25

Non appena Xenya aprì gli occhi, le luci a neon dell'infermeria la colsero impreparata.

Si mise a sedere, massaggiandosi appena le tempie. Non ricordava di essersi addormentata, e tantomeno di aver visto Zeke filarsela dal letto accanto.

Anche i medici se n'erano andati, non essendo più responsabili di alcuno.

Osservando meglio il letto lasciato in disordine dove Zehekelion aveva dormito, Xenya notò che sopra vi erano stati lasciati due pacchetti di carta argentata: razioni.

Evidentemente la cena era già stata consumata da tutti, e qualcuno le aveva fatto il piacere di lasciarle del cibo. Nel raccogliere il fluidificante e il mattone carbo-proteico, Xenya toccò il giaciglio. Era freddo.

Le dispiacque di essersi persa il risveglio di Zeke, dopotutto se lui si era trovato in quella situazione era solo per colpa della ragazza.

Sospirò, aprendo il pacchetto più grande e dando il primo morso alla razione solida. Come al solito, non sapeva da nulla - forse solo il gusto salato spiccava. Ma il fatto che non avesse sapore era confortante in quanto Xenya ancora sentiva lo stomaco rimpicciolito dagli avvenimenti di quella mattina.

Finì di mangiare e aprì la seconda busta quel tanto che bastava al liquido gelatinoso per uscire e, quindi, perché Xenya riuscisse a berlo.

Per nulla soddisfatta ma piena della cena, la ragazza si alzò in piedi e si sistemò meglio la giacca sulle spalle. Non sapeva con esattezza dove avrebbe dovuto gettare i pacchetti argentati, ma decise che il piccolo cestino dove stavano le mascherine dei dottori era la scelta migliore.

Si guardò in giro: l'infermeria vuota era ancora più desolante che piena di ammalati. Senza pensarci due volte, decise di uscirne.

Nonostante non ci fossero finestre o altri metodi per intuire l'orario, Xenya sentiva dentro le proprie ossa che fosse notte fonda. Il tutto era sicuramente avvalorato dal silenzio che regnava nel bunker.

Anche quando la ragazza raggiunse lo stanzone principale, non si udiva alcun rumore al di fuori dei respiri. Diverse persone erano sicuramente andate a coricarsi dentro il dormitorio dove lei stessa si era addormentata qualche ora prima.

Proseguendo lungo il corridoio, però, molti altri elfi si erano appisolati lungo le pareti dell'atrio, adagiati l'uno sull'altro come le montagne all'orizzonte.

Xenya sorrise sentendo il cuore riscaldato da quella pacifica visione. Lo sguardo però le cadde sulla scala che saliva in superficie; nella penombra sembrava risplendere di luce propria.

Decise dunque di salirla. Là fuori non ci sarebbe più dovuto essere nulla che minacciasse la sua vita, quindi un po' di aria fresca se la poteva permettere.

La percorse in punta di piedi, respirando piano pur di non svegliare gli elfi. Si impegnò per non fare rumore anche quando dovette aprire la botola a tenuta stagna.

Senza alcuna sorpresa, l'oscurità della notte l'avvolse come un morbido mantello di tranquillità.

Fuori dalla capanna di legno, la brezza fredda investì Xenya che, sorpresa, fu costretta a chiudersi la giacca fin sotto il collo. Guardando in alto, le stelle nel cielo erano sparite lasciando spazio solo a radi tuoni sottotono. Un temporale si stava senza dubbio avvicinando.

Spostando lo sguardo verso il basso, invece, una persona stava guardando l'orizzonte dandole le spalle.

«Zek...» Il resto del nome le sfuggì dalle labbra. Vederlo finalmente in piedi era una sensazione stupenda, ma il notare come la luce della luna filtrante dalle nubi gli colpisse gli zigomi la lasciò con il fiato mozzato.

Era la prima volta che pronunciava il suo nome da dopo il loro incontro nella cella di Fronds. Quella realizzazione colpì Xenya in un modo che non si aspettava, e non riusciva nemmeno a capacitarsi del perché.

Zehekelion voltò prima gli occhi glaciali e poi la testa nella direzione della ragazza. Un timido sorriso gli fiorì sulle labbra nello stesso istante in cui un fulmine lambì l'orizzonte.

«Puoi chiamarmi anche così, se preferisci.» Il rombo del tuono scandì il primo passo del ragazzo verso Xenya. La silhouette minuta davanti a Zeke sé sembrava richiamarlo: i pugni chiusi lungo i fianchi per la sorpresa, i capelli appena scompigliati che le abbracciavano il viso... Sospirò, fermandosi a un passo da lei.

Xenya deglutì a vuoto, tremando quasi fosse febbricitante. Non riusciva a spiegarselo, ma lei stessa era consapevole che l'aria fosse elettrica. E non solo per via del temporale.

«E a proposito di nomi» iniziò Zeke, sussurrando per un motivo imprecisato. «È da un po' che mi chiedo perché Yekson ti chiami X invece che Xe. Voglio dire, Xe come diminutivo è molto meglio.»

La ragazza spostò il peso sulla gamba destra e poi subito su quella sinistra.

«Puoi chiamarmi così, se preferisci» gli rispose poi, distogliendo lo sguardo altrove pur di non guardarlo negli occhi. Ma le spoglie pareti esterne della baracca certo non davano alcun conforto.

La luna risplese per un breve istante prima di venire ancora una volta oscurata da una nuvola.

Si morse il labbro. Sarebbe dovuta rientrare.

Zeke sorrise nel vederla sulle spine, era una cosa rara. Decise di fare un passo in avanti.

Xenya inspirò a fondo, incapace di muoversi. Nessun arto rispondeva all'allarme di fuggire inviato dal cervello... e tutto perché il cuore l'aveva bypassato.

Il ragazzo non disse niente, si chinò solo un po'. Sperava che la ragazza alzasse gli occhi per guardarlo.

E lei lo fece.

L'espressione contenta di Zehekelion si spense lentamente, ma solo per lasciare posto a una più seria e, a modo suo, determinata. Alzò con calma un braccio verso il volto della ragazza.

Xenya non si mosse. Tutto ciò che in quel momento riusciva a fare era restare ferma e lasciare che i suoi occhi immagazzinassero tutta l'essenza di quel ragazzo. Qualche cosa crebbe in lei, al punto che dovette deglutire ancora una volta per evitare di riconoscerla.

Zeke appoggiò il palmo alla guancia sinistra di Xenya. Inspirò per contenere l'emozione del momento: era mille volte meglio di come l'aveva sognato.

La ragazza chiuse gli occhi, e per un istante le parve di poter sentire il battito di Zeke in armonia con il proprio.

Lui, nel frattempo, si avvicinò per colmare anche l'ultima frazione di spazio. Gli sarebbe bastato solo abbassarsi un po'...

Un tuono esplose in lontananza e Xenya aprì gli occhi. Era vicino. Molto. Si leccò le labbra.

Zeke fece lo stesso. Se il suo cuore avesse potuto parlare, avrebbe sicuramente urlato al punto di lasciarlo senza forze. E a lui andava benissimo così.

Senza rendersene conto, Xenya inclinò maggiormente la testa verso l'alto. Non riusciva a staccargli gli occhi di dosso e, per la prima volta, non si vergognava ad ammetterlo a se stessa. Perché le piaceva - quel ragazzo troppo alto, dal nome troppo strano, dai modi troppo singolari le piaceva.

«Posso?» le chiese Zeke, con un tono di voce così basso da risultare quasi rauco.

Xenya annuì, piano.

Il ragazzo dunque si chinò ancora e chiuse gli occhi, premendo con delicatezza le proprie labbra su quelle di lei. Le prime gocce di pioggia gli ticchettarono in testa.

La ragazza chiuse gli occhi a sua volta, lasciando che la mano di Zeke - prima sulla sua guancia - scendesse fino a posizionarsi sulla sua vita. Una goccia di pioggia le bagnò il naso.

Xenya si staccò di colpo, indietreggiando di mezzo passo. Cosa stava facendo?

Zeke spalancò gli occhi, terrorizzato all'idea di aver sbagliato qualcosa.

La ragazza fissò lo sguardo a terra. La pioggia stava iniziando a cadere più intensa.

'Ricomincia a vivere.'

«Xenya...»

Alzò di nuovo lo sguardo verso Zehekelion e, senza pensarci due volte, colmò di nuovo la distanza tra loro e si mise sulle punte dei piedi per baciarlo.

Lui, spiazzato, abbassò di nuovo le palpebre e la prese all'altezza dei fianchi. Si abbassò di nuovo per permetterle un maggiore equilibrio.

Xenya gli avvolse le braccia attorno al collo. Poco dopo, le dita della sua mano destra stavano correndo tra i capelli del ragazzo, compiendo tragitti la cui bellezza non avrebbe potuto descrivere.

La pioggia scrosciava e Zeke non poteva essere più felice. Sorrise nel mezzo del bacio prima di riprenderlo e lasciarsi sfuggire dalle labbra tutto quel sentimento che aveva represso per non turbarla.

Xenya sentì il gusto di quello stesso sentimento crescerle con una tale velocità e con una tale potenza che si ritrovò costretta a dischiudere la bocca perché quelle parole non dette si riversassero anche dentro di lui.

Zehekelion poté percepire il proprio cuore esplodere di gioia a quell'iniziativa della ragazza. La abbracciò forte nonostante nessuna vicinanza avrebbe potuto dimostrare ciò che in realtà provava.

E mentre l'una si dischiudeva sotto le labbra dell'altro, la pioggia cadeva.

Un altro fulmine illuminò la scena, seguito quasi subito da un tuono che non poteva nemmeno in minima parte emulare ciò che stava avvenendo dentro i due.

Il ragazzo si staccò un istante, guardando in adorazione Xenya. Sorridendo entusiasta mentre lei apriva gli occhi, la alzò di peso e si diresse dentro la capanna in legno.

Lei rise, scalciando in aria.

«È più facile portare me, umh?» gli chiese sarcastica giusto prima di rimettere i piedi a terra.

«Per te questo e altro.» E Zeke sorrise prima di chinarsi di nuovo su di lei.

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