1.
Scusate per eventuali errori di grammatica e/o ortografia
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Luglio.
Uno dei mesi dove il sole decide di trasformare tutto in un forno e di far scogliere le persone che anche solo hanno avuto il pensiero di uscire di casa e staccarsi dai condizionatori o ventilatori.
In genere, ogni anno, combatto la calura andando in spiaggia oppure in piscina con i miei amici o mia madre.
Però quest'anno la mamma ha avuto la "deliziosa" idea di ritirarsi in montagna.
Sua sorella, ovvero la zia Ayumi, ha una villetta in vero stile giapponese nel villaggio di Hida, vicino a Takayama, e si è offerta di ospitarci per qualche settimana.
Onestamente non ne sono così contenta. In montagna non succede mai nulla di esaltante, internet non c'è e l'idea di perdermi nel bosco non mi alletta molto, ma tutti i miei amici se ne sono andati in vacanza quindi sempre meglio fare qualcosa lì più tosto che annoiarsi sul divano di casa.
E quindi eccoci qui mentre cerco di trascinare a fatica una delle mie grandi valigie sulla ghiaia diretta verso la porta d'entrata, in questo momento mi sto maledicendo per avere così tanti vestiti.
La mamma e la zia si stanno salutando abbracciandosi...non venendomi ad aiutare con le valige...nooo, ma figurarsi.
Finalmente, dopo aver fatto i tre scalini del portico in legno, affianco le due donne.
La zia Ayumi è davvero una bella donna: ha i capelli medio-lunghi legati in una coda alta anche se alcuni ciuffi sfuggono all'elastico incorniciandole il volto e gli occhi color rosa.
Lei e mia madre si assomigliano davvero tanto, le uniche differenze sono i capelli (mia madre infatti è bionda come me) e l'altezza (zia è un po' più alta anche se è la sorella minore).
«Hitomi-chan, puoi andare a sistemare le tue cose nella camera che usavi quando eri piccola. Ti ricordi?» Dice la zia abbracciandomi velocemente e dandomi un bacio sulla fronte.
Le sorrido, ma in verità non mi ricordo per nulla della camera di cui sta parlando.
«Ayumi, non se la ricorda per niente, l'ultima volta che è venuta qui aveva tre anni.» Per fortuna che ci pensa mia madre.
«Oh giusto, vengo sempre a trovarvi io...comunque appena sali le scale, giri a sinistra, poi prendi il corridoio a destra e la tua camera è la prima porta che incontri..»
Okey...mi sono persa a corridoio, ma le sorrido comunque.
«Va bene Oba.» E ricomincio a trascinare la valigia.
L'atrio è davvero molto semplice ma bello, ormai ho capito che tutta la casa è in legno, tolgo le scarpe e le lascio nel genkan.
Vedo che la zia ha preparato un paio di pantofole, ma io preferisco camminare a piedi scalzi in casa.
Trascino la valigia sulle scale e maledico la zia per non avere una casa tutta su un piano e in parte anche me stessa perché so benissimo che non dovevo portare tutta quella roba.
Il fatto di dover anche andare a prendere lo zaino, che è rimasto in macchina, colmo di libri da leggere, mi fa rabbrividire.
Per fortuna la camera è più semplice da trovare, anche perché è l'unica porta nel secondo corridoio indicatomi.
Apro la porta e la trovo in ottime condizioni, l'arredamento è semplice e molto minimalista: davanti a me c'è un comò in legno scuro con sopra alcune foto di me da piccola e della famiglia, a fianco uno specchio a figura intera, e sempre sulla stessa parete, vicino un armadio scorrevole dove penso di mettere i vestiti -dato che ce ne è un'altro nella parete adiacente alla porta per tenere il futon- e circa al centro della stanza, c'è un tavolino basso in legno con due cuscini rossi messi per terra.
Ma la cosa più bella che vedo è l'enorme finestra che occupa tutta la parete alla mia sinistra e che offre una bellissima vista sul bosco dietro casa, stranamente è in vetro.
Prendo dalla tasca posteriore della gonna nera che indosso il telefono e faccio una foto al panorama. La fotografia mi è sempre piaciuta e quindi ogni momento è buono per fare o condividere con gli amici una foto.
Mi guardo intorno, onestamente non ho proprio voglia di sistemare la valigia e in più dovrei andare a prendere le altre ancora lasciate in macchina, quindi opto per un'altra idea: fare un giro nel giardino.
Scendo le scale e nel mentre snodo le cuffiette prese dalla tasca, prendo al volo le scarpe e le porto con me.
Per uscire nel giardino sul retro passo per la cucina -dato che la porta è proprio lì- mia madre e la zia Ayumi stanno chiacchierando del più e del meno, la zia sta prendendo due tazze dalla credenza e mia madre è seduta su un sedia vicino al tavolo.
«Io esco.» Dico lasciando un veloce bacio sulla guancia di mamma.
«Hitomi non avvicinarti molto al bosco altrimenti gli yōkai ti prenderanno.» Dice la zia usando una voce sinistra e un ghigno.
Ruoto gli occhi e sorrido, lei è sempre stata fissata con queste storie.
«Dai Ayumi non spaventarla così.» La riproverà mia madre.
«Non la sto spaventando, Izumi, la sto solo mettendo in guardia!» Si difende la castana.
Quando ero piccola mi piacevano davvero molto le storie che la zia mi raccontava su di loro e ammetto che ho sempre avuto un po' di paura sull'incontrarne uno, anche se a volte speravo di vederli. Ora sono cresciuta, sono una ragazza nel fiore della sua adolescenza e non credo più a queste favole.
«Va bene, farò un giro per il giardino.» Dico, anche se le due donne continuano a battibeccare.
Apro la porta, mi metto le scarpe e scendo pochi scalini per poi ritrovarti nel grande e bellissimo giardino.
La zia ha sempre amato il giardinaggio, al contrario della mamma, infatti è ben curato e in ordine; ha perfino una fontanella e un ponticello.
Metto gli auricolari nelle cuffie e faccio partire una delle mie canzoni preferite: lonely dance dei set it off.
Guardo con occhi attenti il giardino e qualche volta faccio qualche foto.
Ad un certo punto mi fermo per guardare il grande albero di ciliegio che ho alla mia destra, ora che guardo meglio l'albero si trova vicino alla finestra della mia camera.
Cerco l'angolazione giusta per fotografarlo meglio, fino a quando -attraverso lo schermo- vedo la sagoma di un gatto, un gatto dal pelo blu scuro.
Abbasso il telefono e aguzzo la vista, che ci fa un gatto blu qui? Forse appartiene ai vicini, ma abitano molto distanti da noi...
Il felino mi osserva, ha dei bellissimi occhi azzurri incorniciati da un bordo blu scuro.
«Ei micio, vieni qui.» Inizio a chiamarlo dandomi qualche pacca sulla coscia sinistra, mentre metto via il telefono e le cuffiette.
Il gatto mi guarda, piega leggermente la testa di lato e...sorride mettendo in bella vista i suoi canini perfettamente bianchi e aguzzi.
Mi fermo vedendo quel sorriso.
«Da quando i gatti sorridono?!» Penso abbastanza sconvolta.
Il gatto si alza dal ramo e con un balzo scende, ma non lo vedo toccare terra, anzi svanisce in una nube di fumo azzurrina.
«Ma che...» Dico non credendo ai miei occhi.
«Miao!»
Emetto un piccolo urletto quando il gatto miagola all'improvviso, è seduto per terra difronte a me.
«Ma come diavolo hai fatto...?» Chiedo ingoiando un po' di saliva, mi abbasso e allungo una mano verso di lui per prenderlo.
In tutta risposta il gatto sorride dinuovo e scappa via.
Lo vedo scavalcare la piccola recinzione bianca del giardino diretto verso il bosco.
Corro inseguendolo ma mi fermo appoggiando le mani sulla recinzione e guardo il gatto allontanarsi.
«Starò sognando, si...sono ancora in macchina che dormo.» Scuoto la testa e mi giro ritornando verso la casa, ma qualcosa di duro e rotondo mi colpisce la nuca.
«Ahia!» Mi lamento portando una mano sulla parte colpita e rigirandomi.
Vedo un piccolo sassolino per terra, guardo avanti vedendo sempre il gatto sorridente, sopra ad un masso, e che mi lancia un altro sassolino.
Lo schivo.
«Ma brutto...» Non riesco a finire la frase che inizio a correre, scavalco la recinzione e vado verso il gatto; quest'ultimo salta giù dal masso e corre verso la foresta.
Prima della foresta c'è un breve corso d'acqua, è quello che divide la proprietà della zia dalla foresta, o "regno degli yōkai" come la chiama lei.
Il gatto scompare sempre in una nube di fumo e riappare dall'altra parte del fiumicello.
Mi fermo, guardo il corso calmo del fiume, il fondale non sembra molto profondo ma potrebbe arrivarmi all'incirca fino ai fianchi.
Quindi decido di saltare sui sassi che ci sono, quel gatto me la deve pagare.
Per fortuna non cado in acqua, però quando sono sull'ultimo sasso guardo la foresta.
Okey, non credo più in quelle favolette, ma un gatto blu mi sta sorridendo e lanciando dei sassi...un po' di ripensamenti qualcuno se li fa.
Guardo il felino blu che sembra sfidarmi con lo sguardo e finalmente appoggio il piede sul terreno.
Continuo a correre, idem per il gatto, ormai siamo nella foresta. Mi guardo indietro, vedo ancora la casa della zia, va tutto bene.
Torno a guardare davanti a me, ma il gatto non c'è più.
Mi fermo e riprendo finalmente fiato, appoggiando le mani sulle ginocchia.
«Nota per me: ritorna in palestra.» Dico tra me e me.
«Cavolo non pensavo che fossi così pazza da seguirmi realmente.»
Per poco non prendo un infarto.
Scatto sull'attenti in un nano secondo e inizio a guardarmi intorno spaventata.
Chi diamine ha parlato?!
«Bene, e dopo questa io direi di andarmene...» Penso girandomi, ma invece di vedere la casa della zia vedo solamente il bosco che mi circonda.
Non riesco a capire, la casa era proprio dietro di me, cosa è successo?!
«Ahahahahahahhamerda.» Dico ridendo istericamente.
«Sai avresti potuto ignorarmi e rientrare in casa e invece mi hai seguito fin qui. Non sei stata molto furba.»
Inizio a guardarmi intorno sempre più spaventata, i miei occhi si incastrano nel paio azzurri del gatto.
Solo che ora non è più un gatto, ma un ragazzo alto più di me (anche se non serve molto), con i capelli blu notte, indossa un kimono maschile blu scuro e ai piedi dei sandali di legno.
Noto subito che sulla testa ha un paio di orecchie da gatto dello stesso colore dei capelli e in uno ha tre orecchini, noto anche una coda abbastanza folta sempre blu notte.
«T-tu sei il gatto?» Chiedo balbettando spaventata e indicandolo.
Lui mi rivolge un ghigno.
«Per la precisione sono uno yōkai.»
«MA PERCHÉ NON HO ASCOLTATO LA ZIA?! SONO STUPIDA? SI!» Penso autoinsultandomi.
Ma poi mi viene in mente una cosa.
«Bakanemo!» Esclamo.
«Si dice Bakeneko!» Mi corregge assottigliando gli occhi.
«E io che ho detto?»
«Bakanemo.»
«Eh, non è quello che sei?»
«Sono un Bakeneko!»
«Secondo me suona meglio come l'ho detto io, ma forse la pronuncia qui è diversa.» Dico riflettendo ad alta voce, forse da Tokyo a Takayama ci sono delle pronunce diverse...
«La pronuncia non c'entra!» Dice irritato.
Mi zittisco subito.
«Ad ogni modo, hai fatto un grossissimo sbaglio nel seguirmi.» Continua il suo discorso.
«Mi stavi tirando dei sassi!» Mi difendo.
«Mi lasci finire si o si?»
«No, è divertente vederti arrabbiato.» Dico cercando di non scoppiargli a ridere in faccia.
«Tu, insulsa umana...» Una vena inizia a pulsargli sulla tempia destra, alza una mano -che si rivela essere più simile a quella di un gatto, completamente nera e con dei lunghissimi artigli- e il secondo dopo ha accesso un fiamma blu.
Spalanco gli occhi incredula.
«Ichihoshi, ti fai mettere i piedi in testa da una semplice umana?» Sento una seconda voce.
Lo yōkai davanti a me rotea gli occhi abbastanza irritato.
Il secondo dopo un ragazzo dai capelli color salmone e con una scarpa bianca salta giù da un albero. Anche lui ha un paio di orecchie e una coda, ma con dei particolari diversi.
«Stupido Lupo, ero così vicino dal mangiarla!» Il gatto inveisce furiosamente contro il Lupo.
«Aspe tu che cosa?!» Strillo, ma i due non mi prestano attenzione.
«Beh mi dispiace guastare il tuo pranzo ma Nosaka vuole vederla.»
«Digli di farsi gli affari suoi.»
«Lo sai che non posso.»
Il gatto sbuffa abbastanza irritato e mi guarda male, come se fosse colpa mia, per poi ritrasformarsi nella sua forma felina.
«Forza andiamo.» Dice l'altro guardandomi impassibile.
« Bene...sono fottuta.» Penso tra me e me mentre ci addentriamo sempre di più nella foresta.
Hola
Vi avevo detto (nel libro delle one-shot) che avrei trasformato quella storia in una con più capitoli, ed eccola qua!
Commentate e lasciate una stellina💞💫
Ah vi lascio un'immagine che potete usare come reference per Hitomi
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