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Di lì a poco, la Direttrice permise ai due ragazzi di alzarsi per cercare il tavolo del proprio Settore, indicato da dei numeri metallici posizionati al centro di ognuno, e in breve tempo anche gli altri soldati giunsero nella sala. David fece un cenno con una mano a Yekson che, con un'espressione sperduta, cercava il proprio posto sgomitando tra la calca di massicci giovani. Il tavolo riservato ai selezionati del Cinquantatré era in una zona centrale della sala triangolare e di poco spostato a destra rispetto all'ascensore.

Una volta che ogni soldato si fu seduto, e il chiacchiericcio attenuato, la cena venne servita in velocità da anonime figure in nero, che spiccavano tra tutti i giovani che indossavano abiti da sera bianchi.

«Un pasto equilibrato e leggero: domani comincerà il vostro vero lavoro!» esclamò Madeline mentre i camerieri iniziavano a servire un enorme piatto, ma mezzo vuoto, a ognuno; un sottile pezzo di carne, una montagna di pisellini fucsia e una galletta di riso. Il tutto, senza ombra di dubbio, scondito.

Xenya storse le labbra: persino al suo Settore si mangiava di più e meglio. Sospirò e addentò la prima forchettata di pisellini che risultarono più buoni di quanto aveva ipotizzato all'inizio. Nel frattempo lanciò un'occhiata verso un altro tavolo, due più avanti rispetto al loro.

Francis la stava guardando e lei, accortasene solo dopo poco, arrossì, scostando lo sguardo.

«Gli piaci» borbottò Yekson, con la bocca piena.

David ridacchiò, sarcastico: era evidente che la nuova carica acquisita gli aveva fornito ancora un po' di quella sua fastidiosa ed esagerata autostima che poteva allora riversare addosso agli altri due presenti.

Xenya comunque sorrise e guardò ancora in direzione del bel ragazzo. Lui le fece l'occhiolino e tornò a parlottare fitto con i suoi compagni.

«È carino...» si fece sfuggire Xenya.

«Mmh, non male» confermò Yekson, alzando le spalle e ripulendo il piatto.

«Non farti troppi amici» le disse David, esasperato.

«Ti senti fuori dai riflettori?» Yekson ridacchiò in una maniera che fece quasi pensare che la carica d'autostima l'avesse ricevuta pure lui.

David alzò gli occhi e fulminò l'altro ragazzo, lasciando cadere rumorosamente le posate sul piatto svuotato.

«E tu Heir? Le cerchi, le attenzioni?» Sbuffò. «Per caso vuoi farti notare da Xenya?»

Yekson annaspò e spalancò gli occhi, aprendo e richiudendo la bocca più volte senza che ne uscisse alcun suono.

David ghignò e si alzò da tavola, inserendosi nell'ascensore per poi sparire.

Xenya guardò Francis: pareva non essersene accorto.

«Non... Non penserai che...» Yekson tentò di parlare, risultando solo in un borbottio sommesso.

«Non preoccuparti, non so che cosa prenda a David. Si sente come un Dio, ora che è Consigliere» constatò lei, addentando poi l'ultimo boccone rimasto.

«No... È che... Io non... Non mi piacciono le ragazze. Quindi...»

«Oh.» Xenya alzò le sopracciglia, stupita. «Non serviva me lo dicessi. Ma... Grazie della confidenza» sorrise.

Non le dava fastidio la cosa. Molte persone del Cinquantatré erano come Yekson: persino sua madre era omosessuale. Poi, da quel poco che sapeva, suo padre era riuscito a sposarla e dalla loro unione era nata lei. Non era stata un'infanzia felice, la sua: vedere i propri genitori morire in quel modo...

«Ehi!» Yekson la richiamò dai suoi pensieri. «Ci sei?»

«Oh, sì. Scusa. Stavi dicendo?»

«Consigliere? Da quando David è Consigliere?»

«La Direttrice ha deciso così. Io e lui, non ne so il motivo. Saremo la faccia del Progetto X, qualcosa del genere.» Xenya sbuffò, per nulla entusiasta della cosa.

«Mi dispiace per te.» L'altro ragazzo sorrise.

La soldatessa alzò le spalle, indifferente alla cosa e finì il proprio calice d'acqua prima che Madeline prendesse la parola.

«Bene, ragazzi!» esclamò. «La cena è finita. Vi auguro una buona notte. Domattina verrete svegliati dallo schermo. Abbiate un buon riposo!» E con qualche parola detta in preda alla frenesia, congedò tutti quanti che, bofonchiando, si alzarono stanchi dalla propria seduta.

Anche Xenya si alzò e con Yekson si diresse verso l'ascensore, ma la ragazza venne però presa per il braccio. Si voltò e vide la Direttrice.

«Devo parlarti» sussurrò la donna, trascinandola verso un tavolino in disparte mentre la folla spariva tra le porte della scatola di latta, senza curarsi delle due che si stavano sedendo.

«Mi dica» replicò la soldatessa, sorpresa per il repentino cambio di atteggiamento di Madeline - dal formale all'informale.

«Io so chi sei, Xenya» affermò con tono grave. «Io so da dove vieni. Io so tutto di te. E tu hai scritto nel sangue che salverai noi tutti e riporterai la pace sulla Terra, come prima della Terza Guerra Mondiale. Non ti lasciare influenzare da nessuno: io cercherò di vegliare su di te, ma passerai momenti infernali durante l'addestramento. So perché ti sei arruolata, conoscevo i tuoi genitori, i tuoi nonni e i loro intenti. Stai attenta.»

«Cosa...? Perché mi sta dicendo questo?» chiese stizzita di rimando.

«Pensi che il cognome che porti sia una passeggiata?» Sorrise amara, scostando lo sguardo. «Io ti sto proteggendo, Xenya. Perché persino tu l'avrai capito: questo Progetto non è un gioco! Il tuo passato peserà come non mai.»

«Il mio passato?! I miei antenati erano tutti traditori di Clock! È ovvio che peserà!» esclamò indignata la ragazza, trattenendo a stento le urla. «Io non sono come loro» sibilò a denti stretti, irata.

«Ti sbagli, Xenya. Ciò che pensi era quello che volevano far credere a tutti, ma loro erano molto di più. I tuoi antenati...»

Madeline fu interrotta da un giovane in smoking nero che irruppe nella sala.

«Signorina Foxn, il Signor S vuole vederla.»

«Subito.»

Il ragazzo si diresse all'ascensore e Madeline si alzò in piedi, rivolgendo un'ultima occhiata a Xenya prima di seguirlo.

«Non ti fidare di nessuno, persino chi ti sembra amico è un nemico. E credimi se ti dico che nemmeno lui lo sa» sussurrò, per poi attraversare a grandi passi la sala ed entrare nell'ascensore dove il giovane in nero la stava attendendo.

Xenya osservò le porte dell'ascensore chiudersi e si avvicinò poi a esse, premendo ancora una volta il pulsante per far sì che il mezzo la riportasse nella sua stanza.

'Cosa cercava di dirmi la Foxn?' si chiese durante l'attesa.

Il pensiero, assieme alle criptiche frasi della donna, continuò a tormentarla anche quando si distese sul suo letto cercando invano di addormentarsi.

I suoi genitori erano morti, giustiziati in piazza attraverso un'iniezione di antimateria per alto tradimento verso l'Ordine di Clock: li vide svuotarsi davanti a sé poco dopo il suo settimo compleanno. Lei non fu uccisa in quanto troppo giovane per aver captato ideologie ribelli.

Se la dedizione per Clock era ciò che l'aveva salvata, perché avrebbe dovuto invece rischiare la sua vita e andare contro lo stesso Ordine che aveva giurato di proteggere? Per riportare la pace? Salvare l'umanità?

Avanti, di umano non c'era più nulla. Esistevano solo mutanti o sanguinari assassini che si coprivano con il nome della giustizia e della purezza di sangue. Lei per prima era una di quegli orrendi strumenti.

Ridacchiò al ricordo delle parole di Madeline e di quella sua tonalità teatrale. Xenya era lì solo per salvarsi la pelle. Sin dalla sua tenera età, sua madre aveva continuato a ripeterle che sarebbe dovuta diventare un Soldato per proteggersi e rispettare sempre gli ordini. Allora non aveva capito, ma in quel momento le fu chiaro che i suoi genitori sapevano di aver tradito l'Ordine. L'avevano programmato.

Per non parlare dei nonni materni, morti in un incidente che aveva lasciato in vita solo sua madre e una stupida lettera che ora era richiusa in un cassetto nel Primo Settore.

Di altri parenti, invece, non aveva ricordi - forse anche perché non li aveva mai conosciuti o perché non esistevano.

Chiuse gli occhi e senza volerlo le tornarono in mente le parole di Herald Ohbel. Allungò le mani verso il comodino accanto al letto sino ad aprirlo e prese ancora una volta tra le mani la carta consunta e spiegazzata.

La rilesse più volte, cercando qualcosa che le chiarisse le idee, qualsiasi cosa.

Era ovvio che non esisteva davvero alcuna leggenda, che in quanto tale era frutto dell'immaginazione. Eppure era altro che attirava la sua attenzione:

Ma, nel frattempo, molte persone sono costrette a migrare in uno dei sessanta Settori del nascente Ordine di Clock per creare mano a mano altrettante nuove comunità, tutte sotto il comando di un nuovo regime oligarchico. I dettagli ai popolani non sono stati ancora svelati, tuttavia devono comunque eseguire gli ordini e spostarsi verso luoghi mai visti né sentiti, abitati da popoli inospitali e distrutti dalla guerra.

Continuò a ripetersi nella mente quella parte carica di misteri irrisolvibili da lei soltanto. Ma una cosa era evidente: i reduci dalla guerra erano stati costretti a spostarsi e a crearsi da zero luoghi in cui vivere, combattendo le comunità di mutanti da sé. Il popolo era stato abbandonato a se stesso.

Xenya strinse le labbra, immaginandosi infinite carovane spostarsi senza la minima idea di ciò che avrebbero incontrato al termine del loro viaggio e costruire quei pochi edifici che formavano il Settore Cinquantatré. Crearsi le proprie culture, inventare nuove modalità per sopravvivere e cercare di andare avanti con in mano solo i residui della terza guerra mondiale, un sacco di polvere, mutanti e morti.

Come poteva ora ignorare il fatto che stava servendo una tirannia? E se la Direttrice avesse avuto ragione riguardo i suoi parenti, che erano stati solo dipinti come dei traditori?

Perché non se n'era mai accorta prima di allora?

Decise che avrebbe parlato con Madeline: avrebbe capito cos'era davvero successo quando l'Ordine era stato fondato, cos'era accaduto ai suoi genitori.

In breve, lesse alcune delle ultime parole della lettera prima di reinserirla nel comodino:

La mia ora è vicina.

Incerta come mai prima di allora, Xenya fece qualche conto basandosi sulla propria età e su quella di sua madre: suo nonno materno in quell'anno non era affatto vecchio. Come avrebbe potuto prevedere la propria morte, avvenuta qualche mese dopo? Era ancora giovane, in forze. Non da molto era divenuto nonno senza però essere mai riuscito a visitare la nipote.

Era forse stato minacciato? Si era fatto nemici all'interno dei vertici dell'Ordine? Perché risiedeva nel Primo Settore e non nel Cinquantatré dove la sua famiglia era sempre vissuta? Era vietato spostarsi dal luogo di nascita se non per scopi commerciali e di breve durata.

Le ipotesi erano a dir poco infinite e la scusa dell'incidente stradale era banale e mal strutturata.

In ogni caso, i dubbi continuarono a corrodere i pensieri di Xenya sino a quando non si fece trasportare nell'altrettanto tormentato regno dei sogni.

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