22

La sensazione di pace donata dal candore totale della sala da cena era contrastata da un forte chiacchiericcio che percorreva ogni singolo capannello di soldati, primo sintomo dell'assenza di Madeline, il cui palco non era stato nemmeno apparecchiato per il pasto.

I selezionati vagavano tra i vari tavoli rotondi per intrattenersi con ragazzi provenienti da altri Settori - nonostante le pietanze previste fossero già state servite - proprio com'era accaduto qualche giorno prima. Xenya pregò tra sé che il giorno successivo non li costringessero a correre per la confusione fatta.

La soldatessa si era attardata nella propria stanza, dolorante a una caviglia dopo una troppo intensa seduta presso EPPI. Per non parlare del fatto che aveva perso una quantità ingente di tempo a rimuginare sull'assenza di Francis durante gli allenamenti: dopo avere notato la rissa, se n'era andato dalla palestra senza più farvi ritorno. Anche quella sera mancava, e forse non avrebbe raggiunto i suoi compagni nemmeno più avanti.

Ma il tarlo principale che abitava la testa della soldatessa riguardava la visione che aveva vissuto prima dello scontro mattutino. Com'era possibile che non ricordasse nulla? Per quanto si sforzasse, tutto ciò che riusciva a pensare era la forte presenza del colore viola e di aver sognato qualcosa di davvero importante. Cosa fosse, però, non c'era verso di richiamarlo alla mente.

«Xenya, tutto bene?» le chiese Yekson, seduto accanto a lei e intento a scrutarla.

«Ho un brutto presentimento» ammise lei, guardandosi attorno senza sapere davvero cosa stesse cercando.

«Se vuoi parlarmene...» Il soldato non concluse la frase ma la ragazza sapeva cosa stava per dire: David si era unito ad alcuni ragazzi del Dieci e quindi poteva confidarsi con l'amico senza alcun timore.

Xenya, fissando il biondo, ancora non capiva perché fosse così pericoloso come la Direttrice l'aveva dipinto, ma nel dubbio era meglio non rischiare: si fidava di lei.

«Francis» si ritrovò a sussurrare. «Non l'ho più visto da quando non siete entrati tutti in palestra. E a proposito della vicenda Tennee: pare sia stato mandato a tormentarmi da qualcuno di Palazzo della Forza.»

«Dannazione! Come fai a saperlo? Te l'ha confidato mentre lo picchiavi?!» scherzò cercando di sdrammatizzare.

«In realtà sì...» La ragazza ridacchiò, divertita mentre l'amico assumeva un'espressione glaciale. «Comunque la rissa è stata dovuta alle pastiglie di ormoni: se non le prendo mi fanno venire allucinazioni.»

«Sei sicura siano davvero ormoni?» chiese preoccupato.

«Me l'hai detto tu.» Alzò le spalle.

«Potrebbero aver cambiato le etichette: se volessi farti del male non cadrei in errori così banali.»

«Ora mi stai spaventando: sembri più paranoico di me.»

«Valuto solo tutte le opzioni... Dovresti farlo anche tu.» Roteò gli occhi, riprendendo a cibarsi.

Yekson, da quando aveva scoperto i dubbi che tormentavano l'amica, era riuscito a sviluppare un senso critico non indifferente. Da una parte Xenya gliene era grata, ma dall'altra ne era spaventata: non voleva che si caricasse addosso più responsabilità di quelle che erano davvero di sua competenza.

«E se volessero davvero aiutarmi con questa operazione? Potrebbe essere un'opzione anche questa!» La ragazza cercò di alleggerire la situazione.

«Non so...» Addentò un altro boccone di carne, voltandosi verso l'ascensore. «Ma temo lo scoprirai presto.»

«Cosa intendi con...»

Ma la soldatessa non poté terminare la frase perché, non appena si voltò nella stessa direzione verso la quale Yekson si era del tutto imbambolato, vide qualcosa che le tolse il respiro: Madeline che entrava nella sala accompagnata dal Signor S.

Il tempo sembrò prima bloccarsi e poi ripartire non appena la forchetta di Yekson impattò rumorosa sul piatto semivuoto del ragazzo.

Xenya smise di masticare, ingoiando un boccone troppo grande mentre l'intera sala calava in un lugubre silenzio che sterminò le allegre conversazioni tra i selezionati.

Prima che le due figure di rilievo raggiungessero il palco della Direttrice, tutti i soldati che si erano spostati tornarono in fretta al loro tavolo assegnato, curandosi di produrre meno rumore possibile mentre si portavano dietro le sedie.

I camerieri si affrettarono a preparare le stoviglie per i due adulti, ma vennero rifiutati in malo modo da un cenno di mano del Signor S: non era là per mangiare.

Il Consigliere Capo e la Foxn iniziarono subito a conversare fittamente, risultando l'unico rumore confuso che rimbalzava tra le vetrate della sala da cena.

Tutti i giovani soldati, compresi quelli del Cinquantatré, si erano zittiti e finivano le proprie pietanze senza emettere verbo. Tutti, tranne Xenya che aveva perso del tutto l'appetito e non vedeva l'ora di rifugiarsi nella propria stanza ad attendere il giorno.

La ragazza continuava a cercare gli occhi dell'amico Yekson, il quale però preferiva non alzarli dal proprio piatto. In compenso era lo sguardo di David che continuava a scontrarsi con quello della soldatessa: lei non capiva cosa volesse comunicarle, ma forse poteva intuire la sua smania di risposte riguardanti il suo passato, proprio come la ragazza sentiva il bisogno di sapere il proprio.

Incrociò le mani in grembo sotto l'orlo della tovaglia candida, sperando che l'ora di cena terminasse e sopraggiunse in fretta quella adibita al sonno. In ogni caso le iridi verdi della giovane svolazzavano in giro per la sala alla ricerca di una via di fuga come, ad esempio, la presenza di Francis che invece mancava.

Avrebbe dovuto parlargli: forse dopo cena sarebbe potuta scendere al terzo piano e chiedergli spiegazioni, se stesse bene, cosa fosse successo... Poi, chissà se la sua stanza profumava come lui...

Si ammonì mentalmente mordendosi poi la lingua: non poteva lasciarsi andare a certi pensieri, soprattutto se in pubblico e soprattutto se in presenza di S.

«Ragazzi, è un vero piacere per me vedervi tutti qui.» La voce dell'uomo anziano rimbombò nelle pareti facendo sobbalzare di poco Xenya sulla sedia. Anche chi non aveva finito di cenare posò le posate. «So che la mia visita qui è stata alquanto inaspettata, ma spero non malvoluta.» Sorrise macabro, tirando la pelle attorno agli angoli della bocca in pieghe molto innaturali. «Dovevo finire di discutere alcuni dettagli con la Direttrice riguardo la politica, ma spero comunque di non esser stato una presenza sgradita... Potete pure scendere alle vostre camere, non vi tratterrò qui. È stato davvero meraviglioso vedere come vi stiate mescolando anche tra Settori differenti... Continuate così e Clock sarà presto un luogo migliore in cui vivere!»

'Non che ci siano alternative...' pensò la soldatessa, finendo col mordersi ancora una volta la lingua.

Tutti i presenti, con lentezza, si alzarono dalle proprie sedute e si avviarono verso l'ascensore. Xenya, mantenendo il contatto visivo con David, si ritrovò presto in posizione eretta e mischiata tra tutti i selezionati.

«Signorina Xenya... Dovremmo parlarle.» La voce squillante della Foxn ammutolì le flebili conversazioni che si erano ricreate durante l'esodo dei soldati.

La ragazza si immobilizzò sul posto e i suoi compagni di Settore fecero lo stesso accanto a lei.

«Temo di non poter rifiutare...» Rivolse un flebile sorriso carico di ansia verso Yekson. «Buona notte.»

Fece per voltarsi e dirigersi verso il palco, ma venne agguantata per il polso da una mano fredda: David.

«Stai attenta...» le sussurrò.

«Non ti preoccupare, cercherò di non compromettere la tua posizione» affermò la ragazza, a denti stretti.

«Non mi riferivo a me. Ma a te. Non combinare casini: sappiamo il potere che ha S.»

La ragazza ridacchiò e mise la propria mano su quella del compagno. Nemmeno poteva immaginare quanto potere aveva S.

«So cavarmela da sola» affermò poi.

«Lo so, ma...»

«Niente ma. Vai pure a dormire tranquillo, se ho informazioni sul tuo conto busserò alla tua porta.»

«Grazie.» Sorrise appena e, sottraendo la propria mano da sotto quella della soldatessa, David le diede le spalle e si diresse all'ascensore.

Yekson, nel frattempo, era rimasto paralizzato con gli occhi scuri spalancati: iniziò a indicare perplesso prima l'amica e poi il biondo, per poi scuotere il capo in maniera arrendevole e allontanarsi assieme al resto del gruppo.

Xenya prese un profondo respiro, deglutì e poi raggiunse i due adulti in cima al palco triangolare.

«Buonasera, Xenya» la salutò Madeline con un sorriso.

«Buonasera...» La ragazza ripeté il gesto rivolta a entrambi.

«Ho visto la familiarità con cui si è rivolta ai suoi compagni...» notò il Signor S. «È molto bello da vedere per chi, come me, attende una simile fratellanza da anni.»

«Molto.» Annuì convinta. «Oh, a proposito, avrei una domanda da porle se non le è di disturbo...» incalzata da un cenno di assenso dell'uomo, riprese. «Ci sono novità sul favore che le ha chiesto David Strange? È molto in pena.»

«Purtroppo non posso ancora dirle nulla, ma ci stiamo lavorando. La ricerca è molto dispendiosa in termini di tempo... In ogni eventualità, gli faremo sapere tutto ciò che scopriremo non appena termineremo.» S era tranquillo, forse gli importava davvero.

«Grazie, sia da parte di David che da parte mia.»

«Per me è solo un piacere aiutare.» Sorrise facendo riapparire tutte le rughe che la chirurgia plastica aveva tentato di eliminargli.

«Ora che ci siamo persi in convenevoli, è ora di passare al dunque.» La Direttrice richiamò l'attenzione degli altri due presenti. «Xenya, l'abbiamo chiamata qui per discutere dell'intervento di cui la dottoressa Kein le ha già accennato.»

«Sì, l'ha fatto, ma io...»

«Nessun ma.» Madeline la interruppe brusca, più o meno come la ragazza aveva fatto prima con David. «Domani pomeriggio, subito dopo le lezioni di addestramento, presenzierà a un incontro in cui le verranno spiegati tutti i dettagli di cui necessita. Poi sarà libera di accettare o meno: noi vorremmo che lei ascoltasse tutto quello che gli esperti hanno da dirle, e si fidi se le dico che l'equipe di medici che il Consigliere Capo ha selezionato per lei, è la migliore del mondo.»

Xenya annuì poco convinta. Tra migliore di Clock e migliore del mondo poco cambiava: solo l'Ordine era rimasto.

«Bene, allora non ci resta che augurarle buona notte» concluse in breve la Foxn, congedandola con uno sguardo freddo.

La ragazza faticava a riconoscerla nei panni della vera Direttrice quale sarebbe dovuta sempre essere... Ormai era più abituata al tu e le piccole frasi fuorilegge scambiate in momenti non adatti.

Ma la normalità non era più normale per Xenya.

«Altrettanto.» Sorrise falsa, allontanando i propri pensieri in un angolo remoto della mente.

Una volta che diede le spalle ai due individui e scese lo scalino del piccolo palco infilò un passo veloce dopo l'altro per raggiungere l'ascensore prima che cambiassero idea e che la richiamassero: sarebbe stato imbarazzante.

Alla fine, i suoi propositi di raggiungere Francis erano irrealizzabili: doveva avvisare David, e poi avrebbe cercato di riposarsi il più possibile per affrontare rilassata la giornata successiva che si prospettava parecchio intensa.

Xenya, giunta davanti alla porta metallica con sopra incise le parole David Strange, giusto di fronte alla propria, vi sostò davanti per diverso tempo indecisa sul da farsi.

Dopotutto, non aveva buone notizie da riferirgli, ma dentro di sé sapeva gli avrebbe fatto piacere anche solo sapere che le ricerche procedevano: se lei fosse stata al suo posto, avrebbe voluto esserne messa al corrente.

Eppure qualcosa nel profondo del suo animo continuava a ripeterle che sarebbe stata una pessima idea; Madeline l'aveva in precedenza avvisata sul ragazzo anche se la giovane non ne sapeva il motivo.

Contro ogni parte del suo poco buonsenso rimasto, la soldatessa picchiettò due volte con le nocche appena sotto la scritta, sperando con tutto il cuore che David non udisse il bussare.

Invece lo sentì eccome: aprì in velocità la porta e Xenya si ritrovò davanti il bellissimo ragazzo biondo con la camicia candida da cena aperta sui primi bottoni del colletto e le maniche arrotolate fin sopra i gomiti. La ragazza tentò di non soffermarsi troppo su quel dettaglio entrando al cenno del capo del ragazzo.

«Non ho molto da dirti...» iniziò la ragazza non appena l'uscio si chiuse dietro di lei. «So solo che stanno facendo ricerche: tutto qui.»

Guardò negli occhi David e dentro a tutto quel ghiaccio vide una fiamma; di speranza, ma forse anche di un qualcosa d'altro che non seppe decifrare. Lui rimase muto, con un'espressione strana in volto. Ma Xenya non si stupiva più di nulla se riguardava l'albino: non c'era mai stato un momento in cui si fosse comportato in modo coerente da quando i tre selezionati si erano conosciuti.

«Beh, se non c'è altro...» azzardò la ragazza, ben contenta di potersene andare.

Ma la serata era ben lontana dal concludersi: non appena Xenya posò i palmi sulla fredda maniglia e aprì di un poco la porta, la mano affusolata e pallida di David sbatté contro l'uscio poco distante dal viso della ragazza e lo chiuse con violenza.

La giovane sobbalzò appena, stupita, inalando il profumo che la pelle del compagno emanava: era silvestre, un po' aspro ma le piaceva.

«No, aspetta.» Quelle furono le prime due parole che pronunciò il soldato dall'entrata della ragazza. «Ho aspettato tutto il tempo seduto sul letto ad aspettarti, cercando di convincermi che saresti venuta e alla fine... eccoti qua.»

«Cosa intendi dire?» chiese Xenya, voltandosi verso di lui e scoprendolo fin troppo vicino a sé.

«Cosa intendo dire?» la canzonò il biondo, avanzando di un passo e intrappolando il corpo della ragazza tra la parete, il pannello laterale dell'armadio e la sua persona. «Voglio dire che ora che sei qui, che ho il coraggio di esprimermi, non ti permetterò di andartene così.»

«David... Io non capisco» ammise lei, premendosi ancora di più tra l'armadio e il muro per frapporre un po' di necessaria distanza tra loro.

Il ragazzo però non rispose: prese un profondo respiro e si chinò su di lei. Prese il viso della ragazza tra le mani, premendo poi le proprie labbra sulle sue.

Xenya rimase immobile, attonita durante quell'azione che non sarebbe dovuta compiersi... La Direttrice l'aveva avvisata, Yekson pure.

Tuttavia lei non poté far altro che lasciarsi andare a quel gesto perché - ora non poteva più negarlo - in fondo al suo cuore lo desiderava. Ma c'era qualcosa, una voce che portava il nome di Madeline Foxn, che le diceva che era tutto sbagliato.

Così, facendo leva solo sulle sensazioni di disagio che provava, premette i palmi sul petto di lui e lo allontanò.

«Io...» cercò di spiegare, balbettando con le guance arrossate.

«Hai ricambiato...» dedusse lui, calmo mentre la tempesta infuriava addosso a Xenya. «Eppure... Eppure ti trattieni

«Io...»

«Non c'è nulla da spiegare!» urlò lui, facendo sobbalzare di nuovo la soldatessa. «Vedo come fai gli occhi dolci a... quello. Ma quanto lo conosci davvero?»

La ragazza abbassò mesta lo sguardo, senza voglia di contraddire il ragazzo perché quelle domande, dopotutto, se le poneva di continuo. Sapeva poco, quasi nulla del ragazzo con gli occhi ambrati e non poteva nemmeno essere certa che ciò che lui e sua zia le stessero dicendo fosse la verità, mentre David...

«Io ti ho aperto il mio cuore!» esclamò lui con gli occhi che si stavano mano a mano riempiendo di lacrime. «Le mie preoccupazioni, le mie paure!»

Si prese poi il colletto sbottonato della camicia tra le mani e con un gesto deciso se l'aprì del tutto, strappando numerosi bottoni che caddero a terra rimbalzando prima di fermarsi. Il rumore fece stringere gli occhi alla soldatessa, impaurita e impotente riguardo la situazione. Quando riaprì le palpebre, non trovò il coraggio necessario per guardarlo: nel suo campo visivo vedeva la stoffa bianca aperta su due lati e una pallida parte di addome che, solo a essere scorta, le faceva pulsare la mente. Eppure, forzò il proprio sguardo sul viso di lui, notando come le guance fossero rigate dalle lacrime.

«Tutti i miei pesi erano qui dentro...» ricominciò lui, una volta ritrovata la calma. Con un gesto veloce prese poi il polso destro di Xenya e lo avvicinò al proprio corpo, premendosi la mano di lei contro il petto, sopra il cuore che pulsava forte. La pelle candida era morbida contro palmo di lei tanto che, d'istinto, aprì di più le dita per sentire ancora di più il calore emanato dal ragazzo, arrossendo dopo essersi accorta del gesto compiuto. «Ma te li ho confidati, e da allora al loro posto sei entrata tu.»

«Mi dispiace.»

Quella frase fu l'unica che si permise di dire lei, dopo un lungo momento di silenzio perché, nonostante i sentimenti che suo malgrado aveva scoperto di provare nei confronti di David, il suo sesto senso ancora le urlava a squarciagola che Francis aveva ragione e che c'era qualcosa di oscuro e non detto dietro la morte dei suoi genitori. E se l'albino avesse potuto - anche se in minima parte - precluderle la possibilità di scoprire la verità, avrebbe dovuto abbandonarlo e sotterrare i nascenti sentimenti.

Il petto chiaro di David si alzava e si abbassava in fretta mentre le prime lacrime giungevano sino al torace, dove la mano di Xenya ancora sostava. La ragazza la ritrasse, sicura delle proprie priorità.

«Io ti amo. Dal primo momento in cui ti ho vista. Da quando non hai ascoltato il mio ordine nella mensa del Cinquantatré, da quando imperterrita hai sfidato il fumo e da quando qui hai abbattuto ogni pregiudizio perché sei migliore di qualsiasi soldato io abbia mai incontrato e mai incontrerò.» Il ragazzo riprese fiato, veloce, per poi continuare il discorso. «E ti giuro che ho provato a farti uscire dal mio cuore in ogni modo possibile, ma ogni singola cosa che osservo o ascolto mi riporta a te.»

La ragazza, nel frattempo immobile, ascoltava il compagno dirle ogni cosa aveva sempre sognato di sentirsi dire, mentre le prime lacrime iniziavano a scorrere anche attraverso il suo viso.

«Non posso...» singhiozzò triste, in balia di emozioni che più non riusciva a controllare.

«Perché? Non ricambi?» le domandò David, fissando i propri occhi colore del ghiaccio su di lei.

«Io... Non lo so» ammise, sopraffatta da ogni cosa successa e da quel vorticare di pensieri e sentimenti che le stavano squarciando cuore e mente.

Era incapace di fare soffrire ancora quel ragazzo dal cuore d'oro nascosto sotto innumerevoli corazze che, per qualche ragione, aveva distrutto per lei. Anche in quel momento lui stava in piedi, altissimo di fronte a Xenya senza alcuna barriera che li separasse, esclusi i segreti della ragazza.

David la stava guardando, desideroso di poterla toccare e di farsi sfiorare da lei. Non capiva cosa potesse bloccarla: forse il sentimento per il soldato del Ventidue era troppo forte.

No, le avrebbe fatto cambiare idea. Le prese le dita e le strinse appena nel suo palmo.

, era convinto che lei lo avrebbe amato. Lui avrebbe fatto in modo che lei lo amasse. Le lasciò la mano e fece qualche passo indietro e la guardò mentre riprendeva fiato.

«Penso che entrambi abbiamo bisogno di dormire» affermò, togliendosi le lacrime dal viso con il dorso della mano.

Xenya annuì, ripeté il gesto e poggiò la mano ancora tremante sulla maniglia esitando appena prima di uscire senza pronunciare più una parola.

Una volta raggiunta la sua stanza e distesasi sul sul letto, la soldatessa cercò di quantificare l'affetto per David e confrontarlo con quello che provava per Francis: i due erano così diversi, eppure l'erroneità del sentimento per entrambi era pressoché uguale.

Chiuse gli occhi, cercando di far sparire dalla propria mente i due volti che invece continuarono a tormentarla anche nel mondo dei sogni.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top