48. Ricaduta e salvataggio

Izuku salì sul cordolo, gli occhi fissi verso il fiume sottostante.
Si mise in piedi, bene eretto e fiero dinanzi alla sua fine.
Sorrise, sotto gli occhi sgomenti dei passanti.
<<Ma vuole buttarsi?>> Commentò qualcuno alle sue spalle.
Sì.
Rispose lui nella propria testa.
Voleva farla finita.
Davvero finita.
Sollevò un piede, lo sospese nel vuoto.
Il brusio della gente alle sue spalle si intensificò.
<<Aspetta, ma...>>
<<Qualcuno lo fermi!>>
Izuku sorrise anche più intensamente.
Non sarebbe arrivato nessuno.
Piegò la gamba che lo sorreggeva e fece un passo in avanti.
Qualcuno urlò.
Lo udì a malapena.
Si sentì sprofondare, e poi, qualcosa o qualcuno, lo afferrò, strappandolo alla morte.
Guardò su, quasi indispettito.
Ma poi si ritrovò a sperare.
Kacchan?
Pregò in silenzio, ma non c'erano spighe di grano sulla sua testa, bensì zucchero filato.
Sgranò gli occhi.
<<Ashido?>> Gli sfuggì.
La ragazza, ancorata al cornicione, lo reggeva a stento per la felpa.
Il viso contratto in uno sforzo immane.
<<Non state lì impalati, aiutatemi!>> Esclamò ai passanti.
Un paio di loro si svegliarono in tempo per darle una mano.
Sollevarono Izuku e lo issarono nuovamente sul ponte.
Tutti si avvicinarono per controllare che Deku stesse bene.
Nonostante puzzasse di fogna e facesse ribrezzo solo a guardarlo, la gente si avvicinò comunque.
Tale atteggiamento bastò a colpire il ragazzo.
Ashido ringraziò i passanti e, quando le acque si furono calmate e tutti furono rassicurati, prese Izuku da parte e gli domandò:
<<Ma che ti dice il cervello?!>>
Deku avrebbe anche provato a spiegarle, ma reputò inutile ogni tipo sforzo: la ragazza non avrebbe mai potuto capire come si sentiva.
Se ne rimase in silenzio.
Guardò in basso con sguardo triste.
Si sentiva colpevole, pur essendo innocente.
Non capiresti.
Questo, Mina, lesse nei suoi occhi.
La ragazza lo guardò con apprensione.
<<Senti signor Emo...>> Disse, <<Solo perché le tue cicatrici si vedono e le mie no, non vuol dire che tu sia sempre stato male ed io sempre bene.>>
Lui la guardò con occhi sgranati.
Lei sorrise, seppur con un accenno di tristezza in viso.
<<Ashido...tu...>>
<<Sì...>> rispose lei, anticipandolo, <<...io ero esattamente come te.>>
Si tirò sù la manica della camicetta e prese la mano di Deku.
Fece scorrere le sue dita esili sopra la propria pelle.
Sotto l'inchiostro spesso degli innumerevoli tatuaggi, era ancora ben distinguibile ogni singola protuberanza lasciata dai tagli ormai da tempo rimarginati.
<<Li hai coperti...coi tatuaggi?>>
Chiese lui sgomento.
Lei sorrise.
<<Ognuno nasconde il passato a modo proprio.>>
Non voleva entrare nello specifico, la sua storia era sua, e doveva morire con lei, ma voleva che Izuku capisse che al mondo non esisteva soltanto lui, e che non era l'unico a stare male.
<<Tutti abbiamo momenti no, tutti stiamo male, a volte. Per questo la mia filosofia è essere gentili, sempre; perché ogni persona è diversa, e combatte battaglie diverse.>>
Si tirò giù la manica, <<Rendere di dominio pubblico o meno queste battaglie, è una nostra scelta. Possiamo ostentare il nostro dolore, o soffrire in silenzio nell'ombra.>>
Lui annuì.
<<Ma ciò che voglio che tu capisca, è che tutti, davvero tutti, prima o poi si trovano nella condizione di sentirsi sperduti, di non sapere cosa fare, né come comportarsi.>>
<<Tuttavia, per quanto profondo e radicato, il dolore non deve essere in grado di abbatterci.>>
Prese la mano di Izuku e la strinse forte.
<<Tu, un attimo fa, stavi per farti abbattere, ma ti darò un motivo per cui lottare...>> Lo guardò fisso negli occhi.
Izuku non capì.
<<Torna indietro, Midoriya. Bakugou non lo ammetterà mai, ma ha bisogno di te.>>

Izuku seguì Mina, correndo a perdifiato per le strade.
Era dimagrito e si era indebolito, ma tenne comunque il passo della ragazza, per quanto sana ed allenata fosse.
Per Bakugou, questo ed altro.

Bussarono alla porta della base provvisoria, Mina disse la nuova parola d'ordine, e la porta si aprì.
Sero guardò prima lei, poi Deku, poi di nuovo lei.
<<Ma...>> Chiese, <<Non ti sei nemmeno degnata di coprirgli gli occhi, né di tappargli le orecchie?! Dico mi prendi in giro?!>>
Mina inarcò le sopracciglia.
Sbuffò.
Allungò una mano e spinse Sero di lato.
<<Il boss ha detto che ci possiamo fidare.>> Disse lei, ed Izuku si stupì.
Cosa aveva fatto cambiare idea a Fat?
Proseguì, seguendo Mina nella stanza.
La nuova base era parecchio piccola, troppo piccola per contenere tutta l'organizzazione.
Qualcosa non tornava.
Sentì un fruscio dietro di sè, e subito dopo, non vide più nulla.
Un sacco nero di lana spessa gli coprì la testa e delle braccia possenti bloccarono, abbracciandolo da dietro, ogni suo movimento.
Izuku urlò e si dimenò, pregò perché lo lasciassero andare, ma le persone attorno a lui erano cieche e sorde ad ogni cosa.
Lo gettarono a terra e presero a pestarlo.
Calci, pugni, sputi.
Qualcuno si armò anche di un oggetto, nel tentativo di fargli ancora più male, e quando ebbero finito, Izuku era esanime.
Sentì i teppisti gioire del proprio operato e lasciare la struttura, poi non sentì più nulla.

<<Svelti! Svelti, datevi una mossa!>>
Uh?
C'era movimento attorno a lui, Izuku poté udirlo.
Quanto tempo era passato?
Non seppe quantificare.
<<E toglietegli quella roba dalla testa.>>
Conosco questa voce...
Qualcuno sfilò il cappuccio nero e Izuku si ritrovò una torcia puntata dritta in faccia.
Strinse le palpebre, e spostò la testa, ma un dolore lancinante al collo lo fece desistere.
Non vedeva nulla attorno a sé, solo figure nere che gli giravano intorno come avvoltoi su una carcassa.
<<Caricatelo, in fretta.>>
Sgranò gli occhi, per quanto poté.
Erano lividi e pesti, a malapena riusciva ad aprirli.
Fece per parlare, ma addirittura faticava a far uscire qualsiasi tipo di suono dalla propria bocca.
Aveva troppo male, ovunque.
Le persone attorno a lui lo caricarono il più delicatamente possibile su una barella e lo portarono saltellando fuori dalla catapecchia.
Il dolore provocato da ogni passo fatto da quegli uomini era qualcosa di anormale ed allucinante.
<<Fa...male...>> Riuscì solo a sussurrare.
E tanto bastò perché le persone attorno a lui, avessero l'umanità di sedarlo e portarlo dove dovevano.

Bip.
Bip.
Bip.
Deku aprì gli occhi, ancora lividi.
Bianco.
Il bianco delle lenzuola.
Il bianco del pavimento.
Il bianco delle pareti.
Il bianco dei mobili e degli oggetti che lo circondavano.
Un bianco freddo ma allo stesso tempo rassicurante.
Si guardò le mani e i polsi.
Era di nuovo legato a dispositivi atti al monitoraggio delle sue funzioni vitali.
Si chiese se non fosse una misura esagerata, ma poi concluse che, in effetti, ci era quasi rimasto secco.
Sospirò.
Era di nuovo in ospedale.
Ed era vivo.
Già due brutte notizie, su due.
Sospirò.
Si guardò attorno.
L'occhio livido gli cadde sul pulsante di chiamata.
Deglutì - sempre provando un intenso dolore alla gola - e si decise a premerlo.
Dopo neanche un minuto, si precipitarono alla porta, sia il Dottor Togata, che il Dottor Nighteye.

Angolo Autrice
Nuovo caaaap.
Finalmente, perché ho finito di lavorare.
Ora giuro, prometto solennemente, sarò più regolare.
Lo giuro.
Spero la storia vi stia piacendo.
Se beccamo al più presto, con il prossimo :)

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