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Il volto di Madeline ingigantito dallo schermo iniziò a muovere le labbra, ma ci volle qualche istante perché la sua voce potesse essere sentita, di poco scostata dal video.

«Benvenuti a Palazzo della Pace!» esclamò contenta. «Domani il Consigliere Capo avrà l'onore di spiegarvi meglio l'importante funzione che questo edificio ha avuto a partire dalla fine della guerra. Ebbene, ora è il vostro luogo di pace. Ognuno di voi avrà una sua stanza all'interno e sarete divisi in dieci Settori per piano.

«Jillian avrà il piacere di accompagnarvi. Ora vi chiedo solo di raggiungere con ordine le vostre camere e prepararvi per la cena che sarà servita tra un paio d'ore. Non vi trattengo oltre, a presto.»

Il sorriso entusiasta della Direttrice rimase fermo in maniera imbarazzante per un po' prima che lo schermo si spegnesse, dando il via a un brusio curioso da parte dell'intero gruppo di soldati.

All'apparenza la Direttrice aveva riempito di informazioni i soldati, ma si trattava solo si generalità. Xenya rimuginò un poco chiedendosi come avrebbero trovato la propria stanza, come sarebbero stati messi al corrente del luogo della cena e un sacco di altre cose. Nessun altro però pareva preoccuparsene.

Le possibilità erano quindi due: o tutti i presenti erano superficiali e disinteressati, oppure la soldatessa stava diventando paranoica. Non sapeva a quale opzione dare maggior credito.

«Dieci Settori per piano, eh?» David ridacchiò, irrompendo nei pensieri di Xenya. «Saremo al sesto. Mi dispiace di non essere nell'attico.» Scrollò le spalle, fissando lo sguardo su Yekson, molto agitato.

«Ora, tutti gli appartenenti ai Settori dal Primo al Dieci, avanzino sino ai cancelli!» disse una voce all'altoparlante.

«Cancelli?» chiese Yekson, torturandosi le corte unghie tra i denti.

«Ecco perché siamo bloccati qui» sbuffò Xenya, guardandosi attorno mentre pensava sconsolata alla lunga attesa che le spettava.

Sovrappensiero, si accorse solo dopo qualche minuto di un ragazzo che la stava guardando con attenzione.

Lei aggrottò le sopracciglia, osservandolo meglio. Era alto pressoché come David, ma con i capelli castani lasciati lunghi sulla sommità della testa e intriganti occhi color ambra. Le spalle larghe erano accentuate dalla giacca nera e i muscoli della mascella squadrata si contraevano per poi rilassarsi in una danza continua mentre quello che sembrava un gioco degli sguardi si protendeva.

«Chi sei?» Fu Xenya la prima a parlare. Nonostante il nome dei selezionati fosse cucito sulla giacca, voleva sentirselo dire dal diretto interessato.

«Francis Darkspire. Settore Ventidue» soffiò fuori dalle labbra carnose.

D'istinto, Xenya umettò le proprie.

«Xenya Cass. Cinquantatré.» Lo squadrò ancora una volta.

«Lo so già.» Francis sorrise, sollevando un angolo delle labbra in uno strano ghigno. «Sei sulla bocca di tutti» sussurrò, avvicinandosi a lei.

Xenya indietreggiò di un passo, guardinga.

«È vero che dormite per terra?» chiese d'un tratto il ragazzo.

Xenya annuì, non capendo dove volesse arrivare.

«Noi dormiamo sopra a brande fatte con delle foglie gialle che crescono in giro per il nostro Settore. Qui invece ci sono veri e propri letti» spiegò, chinandosi maggiormente su di lei, solleticandole il viso con il fiato caldo.

«Settori da Undici a Venti, avvicinatevi!» chiamò la voce all'altoparlante.

«Non ti hanno mai discriminata per il fatto che tu fossi femmina?» domandò ancora Francis, allontanandosi un po' da lei. Presto sarebbe stato il suo turno di raggiungere i famosi cancelli.

«Nulla che non sia riuscita a superare...» disse Xenya, le parole che uscivano quasi attaccate alla bocca.

Calò quindi tra i due un silenzio così teso da costringere la ragazza ad abbassare lo sguardo, non riuscendo più a sostenere quello di lui. Cercò di concentrarsi sull'esterno o, con più precisione, su qualunque altra cosa che non fosse il suo interlocutore.

«Penso tu debba prepararti» riprese il ragazzo «perché da quello che hanno detto al mio Settore su quel che faranno qui, sarà difficile che tu non venga presa di mira» affermò in velocità, quasi per paura di pentirsene dopo averlo fatto.

«Dal Settore Ventuno al Settore Trenta!» esclamò meccanica la voce ancora una volta.

«Ci vediamo a cena» sussurrò ancora una volta Francis, dandole una pacca sulla spalla e allontanandosi sgomitando tra la folla.

«Stai già cercando di corromperli per farti restare viva?» David ridacchiò, affiancandosi a Xenya mentre guardava Francis allontanarsi. «In ogni caso non riuscirai ad allearti con tutti in questa guerra.»

«Cos'è che sapete tutti e che io non so?» domandò lei, non capendo.

«Nulla. Io ipotizzavo.»

«E comunque io non corrompo nessuno. È stato lui a iniziare a parlare» affermò, arrossendo di poco al ricordo delle sue labbra muoversi.

David scosse la testa con fare arrendevole e per il resto del tempo rimasero in silenzio.

La sala si stava man mano svuotando, lasciando intravedere poi anche a Xenya i cancelli: alte inferriate di acciaio che arrivavano al soffitto, a eccezione di una piccola porta dello stesso materiale che si apriva solo per lasciar entrare i soldati chiamati.

L'uomo alto e sottile alla porta - forse Jillian, l'uomo introdotto da Madeline - spariva oltre una porta del tutto nera e cinque minuti dopo riappariva, solo, chiamando i soldati appartenenti ad altri dieci Settori per far ricominciare il ciclo.

«Settori da Cinquantuno a Sessanta!» chiamò, e un'altra trentina di persone attraversò il cancello, Xenya compresa.

Quando venne il suo turno di passare sotto l'arco squadrato e metallico le parve che l'aria cambiasse, diventando più pesante e viziata.

«Io sono Jillian» si presentò, una volta richiuso l'uscio. «Sono l'addetto alla vostra sicurezza qui. Vi prego di seguirmi oltre la porta...» Lasciò la frase in sospeso, con un tono che fece venir voglia a Xenya di chiedere E dopo? ma si trattenne e seguì la piccola folla.

Seguirono l'uomo oltre la porta nera vista in precedenza che dava su una piccola stanza buia, triangolare e a dir poco claustrofobica per tutte quelle persone.

«Ognuno di voi ora verrà tatuato con il proprio codice e un simbolo che verrà scannerizzato ogni giorno, anche più volte. Il tutto è per questioni di sicurezza...»

Anche questa volta, abbandonò la frase al vuoto, come se avesse dovuto censurare una parte di essa. Xenya dubitava che quel tatuaggio venisse fatto solo per sicurezza e, dallo sguardo che le lanciò, nemmeno Yekson ne era convinto.

Si misero quindi tutti in fila e attesero con pazienza il loro turno.

Quando toccò a Xenya, dovette avvicinarsi a un mobile luminoso, un parallelepipedo alto quasi quanto lei, con un foro cubico all'altezza delle sue anche.

«Nome?» le chiese il portiere Jillian, oltre il misterioso oggetto. Era seduto su una sedia e armeggiava con un lato nascosto del parallelepipedo.

Xenya percepì della nausea crescerle dalle viscere.

«Nome?!» ripeté spazientito l'uomo.

«Xenya Cass Thompson» rispose lei, sussurrando il cognome per assicurarsi che nessuno lo sentisse.

L'uomo fece scorrere un dito tozzo sul mobile e premette qualcosa.

«Consegna le armi...» sussurrò, indicando con un gesto del capo un cesto che in quel momento raccoglieva ormai diverse pistole, ma anche qualche fucile e alcuni coltelli.

Xenya si chinò ad altezza dello stivale destro, estrasse la sua vecchia pistola Tennee e la gettò con noncuranza dentro al cesto. Di certo gliene avrebbero date di nuove, o di potenziate. O entrambe.

«Metti la spalla al livello del foro dello stimolatore...» le ordinò Jillian.

Xenya obbedì e si inginocchiò esponendo la spalla coperta dalla giacca alla parte più luminosa dell'oggetto.

«Non ti muovere» intimò ancora, tenendo il proprio sguardo fisso sullo strumento.

Xenya avvertì un aumento della luminosità e si costrinse a guardare una parete buia della stanza. Si sentì un forte ronzio e le tempie iniziarono a pulsarle. Con il dolore arrivò anche un conato di vomito che si costrinse a reprimere chiudendo gli occhi. Il rumore andò poi scemando e anche la luce più intensa si diradò.

«Bene, avanti il prossimo...» sbuffò Jillian e la ragazza fu quindi libera di alzarsi e raggiungere il gruppetto di ragazzi che già erano stati tatuati.

Xenya era circa a metà della fila e quindi ebbe tutto il tempo per riprendersi dal giramento prima che Jillian parlasse di nuovo.

«Quando raggiungerete le vostre stanze, controllatevi la spalla destra. Ci sarà un tatuaggio realizzato grazie allo stimolatore che, stimolando la melanina di una zona del corpo, può imprimere qualsiasi cosa sulla pelle anche se coperta da strati come nel vostro caso. Non provate a ferirvi nella zona perché il codice riapparirà proprio uguale a prima.

«Le vostre stanze sono al sesto piano: entrate in quell'ascensore e premete il numero sei. Sulla porta di ogni camera è riportato il nome di ciascuno di voi. Entrate nella vostra stanza e preparatevi.»

Xenya non se lo fece ripetere due volte ed entrò assieme a tutti gli altri in quella scatola di metallo che poco dopo iniziò a salire.

«Che strabiliante, la tecnologia!» esclamò Yekson, bianco come un cencio.

Xenya sorrise e si lasciò cullare dalla sensazione di vuoto che aveva dentro. E non era sicura che fosse colpa solo dello stimolatore.

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