto farmi il bagno » sentenziò Zelem con le braccia conserte e con una smorfia offesa in volto.
« Proprio perché facevi schifo. Ora ti vesti e vieni a prendere l'acqua con me » la obbligò la sorella.
Quando scesero la collina, percorrendo a piedi i tre chilometri che distavano dal centro del paesino, le investì un brusio sommesso della gente che quel giorno partecipava al mercato.
Infatti Yana si guardò bene dal lasciare andare la mano di Zelem, che euforica osservava ammaliata la merce esposta sui banconi, ormai marciti dal tempo.
Capiva la sua curiosità, ma dovevano sbrigarsi, ora che tornavano a casa si sarebbe fatto buio.
Al pozzo incontrarono due madri che, vantandosi fin sopra le righe, raccontavano di come le proprie figlie furono invitate alla festa in onore della futura moglie del principe, prossimo all'incoronazione.
« Sono arrivate stamattina le guardie del castello a prenderla! In una carrozza! Mi sono emozionata, credo che il principe sceglierà la mia Cassandra! Ha dei capelli così belli! »
Disse la donna che a memoria di Yana, doveva essere la moglie del fabbro e l'altra, che stava per parlare, era la moglie del calzolaio in fondo al sentiero.
« Non dire idiozie, con quelle orecchie a sventola! Io sono sicura che il re ha un buon occhio e prenderà la mia carissima Selene, con quelle gambe farà di sicuro colpo! »
Si accorsero più tardi della presenza delle due fanciulle, e non tardarono a fare la scontata domanda:
« E tu Yana sei stata invitata? » chiesero contemporaneamente con un tono sarcastico, sapendo che abitava lontano e che i suoi genitori erano morti due anni prima, dopo una tragica epidemia che dimezzò la popolazione.
Da quel momento le rimase solo sua sorella, di cui si occupava come una madre.
Si guadagnava da vivere vendendo la legna e il raccolto, come ogni contadino, e non aveva tempo per pensare a sposarsi o a scendere in piazza per i pettegolezzi, rimanendo nell'ignoranza delle novità e la situazione del paese, non era stupida né analfabeta però, anzi, veniva squadrata perché, anni prima, i suoi genitori ospitarono un viandante che non avendo soldi per ripagarli insegnò a Yana a leggere, scrivere e le basi della matematica, raccontando che prima di scappare dal suo paese per motivi che le sfuggivano, era un insegnante e lavorava in una scuola elementare.
Così che trasmise le sue nozioni anche alla sorella, che trovava tutto molto interessante.
« No, e non mi interessa » disse Yana sinceramente.
« Cara ragazza, morirai zitella se non cominci ad interessarti agli uomini! » la ammonì la moglie del fabbro.
« Già! In paese ci sono molti pretendenti, sai? Non hai notato come ti guardava prima il figlio del dottore? » le sussurrò l'altra con uno sguardo malizioso.
« Vi ringrazio, ma davvero non ho tempo per queste cose, devo pensare a Zelem » disse finendo di riempire un secchiello che porse a quest'ultima e riempiendo invece una vasca di latta larga quattro delle sue braccia.
« Arrivederci signore » salutò educatamente e tornò ai suoi passi.
« C'è una festa al castello? » chiese Zelem quando furono abbastanza lontane.
« Da quel che ho capito il principe cerca moglie » disse sospirando.
« E tu non ci andrai, vero? » la bambina sorrise, mostrando la sua bocca, dove mancavano due dentini.
« Non mi interessa, come ho detto prima, li hai mai visti i nobili? Tutti altezzosi e vanitosi, e poi chi penserebbe a te? Il cane Bubu? » e poggiò la vasca per terra « Guardatemi signori! Sono una dama venuta da lontano con i miei cavalli e la mia carrozza d'oro! » cominciò a scherzare, imitando una donna di corte, poggiò le mani sui fianchi e alzò la testa, cominciando a camminare per il prato con passo fermo.
« Dovete ascoltarmi vi dico! Sapete chi sono io? » chiese indicando con il dito la sorellina e socchiudendo gli occhi.
Zelem scosse la testa, sogghignando.
« Come no? Sono Madame Buttonculon! » disse con fare offeso, facendo ridere di gusto la piccolina.
« Perché ridete piccola fanciulla? Ho qualcosa rimasto fra i denti per caso? »
« Ha un nome buffo » disse lei continuando a ridere.
« Che offesa indicibile! Ora chiamo le guardie » e cambiò postura, imitando un uomo grande e grosso, con la faccia imbronciata.
« Cosa sta succedendo qui? Ehi piccolina, hai offeso tu questa signora? »
« Signorina! » fece lei tornando nella figura della dama.
« No » disse Zelem, sorridendo complice.
« Ah, ora diciamo anche le bugie? » fece un passo avanti Yana, con sguardo truce.
« Ora vedrai cosa succede a chi mente ad una guardia! » e cominciò ad inseguirla per il prato, finché non la prese e rotolarono per terra.
Risero per dei buoni minuti finché non videro che il sole stava calando e decisero che era ora di tornare a casa.

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