Cap.2 - Incontri

Yeron's POV

«Sono sul posto. Non vedo nulla per il momento»

«Il posto è quello. I nostri radar hanno un'approssimazione di poche decine di metri. Dev'essere per forza li»

«Cercherò meglio. Chiudo»

Yeron scese dal suo speeder, spaziando con lo sguardo tutt'intorno a lui. Nient'altro che sabbia, sabbia e ancora sabbia. In quella zona le dune erano molto alte. Alcune raggiungevano i cento metri. Dunque non poteva avere una visione complessiva di tutto quello che aveva intorno. Quello che cercava poteva essere benissimo oltre la duna che aveva davanti, e lui non l'avrebbe visto.

Prese dalla cintura il binocolo termico, ma non ne cavò molto. La temperatura della sabbia era troppo alta, e questo alterava tutti i dati.
Ripose il binocolo. Doveva sbrigarsela alla vecchia maniera. Un'approssimazione di una decina di metri?

Lo avrebbe verificato subito.
Dopo aver lasciato lo speeder ben visibile sulla cima della duna, si avviò per la ripida discesa. Dovette mettersi d'impegno per non perdere l'equilibrio.

Alla fine giunse ai piedi della duna, e di fronte a lui si profilò immediatamente l'arduo versante di un'altra collina di sabbia. Si sfregò le mani, preparandosi emotivamente per la salita. Poi iniziò la scalata.

Un passo dopo l'altro, si ripeteva tra sé. Dentro la tuta termica iniziò a sudare copiosamente. Alla fine, dopo una fatica non indifferente, giunse sulla cima della duna.

Guardandosi alle spalle, notò che il suo speeder non era distante più di duecento metri, in linea d'aria. E lui aveva impiegato quasi dieci minuti per colmare questa distanza. Si guardò intorno, cercando un qualsiasi segno anomalo nell'infinita distesa di sabbia.

Ma nulla. Solo un immenso mare sabbioso. Stava per prepararsi ad una nuova discesa e alla successiva risalita, quando un particolare attirò la sua attenzione. Una piccola lingua di fumo saliva da sotto la sabbia, in un punto piuttosto distante da lui.

Afferrò il binocolo laser dalla cintura, puntandolo nella direzione della sua scoperta. C'era sicuramente qualcosa, nascosta sotto la sabbia, ma era impossibile capire cosa senza un esame ravvicinato.

Non aveva alcuna voglia di perdere quella piccola traccia, quindi si avviò a piedi. Prese a camminare sulla punta della duna, nel tratto più stabile ove poggiare i piedi.

La lingua di fumo era distante all'incirca duecento metri, e colmo questa distanza in un paio di minuti.
Sul versante in ombra della duna, quasi del tutto coperto dalla sabbia, trovava posto quello che restava di una piccola nave spaziale. Non sembrava aver avuto un atterraggio tranquillo. Uno dei propulsori fumava ancora, e il lato destro era quasi completamente distrutto.

«Missione, ho trovato qualcosa»

Disse alla radio.

«Di che si tratta?»

«Sembra una nave, un caccia molto probabilmente. Da quanto vedo deve essersi schiantato durante la tempesta di sabbia»

«Ci sono sopravvissuti?»

«Non lo so. Mi avvicino»

«Aspettiamo aggiornamenti»

«Ricevuto»

Riagganciò la radio alla cintura, chiudendo la trasmissione. Con la mano destra si toccò la fondina che aveva sulla coscia, liberando la pistola. La prudenza non era mai troppo.

Si avvicinò, cercando con gli occhi la cabina di pilotaggio. Arrivato a pochi metri, noto che questa era aperta. Nessun corpo al suo interno.

Uno scatto meccanico alle sue spalle. Yeron riconobbe immediatamente il rumore. Imprecò sottovoce, poi alzò lentamente le braccia.

Stava per girarsi, quando una voce lo fermò.

«Un altro movimento e ti sparo»

«Stai calmo, non voglio farti del male»

Sentì la pressione della canna di una pistola sul suo casco, e poi una mano gli sfilò la sua dalla fondina. La mano era nuda, piccola, umana. Il nuovo arrivato era una donna, capì immediatamente.

«Non vuoi farmi del male, eh?»

«Assolutamente no. Non so nemmeno chi sei»

Rispose, cercando di mantenere un atteggiamento rilassato.

«Tu chi sei?»

«Mi chiamo Yeron Tarn. Sono un ricognitore dell'ultima città»

«L'ultima città?»

«Si chiama così»

La sconosciuta parve esitare.

«Cosa stavi cercando?»

«La tua nave»

Disse lui, indicando i rottami fumanti.

«Qualche ora fa i radar hanno rilevato un velivolo sconosciuto entrare nell'orbita. Durante una tempesta di sabbia. Un atterraggio piuttosto spiacevole, eh?»

«Girati»

Yeron si voltò lentamente, mantenendo le mani ben alte sopra le spalle.

Quello che si trovò di fronte lo spiazzò completamente. Era una donna, umana. I capelli biondi erano corti, in disordine. Gli occhi verdi lo osservavano con sospetto. Era esile di costituzione, e non molto alta. L'abbigliamento era composto da una tuta da pilota di diverse taglie più grande, e un paio di anfibi.

In mano teneva una pistola a impulsi, mentre la sua pistola era stata riposta nella cintura.

«Chi sei?»

Chiese lui, dopo alcuni secondi di osservazione reciproca.

Lei non rispose subito.

«Le domande le faccio io. E adesso dammi un motivo per non spararti»

«Beh, non ti ho ancora fatto del male, no?»

La donna rimase spiazzata dalla risposta.

Yeron approfittò del momento, scattando di lato e poi avanti. Prima che lei potesse reagire, con un movimento fulmineo le strappò la pistola dalla mano, puntandogliela contro.

«Mani in alto»

Disse lui lentamente, in tono provocatorio. Negli occhi della sconosciuta colse un lampo di paura.

«Molto bene, ora le domande le faccio io. Chi sei?»

Lei abbassò lo sguardo.

«Non lo so»

«Senti, non voglio farti del male. Ma anche io devo potermi fidare di te, quindi per favore...»

«Ti ho detto che non lo so, ok? Non so dove mi trovo, non so come si chiama questo pianeta e non ricordo nemmeno il mio nome. E non riesco a capire cosa cazzo sta succedendo»

Si sfogò la donna. I suoi occhi diventarono lucidi, e una lacrima le scese sulle guance piene di graffi.

Yeron rinnovò la presa sulla pistola. Adesso era stato lui a rimanere spiazzato.

«Non mi sembra che tu te la stia passando bene. Io posso aiutarti, ma devi garantirmi che non tenterai di fare qualcosa di avventato... va bene?»

«Va bene»

Rispose la sconosciuta, ormai in lacrime.

«Molto bene. Per cominciare, non è che potresti restituirmi...»

Disse lui, indicando la pistola che la donna portava alla cintura. Questa annuì silenziosamente, porgendogli l'arma dalla canna. Yeron la prese senza abbassare l'altra pistola.

Squadrò la sconosciuta per un'altro paio di secondi. Poi abbassò il braccio armato.

«Vediamo di non fare stupidaggini, va bene?»

Prese la pistola a impulsi dell'altra, togliendo il caricatore. Poi ripose gli oggetti in due tasche diverse.

«La riavrai più tardi, quando ne sapremo di più su di te. E ora seguimi»

Accompagnò la donna giù per la duna, camminando verso lo speeder.
Solo allora notò la chiazza di sangue dietro la gamba sinistra, all'altezza della coscia.

«Sei ferita»

«Un atterraggio spiacevole. Sono finita nella tempesta di sabbia, e non ho visto la duna»

«Mi dispiace»

Disse lui, sinceramente dispiaciuto. Cominciò a farsi un opinione su quella strana ragazza. Era giovane, non più di trent'anni. Non sembrava essere la classica fanciulla indifesa: sentiva ancora la canna della pistola appoggiata alla nuca.

Ma non sembrava nemmeno avere cattive intenzioni. Aveva agito per istinto.

Probabilmente lo avrebbe fatto anche lui, in una situazione simile. La cosa più strana, però, erano state le parole di poco prima. Doveva essere un ottima attrice, se gli aveva mentito.

Era stata piuttosto convincente.

Arrivarono quindi allo speeder, e lui aiutò la donna a salire.

«Adesso andremo alla Città. Li riceverai tutto l'aiuto di cui hai bisogno... e forse qualche risposta»

Le disse, dopo essere salito anche lui.

Poi, premette sull'acceleratore, e lo speeder partì tra le dune del deserto, lasciandosi dietro una nuvola di polvere.

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