19

La prima cosa che vide Yekson una volta aperta la porta fu la chioma rosso fuoco di Xenya che gli si avvicinava di corsa, quasi saltellando.

Com'era ovvio, lei gli si gettò al collo per abbracciarlo, ma lui non si aspettava che una ragazza così piccola in termini di dimensioni potesse accumulare una tale energia cinetica... Insomma, caddero entrambi a terra accompagnati dalle risate degli altri presenti.

«Mi sei mancato» sussurrò lei, lasciando Yekson perplesso. Quella non era una Xenya spumeggiante, era una Xenya preoccupata.

«Dopo mi racconterai» le disse piano di rimando, capendo subito che fosse accaduto qualcosa di importante.

«Perbacco, alzatevi in piedi che mi sembrate due fidanzatini

«Sempre moderata Zenith, mi raccomando.» Xenya si alzò, andando poi ad abbracciare anche la ragazza dai capelli corvini.

«Mi dispiace interrompere questa riunione sentimentale...» iniziò Undrel, porgendo una mano a Yekson per aiutarlo a rialzarsi.

Gli sguardi dei due scienziati rimasero allacciati un po' troppo, al punto che Zehekelion dovette simulare un colpo di tosse.

«Hai perso il filo del discorso, Un?» gli domandò.

Yekson abbassò lo sguardo, imbarazzato.

«Volevo solo dire che abbiamo un bel po' di cose di cui parlare.» Undrel sostenne lo sguardo del Vice in maniera egregia. Il cuore di Yekson si strinse appena per un motivo non noto. «Le nostre ricerche hanno dato dei frutti, ma sono così piccoli da risultare invisibili.»

«Allora diteci. È comunque meglio di niente.» Xenya era impaziente di sapere quei dettagli, ma la sua voce risultava comunque distaccata.

Yekson la guardò interrogativo per un istante. Capì subito qual era il problema, anche senza che la ragazza ricambiasse lo sguardo: il modo in cui un certo elfo le guardava apprensivo la nuca era l'apoteosi di qualcosa piuttosto grave a livello sentimentale.

«Lo smeraldo è un'arma di distruzione» iniziò Zenith. «E si concentra sui tessuti biologici, distruggendoli del tutto, tuttavia frigge anche i metalli. È arrabbiato soprattutto con i tessuti animali. Annulla le radiazioni del circondario, al punto che davanti allo smeraldo le uniche cose radioattive sono i visitatori.»

Xenya e Zeke assunsero una strana espressione.

«Ascolta, Zenith...» Zehekelion interruppe la discussione, cercando di non dare a vedere quanto poco ci stesse capendo. «Hai scoperto a cosa potrebbe servirci?»

«Ci sono due opzioni: far arrabbiare molto gli stregoni rubando in qualche modo non chiaro l'oggetto delle loro preghiere, oppure lanciarci sopra qualche vivente che finisca con l'evaporare.»

«Okay, è stata una ricerca alquanto inutile.» Il Vice sospirò, passandosi la mano sulla nuca. «Ti accompagno io da Ger a fare rapporto... Non sarà molto contento.»

Zeke si avviò verso l'uscita, tenendo la porta aperta per la sorella che si era voltata un istante.

«Voi due potreste andare a sistemare l'attrezzatura?» chiese Zenith ai suoi due assistenti che, in risposta, annuirono.

«Xenya, vieni con noi?» domandò Zehekelion con il braccio ancora disteso.

«No, penso passerò per la rimessa. Ho bisogno di una tenda.» Alzò le spalle e uscì da sola dalla mensa, attraversando l'uscio come se non ci fosse stato nessuno.

Tutti i presenti fissarono l'altissimo elfo, incuriositi. La persona che però gli pose la vera domanda scottante fu Zenith.

«Cosa diavolo le hai fatto questa volta?»

«Il dosimetro dove va?»

La piccola scatolina ticchettante era stata accantonata fino a quel momento, sostanzialmente perché nessuno dei due sapeva dove potesse essere il suo posto.

«Le soluzioni sono due» iniziò Undrel, grattandosi il mento. «O lo lasciamo abbandonato a se stesso e veniamo sgridati per inadempienza, o lo mettiamo nel posto sbagliato e veniamo comunque sgridati per inadempienza.»

«A questo punto vale la pena di nasconderlo proprio, così almeno ci divertiamo a vedere Zenith che lo cerca.» Yekson ridacchiò tra sé all'idea.

L'altro ragazzo, nel frattempo, si era avvicinato a uno scaffale alto tanto quanto l'intero edificio scientifico e, fermandosi davanti a esso, indicò la mensola in cima.

«Adesso che mi viene in mente, Zenith mette il dosimetro in un posto alto così ha meno probabilità di essere starato... Le radiazioni provenienti dal terreno sono peggio di quelle che gravitano in aria.»

«Lo mette in posto così disagevole?»

«È il più alto di tutti, però.» Undrel alzò le spalle. «Aiutami, al massimo ci sarà da ridere a vedere come si ingegna per riprenderselo.»

«Come faccio ad aiutarti?» chiese Yekson, avvicinandosi comunque all'altro. «Se non ci arrivi tu, non ci arrivo neanche io.»

«Per fortuna che dovevi essere intelligente.» Rise. «Non devi metterlo tu... Devi solo alzarmi cosicché possa metterlo io.»

«Hai doti di equilibrista?»

«Direi che è giunto il momento di scoprirlo!»

Yekson sbuffò ma si accovacciò comunque a terra e, giunte le mani, si preparò per essere usato come scalino vivente.

«Pensavo mi avresti preso in braccio... Cosa stai facendo?» Undrel aveva uno sguardo molto interrogativo.

«Ascolta, chi è che ha l'addestramento militare, qui? Io ce l'ho.» Gli sembrava strano fare il gradasso da inginocchiato. «Se ti prendessi in braccio non ci arriveresti. Fidati di me: metti un piede sopra le mani, l'altro sulla mia spalla e, appena ti senti sicuro, anche il primo piede sull'altra spalla. Poi ti tengo io.»

«Io mi fido, ma non mi sembra sicuro.»

«Ti tengo io. Però tu comunque non devi fare movimenti strani o siamo per terra tutti e due.» Yekson sbatté un paio di volte le palpebre, guardando dal basso quel ragazzo che sembrava sempre più perplesso. «Allora? Ti muovi?»

«Va bene, va bene.»

Undrel eseguì gli ordini e, una volta che fu in piedi sopra all'ex soldato, quest'ultimo si alzò in piedi sbuffando per lo sforzo.

«Sono storto!» si lamentò quello in cima.

«Lo so, dammi tempo» sibilò a denti stretti Yekson, alzando le braccia per reggere il retro dei polpacci dell'altro mentre, con una lentezza distruttiva, si girava sino a dare le spalle alla scaffalatura cosicché Undrel potesse inserire al suo posto il dosimetro.

«Respira più piano, per favore. Se continui a muoverti così tanto non riesco a completare la mia missione.»

«Se non stai zitto e non ti muovi» ansimò Yekson «giuro che ti schianto per terra.»

«Okay, ce l'ho fatta.»

«Per scendere...»

Ma Yekson non fece in tempo a completare le istruzioni che Undrel era già balzato all'indietro.

Yekson, terrorizzato di averlo fatto cadere per errore, si sbilanciò in avanti nel tentativo di prenderlo al volo; cosa che riuscì, ma solo in parte.

Durante la caduta gli aveva infatti afferrato il torso ma l'orlo della maglia si alzò, facendo scivolare le mani di Yekson.

Questo, perdendo l'equilibrio, lo spostò su Undrel che non riuscì a reggerlo e cadde all'indietro, trascinando con sé l'altro.

'Imbarazzante' pensò subito Yekson. Era in pratica disteso sopra al ragazzo in una posizione che ricordava molto quella iniziale per le flessioni.

«Non sarebbe successo se mi avessi preso in braccio» affermò Undrel, facendo nascere un piccolo sorriso sul suo volto.

«Diciamo che non sarebbe successo se tu mi avessi ascoltato.»

«E ti lamenti pure?»

Gli occhi scuri dei due si scrutavano, legati in maniera diversa da quanto era successo in precedenza.

Yekson trovò irrefrenabile l'istinto di inumidirsi le labbra e Undrel, notata la cosa, si aprì in un sorriso ancora più grande.

Si sporse quindi verso l'alto e unì le loro bocche che finirono con l'aprirsi una all'altra. Nessuno dei due poteva negare di averlo desiderato da almeno un paio di giorni.

Yekson non riusciva a formulare nessun pensiero di senso compiuto, nemmeno una parola che non fosse il nome di quel ragazzo che in pochi giorni gli aveva rapito il cuore. I brevi e non necessari sguardi mentre Zenith era distratta, i per nulla casuali tocchi quando magari si passavano le razioni... Tutto aveva portato a quel momento e non poteva far altro che essere grato per aver aspettato il tempo necessario perché Undrel entrasse nella sua vita.

Yekson fece scorrere un braccio sotto la curva lombare del ragazzo e, facendo forza con entrambe le braccia, invertì le loro posizioni iniziali senza che le loro labbra si staccassero.

Undrel, seduto sopra a Yekson, gli infilò le dita sotto la maglia e si godette il ritmo irregolare dei battiti del ragazzo. Questo rabbrividì per il freddo contatto, ma ciò non fece altro che infiammare ancor di più il suo bisogno di portarlo più vicino a sé.

Ancora più vicino.

Mantenne dunque un braccio a cingere la base della schiena di Undrel mentre con l'altra mano, percorrendogli le curve della schiena da sopra il tessuto, lo costrinse dolcemente ad abbandonare il suo peso su di sé.

Le mani di Undrel salirono sino a frapporsi tra i due, premute appena sui pettorali dell'altro, nudi sotto la maglietta. Yekson si sentì divampare dentro, quasi come se delle vere e proprie fiamme scaturite da appena sotto i polmoni si fossero allargate sino a bruciare le estremità del suo corpo. Per un istante ebbe paura di restare bruciato o, ancor peggio, di divenire cenere.

Ma finché il preludio al dolore fosse stato così dolce, scappare da esso sarebbe stato stupido.

Senza abbandonare il tocco che l'aveva mandato in visibilio, Yekson alzò di più le mani. Lasciò che i capelli scuri di Undrel gli solleticassero le dita prima di passare a tratteggiargli il profilo della mascella, dagli angoli morbidi contrastati solo da un accenno di barba.

La mente di Yekson era così ricolma di sensazioni che un forte fischio gli pervase le orecchie. Spaventato, finì col mordere appena le labbra di Undrel.

«Merda» sussurrò quest'ultimo, rimettendosi seduto e portandosi due dita alla bocca.

Yekson balzò in alto, sorreggendosi con le braccia per non finirgli addosso.

«Scusa... Non volevo...»

«Non mi hai fatto male» completò Undrel, accompagnando l'affermazione con un sorriso. Applicata a quelle labbra arrossate, quell'espressione di gioia gli donava più di qualunque altra. «È solo scattato l'allarme.»

Non era nella sua testa, allora. Il fischio c'era davvero. Sì alzò in piedi e lo stesso stava per fare Yekson, bloccato però da un'occhiataccia dell'altro.

«Non ti muovere» gli ordinò. «Torno subito.»

Un occhiolino. Undrel Sjk, promettente scienziato di Fronds nonché splendido ragazzo, gli aveva fatto un occhiolino.

Yekson ricadde di schiena per terra, coprendosi gli occhi con l'avambraccio sperando in quel modo di non realizzare che sul suo volto stava apparendo lo stesso sorriso ebete che aveva visto su di Xenya qualche volta.

«Yeks... Vieni qui.»

«Cosa?»

«Ti prego, vieni qui e dimmi che mi sto sbagliando.»

Il ragazzo balzò in piedi e corse accanto all'altro assistente, di fronte al tavolo di controllo del meteo. In uno schermo sfarfallante, si vedeva una cosa alquanto preoccupante.

«Quella è una grande massa di calore... O mi sto sbagliando?» domandò retoricamente Undrel.

Yekson studiò meglio l'immagine trasmessa dalla telecamera termica puntata verso nord.

«No, hai ragione.»

«E si sta avvicinando... O sbaglio?»

«Si sta avvicinando» confermò Yekson. «Lenta, ma avanza.»

«Solo questa ci mancava!» esclamò Undrel, in preda all'ansia. Sbatté i pugni sul tavolo prima di guardare dritto negli occhi l'altro. «Corri alla tenda e dì di attivare l'allarme di riunione. Qualche bastardo piromane ci ha trovati.»

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