21
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L'allarme suonò. E tutto il mondo sembrò bloccarsi per un istante breve e lungo al contempo.
Xenya aveva appena passato un secchio metallico a una donna di nome Helen che, non appena realizzò il significato di quel boato, svuotò la sabbia mista ad acqua a terra per poi dirigersi verso il vicino ingresso principale.
Le gambe di Xenya, invece, sembravano ancorate al terreno, incapaci di muoversi.
Prese un profondo respiro e si ricordò che molte vite dipendevano da lei. Fece un passo in avanti e incominciò a urlare.
«Andate tutti all'uscita della zona agricola! Con ordine prendete i vostri zaini e iniziate a uscire verso il rifugio!»
Zenith, quasi di corsa, le si affiancò e la rassicurò.
«Ci vediamo là» le disse. «Andrà tutto bene.» Le poggiò velocemente una mano sulla spalla per poi indirizzare tutti verso la zona agricola.
Anche Undrel e Yekson le passarono di fianco dandole incoraggianti pacche sulle spalle. Se loro pensavano che ce l'avrebbe fatta, ce l'avrebbe fatta.
Si incamminò velocemente verso l'accesso principale, esortando man mano tutte le persone che incontrava a raggiungere la via di fuga, assicurandosi che nessuno venisse lasciato indietro.
La vista dei secchi abbandonati a terra e l'erba fresca ossessivamente calpestata le strinse il cuore. In fondo, anche lei aveva abbandonato diversi luoghi, ma nessuno di quelli per lei era mai stato definibile casa.
Non poteva capire lo strazio di quella gente che, convinta di essere sfuggita al peggio raggiungendo Fronds, aveva in realtà appena iniziato a viverlo.
Xenya guardava tutti quei volti amareggiati ma risoluti attraversare l'arco e percorrere con calma la distanza che li separava da ciò più simile alla salvezza che avevano elaborato.
«Grazie» le disse un uomo, apparentemente senza un motivo. Ma, se lo aveva fatto, di sicuro nel suo cuore una ragione c'era.
La mente della ragazza indugiò poi un istante di troppo su Zehekelion, e pregò fosse già passato. Non pensava di riuscire a gestire un'altra vita al di fuori della propria all'esterno della recinzione.
L'afflusso di persone diminuì sempre di più, lasciando Xenya a guardare le rade coppie o triplette che provenivano dai margini più distanti dall'ingresso. Più passava il tempo, più gente iniziava a dare i primi segni di inalazione di fumo: occhi lacrimanti e tosse secca.
Poi, le persone cessarono del tutto. Xenya attese qualche istante prima di iniziare a chiamare.
«C'è nessuno?» urlò verso l'esterno. «Stanno partendo!»
Nessuna risposta.
Fu in quell'istante che capì che era sola. Aveva completato il suo compito, sì, ma era abbandonata a se stessa.
In lontananza, le sembrava quasi di udire il crepitio della foresta che il fuoco aveva già divorato. Il fumo correva veloce, raso terra, e sembrava intento ad aggrapparsi ovunque.
Mossa da una punta di terrore, prese a correre lungo la recinzione.
'Per controllare che nessuno venga lasciato indietro' si ripeteva, anche se forse sperava di trovare qualcuno.
La densa nebbia si stava espandendo anche in quella direzione e iniziava a ostruirle la visione dell'orizzonte. L'odore di zolfo l'aveva già raggiunta.
Doveva andarsene di lì, e alla svelta. Ormai non c'era più nessuno.
E la realizzazione di ciò stava quasi per colpirla, ma prima che potesse farlo dalla coltre di fumo uscì una voce, seguita poco dopo da colui che l'aveva emessa.
«Xenya!» Zehekelion, un po' barcollante, apparve qualche passo davanti a lei.
«Sei tu...» rispose lei, un fastidioso tono di sollievo nella voce.
Il ragazzo le si avvicinò quasi correndo, prendendola poi per le spalle con lo scopo di spingerla verso l'interno di Fronds.
Lei rimase disorientata, ma assecondò la sua decisione con una sorta di liberazione ad alleggerirle il cuore.
Attraversarono l'arco, soli, procedendo poi in linea pressoché retta verso la ovest, verso la zona agricola e la libertà. L'accampamento era disabitato.
«Che ci fai qui?» domandò Xenya, cercando di non far notare la contentezza che covava dentro.
«Pensavo di aver sentito qualcuno...» si giustificò Zeke. «Il fumo è arrivato in fretta.»
«Sul serio?»
«Sì. Anche se forse era solo il mio subconscio che l'ha inventato pur di non lasciarti da sola.»
La frase dell'elfo rimase appesa nell'aria pesante, fluttuante sopra la testa di Xenya che la percepiva quasi come un'ascia in procinto di ucciderla. Si morse le labbra e i due procedettero in silenzio sino al luogo dove avevano riposto i loro averi.
«Hai tutto?» chiese Zehekelion, fissandosi meglio gli spallacci.
«Sì. Ma... la mucche? Le lasciate qui?»
«Ecco perché sei un'ottima leader.» Zeke sorrise. «Il fuoco non arriverà mai fino a qui, nemmeno nei peggiori dei casi.»
Una mucca emise uno strano verso, quasi a volergli dare ragione. Xenya la guardò per un istante prima di appropinquarsi al vasto portone una cui metà era aperta.
«E per lo scudo? Come lo attraversiamo?» I dubbi la stavano attanagliando.
«È olografico» spiegò Zeke. «I generatori sono posti ai quattro punti cardinali, uscendo da qui nemmeno li vedremo. Ci passiamo semplicemente attraverso. Non fanno resistenza a nulla, semplicemente ci fanno sembrare come un bel boschetto.»
«Oh, okay.» Xenya annuì, attraversando il portone e assicurandosi che il Vice la stesse seguendo.
«Cosa fai? Controlli che anche io ci sia?» Ridacchiò. «Se non fosse per me, non saresti nemmeno sicura di poter uscire senza friggerti il cervello.»
Xenya arrossì un poco. Un compagno di viaggio, tutto sommato, non sarebbe stato neanche così male.
Trascorse una manciata di minuti di cammino prima che Zehekelion decidesse di riprendere una conversazione.
«Ci siamo» affermò, costringendo Xenya a bloccarsi. «Girati» le disse.
E lei lo fece, scoprendo con una certa ammirazione che là dove c'era l'imponente recinzione di Fronds ora c'era una semplice foresta verde.
«E l'ha fatto Herald Health?» domandò, riprendendo a camminare nella direzione che le era stata indicata da Zenith qualche ora prima.
«Tuo nonno, sì. Sapeva che Ger avrebbe voluto fuggire, quindi ha cercato di aiutarlo come poteva.»
«È strabiliante. E non solo gli scudi, parlo proprio di tutto quello che siete riusciti a costruire.»
Zeke annuì, per una volta rimasto senza nulla con cui ribattere. Altri minuti di silenzio passarono, durante i quali il bosco si era diradato e a parlare per loro c'era solo il vento dall'ovest.
«Sasha è in salvo, comunque» la informò Zeke, guardandola in viso solo per un istante. «Alcuni elfi medici sono stati incaricati di portarla al bunker. Ci aspettano già là.»
«Grazie.» Xenya sorrise.
«E di cosa? Non ho fatto niente, io.» Il Vice si grattò la nuca in evidente imbarazzo.
«Boh, era in generale.»
«Da quando in qua parla a vanvera, signorina?»
Ma Xenya non poté rispondere. Un forte ronzio si stava avvicinando, costringendo entrambi i ragazzi a volgere lo sguardo verso l'altro.
«Drone!» esclamarono in contemporanea.
Un aerodinamico quadricottero bianco si abbassò sopra di loro, iniziando una planata.
Xenya estrasse le sue due pistole. Aveva sperato fino all'ultimo di non doverle usare.
Ne passò una a Zeke che iniziò a sparare verso il drone ma, vittima del rinculo non combattuto, ogni suo colpo lo mancava.
Xenya nel frattempo lottava contro le mani sudate e tremanti nel tentativo di togliere la sicura.
Il drone si avvicinò ancora di più e, giunto alla distanza ideale, iniziò a emettere un rumore a frequenza crescente. A un certo punto non si udì più.
'Non adesso, non...'
«Attenta!»
Zeke spinse via Xenya che cadde rotolando qualche passo più in là.
Il quadricottero planò sopra all'elfo, investendolo in pieno con quel rumore silenzioso.
Zehekelion barcollò. L'arma gli sfuggì di mano e le gambe gli cedettero. Cadde a terra con il viso rivolto verso Xenya e gli occhi aperti, riversati all'indietro.
«No! No, no, no.» urlò la ragazza, rimettendosi in piedi. La sua pistola era ancora stretta nella mano tremante, inutilizzabile.
L'arma dei Palazzi compì un volo circolare, preparandosi a colpire di nuovo.
Due lacrime scesero simmetriche lungo le sue guance.
Non sarebbe tornata da David. Non gliela avrebbe data vinta.
Infuse tutte le sue forze alle mani e, dopo un altro paio di tentativi vani, la sicura era tolta.
Stese in velocità il braccio destro verso il cielo, verso il drone che si stava avvicinando alla sua vittima successiva.
Chiuse un occhio, ed era nel suo elemento.
Inspirò. Trattenne il respiro. E sparò tutti i colpi necessari.
Espirò. E guardò il drone cadere in una spirale di fumo nero.
Xenya si asciugò le lacrime con il dorso della mano sinistra e corse verso la carcassa.
Avrebbe potuto portarla a Zenith perché la studiasse. Ma non poteva rischiare che un altro localizzatore rovinasse tutto.
Un'elica ancora girava, lenta. Xenya si piegò e fece forza con le dita fino a quando non riuscì a vedere l'interno della macchina.
Sparò altri proiettili. Schiacciò ciò che le sembrava importante con il calcio della pistola. Pestò tutto il resto fino a quando anche la plastica bianca che lo ricopriva non fu più riconoscibile.
Ripose dunque la pistola nella fondina dello stivale e corse.
«Zeke» lo chiamò, supplichevole, prima ancora di arrivargli appresso. E quando successe, lo fece praticamente scivolando sulle ginocchia.
Gli mise le mani sulle spalle e, delicatamente, lo mise supino. Gli controllò il battito poggiando indice e medio sul collo.
Zehekelion Teln era vivo.
Un singhiozzo le crebbe dal cuore, e prima che potesse realizzarlo stava già lacrimando per il sollievo.
Gli occhi chiari del ragazzo riapparvero e, dopo qualche battito di ciglia, sembravano indicare che fosse lucido.
«Ti avevo detto che non dovevi venire con me» lo rimproverò Xenya, tirando su col naso. Forse non si era resa conto che stava piangendo; forse non le interessava più.
Zeke fece un lieve sorriso. Aprì poi la bocca per parlare, ma non ne uscì niente se non qualche lamento.
«Cosa...»
Ci riprovò. Ma dalle labbra di Zehekelion non uscì nulla.
«Riesci ad alzarti in piedi?» gli domandò. «Muovi la testa.»
E, come prevedibile, il suo capo si mosse pesantemente a destra e a sinistra.
«Ti hanno stordito. Devo portarti al bunker in qualche maniera... Potrebbero tornare.» Xenya si sedette a terra, portandosi una mano alla fronte.
«Vai... Shola...» disse Zeke, per quanto incapibile. Le sue mani presero ad aprirsi e chiudersi in un gesto spastico.
«Andarci da sola? E lasciarti qua? Non se ne parla neanche.» Xenya scosse la testa.
«Aiut... Piedi...»
«Vuoi alzarti?» chiese conferma.
E, seppur con difficoltà, Zeke annuì.
Xenya si accovacciò e si portò un braccio del ragazzo attorno alle spalle. Le sue mani continuavano a muoversi senza controllo. Si alzò dunque in piedi, trascinando con sé il peso morto di Zeke.
«Non riesci a...?» Non sapeva come spiegarlo. Fatto stava che lui era molto più alto di lei, e con gli zaini era un po' infattibile. «Aspetta. Io ho le ali.»
Ecco l'illuminazione. Non mancava ancora molto al bunker e avrebbe potuto aiutarla. Ringraziò ilaremente S per l'idea.
Distese nuovamente a terra Zeke e non era nemmeno sicura che lui se ne fosse reso conto.
Si tolse dunque lo zaino e lo fece indossare al contrario al Vice che già portava il proprio sulla schiena. Xenya si sfilò la giacca e la ripose nel suo bagaglio.
«Ora ci riproviamo, okay?» La ragazza non attese conferma e ripeté quanto fatto in precedenza.
Erano entrambi in piedi, solo che lui aveva il pezzo di gambe extra che veniva trascinato a terra.
«Scus» le disse, senza nemmeno pronunciare la vocale finale e rimanendo con la bocca aperta.
«Mi hai salvato la vita» rispose lei, cercando di non dare a vedere il proprio sforzo mentre iniziava a camminare. «Dovrei chiedere io scus a te.»
Iniziò a battere le ali e, nonostante non riuscisse ad alzarsi da terra, le sembrò di fare meno fatica. O di camminare più velocemente, o entrambe.
Inspirò profondamente e iniziò a correre.
'Come i sacchi di sabbia all'addestramento. Solo che oltre a quelli hai anche il resto della legione addosso.'
Con ogni balzo, svolazzando, percorreva il doppio della distanza di quanto avrebbe fatto normalmente.
Mancava sempre meno. Xenya già sentiva un profumo diverso nell'aria. Tutta la vegetazione si era ormai diradata.
In lontananza apparve poi il lago e la piccola casupola in legno che le aveva descritto Zenith. Si trattava in realtà di un piccolo edificio costruito dopo la fine della guerra, con il solo scopo di indicare l'accesso al bunker.
«Scus» ripeté Zeke, prima che il capo gli cadesse in avanti e la faccia gli venisse sommersa dallo zaino.
Xenya, nel panico, smise subito di correre e distese a terra il ragazzo. Il colorito era pessimo, gli occhi chiusi.
Il suo zaino era sporco. Sporco di saliva.
Guardando meglio, Zeke stava schiumando dalla bocca. Le sue mani si immobilizzarono. E poi fu il turno delle convulsioni.
«Aiuto!» urlò disperata. Ma da dentro il bunker, nessuno poteva sentirla. «Aiutatemi!» gridò ancora, mentre altre lacrime le inondavano gli occhi, cadendo poi sul volto di Zeke.
Si infilò le dita tra i capelli, terrorizzata.
Le servivano dei medici... E i medici erano dentro il bunker. Non poteva stare lì. Doveva portarlo dentro.
Gli tolse in fretta entrambi gli zaini di dosso: a quelli avrebbe pensato più tardi. Ci lanciò sopra un po' di sabbia, giusto per tentare di mimetizzarli.
Prese poi Zeke con entrambe le braccia. Una sotto l'incavo delle ginocchia e l'altra sotto le spalle. Lo alzò quasi senza sentire fatica tanta era l'adrenalina che le scorreva in corpo.
Batté forte le ali e corse a perdifiato verso quella falsa rovina.
«Aiuto!» riprese a gridare sempre più forte man mano si avvicinava alla meta. «Aiuto!» pianse.
Per entrare nella costruzione avrebbe dovuto richiamare al corpo le ali ma, dimenticandosene, sbatté contro gli stipiti e cadde a terra. Zeke le sfuggì di mano, rotolando all'interno della casa mentre le convulsioni aumentavano di intensità.
«Aiutatelo!» strepitò Xenya, riacquisendo dimensioni umane e gattonando fino al ragazzo che tremava.
Una botola poco distante si aprì, e apparve un volto sconosciuto. Gli occhi dell'uomo si spalancarono mentre usciva dal bunker.
«Medici!» urlò verso l'interno. «È grave!»
Xenya si inginocchiò a terra, portandosi le mani sul volto.
L'aveva fatto di nuovo. Aveva fatto ancora del male a una persona a cui, nonostante lo negasse a chiunque, teneva.
L'elfo sconosciuto prese in braccio il corpo di Zeke e lo indirizzò dentro la botola dove qualcuno lo stava reggendo.
Xenya strisciò fino all'imbocco del bunker e guardò degli altri elfi prendere Zeke e portarlo fuori dalla sua visuale.
«Signorina...»
Lei non aveva tempo di ascoltare uno sconosciuto. Scese di corsa le scale, raggiungendo le due donne e l'uomo che stavano trasportando Zeke da qualche altra parte.
«Dovete aiutarlo» gli disse. «Vi prego.»
Fece per seguirli lungo il loro tragitto, ma venne bloccata da un forte abbraccio.
«Dovete aiutarlo» ripeté, appassendo sulle proprie gambe mentre i suoi peggiori incubi tornavano a essere realtà.
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