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Gli intensi raggi solari si erano per un istante affievoliti grazie all'apparizione di una nuvola che, per la prima volta da quando erano usciti dalla radura di Fronds, aveva permesso a Yekson di guardare direttamente l'intorno. Esso era infatti costituito da sabbia chiara e con un forte potere riflettente in grado di infastidire molto anche gli occhi scuri del ragazzo.

Erano trascorsi poco meno di tre giorni dalla loro partenza da Fronds, e il trio scientifico era già giunto a Minneapolis. Il nuovo arrivato aveva già montato la sua tenda ed era già pronto per affrontare il prossimo compito.

«Ahio!» Undrel si lamentò, a solo qualche passo di distanza, scuotendo la mano all'aria dopo essersela pizzicata per errore dentro la cerniera della sua dimora.

«Lamentati meno e vieni qui ad aiutarmi, piuttosto!» brontolò Zenith, uscendo dalla propria tenda mentre teneva a mo' di abbraccio una serie di strumenti la cui funzione era del tutto sconosciuta.

Poco prima, guardando su una vecchia cartina, Yekson aveva capito che si erano accampati pressappoco nella zona dove prima della guerra c'era stato un certo Lago Nokomis. In quell'istante, però, non c'era proprio nulla.

Già dopo un giorno di cammino, la radura dove sorgeva l'accampamento elfico aveva iniziato a diradarsi per poi diventare il vero e proprio Deserto Centrale. E della grande città di Minneapolis non era più rimasto nulla se non un cumulo di sabbia e polvere grigia sotto una cupa volta verdognola di cielo.

«Minneapolis è stata la prima. La prima a essere stata bombardata, la prima a cedere.» Zenith si era avvicinata al pensieroso ex selezionato, lasciando che fosse Undrel a mettere in uno zaino tutto ciò che sarebbe servito ai giovani. «L'Unione Arabo-sovietica è stata la prima ad attaccare. Dopo aver rubato all'America ogni mente brillante, hanno creato ogni tipo di bomba possibile e immaginabile. Alcune nemmeno avevano un nome, come quella che è stata lanciata qui con il solo scopo di far ammettere agli americani che si stavano armando di nascosto alla popolazione in quanto il loro statuto non lo permetteva.»

«Lo stavano davvero facendo?» domandò Yekson, guardando cosa aveva causato quell'arma di distruzione. Chissà sopra quanti cadaveri polverizzati stava camminando.

«Sì» ammise Zenith. «E in maniera alquanto furba, stoccando tutto il necessario per le bombe nucleari in zone con alto traffico di merci, cosicché i loro carichi top secret potessero passare pressoché inosservati.»

«E poi? Cos'è successo?» Yekson era davvero curioso di sapere. Mai nessuno a Clock si prendeva il compito di spiegare cosa fosse successo prima, il motivo per cui la vita era così strana.

«L'America si è alleata con l'Europa» riprese Zenith. «O meglio, l'America ha accettato di prendere un'Europa spaventata e senza valore sotto la sua ala protettrice, creando l'Unione Euroamericana. In questa maniera, tra le due vere potenze in gioco - America e Arabia -, ci sarebbe stata tutta l'Eurasia da usare come campo di battaglia senza davvero toccare chi muoveva le pedine.»

«Quindi... Che ne è stato dell'Europa e dell'Asia?»

«Distrutte. Hanno lanciato e combattuto così tante cose che non mi sorprenderei se tutto quel pezzo della Terra fosse stato preso dal mare come l'Oceania.»

«Aspetta, cos'è l'Oceania?» Yekson cominciava a capire le dinamiche, ma alcune cose continuavano a essergli confuse.

«Il quinto continente, quello che è stato inghiottito dal mare dopo che il Polo Sud si è sciolto all'improvviso... Ma nessuno ti ha mai detto niente di queste cose?»

Un flebile soffio di vento alzò parte della polvere, costringendo tutti e tre i giovani a schermarsi il viso con le braccia. Quando la folata si calmò, Yekson poté rispondere, non prima di aver notato però che i suoi arti, grazie alla sabbia che vi si era depositata, brillavano.

«In realtà, no.» Il ragazzo si vergognava della sua ignoranza in materia. «Sono stato messo nel mondo e ho imparato a viverlo così com'è, senza mai sapere la storia di chi ci è stato prima di me.»

«È un peccato.» Zenith sospirò, incrociando le braccia e allungando lo sguardo verso l'orizzonte vuoto. «In ogni caso, la bomba su Minneapolis ha avuto effetti catastrofici. A suo tempo, i pochi esperti rimasti qui avevano ipotizzato che fosse una via di mezzo tra una bomba nucleare e una biologica. Ger, invece, mi ha confidato che potesse essere una specie di prototipo per l'antimateria che Herald aveva iniziato a studiare con alcuni colleghi che sono poi salpati verso l'Arabia. Ah, per tua informazione, con Arabia intendo tutto l'ex continente Africa e l'ex Asia Meridionale che vi si è annessa.»

«Hai detto che l'Eurasia è stata distrutta. Ma in Arabia cos'è successo?» Yekson era assetato di nozioni.

«So solo che l'Unione Euroamericana, o meglio l'America, ha vinto la guerra grazie ad alcuni problemi con la successione tra case regnanti dell'Arabia. Non so cosa sia rimasto, o se è proprio rimasto qualcosa, fatto sta che è impossibile raggiungere quei territori per colpa delle nubi altamente tossiche che aleggiano dappertutto fuorché qui.»

Un momento di silenzio cadde tra i due, occupati com'erano a sfruttare la loro immaginazione per ricostruire nel loro cervello la vecchia Minneapolis. Che ci fossero alti edifici come i tre Palazzi? Che ce ne fossero alcuni di volanti? Non l'avrebbero mai saputo. E tutto perché gli uomini che prima di loro avevano abitato la Terra gliene avevano tolto il diritto.

«È per questo che solo nel Deserto Centrale gli alberi sono verdi?» chiese Yekson, provando a pensare a un mondo con il cielo azzurro e le foglie smeraldine.

«Questo non te lo so dire» ammise Zenith, sospirando. «Sin da prima che l'Oceania sparisse, la natura aveva iniziato a fare scherzi strani. E ora siamo qui.»

«Ma perché Minneapolis?» Il ragazzo ancora non capiva.

«Ti ho detto che stoccavano il materiale nucleare in zone molto trafficate. Ebbene, siamo a circa mezz'ora di distanza dall'Aeroporto Internazionale Saint Paul di Minneapolis, l'obiettivo primario della bomba, dove gli americani custodivano i loro beni più preziosi.»

«E cosa c'entra lo smeraldo con tutto ciò?»

«Lo smeraldo è l'unica cosa rimasta in questa landa polverosa.» Zenith si voltò per un istante verso la direzione dell'aeroporto, per poi guardare il giovane negli occhi. «È una parte di questo materiale segreto che si è agglomerato nel momento stesso in cui la bomba l'ha toccato.»

«Come facciamo ad andarci vicino? Voglio dire, se qui c'è stata una bomba nucleare e...»

«È questa la cosa strana» lo interruppe. «Lo smeraldo, invece che emettere radiazioni nocive, le assorbe nelle sue vicinanze. Per questo non siamo già diventati tutti troll.»

«E allora perché non lo possiamo portare a Fronds per studiarlo? Sarebbe molto più comodo!» obiettò il nuovo arrivato.

«Perché lo smeraldo distrugge ogni cosa che lo tocca.»

In un batter d'occhio, i tre ragazzi erano nei pressi di quello che doveva essere stato l'aeroporto. Ciò che rimaneva, però, era un enorme cratere di metallo argentato che si stringeva a cono sul fondo, lasciando solo un foro dal quale fuoriusciva della luce verdastra.

Zenith estrasse dallo zaino di Undrel uno strumento che, non appena attivato, prese a ticchettare.

«È un dosimetro» spiegò ai suoi due assistenti. «Serve a misurare le radiazioni e, come potete vedere, sono davvero molto basse per essere su un luogo nucleare. Sono molto più basse che a Fronds, penso che eguaglino quasi quelle nei Settori.»

Spense il macchinario e lo ripose dentro lo zaino.

«Che facciamo, ora?» chiese Undrel, togliendosi il peso dalle spalle e poggiandolo a terra.

«Ho portato una serie di strumenti per misurare alcuni valori dell'aria e alcuni campioni di oggetti da lanciare sullo smeraldo per vedere se il modo in cui spariscono è diverso o lo stesso» spiegò.

«Vuoi davvero entrare?»

«Perbacco!» si lamentò la ragazza. «Come altro possiamo studiarlo se nemmeno lo vediamo?»

I due ragazzi si guardarono negli occhi, spaventati e incerti.

Zenith, dal canto suo, aveva già poggiato i piedi sulla discesa metallica che l'avrebbe portata all'inizio della grotta.

«Allora, venite?» li chiamò.

Undrel abbozzò un timido sorriso e, seppur titubante, seguì la mentore.

Yekson sospirò pesantemente. 'Perché, quando serve, Xenya non c'è mai?'

L'imbocco vero e proprio della grotta metallica non era molto agevole, ma tutti e tre i giovani scienziati erano riusciti a passarci attraverso, trovandosi poi in un lungo corridoio discendente e alquanto umido.

Procedettero in rigoroso silenzio, temendo quasi che lo smeraldo fosse dotato di magia in grado di rinchiuderli per sempre in quel dedalo di roccia nera.

«Posso toccare le pareti?» chiese Yekson a bassa voce.

«Sì» gli rispose Zenith, seppur sussurrando. «L'unico problema è lo smeraldo vero e proprio.»

L'ex selezionato, dunque, passò le dita della mano destra sulla parete scura, rivelando che, in realtà, altro non era che la stessa roccia argentata presente all'esterno, solo coperta di fuliggine.

«Eccoci» asserì Zenith poco dopo, facendosi poi da parte e lasciando che gli altri due potessero vedere quell'antro semirotondo al cui centro, al livello del terreno, stava un cristallo verde petrolio che risplendeva di luce propria. «Vi presento lo smeraldo.»

«Sei già stata qui?» domandò Undrel, desideroso di distogliere lo sguardo da quella roccia delle stesse dimensioni di un cranio umano.

«Diverse volte, e tutte senza che nessuno lo sapesse. Quindi siete pregati di tenere il becco chiuso.»

«Va bene, va bene.» Undrel roteò gli occhi e Yekson si trovò a sghignazzare.

«Giuro che potrei lanciarvi addosso allo smeraldo, così mi sapete dire cosa c'è dall'altra parte» borbottò l'elfa, chinandosi e rovistando dentro lo zaino.

«In che senso?» Sui volti dei due ragazzi un'espressione sempre più perplessa si faceva largo.

«Ma è possibile che non stiate mai attenti?» Esasperata, Zenith prese un sorso di fluidificante che passò poi a Undrel. «Anche Xenya l'ha letto. Gli stregoni venerano questa pietra ogni sacrosanta sera, e, una volta all'anno, il loro capo si sacrifica cosicché ne venga eletto uno nuovo. Credono che non ci sia fine migliore, perché i loro poteri discendono dallo smeraldo e pensano sia giusto renderglieli e, invece che ucciderli, lo smeraldo li porterà dall'altra parte

«Wow, figo.» Undrel annuì, passando quel poco di fluidificante che rimaneva a Yekson.

«Bando alle ciance, è ora di testare. E visto che nessuno dei due mi pare incline a seguire il pensiero degli stregoni, seguiremo il mio.»

Zenith estrasse di nuovo il dosimetro e, con discreta sorpresa dei presenti, il valore che esso dava era zero.

«Bene, sappiamo che lo smeraldo assorbe le radiazioni del circondario» affermò Yekson, sedendosi a terra. «Ma non sappiamo perché questo si mangia le persone.»

«Dimentichi che anche noi emaniamo radiazione. Innanzitutto termica, ma anche quella nucleare dovuta alla contaminazione» specificò Undrel, andandosi a sedere accanto all'altro ragazzo.

«Quindi pensi che valga solo per i tessuti biologici?» domandò l'ex soldato, guardando negli occhi il compagno. E, beh, aveva davvero dei bei occhi.

«C'è solo un modo per scoprirlo!» esclamò Zenith, riponendo il dosimetro ed estraendo un piccolo ramo che aveva raccolto prima di uscire dalla foresta. «Vediamo se i tessuti biologici vegetali fanno la stessa fine degli stregoni. Magari con questo quelli dall'altra parte possono costruirsi una bacchetta.»

Nessuno capì la battuta dell'elfa, ma essa lanciò comunque il rametto che, roteando, toccò lo smeraldo con un lieve ticchettio. La luce verde proveniente da esso si spense, lasciando il pezzo di legno immobile a mezz'aria. Qualche frazione di secondo dopo la pietra si riaccese con un'esplosione di luce bianca e il ramo non c'era più.

«Tessuti biologici vegetali,» ripeté Zenith ad alta voce «puff

Provarono poi con una vite metallica. Anch'essa rimase sospesa nel vuoto al buio, ma quando lo smeraldo si riaccese, essa c'era ancora. Non sotto forma di vite, quanto piuttosto una piccola pozza metallica che ribolliva per terra.

«Metalli, bolliti.»

L'elfa si sporse poi verso Undrel e, con un gesto fulmineo, gli staccò un capello scuro.

«Zenith, cavolo!» si lamentò il giovane, massaggiandosi la testa con un'espressione che Yekson trovò alquanto buffa.

«Spero tu non pensassi che me ne sarei tolta uno dei miei.»

E la ragazza dagli occhi violetti si alzò, si avvicinò allo smeraldo e lasciò cadere il capello sopra ad esso.

Proprio come per il ramo di legno, lo smeraldo si spense e poi si riaccese, solo che la reazione non si fermò lì.

Un'onda d'urto si propagò per tutto l'antro scuro, spingendo Zenith addosso alla parete dove prima era appoggiata. Yekson e Undrel si ripararono alla bell'e meglio dietro ai propri arti, ma sentirono comunque il forte, fortissimo spostamento di aria.

«Ora capisco perché gli stregoni lo venerano» affermò Undrel, una volta che l'adrenalina scemò.

«Fa paura» confermò Yekson.

«E la cosa più mi spaventa è che dovremo usarlo per qualcosa.» Zenith tremò un'ultima volta prima di rialzarsi e uscire in silenzio dalla grotta.

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